5) monografico: l'elegia: Flashcards
il distico elegiaco:
E’ il verso tipico dell’elegia ed è composto da un esametro e da un pentametro.
Il pentametro è considerabile come due emistichi di esametro, “troncato” alla cesura pentemimera.
Nel primo emistichio si hanno le caratteristiche dell’esametro, quindi i dattili sono sostituibili da spondei, mentre nella seconda parte è ammesso solo il dattilo.
Viene chiamato pentametro nonostante siano 6 metri, forse perché gli antichi lo leggevano come due emistichi di esametro da due elementi e mezzo, oppure perché lo leggevano come la successione di due dattili, 1 spondeo e due anapesti.
È un metro più rigido, fisso e monotono rispetto all’esametro: di quest’ultimo abbiamo 16 possibili realizzazioni, 32 se aggiungiamo la caratteristica della terminazione spondaica; per questo è adatto all’uso in componimenti lunghi.
Il pentametro ha solo 4 varianti, che si realizzano nella prima metà del verso. La sinalefe è più rara e, se presente, si trova a metà verso; lo iato generalmente si evita.
i più importanti poeti elegiaci romani:
Quintiliano, nel 10 libro dell’Institutio oratoria, scrive “anche nell’elegia sfidiamo i greci”.
I latini quindi hanno ben chiaro che in questo genere avevano autonomia dai modelli greci. La stagione elegiaca a Roma si consuma in una quantità di tempo molto limitata, perché di fatto i più significativi poeti elegiaci romani sono stati solo gli augustei Cornelio Gallo, Tibullo, Properzio e Ovidio, perché poi l’elegia verrà ripresa solo a distanza di 4 secoli.
- Gallo scalò le vette del potere fino ad ottenere la prefettura dell’Egitto, ma si suicidò per ordine di Augusto, che lo accusò come traditore, e verrà condannato alla damnatio memoriae. Fino agli anni settanta del secolo scorso si conosceva solo un verso di Gallo, prima che un papiro fosse ritrovato in Egitto con un’altra decina di versi.
- Tibullo fu amico di Orazio e Virgilio, anche se non faceva propriamente parte del circolo di Mecenate (era più orientato verso quello di Messalla). Ci lascia 2 libri di elegie, anche se non sarebbero totalmente di Tibullo. Caratteristica della sua elegia è quella tensione verso la campagna e la sua vita agreste come consolazione dalle sofferenze amorose.
- Properzio, più giovane di Tibullo e Gallo, venne accolto nel circolo di Mecenate dopo la pubblicazione del primo libro di elegie, e cercò integrazione in questo gruppo
- Con Ovidio, il più prolifico di questi autori, si crea un’elegia nuova e lavora sul genere fino in qualche modo a chiuderlo.
cosa si sa dell’origine dell’elegia:
Una questione fra le più dibattute è quella dell’origine dell’elegia d’amore latina, che ha confini di genere molto forti e chiari, perché il genere presenta elementi aggreganti sia per quanto riguarda i contenuti sia per la cronologia.
sappiamo che:
- Si sviluppa in età augustea
- Si sviluppa in risposta alla crisi della repubblica, dove la rinuncia alla vita pubblica e alla guerra non è altro che un sottrarsi da questi ambiti prima (cioè durante la repubblica) in mano ai nobili, poi sotto il controllo del princeps.
i contenuti:
- Soggettività, per cui il poeta parla in prima persona dei propri patimenti amorosi raccontando la sua vita e le sue scelte, la sua adesione ad uno stile di vita che porta anche conseguenze poetiche
- La donna, puntualmente infedele e che fa soffrire il poeta, in un continuo stato di infelicità
- La nequitia, la degradazione che viene dal servilismo nei confronti della donna
- Situazioni tipo:
1. la donna che è una prostituta d’alto bordo, sfruttata da una lena o da un leno;
2. il lamento davanti alla porta chiusa, dove il poeta rimane tutta la notte;
3. il rifiuto della dimensione e della celebrazione della guerra. La politica non era più l’occupazione dei cittadini nobili, essendo caduta la repubblica. - la renuntiatio amoris, la separazione nella storia amorosa, perché ad un certo punto il poeta, stufo dei continui tradimenti, decide che la sua strada e quella dell’amata si separeranno.
