9) monografico: Cicerone: Flashcards

1
Q

rapporto fra Roma e la Grecia intorno al 3°-2° sec. a.C:

A

Fra il 3° e il 1° sec. a.C. Roma ha un contatto progressivo e immediato con la cultura greca, ed è in questo momento che la città forma la propria letteratura costituendo il proprio sistema letterario in dialogo con quello greco.

Oltre alla letteratura passa anche la filosofia, che non si pone sempre in un dialogo aperto e facile con la cultura romana, soprattutto con quella tradizionalista delle élite.

Viene canonicamente fatta iniziare l’influenza della filosofia greca su Roma con il 155 a.C., anno dell’ambasceria ateniese a Roma, composta da Carneade, Diogene di Babilonia e Critolao.

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2
Q

le filosofie ellenistiche principali del periodo:

A

In questo periodo le filosofie ellenistiche principali sono:
1. lo scetticismo, che mette in discussione l’adesione a un sistema e a un dogma. È l’approccio preso da Cicerone
2. il peripato, prosecuzione dell’insegnamento di Aristotele
3. stoicismo, trattato e abbracciato da Seneca. Questo prende piede a Roma perché sosteneva che la realtà fosse guidata da una divinità unica, il logos, la ragione, che è per altro conoscibile dall’essere umano. È quindi fortemente provvidenzialista, al contrario dell’epicureismo
4. epicureismo, presentato esaustivamente da Lucrezio.

Già però da Ennio notiamo come alcune idee filosofiche greche tornassero nella trattazione degli Annales.

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3
Q

chi è responsabile dell’importazione della filosofia greca a Roma:

A

È sicuramente Cicerone ad essere responsabile del trasporto della filosofia greca a Roma.

Con una sostanziale differenza rispetto a Lucrezio, che sceglie la forma del poema didascalico, Cicerone usa il dialogo, di stampo socratico e che permette di sviluppare la filosofia e la soluzione ai quesiti nel processo di discussione e confronto.

Inoltre per Platone la mimesis è problematica, perché il dialogo è sempre l’immagine di quello reale. Quindi nella trattazione di Cicerone è sempre molto presente quel retroscena di stampo platonico, non tanto a livello filosofico quando nelle forme.

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4
Q

la tendenza al monologo di Cicerone:

A

Notiamo già una tendenza al monologo nel “De natura deorum” e nel “De divinatione”, che sono dichiaratamente dialoghi, ma che in realtà sono composti da libri dove un solo personaggio parla per conto proprio esponendo la propria idea.

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5
Q

la filosofia come consolazione:

A

Cicerone dal 46 al 44 si dedica spasmodicamente alla scrittura.

La riflessione filosofica diventa uno strumento di consolazione e di autoterapia, che Cicerone intraprende soprattutto negli anni della dittatura di Cesare, che lo obbliga ad un “riposo forzato” dalla vita politica.

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6
Q

il “De Re Publica”:

A

All’interno del contesto politico della lotta fra Cesare e Pompeo, Cicerone si chiede in che modo lui stesso possa beneficiare allo Stato, e la risposta arriva proprio con la scrittura di questa opera filosofica.

Il dialogo è ambientato a Roma, nella generazione che precede la sua (quella di Emiliano, Lelio, Catone) e che è vista dall’autore come il punto di sviluppo massimo della cultura latina, da cui poi avverrà una caduta e una progressiva degenerazione.

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7
Q

il rapporto con la Repubblica di Platone:

A
  • La differenza rispetto alla Repubblica di Platone è il concepimento di un modello realizzabile e in parte realizzato, e non ideale o ipotetico.
  • Nell’opera platonica è presente anche il mito di Er, finalizzato a presentare il concetto di premio e punizione ultraterreni, che colpiscono l’anima in maniera proporzionale a come è agito dal punto di vista etico nella vita.

