P1C6 §2 La concorrenza sleale Flashcards
Principio del qui iure suo utitur neminem laedit nella concorrenza
L’ordinamento riconosce come lecito lo scopo ultimo della competizione, che è quello di “prevalere” sugli altri. Ammettere questo scopo, significa anche accettare e giustificare il sacrificio altrui in connessione con il proprio vantaggio.
Pertanto, secondo il principio qui iure suo utitur neminem laedit (“Chi esercita un proprio diritto non nuoce a nessuno”), l’esercizio dell’attività che provoca un danno è diritto dell’imprenditore ed quindi lecito.
Come si conciliano la concorrenza leale e il fatto che l’ordinamento accetti il sacrificio altrui in connessione con il proprio vantaggio?
Libertà non è arbitrio, e pertanto il comportamento del singolo non è svincolato da ogni norma.
La legge infatti impone obblighi come:
- rispetto della buona fede (art. 1336 cc)
- uso della normale diligenza (art. 1176 cc)
- rispetto delle regole della correttezza (art. 1175 cc)
- rispetto della lealtà e della probità (art. 88 cpc)
che vengono racchiusi, nell’ambito dell’esercizio di attività economiche, con la formula “correttezza professionale” al cui rispetto i professionisti medi si ritengono senz’altro vincolati.
Come si definisce il comportamento contrario alla correttezza professionale?
Comportamento antigiuridico, che produce concorrenza sleale e che ripugna alle convinzioni e al costume della categoria professionale.
Quali norme riguardano la concorrenza sleale?
Artt. 2598 ss. cc.
Quali sono le categorie specifiche di atti di concorrenza sleale indicate nell’art. 2598 cc?
Prima categoria: atti di concorrenza sleale per confusione
Seconda categoria: atti di concorrenza sleale per denigrazione
Terza categoria: atti di concorrenza sleale per sottrazione
In cosa risiede la non correttezza professionale per gli atti di concorrenza sleale per confusione?
Art. 2598 n.1
La non conformità alla correttezza professionale dipende dal fatto che si sfrutta l’affermazione sul mercato di altra impresa concorrente, tendendo a confondersi con questa mediante l’uso di nomi o di segni distintivi da essa legittimamente usati, sia mediante imitazione servile dei suoi prodotti, sia con il compimento di atti idonei a creare confusione con i suoi prodotti e in genere con la sua attività.
Come si rapporta la tutela della concorrenza sleale per confusione con la tutela della ditta, dell’insegna e del marchio?
La tutela della concorrenza sleale per confusione non si applica quando c’è violazione della ditta, dell’insegna e del marchio, operando quindi come un complemento quando la tutela della ditta, dell’insegna e del marchio non arriva.
Cos’è la concorrenza sleale di secondo grado?
Con tale termine si intende individuare il fenomeno per cui all’imprenditore che usi illegittimamente segni distintivi altrui, o confondibili con quelli altrui, NON sia accordata la tutela nei confronti di chi compia a sua volta un atto di concorrenza sleale.
Cosa si intende con imitazione servile?
Nell’ambito della concorrenza sleale per confusione, non solo i prodotti possono essere confusi, ma anche l’attività, soprattutto rispetto a quelle imprese che non hanno prodotti propri da distinguere. È questo il caso dell’imitazione servile dei prodotti, ossia la riproduzione pedissequa dei prodotti altrui nei suoi elementi formali e non necessari (non sostanziali)
In cosa risiede la non correttezza professionale per gli atti di concorrenza sleale per denigrazione?
Art. 2598 n.2
La non conformità alla correttezza professionale dipende dalla diffusione di notizie o apprezzamenti, non necessariamente false, sull’attività di un concorrente, atti a determinarne il discredito, da parte di un altro concorrente nell’esercizio dell’attività imprenditrice.
In cosa risiede la non correttezza professionale per gli atti di concorrenza sleale per sottrazione?
Art. 2598 n.2
La non conformità alla correttezza professionale dipende dall’appropriarsi dell’imprenditore dei pregi dei prodotti o dell’impresa concorrente.
Riguarda la presentazione al pubblico dell’impresa o dei prodotti facendo apparire come propri meriti e riconoscimenti che sono invece pertinenza dei prodotti e dell’impresa altrui.
Qual’è la categoria generale degli atti di concorrenza sleale indicata nell’art. 2598 cc?
Art. 2598 n.3
La legge dispone che compie atti di concorrenza sleale chiunque “si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”
Es. storno dei dipendenti, boicottaggio
Quale portata ha la categoria generale degli atti di concorrenza sleale?
In primo luogo, ogni atto di concorrenza sleale è un atto di concorrenza. Tale slealtà deve quindi inserirsi nei rapporti di competizione con gli altri imprenditori. Serve che ci sia concorrenza effettiva.
In secondo luogo, rispetto all’atto di concorrenza sleale rileva il mezzo contrario ai principi della correttezza professionale, non il fine.
In terzo luogo, occorre l’idoneità del mezzo a danneggiare l’altrui azienda, ovvero è necessario che il mezzo abbia la capacità di raggiungere un tale risultato.
Quando non sussiste la concorrenza effettiva?
La concorrenza effettiva non si ha, ad esempio, quando due attività, pur svolgendo una medesima attività, la svolgono localmente in luoghi lontanissimi.
Il sottrarsi al pagamento delle imposte e dei tributi può configurare concorrenza sleale?
No, in quanto si ha concorrenza sleale solo nei confronti degli altri imprenditori, non rispetto all’organizzazione della propria impresa. In quel caso la questione si configurerà sotto il profilo del diritto penale, amministrativo o tributario.