P2T7C30 L'associazione in partecipazione Flashcards
In quale altro modo, oltre la società, è possibile attuare cooperazione economica tra due o più persone?
2549 comma 1
Attraverso l’associazione in partecipazione, cioè un contratto con il quale una parte (associante) attribuisce all’altra (associato) una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.
Si tratta di un mero rapporto contrattuale, per effetto del quale in corrispettivo dell’apporto viene riconosciuta all’associato una determinata partecipazione agli utili.
L’associato corre le alee favorevoli (utili) cosi come le alee sfavorevoli, nei limiti dell’apporto.
L’apporto dell’associazione in partecipazione può essere formato da una prestazione di lavoro?
2549 comma 2
Nel caso in cui l’associato sia una persona fisica l’apporto di cui al primo comma non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro.
[Tale limite è posto al fine di evitare facili elusioni alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato, tali da far gravare sul lavoratore il rischio d’impresa]
Differenze tra società e associazione in partecipazione
Nonostante entrambi gli istituti rispondano a una medesima esigenza pratica, quella di realizzare una collaborazione patrimoniale per il conseguimento di un lucro attraverso l’esercizio di un’attività economica, si distinguono per la diversa base giuridica sulla quale la collaborazione si fonda
Nella società, alla comunanza di risultati corrisponde una comunanza di mezzi e poteri, che si realizza attraverso la creazione di un’organizzazione giuridica nella quale tutti i partecipanti si trovano, qualitativamente, anche se non quantitativamente, in una stessa posizione.
Il fondo sociale si autonomizza rispetto al patrimonio dei singoli soci, e la gestione di esso in funzione degli scopi perseguiti avviene mediante un’organizzazione comune.
Nell’associazione in partecipazione, invece, alla comunanza di risultati non corrisponde alla comunanza dell’organizzazione che li persegue. In tale istituto infatti, si attua il trasferimento di determinate somme o beni dall’associato all’associante, il quale ne acquista la proprietà e la disponibilità. La gestione dell’impresa è di pertinenza esclusiva dell’associante e l’associato non può in nessun modo interferire nell’attività a essa inerente. I rapporti con i terzi si assumono soltanto con l’associante, l’unico ad acquistare diritti e assumere obbligazioni nei loro confronti.
A chi viene imputato l’apporto, nell’associazione in partecipazione?
Dato che dal contratto non sorge alcuna org. giuridica, l’apporto entra a far parte del patrimonio dell’associante, costituendo insieme a tutti gli altri suoi beni garanzia di tutti i creditori, anche di quelli il cui credito non tragga origine dall’impresa.
Come si distingue la società dall’associazione in partecipazione quando ciò non sia palese?
Paragrafetto a pag. 606-607
Essenzialmente, se l’azione è di pertinenza di un solo partecipante si parla di ass. in part., altrimenti se sono più soggetti si tratta di società, e si applicano le relative regole.
Che tipo di contratto è l’associazione in partecipazione?
È un contratto di collaborazione o associativo, con il quale si realizza la collaborazione tra due o più persone in un dato campo per il conseguimento di un risultato comune.
Non è un contratto di scambio, in quanto l’apporto non è il corrispettivo di un’attribuzione patrimoniale, ma un mezzo per lo svolgimento dell’attività da cui il risultato dipende.
Quali sono le conseguenze del fatto che il contratto di associazione in partecipazione è un contratto di collaborazione?
Proprio perché l’associazione in partecipazione è un contratto di collaborazione,
a) L’associato corre sia le alee favorevoli che quelle sfavorevoli (= partecipa agli utili e alle perdite) e per l’art. 2553, Salvo patto contrario, l’associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, ma le perdite che colpiscono l’associato non possono superare il valore del suo apporto. L’associante si trova in posizione analoga rispetto all’amministrazione della società.
b) L’associazione può essere estesa ad altri partecipanti, ma con il consenso dei precedenti associati (2550), e ciò anche quando i diritti patrimoniali di questi non siano toccati. L’ingresso di un nuovo partecipante impone la modificazione dell’originario rapporto, mentre nessun rilievo ha l’attribuzione di una nuova cointeressenza quando ci si trova di fronte a un contratto parziario.
c) Assumono rilievo il campo in cui la collaborazione si attua e le possibilità di svolgimento dell’attività prefissata, cioè l’oggetto e lo scopo dell’associazione, piuttosto che la natura dei beni apportati (=contratto rimane identico sia che l’apporto consista in beni, che in somma di denaro, che, a condizione che non sia persona fisica, nell’opera dell’associato; contratto si scioglie a seguito dell’impossibilitò del raggiungimento dello scopo o alla realizzazione di questo)
Posizione dell’associante
Art. 2552 comma 1
La gestione dell’impresa o dell’affare spetta [è di pertinenza esclusiva] all’associante.