Cicerone si discosta di questa prospettiva: non tratta della pena che toccherebbe all’uomo ingiusto, si concentra sul premio e ne restringe il “campo d’azione” dal giusto all’uomo che ha saputo giustamente servire lo Stato, in prospettiva unicamente politica.
* In Platone la narrazione del mito inizia con l’affermazione di non voler trattare del mito di Alcinoo, poi si parla di Er, originario della Panfilia (e figura completamente inventata da Platone): egli cade in battaglia e viene preso da uno stato di morte apparente, durante il quale ha una visione dell’aldilà; prima di essere bruciato sulla pira funebre Er si risveglia e riferisce tutto quello che ha visto. Si tratta quindi di un’esperienza estrema, sicuramente non comune, potenzialmente irripetibile.
In questa visione Er vede che tutte le anime si radunano in un luogo, dove vengono poi divise in base al fatto che siano anime di giusti (che vanno verso l’alto) o anime degli ingiusti (destinate a scendere verso il basso). Questi due percorsi si ricongiungono dopo un lungo viaggio (secondo quanto stimato da Platone, della durata di mille anni): le anime arriveranno tutte alla stessa condizione e saranno pronte a reincarnarsi. Ci sono però delle anime che nemmeno dopo aver compiuto il percorso di purificazione possono reincarnarsi, e si tratta di chi ha compiuto ingiustizie atroci, nello specifico i tiranni. Anche nel Gorgia e nel Fedro Platone tratta questo tema.
* Cicerone riprende questo elemento e lo rovescia: non è il tiranno a non potersi redimere, ma è colui che ha agito per il bene dello Stato a meritare - e ad avere - alla fine una grande gratificazione. In Cicerone non viene mai evocata la prospettiva di una rinascita, inoltre il percorso non termina con la reincarnazione, ma il punto finale del processo è l’apoteosi.

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8
Q

perché la scelta del sogno?

A

Il “Somnium Scipionis” non è altro che la conclusione del 6° e ultimo libro del De re publica di Cicerone.

Il Somnium Scipionis, descrivendo il sogno di un viaggio ultraterreno da parte di Scipione l’Emiliano, presenta la figura ideale del princeps, che rispetta e tutela le istituzioni repubblicane di Roma e si impegna per il bene supremo della patria.

Se il mito di Er descrive un’esperienza isolata e quasi irripetibile, invece Cicerone affida la descrizione della morte a un personaggio che appare in sogno, un’esperienza che tutti possono sperimentare.

Per altro, il sogno è presentato secondo un’ottica razionalistica, che spiega il perché del sogno stesso. Il dialogo è ambientato pochi giorni prima della morte di Scipione Emiliano, che racconta un sogno che dice di aver fatto 20 anni prima, quindi nel 149 a.C., quando fu in Africa per la terza guerra punica. Avendo parlato a lungo quella volta di suo nonno (l’Africano) col re numida Massinissa, sogna il nonno quella notte (da qui la spiegazione razionalistica).

Il sogno si apre con una rivelazione da parte di Scipione Africano verso il nipote: gli annuncia che sconfiggerà Cartagine, e a questa seguiranno altre glorie militari e politiche, ma verrà ucciso da una congiura (che avverrà infatti pochi giorni dopo la data fittizia del dialogo).

Il sogno e la sua spiegazione evocano chiaramente il sogno di Ennio, che aveva riferito di aver sognato Omero, probabilmente a causa del suo tanto studiarlo, ma dà anche una chiave di lettura stilistica del passo: è una prosa che include al suo interno un’elevazione stilistica che separa il Somnium dal resto del dialogo.

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9
Q

Par. 13, 14, 15 (solo italiano) :

A

Subito viene presentato quel restringimento del gruppo di individui a cui viene concesso il premio. Il corpo viene poi presentato come carcere dell’anima, concetto espresso anche da Platone, e la vera vita è a questo punto quella ultraterrena.

All’interno della scena interviene anche il padre biologico dell’Emiliano, Emilio Paolo: si realizza una delle scene topiche dell’epica, l’incontro col genitore defunto. Si ripresentano anche il tema del pianto e dell’abbraccio, che qui si realizza, non è mancato.
Non trattandosi infatti di una catabasi, ma di un sogno, la dimensione onirica rende possibile questo abbraccio.

Dopo aver avuto questa visione, l’Emiliano si chiede se, dal momento che la vera vita è quella oltremondana, non sia allora lecito suicidarsi e raggiungerla subito. L’Africano risponde che non è lecito, perché bisogna compiere la missione affidata all’uomo dalla divinità.

Si noti come Seneca invece ammetta questa possibilità.

