Categorie in cui è divisa la fattispecie del soggetto imprenditore Flashcards
Categoria in cui è divisa la fattispecie del soggetto imprenditore
All’interno della fattispecie di impresa sono previste alcune distinzioni volte ad una applicazione
differenziata della disciplina:
- Il piccolo imprenditore
- L’imprenditore agricolo
- L’imprenditore commerciale
Il piccolo imprenditore
Un criterio di distinzione attiene alle 𝗱𝗶𝗺𝗲𝗻𝘀𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗼𝗿𝗴𝗮𝗻𝗶𝘇𝘇𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗮𝘁𝘁𝗶𝘃𝗶𝘁à ed è incentrata sulla definizione di 𝗽𝗶𝗰𝗰𝗼𝗹𝗼 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝗻𝗱𝗶𝘁𝗼𝗿𝗲 prevista 𝗱𝗮𝗹𝗹’𝗮𝗿𝘁. 𝟮𝟬𝟴𝟯 𝗱𝗲𝗹 𝗰𝗰.
Viene definito 𝗽𝗶𝗰𝗰𝗼𝗹𝗼 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝗻𝗱𝗶𝘁𝗼𝗿𝗲 chi esercita un’attività professionale prevalentemente
organizzata con il 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗼 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶𝗼 𝗼 𝗱𝗲𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶 𝗳𝗮𝗺𝗶𝗹𝗶𝗮𝗿𝗶 come ad esempio i coltivatori diretti, gli artigiani o i piccoli commercianti.
𝗟’𝗼𝗿𝗴𝗮𝗻𝗶𝘇𝘇𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 è un 𝗲𝗹𝗲𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗳𝗼𝗻𝗱𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗹𝗲 per differenziare la figura del piccolo imprenditore da quello che è un lavoratore autonomo.
Il piccolo imprenditore:
la funzione di questa categoria
La categoria del piccolo imprenditore aveva una 𝗳𝘂𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗲𝘀𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 che serviva per escludere tale categoria da alcune parti della disciplina dell’impresa in ragione del rapporto costi-benefici dell’applicazione di tali regole alle 𝗿𝗲𝗮𝗹𝘁à 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝗻𝗱𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮𝗹𝗶 𝗱𝗶 𝗺𝗶𝗻𝗼𝗿𝗶 𝗱𝗶𝗺𝗲𝗻𝘀𝗶𝗼𝗻𝗶 come ad esempio le regole relative a pubblicità legale, scritture contabili e le procedure concorsuali.
Il piccolo imprenditore:
L’idea dell’esenzione
L’idea dell’𝗲𝘀𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗽𝗶𝗰𝗰𝗼𝗹𝗼 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝗻𝗱𝗶𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗱𝗮 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗲 𝗿𝗲𝗴𝗼𝗹𝗲 è spiegata dal fatto che se un piccolo imprenditore ha un attività molto elementare farsi produrre un bilancio da un commercialista o pubblicare gli atti nel registro delle imprese comporta dei 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗶 𝗱𝗶 𝘁𝗿𝗮𝗻𝘀𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗲𝗹𝗲𝘃𝗮𝘁𝗶 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗮𝗶 𝗯𝗲𝗻𝗲𝗳𝗶𝗰𝗶 che derivano da tali azioni.
Col tempo questa distinzione ha progressivamente perso importanza in quanto alcune sezioni sono venute meno, come l’iscrizione nel registro delle imprese e le scritture contabili richieste a fini tributari.
Inoltre ai fini delle procedure concorsuali l’articolo 2083 del cc è stato sostituito da 𝗽𝗮𝗿𝗮𝗺𝗲𝘁𝗿𝗶 𝗾𝘂𝗮𝗻𝘁𝗶𝘁𝗮𝘁𝗶𝘃𝗶, che vanno a sostituire i criteri qualitativi, che sono previsti 𝗱𝗮𝗹𝗹’𝗮𝗿𝘁𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼 𝟭 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗹𝗲𝗴𝗴𝗲 𝗳𝗮𝗹𝗹𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗿𝗲.
Tali soglie, che riguardano i dati del bilancio, il valore dell’attivo, i ricavi annuali e l’entità dei debiti complessivi, ci permettono di capire se un piccolo
imprenditore è 𝘀𝗼𝗴𝗴𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗮 𝗳𝗮𝗹𝗹𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 o meno.