[iniziativa economica e responsabilità ricadono sull’associante]
Art. 2551
I terzi acquistano diritti e assumono obbligazioni soltanto verso l’associante.
[pertanto non si possono far valere obblighi nei confronti dell’associato, se non quello di conferire l’apporto]
[Il fatto che la gestione spetti all’associante non significa che l’associato non possa svolgere attività nell’impresa dell’associante, sotto la direzione di questi e anche di amministrazione e rappresentanza nei limiti dei poteri da egli conferiti all’associato. Quando l’associato derivi i suoi poteri dall’associante, e gli non incontra limiti nella sua attività.]
[L’associante attua la gestione dell’attività per lui e anche per conto dell’associato, pertanto in tale gestione l’associante deve osservare l’ordinaria diligenza del mandatario (1710), non potrà distrarre i beni aziendali dalla loro destinazione (2256) e dovrà consentire i controlli e fornire le informazioni previste nel contratto (2552, 2-3)]
[L’associante non può, senza il consenso dell’associato, *modificare l’oggetto dell’impresa (o l’affare) o cessare arbitrariamente dall’impresa (o dall’affare).]
Posizione dell’associato
Trattandosi di un mero rapporto contrattuale, per effetto del quale in corrispettivo dell’apporto viene riconosciuta all’associato una determinata partecipazione agli utili, l’associato ha diritto ad avere il rendiconto finale (o annuale se la gestione si protrae per più di un anno) (Art. 2552 comma 3)
[Se l’oggetto dell’ass. in part. è un impresa, il rendiconto annuale si avrà con la chiusura dell’esercizio]
Ha ovviamente diritto agli utili, e può essere stabilita in determinati limiti una misura diversa da quella proporzionale. In forza dell’art. 2553, non si può stabilire una partecipazione alle perdite superiore all’apporto, mentre in forza del divieto del patto leonino, non si può stabilire una completa esclusione dalla partecipazione agli utili o alle perdite.
Non è responsabile verso i terzi per l’esercizio dell’impresa dell’associante, e addirittura una volta che ha conferito l’apporto non è responsabile più di alcuna obbligazione nemmeno nei confronti dell’associante.
In occasione del rendiconto, l’associato ha diritto di controllo sulla gestione e sulle operazioni compiute, ma contrattualmente è possibile stabilire un controllo più pregnante e diffuso (2552 c.2)
[es. obbligo dell’associante di dare notizia all’associato sullo svolgimento dell’attività amministrativa; diritto di esaminare i documenti relativi all’amministrazione o di avere rendiconti periodici, mensili o trimestrali.]
È possibile stabilire contrattualmente dei limiti in ordine alla gestione dell’associante?
È dubbio. In ogni caso, tali limiti non rilevano nei confronti dei terzi, e perciò in caso di violazione l’atto (che ha violato) rimane valido ed efficace.
Nei rapporti interni, un limite contrattuale può essere efficace, ma non deve svuotare di contenuto la posizione dell’associante
Quando vengono distribuiti gli utili nell’associazione in partecipazione?
La legge non lo prevede espressamente.
In assenza di patto contrario, sembra potersi applicare l’art. 2262:
Salvo patto contrario ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l’approvazione del rendiconto
Scioglimento dell’associazione in partecipazione
La legge non fa riferimento a cause di scioglimento specificamente per l’associazione in partecipazione, pertanto si fa capo ai principi che regolano i contratti associativi.