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10
Q

par. 16: caratteristiche:

A
  • una delle caratteristiche di questo passo e di tutta l’opera è il voler evitare i grecismi, per questo Cicerone traduce l’espressione greca con orbem lacteum. Il riferimento specifico alla via lattea va ricondotto sempre a Platone e al mito di Er, dove si dice che al termine del viaggio millenario delle anime queste si spostano in un prato dove possono scegliere la nuova vita. Platone descrive qui una fascia di luce simile ad un arcobaleno. Questo riferimento all’arcobaleno viene collegato alla via lattea da Cicerone perché memore della tradizione pitagorica che associava al fenomeno della via lattea quella dell’arcobaleno.
  • In quest’epoca a Roma inizia a diffondersi sempre più il concetto di “apoteosi”, di divinizzazione del re, influenza che viene resa palese alla morte di Cesare, durante i cui ludi appare una cometa, che viene interpretata come prova della sua divinizzazione. Cicerone è ben consapevole dell’effetto di questa narrazione: il catasterismo come viene passato a Roma dai Tolemaici coinvolge il singolo, mentre la via lattea, in cui non si distinguono le singole stelle ma si ha un bagliore e un’immagine di gruppo, può essere applicata ad una visione di apoteosi di gruppo che si addice ad una Repubblica.
  • Le stelle, viste da quella prospettiva, si mostrano delle vere dimensioni, cioè molto più grandi della terra.
    Il tema del riconoscimento dell’esiguità della terra e quindi della fama che può venire dalla terra viene trattato anche poi. Il senso è che la gloria terrena è qualcosa di limitato nello spazio e nel tempo; la vera gloria è quella sperimentabile nella dimensione ultraterrena. Cicerone qui parla anche a se stesso, perché egli non riceve, se non per poco e in maniera instabile, la gloria nella vita terrena. Si noti che il riconoscimento e la gloria sono un elemento ricorrentissimo nella produzione letteraria tutta di Cicerone.
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11
Q

spiegazione della bipedia dell’uomo per Cicerone:

A

Nella richiesta di distaccare lo sguardo dalla terra richiama uno dei topoi filosofici che sostengono che la bipedia dell’uomo sia data dalla sua predisposizione all’osservazione verso l’alto, al contrario degli altri animali che lo hanno fisso a terra.

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12
Q

il fuso di Ananche:

A

La descrizione delle sfere celesti è ripresa del platonico fuso di Ananche, il fuso delle moire, che
regge la struttura dell’universo.

Platone tuttavia non elenca i fusaioli (cioè le sfere celesti) con ordine lineare, ma li elenca in base allo spessore del bordo.

Cicerone opera una descrizione molto più lineare, con un ordine diverso, funzionale a porre al centro il Sole.

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13
Q

descrizione del sole:

A

Il sole è definito con una serie di apposizioni: la prima è una triade ascendente di dux, princeps et
moderator. Questi termini hanno un valore politico: dux è Bruto, che scaccia Tarquinio il superbo e
instaura la repubblica (corrispettivo nella repubblica di Platone è Pericle), e si tratta in entrambi i
casi di cittadini che in una situazioni di crisi intervengono (anche se nel caso di Pericle senza
stravolgere la costituzione). Il moderator è colui che armonizza ed equilibra le diverse componenti
che formano lo stato romano

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14
Q

perché Cicerone descrive i corpi celesti dall’alto al basso?

A

la descrizione relativa ai corpi celesti di Cicerone è dall’alto al basso, ed è per questo che la terra, al centro dell’universo (media), è la nona. Quest’ordine è funzionale a svilire la terra, e soprattutto sotto la luna le cose sono mortali.

La terra non si muove. Si allude al concetto platonico dall’immortalità dell’anima causata dal suo perpetuo movimento, mentre il non muoversi della terra ne decreta la mortalità.

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15
Q

che tipo di modello è Platone?

A

La descrizione del cosmo è presente tanto nella descrizione platonica quanto in quella ciceroniana, che fa della prima il suo modello exemplar. In Platone però non si fa riferimento all’astro associato ad una determinata sfera, ma questo viene evocato tramite perifrasi.

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16
Q

l’importanza della simmetria per Cicerone:

A

Nel descrivere la struttura delle sfere celesti Cicerone costruisce un’esposizione fortemente improntata a esigenze di simmetria, sfruttata di volta in volta con uariationes per evitare la monotonia.

17
Q

corrispondenza fra la sfera più interna e quella più esterna:

A

La sfera più esterna viene descritta come quella divina. Possiamo dire che quindi Cicerone isoli la sfera più esterna, cosa che crea una corrispondenza col punto più basso della sua descrizione, anch’esso isolato, la terra.

Alla fine del paragrafo infatti l’autore mette in relazione il punto più estremo con la terra (che è appunto più basso caratterizzato come punto della mortalità). In questo modo dei 9 elementi ne restano 7, la cui descrizione è organizzata individuando il Sole come asse di simmetria.