- Lo sminuire la propria capacità poetica, dicendo di essere in grado di cantare cose umili come l’amore.
- La proiezione del proprio amore nel mito: la vicenda raccontata è soggettiva, però il poeta fa continuamente esempi che richiamano i miti, in virtù dell’essere dotti dei poeti.
- Poesia come Werbung, ovvero di pubblicità/propaganda: la poesia è promozionale per il poeta, perché serve ad accreditarlo presso l’amata, e diventa un vero e proprio strumento di seduzione.
-
Rappresentazione della donna, molto elegante e che ha gusto anche in letteratura e musica, non solo nella cura dell’esteriorità; è tuttavia una donna non libera, cosa che la rende abbordabile ma non sposabile.
Assomiglia alla donna della commedia, con la differenza che qui la situazione non si sblocca nel finale, non si ha la sua agnizione o liberazione
elementi caratterizzanti:
Elementi disgreganti si notano all’interno del genere, caratterizzandolo:
* Incrocio dei generi letterari (Kreuzung der Gattungen), perché l’elegia attinge da tanti generi, come l’epica, la tragedia o la commedia, l’epigramma
* Poikilìa (cioè varietas) stilistica, con uno stile medio, che mescola un registro medio con lessemi e iuncturae della commedia con poesia epica e tragedia. La varietas stilistica toglie in parte identità al componimento. Questo è probabilmente un lascito della poesia alessandrina
l’elegia in Grecia:
Έλεγος in greco non indica un genere, ma un metro, ovvero il distico elegiaco sopra descritto. Gli antichi ragionavano anche sulla possibile etimologia di elegia: alcuni la identificavano come derivante da ευ λεγειν, cioè parlar bene di qualcuno, col riferimento all’iscrizione sepolcrale dedicata al morto o alle lodi funebri.
C’è però chi suggerisce “έ έ λέγειν”, cioè dire ahi, ahi!, quindi il lamento per i defunti. Oggi si fa risalire ad un termine in antico armeno, che indica il flauto, strumento di accompagnamento per l’elegia.
In Grecia i contenuti sono guerreschi, politici, polemici e, solo in un caso, erotici (con Mimnermo).
Un nome che è stato fatto per cercare in Grecia l’origine dell’elegia latina è quello di Antimaco, autore della raccolta Lyde, in cui si enunciavano in distici delle vicende dolorose del mito, forse d’amore, probabilmente in morte di Lyde, donna amata del poeta. Si avrebbe qui una connessione fra autobiografia e mito. La scelta di Antimaco come autore-riferimento è controverso: se infatti gli autori di epigrammi lo elogiano, due autorità importantissime per l’elegia, ovvero Callimaco e Catullo, lo condannano, rendendo improbabile che gli elegiaci romani si rifacciano a lui.
Altri nomi importanti sono quelli di Fileta, di Callimaco (che in distici scrisse epigrammi, piuttosto superficiali, e gli Aitia), Ermesianatte, Alessandro Etolo e Partenio, quest’ultimo importante in rapporto all’elegia romana.
ipotesi sulla nascita dell’elegia latina:
Da questi dati sono derivate due teorie sull’elegia latina:
1. Quella che la vede come derivazione dalla commedia di Menandro (e quindi a Roma di Terenzio), mediata da un’elegia alessandrina di carattere soggettivo (di cui però noi non possediamo tracce ma solo congetture)
2. Quella che pensa l’elegia come un’espansione dell’epigramma ellenistico, che sarebbe stato reso più lungo: infatti questo, in pochi versi, talvolta trattava d’amore.