Il piccolo imprenditore:
Cambiamento del concetto
Un ulteriore ridimensionamento del concetto di piccolo imprenditore si è avuto con l’introduzione di 𝗹𝗲𝗴𝗴𝗶 𝘀𝗽𝗲𝗰𝗶𝗮𝗹𝗶 che vanno ad implementare la disciplina riguardante la piccola impresa.
Tali legge speciali sono lo Statuto delle imprese e la Legge quadro per l’artigianato.
L’imprenditore agricolo
Un’altra distinzione attiene al tipo di attività esercitata ed è incentrata sulla definizione di 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝗻𝗱𝗶𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗮𝗴𝗿𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼 ovvero colui che, secondo l’𝗮𝗿𝘁. 𝟮𝟭𝟯𝟱 𝗱𝗲𝗹 𝗰𝗰, esercita attività di coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
A questa categoria si 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗮𝗽𝗽𝗼𝗻𝗲 la figura 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝗻𝗱𝗶𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗰𝗼𝗺𝗺𝗲𝗿𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲 che è destinatario
dell’intera disciplina dell’impresa.
L’imprenditore commerciale viene 𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝘁𝗼 𝗶𝗻 𝘃𝗶𝗮
𝗿𝗲𝘀𝗶𝗱𝘂𝗮𝗹𝗲 in quanto viene definito imprenditore commerciale qualunque imprenditore che non
presenta le caratteristiche dell’imprenditore agricolo.
L’imprenditore agricolo:
la funzione di questa categoria
Anche in questo caso la 𝗱𝗶𝘀𝘁𝗶𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 era 𝗳𝘂𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗱𝗶𝘀𝗮𝗽𝗽𝗹𝗶𝗰𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗴𝗿𝗮𝗻 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗱𝗶𝘀𝗰𝗶𝗽𝗹𝗶𝗻𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝗮 in ragione delle caratteristiche che le imprese agricole presentavano al tempo.
Tali imprese erano principalmente incentrate sul 𝗳𝗼𝗻𝗱𝗼 𝗱𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶𝗲𝘁à 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝗻𝗱𝗶𝘁𝗼𝗿𝗲 e con attività connesse di carattere economico secondario.
Questo significava che l’impresa agricola aveva 𝗺𝗶𝗻𝗼𝗿𝗶 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗹𝗲𝘀𝘀𝗶𝘁à 𝗼𝗿𝗴𝗮𝗻𝗶𝘇𝘇𝗮𝘁𝗶𝘃𝗲 𝗲 𝗳𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮𝗿𝗶𝗲 e quindi 𝗺𝗶𝗻𝗼𝗿𝗶 𝗲𝘀𝗶𝗴𝗲𝗻𝘇𝗲 𝗱𝗶 𝘁𝘂𝘁𝗲𝗹𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗶 𝘁𝗲𝗿𝘇𝗶 sul piano della pubblicità, delle scritture contabili e delle procedure contabili.
L’imprenditore agricolo:
L’idea dell’esenzione
Questa esenzione è legata al fatto che l’imprenditore agricolo 𝗱𝗶𝗽𝗲𝗻𝗱𝗲 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗶𝘀𝘀𝗶𝗺𝗼 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗻𝗮𝘁𝘂𝗿𝗮 e quindi è esposto a un rischio, definito 𝗿𝗶𝘀𝗰𝗵𝗶𝗼 𝗯𝗶𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗼, non controllabile nei confronti del quale ci si può difendere solo entro un determinato limite. Il rischio biologico si va ad aggiungere a quello che è il rischio di impresa.
L’imprenditore agricolo:
Cambiamento del concetto
Nel tempo però la realtà dell’impresa agricola ha attraversato una significativa modernizzazione
recepita in una legge di riforma della disciplina del settore (decreto legislativo n.228/2001) che
ha 𝗮𝗺𝗽𝗹𝗶𝗮𝘁𝗼 𝗶 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗶𝗻𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗻𝗼𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗴𝗶𝘂𝗿𝗶𝗱𝗶𝗰𝗮.
In particolare si è ampliata la fattispecie stabilendo che restano invariate le 𝗮𝘁𝘁𝗶𝘃𝗶𝘁à 𝗮𝗴𝗿𝗶𝗰𝗼𝗹𝗲 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗻𝘇𝗶𝗮𝗹𝗶 ovvero quelle attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico connesse anche solo 𝗽𝗼𝘁𝗲𝗻𝘇𝗶𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 con il fondo.