Saturno, Giove e Marte sono i tre pianeti collocati in mezzo. Antitetici sono Giove e Marte, il primo benefico, il secondo distruttivo, e i due isolano Saturno.

18
Q

analogia fra il Sole e il moderatore dello Stato:

A

nei tre pianeti più vicini al Sole viene isolata come coppia Venere e Mercurio, pianeti definiti comites del Sole, forse secondo una teoria sviluppata già da tempo che Venere e Mercurio non ruotassero attorno alla terra, ma attorno al sole.
Il sole ha quindi tre corpi al di sopra di sé e tre al di sotto.

Questa descrizione permette a Cicerone di istituire un’analogia fra il ruolo che il Sole ricopre nell’ordine cosmico e il ruolo che il moderator rei publicae deve svolgere nello stato romano.

Questo parallelismo fra cosmo e poleis era già presente in Platone, soprattutto nel Timeo.

19
Q

come si apre il De Republica?

A

L’astronomia è presente sia all’inizio che alla fine dell’opera (il 6° e ultimo libro finisce col Somnium Scipionis,che è anche l’unica parte giunta a noi del libro).

Il De re publica si apre con un tema astronomico perché viene presentato uno scambio di battute fra l’Emiliano e suo nipote riguardo l’apparizione di un doppio sole nel cielo in quel periodo, dibattuta anche in senato.

Questo prodigio innesca il dibattito fra i partecipanti al dialogo, finché prende parola Filo, il più esperto in materia, che richiama alla memoria una discussione simile avvenuta in casa di Marco Marcello, il cui nonno era stato il famoso conquistatore di Siracusa. Il conquistatore infatti aveva preso come unico bottino di guerra una sfera costruita da Archimede**: Archimede aveva costruito due sfere celesti, una con la superficie continua, molto bella a vedersi e collocata nel tempio della virtù, quindi visibile a tutti, e una molto meno bella a vedersi, che Marcello aveva appunto voluto per sé.

Ciò che rendeva speciale quell’oggetto era il fatto che non fosse una sfera celeste, quindi una sorta di mappa delle costellazioni, ma un planetario, che permetteva di rappresentare tramite un meccanismo lo spostamento dei pianeti, e quindi le eclissi. Quando Cicerone inizia a descrivere il funzionamento di questo oggetto dice che quando si metteva il movimento questa sfera ogni molti giri la Luna passava davanti al Sole, rappresentando ciò che avveniva durante le eclissi.

La descrizione purtroppo per noi si interrompe bruscamente, perché la tradizione manoscritta presenta un buco.

Questo comunque, al di là della parte mancante, ci comunica che esistesse al tempo un meccanismo che riusciva a riprodurre il moto, pur irregolare e vario, dei pianeti!!. A sostegno di ciò va la scoperta fatta agli inizi del 20° secolo, il meccanismo di Anticitera, una serie di ruote dentate con delle incisioni sopra, che secondo gli studi farebbero parte del meccanismo più grande di un planetario, che doveva avere costruzione eliocentrica ma un movimento che poneva al centro dei pianeti la terra, così come quello di Archimede di cui parla di Cicerone.

Siamo certi del fatto che Cicerone conoscesse le teorie eliocentriche di Aristarco di Samo, riportate in ambiente italico da Archimede nell’Arenarius, opera che aveva come obiettivo il calcolo dei granelli di sabbia che possono essere contenuti nell’intero volume dell’universo.

Per fare questo adotta proprio la teoria di Aristarco: la teoria eliocentrica, se vera, aumenta a dismisura il “raggio”
dell’universo, e quindi il suo volume.
Se è vero quanto detto sul planetario di Archimede, si spiega quell’enfasi posta da Cicerone sulla descrizione della terra come al centro.

Questo si ricollega all’ordine politico che Cicerone non vuole stravolgere, nonostante l’introduzione del moderator rei publicae.

20
Q

ordine dei corpi celesti in Platone e in Cicerone:

A

Già Macrobio nel suo commento rileva che in Platone l’ordine dei corpi celesti è presentato secondo sequenza egiziana, mentre Cicerone adotta l’ordine caldaico, col Sole al centro, stesso ordine utilizzato da Archimede.

Il riferimento ad Archimede è fortemente rivelatore, perché egli non è tradizionalmente considerato astronomo, e secondo quanto rimane a noi non ha mai scritto opere astronomiche.