Questo approccio è un po’ limitativo perché vede Roma come un ambiente non autosufficiente nella creazione e nello sviluppo di un genere, volendo trovare per forza una derivazione greca.
modelli latini pre-elegiaci:
Modelli latini pre-elegiaci sono i pre-neoterici, Calvo e soprattutto Catullo, con la sua storia amorosa con Lesbia (anche se con le dovute differenze, come il fatto che Lesbia fosse una matrona).
Nel carme 68 di Catullo abbiamo il paragone fra la sua storia d’amore con quella di Protesilao e Laudamia.
Qui abbiamo quindi l’unione di autobiografia e mito. Catullo presenta la sua storia d’amore con Lesbia come atto di pietas, concetto fondativo della morale romana. I *poeti elegiaci sono sì dediti all’amore, ma presentano queste storie come fonte di nequitia, come atto degradante.
1° libro di Properzio:
22 elegie, chiamato talvolta (non è chiaro perché) Monobiblos, e si apre col nome di Cinzia, protagonista assoluta. Ebbe sicuramente un impatto enorme e fece conoscere a Roma Properzio, originario di Assisi.
Tra l’altro l’Umbria in questo periodo aveva subito espropri a causa del suo schieramento con Antonio nella guerra civile contro Ottaviano. Mecenate lo volle nel circolo.
2° libro:
34 elegie, si trova qui la recusatio, ovvero il rifiuto a comporre elegie celebrative. Nell’ultima si ha l’annuncio dell’Eneide
3° libro:
risente dei contatti con le odi romane di Orazio, e va collocato dopo la pubblicazione dell’opera di quest’ultimo.
Si consuma la separazione da Cinzia, e specialmente nelle prime 9 elegie del libro si hanno temi civili e celebrativi
4° libro:
la raccolta sperimentale, destinata a fortuna presso Ovidio.
* Nella 1 elegia Properzio dice di voler essere il Callimaco romano, dettando una condizione non indifferente: questo implica poesie di valore celebrativo ed eziologico nei confronti di Roma, usando storie che in qualche modo abbiano a che fare con l’amore.
* La 2 elegia parla del dio etrusco Vertumnus
* La 3 parla di una lettera d’amore scritta da una donna al marito lontano (modello per le Heroides di Ovidio)
* La 4 parla di Tarpeia, e offre l’eziologia per la rupe tarpea
* La 5 fa parlare una ruffiana, che dà dei consigli a Cinzia, invitata a cedersi al migliore offerente; contiene delle maledizioni nei confronti di questa donna sfruttatrice
* la 6 parla del tempio di Apollo e della battaglia di Azio
* la 7 parla di Cinzia morta
* l’8 parla di Cinzia viva
* il 9 parla dell’aition del foro boario e dell’ara maxima
* la 10 parla dell’aition di Giove Feretrio
* l’11 ipotizza il discorso di Cornelia morta, che parla da perfetta madre di famiglia dell’immaginario romano, al marito Emilio Paolo.
Elegia 4° libro, 7:
Sarebbe stata effettivamente scritta quando la donna era morta. Da escludere che sia un carme di presa in giro di Cinzia ancora viva, come alcuni ipotizzano.
L’elegia sarebbe un ritorno della voce del poeta e di quella di Cinzia, accoppiando l’elegia 7 e 8. L’elegia riflette abbastanza significativamente sulla funzione della poesia rispetto alla morte e all’amore, elemento di riflessione molto matura da parte di Properzio, e va letta in contrapposizione all’elegia 4°, 5, dove la ruffiana le consiglia alla donna di non andare con quegli squattrinati dei poeti, ma con gli uomini più ricchi e abbienti.
Risente di riferimenti alti, come il 6° dell’Eneide e il 23° dell’Iliade, con il sogno di Patroclo fatto da Achille, che viene richiamato chiedendogli un giusto funerale.
Qui Cinzia, con l’autorità che le dà il parlare dal regno dei morti, protesta la sua fedeltà al poeta in vita e l’infedeltà di Properzio, dimostrata dal disinteresse nei confronti del suo funerale.