Rientrano quindi tra le cause di scioglimento:
a) il compimento dell’affare o la realizzazione dell’oggetto dell’associazione
b) l’impossibilità di compiere l’affare o di conseguire l’oggetto dell’associazione
c) la scadenza del termine, ove l’associazione sia contratta a tempo determinato
d) il recesso previo congruo preavviso, ove l’associazione sia contratta a tempo indeterminato
e) la sottoposizione dell’ associante a liquidazione giudiziale
f) il recesso per giusta causa
Non vi è liquidazione, non trattandosi l’associazione in partecipazione di un soggetto autonomo.
In conseguenza dello scioglimento, l’associato avrà diritto alla restituzione dell’apporto, a seconda dei casi aumentato degli utili o diminuito delle perdite. Se l’apporto è costituito da un bene, la restituzione si avrà nel valore corrispondente, salvo patto contrario.
[Tale liquidazione della quota deve avvenire immediatamente, non dovendosi attendere ne la liquidazione dell’impresa dell’associante, ne il decorso del termine di sei mesi previsti dall’art. 2289]
Quando si ha recesso per giusta causa nell’associazione in partecipazione?
- Inadempimento da parte dell’associante o dell’associato
- Caso in cui l’esercizio dell’impresa si attui con perdite tali da non consentirne la prosecuzione [non si può costringere l’associante a continuare in un’impresa assolutamente svantaggiosa, solo perché ha stipulato un’associazione in partecipazione] ma ciò solo per l’associante, che risponde con tutto il patrimonio, nel caso in cui le perdite siano ingenti, e non per l’associato, che invece ha stipulato cosciente delle possibili alee sfavorevoli e comunque solo nei limiti dell’apporto
- Nell’ipotesi di pluralità di associati ed esclusivamente in favore dell’associato, la circostanza che sia sciolto il rapporto con altro associato, considerato essenziale nella partecipazione dalla volontà delle parti.
- Caso in cui, la morte e sostituzione dell’associante abbia fatto venir meno la fiducia (elemento caratteristico del contratto) tra associato e associante
[È dubbio in caso di morte, interdizione o inabilitazione. In tali casi, lo scioglimento del rapporto c’è solo se l’oggetto dell’associazione NON è esercizio dell’impresa. Se è cosi, tale esercizio è continuato dagli eredi]
Quali sono i contratti affini all’associazione in partecipazione?
I contratti affini sono quei contratti che, in quanto presentano taluni degli elementi essenziali dell’associazione in partecipazione, sono sottoposti in parte alla medesima disciplina (art. 2554 c.c.).
Sono:
a) il contratto di cointeressenza agli utili di un’impresa senza partecipazione alle perdite.
Trova applicazione nei rapporti di finanziamento, nei quali, in aggiunta alla corresponsione dell’interesse, o in sostituzione della stessa, viene attribuita al finanziatore una percentuale sugli utili dell’impresa.
L’analogia consiste nel fatto che gestore-titolare dell’impresa, unico responsabile nei confronti dei terzi, è colui che concede l’interessenza, mentre il cointeressato ha gli stessi diritti di controllo e di rendiconto che competono all’associato. La differenza consiste nella circostanza che il cointeressato ha diritto alla restituzione integrale dell’apporto, anche nell’ipotesi di perdita. Inoltre, ci troviamo in presenza di un contratto di credito e non di un contratto associativo;
b) Il contratto o il patto di partecipazione agli utili concluso con i prestatori di lavoro.
La partecipazione agli utili può rappresentare la totalità o una parte della remunerazione dovuta (art 2099). Si versa in questa ipotesi in una
situazione assolutamente analoga a quella appena considerata, con la sola differenza che il sistema di retribuzione non può essere utilizzato per rendere deteriore la posizione del prestatore di lavoro; ove, pertanto, gli utili non valgano a integrare i minimi di retribuzione della categoria, questi saranno comunque dovuti.
c) il contratto di compartecipazione agli utili e alle perdite di un’impresa senza alcun apporto.
Questo contratto può assumere in pratica due diversi atteggiamenti:
- o è diretto a creare una comunione di interessi tra due imprese, per lo più tra loro concorrenti, e serve a ripartire le alee, e in questo caso la partecipazione è reciproca;
- o invece è diretto a realizzare gli stessi scopi dell’associazione in partecipazione, senza un esborso attuale di capitali, ma con semplice assunzione dell’obbligazione di sopportare le perdite, ove si siano verificate.
[Identico all’associazione in partecipazione, ma manca l’apporto]