21
Q

come comincia il Somnium:

A

Il brano è il racconto di un sogno di Scipione Emiliano (protagonista del trattato ciceroniano), ospitato in Numidia dall’anziano re Massinissa, alleato di Roma.

In questo sogno, racconta l’Emiliano, gli era apparso il nonno adottivo Scipione l’Africano: costui gli aveva predetto le sue glorie future e la sua morte prematura, mostrandogli però successivamente una visione delle sfere celesti e spiegando che il premio riservato dagli dèi alle anime degli uomini politici virtuosi sarebbe stato l’immortalità dell’anima e una dimora eterna nella Via Lattea.

Affermando l’immortalità dell’anima e l’esistenza di un premio celeste per le buone azioni degli uomini, così come di un aldilà, Cicerone espone, inoltre, rifacendosi a stoici ed aristotelici, la sua visione del cosmo, in cui nella Via Lattea trovano pace le anime che hanno in vita operato per il bene dello Stato.

22
Q

struttura del sistema planetario:

A

Il punto di vista del racconto diventa quello di Scipione che osserva l’universo dalla Via Lattea: stelle che non aveva mai visto prima, la sfera posta più in basso (la luna) e poi la Terra.

Poi Scipione Africano illustra al nipote la meraviglia del sistema planetario, spiegandogli che sono presenti 9 sfere concentriche tra cui la prima è il sommo dio, che contiene il cielo delle stelle fisse, che viene mosso direttamente dall’unica divinità.

Alle stelle sottostanno 8 sfere che ruotano in direzione opposta: Al centro di tutto si trova la terra, circondata dalle orbite dei sette pianeti: Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio e ia Luna.

Scipione Emiliano avverte un suono assai armonioso e ne chiede l’origine. Il nonno gli risponde che è il suono che proviene dal movimento delle orbite stesse e che tali movimenti non potrebbero svolgersi in silenzio. Spiega inoltre che essi sono più acuti o più gravi a seconda della maggiore o minore velocità di movimento: ci sono sette toni diversi di suoni, “numero che è come il vincolo di tutte le cose”. Poiché le orecchie degli uomini ascoltano continuamente questo suono sono diventate molto deboli.

Poi Scipione Africano, accorgendosi che l’Emiliano continua a guardare la terra, gli rivela che vale la pena ricercare solo la gloria celeste: infatti, anche se un uomo raggiungesse la gloria terrena, non sarebbe conosciuta da tutti a causa dei limiti geografici. La terra, egli sostiene, è effettivamente abitata solo per così dire in una piccolissima parte, quella delle fasce temperate; altrove il clima è troppo ostile per permettere agli uomini di sopravvivere: mentre la fascia equatoriale è troppo ardente, ai poli è troppo freddo. Dunque a quale gloria possono aspirare gli uomini?

A causa dei cataclismi come gli incendi o le inondazioni, che periodicamente avvengono sulla Terra, non siamo in grado di raggiungere la gloria eterna, perciò si chiede in fondo quale sia la vera importanza di essere ricordati nella storia. È l’occasione per una breve digressione astronomica: il grande anno cosmico, stando ai calcoli, dovrebbe durare più di 11.340 anni solari, quindi, secondo la tradizione sarebbe iniziato nel 716 a.C. con la morte di Romolo (anno di una famosa eclissi totale di sole) e si dovrebbe concludere quando la nostra stella subirà un’eclissi nella medesima posizione da cui è partita.

23
Q

come viene descritta la struttura della terra?

A

Il tema della struttura frammentaria della terra è per Cicerone estremamente funzionale alla svalutazione di quest’ultima. Questo permette nel capitolo successivo di introdurre il tema delle fasce climatiche. A differenza di altri elementi presenti nella trattazione del Somnium, questo elemento non ha legami o parallelismi con il mito di Er.

24
Q

da dove deduce Cicerone la struttura delle fasce climatiche?

A

Le struttura delle fasce climatiche viene probabilmente dedotta da Cicerone dall’Ermes di Eratostene, usato come mito secondario da affiancare al mito di Er. Vediamo ancora la contaminatio dei modelli. Spesso si ha contaminatio fra un modello principale e uno secondario, e non è infrequente che il modello secondario sia un’opera più vicina all’autore.
Ci viene detto nell’opera di Eratostene che ci sono 5 fasce climatiche, di cui 3 inabitabili agli uomini: la fascia centrale per il caldo eccessivo, le 2 polari per il freddo insopportabile. Le due restanti fasce invece sono contrapposte l’una all’altra, con clima temperato.