Questa definizione comprende anche le coltivazione artificiali o gli allevamenti in batteria. Anche le 𝗮𝘁𝘁𝗶𝘃𝗶𝘁à 𝗰𝗼𝗻𝗻𝗲𝘀𝘀𝗲 sono state soggetto di ampliamento.
Tali attività sono molto rilevanti in quanto, oggi, sempre più spesso chi svolge attività agricole svolge altre attività come nel caso degli apicoltori che producono e vengono il miele o gli agriturismi che svolgono una attività agricola e poi accolgono dei clienti.
L’imprenditore agricolo:
Attività connesse
Tali attività sono esercitate assieme ad una attività agricola e quindi la legge di riforma del 2001
ha specificato che restano 𝗮𝘁𝘁𝗶𝘃𝗶𝘁à 𝗰𝗼𝗻𝗻𝗲𝘀𝘀𝗲 tutte le attività che sono svolte utilizzando prevalentemente le materie prodotte o le attrezzature impiegate nelle attività essenziali.
Se le attività connesse non rispettano tali condizioni l’imprenditore agricolo si 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮 in un 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝗻𝗱𝗶𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗰𝗼𝗺𝗺𝗲𝗿𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲.
La definizione odierna di imprenditore agricolo comprende quindi realtà imprenditoriali che
possono essere caratterizzate da elevata complessità organizzativa e finanziaria indebolendo, sempre di più, la necessità di avere un 𝘁𝗿𝗮𝘁𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗴𝗶𝘂𝗿𝗶𝗱𝗶𝗰𝗼 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗲𝗿𝗲𝗻𝘇𝗶𝗮𝘁𝗼 tra imprese agricole e imprese commerciali.
Inoltre, dato che la 𝗹𝗲𝗴𝗴𝗲 𝗳𝗮𝗹𝗹𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮𝗿𝗲 è cambiata negli ultimi decenni andando ad eliminare la 𝘃𝗮𝗹𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗽𝘂𝗻𝗶𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗳𝗮𝗹𝗹𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼, l’esenzione da questa procedura non costituisce più un trattamento di favore sotto il profilo economico e per queste ragioni alcune differenze di disciplina sono 𝘃𝗲𝗻𝘂𝘁𝗲 𝗺𝗲𝗻𝗼 o si sono 𝗿𝗶𝗱𝗼𝘁𝘁𝗲.
𝗖𝗼𝗻𝗰𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗹𝗶𝗰𝗮𝘁𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗽𝗼𝘁𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝗿𝗶𝗰𝗵𝗶𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗮𝗹𝗹’𝗲𝘀𝗮𝗺𝗲
Il divieto di concorrenza nel trasferimento d’azienda si applica anche per quanto riguarda l’imprenditore agricolo.
L’art. 2557
comma 2 prevede che per l’alienante divieto di concorrenza vale soltanto per quanto riguarda le
attività connesse. Come detto precedentemente il tema principale del divieto di concorrenza è
quello di non svuotare di valore d’azienda ceduta. Per quanto riguarda le imprese agricole abbiamo quello che viene definito divieto di concorrenza parziale in quanto se ho dei vigneti e decido di vendere la mia impresa per aprirne una seconda in cui produco comunque vigneti il divieto di concorrenza non consiste nel divieto di produrre vigneti ma nel trasformare l’uva in vino.
L’impresa commerciale
La nozione generale di impresa depurata dall’impresa agricola e dalla piccola impresa dovrebbe residuare nella specie di impresa destinataria del diritto commerciale.
Questa categoria di impresa è l’𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝗮 𝗰𝗼𝗺𝗺𝗲𝗿𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲(non piccola, o medio grande).
A differenza dell’impresa agricola e della piccola impresa, con riferimento all’impresa commerciale non si rinviene una norma che contenga la relativa nozione; infatti, la norma dalla quale si ritiene possa desumersi questa nozione è 𝗹’𝗮𝗿𝘁. 𝟮𝟭𝟵𝟱 che non è una norma definitoria, ma è una 𝗻𝗼𝗿𝗺𝗮 𝗱𝗶 𝗱𝗶𝘀𝗰𝗶𝗽𝗹𝗶𝗻𝗮.