Si ha quindi un rovesciamento, ed è il poeta a lamentarsi dell’infedeltà della donna.
la descrizione dell’ombra di Cinzia:
la descrizione dell’ombra di Cinzia ha come modello di riferimento il sogno di Achille.
Una differenza però si nota subito, sia rispetto ad Omero che rispetto ad altri casi nella poesia: nell’Iliade Patroclo appariva assolutamente come in vita, e si pensi anche a Lucrezio che descriveva Didone con la ferita fresca, e quindi come fosse appena morta. In questo caso invece la donna è descritta quasi come uno scheletro, con le mani scricchiolanti, i segni della pira (che per altro sembrano averla appena toccata).
Dell’ombra di Cinzia si salvano alcuni dettagli che avevano giocato un ruolo chiave nella seduzione di Properzio, come i capelli (i capillos del testo, termine per altro piuttosto basso) e gli occhi.
Questi elementi concorrono tutti a quella descrizione di donna elegante spesso fatta di Cinzia.
riferimenti materiali ai riti funebri descritti nell’elegia:
vi sono vari riferimenti ad aspetti della cultura materiale, che erano tipici dei riti funebri antichi:
* chiamare gli occhi che se ne vanno fa riferimento a due tipi di conclamatio, una fatta sul morente, invocando il suo nome come a trattenerlo in vita (e sarebbe il valore che ha qui), l’altra era fatta durante il funerale, che consisteva nel pronunciare per tre volte il nome del morto accompagnandolo
* la canna rotta rimanda al fatto che a guardia della salma si metteva un custode, sia per evitare furti del corredo funebre o del corpo stesso da parte delle streghe, che per agitare una sorta di sonaglio che doveva forse tenere lontani gli spiriti maligni
* la tegola rotta che avrebbe fatto male alla testa di Cinzia lascia spazio a varie ipotesi: forse potrebbe essere entrata una strega mentre il corpo era incustodito e l’avrebbe colpita con una tegola rotta, oppure la sala funebre in cui stava la donna era così malmessa che il tetto crollava sulla sua testa, o – cosa più probabile – è che a Cinzia non sia stato messo un pulvillum, ovvero un cuscinetto su cui si poggiava la testa della salma
* obiectum è altra recriminazione: la tradizione voleva che la salma fosse sepolta coi piedi verso la porta, mentre Cinzia sarebbe stata sepolta al contrario (con la testa verso la porta)
gli exempla mitici delle donne salvate:
Gli exempla mitici delle donne salvate sono Andromeda e Ipermestra.
* Andromeda è figlia di Cassiopea e Cefeo. La madre si era vantata di essere più bella delle Nereidi, e per questo venne punita con la condanna ad incatenare la figlia ad una rupe perché fosse divorata da un mostro. Andromeda venne poi salvata da Perseo. Sine fraude maritae è un’espressione che non le si adatta perché nella storia era già fidanzata con un altro uomo, ma fu costretta a sposare il suo salvatore.
* Ipermestra era l’unica delle 50 Danaidi che non aveva voluto uccidere lo sposo.
Se per Ipermestra si capisce che è il prototipo di donna fedele al marito, per il resto la faccenda non è chiara: Cinzia ci dice che da una parte stanno le donne infedeli, mentre dall’altra le donne fedeli come (è sottinteso) lo è Cinzia; lei tuttavia dice che si lamentano sempre, e questo sembra inspiegabile nell’ottica di donne fedeli al marito e destinate ai Campi Elisi.
L’incongruenza si spiega così: sono donne elegiache destinate al lamento e alle lacrime, che sanano così i dolori dell’amore, i remedia amoris sembrano preannunciare quello che scriverà poi Ovidio. Questo contraddice per altro quello che dice Vigilio, ovvero che le eroine non possono liberarsi dalle curae, mentre qua sembrerebbe che piangendo venga lavato via il dolore.