Pertanto, 𝗹’𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝗮 𝗰𝗼𝗺𝗺𝗲𝗿𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲 è un’attività di produzione di beni e di servizi che si qualifica come industriale e/o un’attività di circolazione di beni che si qualifica come intermediaria.
L’impresa commerciale
La prima interpretazione
Secondo una prima interpretazione, i due requisiti sono da intendersi in una 𝗮𝗰𝗰𝗲𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘀𝘁𝗿𝗲𝘁𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗹𝗲𝘁𝘁𝗲𝗿𝗮𝗹𝗲 o, se si vuole, storica:
• L’industrialità alluderebbe al processo produttivo inaugurato con la Rivoluzione industriale a
cavallo tra XVIII e XIX secolo.
• L’intermediarietà alluderebbe alle attività classicamente commerciali di acquisto (all’ingrosso)
per la rivendita (al dettaglio).
Dunque, l’attività sarebbe industriale solo se si tratte di attività automatizzata o che si sostanzia nella trasformazione fisico-tecnica della materia; mentre l’attività sarebbe intermediaria solo se si tratti di attività originata da un acquisto di qualcosa per la rivendita di qual qualcosa.
Da questa interpretazione si ricava una 𝗻𝗼𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝗮 𝗰𝗼𝗺𝗺𝗲𝗿𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗶𝗻 𝗽𝗼𝘀𝗶𝘁𝗶𝘃𝗼 che si
riferirebbe a tutti i fenomeni produttivi caratterizzati da un processo produttivo automatizzato o diretti alla circolazione dei beni attraverso un preventivo acquisto e una successiva rivendita.
L’impresa commerciale
La prima interpretazione
L’impresa civile
Ne consegue che ci potrebbero essere altri fenomeni produttivi che, pur non avendo natura agricola, non avrebbero nemmeno natura commerciale.
Quindi oltre all’impresa agricola e all’impresa commerciale si aggiungerebbe una terza categoria che è invalso qualificare come 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝗮 𝗰𝗶𝘃𝗶𝗹𝗲.
Sulla base di queste premesse i seguenti fenomeni imprenditoriali sono stati considerati imprese civili:
• 𝗟𝗲 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲 𝗮𝗿𝘁𝗶𝗴𝗶𝗮𝗻𝗲, sul presupposto che il sottostante processo produttivo non possa
qualificarsi come industriale, in quanto mai interamente automatizzato.
• 𝗟𝗲 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮𝗿𝗶𝗲 e le 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲 𝗱𝗶 𝗽𝘂𝗯𝗯𝗹𝗶𝗰𝗶 𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗮𝗰𝗼𝗹𝗶, sempre sul presupposto che il
sottostante processo produttivo non possa qualificarsi come industriale, in quanto non dà
luogo ad una trasformazione fisico-tecnica della materia, ma si limita a sfruttare risorse che si
trovano in natura o risorse che rientrano nelle abilità umane.
- 𝗟𝗲 𝗶𝗺𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲 𝗳𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮𝗿𝗶𝗲, sul presupposto che facciano circolare il denaro non in modo intermediario, limitandosi a raccogliere risparmio da collocare in opportune soluzioni di investimento o a concedere credito utilizzando denaro appartenente al patrimonio personale del titolare.
- 𝗟𝗲 𝗮𝗴𝗲𝗻𝘇𝗶𝗲 matrimoniali, le agenzie di collocamento o il mediatore di prodotti agricoli, sul presupposto che si tratti di attività ausiliarie ad iniziative che non rientrano nell’elenco dell’art. 2195 o addirittura non imprenditoriali.
L’impresa commerciale
La prima interpretazione
Le critiche
Questa interpretazione è stata oggetto di 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗲 𝗰𝗿𝗶𝘁𝗶𝗰𝗵𝗲 e la principale ragione di simili critiche
è da ricondurre alle incertezze che caratterizzerebbero l’impresa civile con riferimento alla sua rilevanza normativa, cioè quale sarebbe la disciplina che si applica ad essa.
Al riguardo, prevale l’idea che l’impresa civile abbia una rilevanza normativa non diversa da quella riconosciuta all’impresa agricola e alla piccola impresa nonostante non ci siano le stesse ragioni.
Dunque, appare 𝗽𝗼𝗰𝗼 𝗰𝗼𝗻𝗴𝗿𝘂𝗼 assoggettare l’impresa civile ad un trattamento normativo deteriore rispetto a quello riservato per le imprese commerciali.