P4C1 Cause estintive del reato e della pena Flashcards

1
Q

[1] Estinzione del reto e della pena: disposizioni comuni

Quali istituti rientrano nella macrocategoria della punibilità?

A

Per via della mancata chiarificazione positica della nozione di punibilità, rientrano in questa categoria istituti tra loro eterogenei, come:
1) cause di esclusione ed estinzione della punibilità
2) condizioni obiettive di punibilità
3) immunità

L’impostazione del codice Rocco non agevola la sistemazione della nozione di punibilità, riferendosi con “non punibilità” a tutte le cause di esenzione della pena, comprese giustificanti e scriminanti.

Per dare ordine, possiamo affermare che le cause di esclusione della pena, incidendo sull’elisione di un elemento strutturale del reato, quale l’antigiuridicità per le giusitificanti o l’antigiuridicità penale per le scriminanti, si differenziano dalla non punibilità, che invece viene trattata adesso.

Le condizioni obiettive di punibilità costituiscono limiti edittali alla punibilità che, incidendo sul profilo dell’offesa del fatto tipico, ne attualizzano la concreta sottoposizione a pena e quindi sono state già trattate nel capitolo dell’offesa tipica.

Infine, le immunità, essendo situazioni giuridiche soggettive che, eccezionalmente, non fanno nemmeno sorgere il rapporto giuridico-penale i quanto i possibili destinatari del precetto, per vari motivi di opportunità politica interna o internazionale, non sono raggiunti dal comando penale poiché difetta la capacità penale degli stessi, pongono un problema non di esenzione della pena ma di mera impossibilità di applicare la legge penale a determinate categorie di individui.

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2
Q

Cosa si intende con “cause di non punibilità”?

A

La locuzione cause di non punibilità abbraccia in se tutti i motivi per cui un determinato fatto può non ricadere sotto la sanzione penale

In tale macroarea si contrappongono:
- cause di non punibilità in senso lato (elencate prima flashcard forse)
- cause di non punibilitò in senso stretto, o anche chiamate cause di estinzione del reato e della pena

Per distinguerle si applica il criterio temporale: le cause di est. del reato e della pena sopravvengono dopo la commissione del fatto o dopo la condanna definitiva. E infatti, mentre le cause di non punibilità in senso lato vedono la non punibilità in conseguenza di una fattispecie di reato imperfetta, vertendo sulla meritevolezza della pena, in quelle in senso stretto, il reato perfezionato è non punibile per una mancanza del bisogno di pena tout court
Nel secondo caso infatti, il soggetto può ben essere pienamente meritevole di una pena ma, a seguito di una valutazione sostanzialmente criminologica, il legislatore stabilisce la mancanza del bisogno di irrogare la sanzione.

Inoltre, occorre sottolineare che per le cause di estinzione del reato e della pena, ponendosi in deroga al principio nullum crimen sine poena (ad un fatto rilevante segue la sanz. pen.), occorre che vi sia fonte espressamente legale (e questo preclude alla radice qualsiasi interpretazione analogica) e determina un numerus clausus

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3
Q

Quali sono le cause di estinzione del reato e della pena?

A

CAUSE DI ESTINZIONE DEL REATO
1) Morte del reo prima della condanna
2) Amnistia
3) Remissione di querela
4) Prescrizione
5) Oblazione nelle contravvenzioni
6) Sospensione condizionale
7) Perdono giudiziale
[Intervengono precedentemente alla sentenza definitiva di condanna, pertanto estinguono la punibilità in astratto]

CAUSE DI ESTINZIONE DELLA PENA
1) Morte del reo dopo la condanna
2) Prescrizione della pena
3) Indulto
4) Grazia
5) Liberazione condizionale
6) Riabilitazione
7) Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale
[Intervengono successivamente alla sentenza definitiva di condanna, nella fase esecutiva, pertanto estinguono la punibilità in concreto]

In realtà le cose tra parentesi quadre non sono propriamente esatte, per esempio l’amnistia opera anche dopo la sentenza definitiva di condanna ed estingue reato e pena.

La vera distinzione risiede nell’ampiezza degli effetti, e infatti avrebbe poco senso, se non a fini didattici, compiere una distinzione del genere di fronte alla tassatività delle cause di non punibilità in senso stretto

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4
Q

Cause di non punibilità in senso stretto e misure di sicurezza

A

Rileva un altra differenza tra cause di estinzione del reato e cause di estinzione della pena

Ai sensi del 210 comma 1, l’estinzione del reato impedisce l’applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l’esecuzione

Mentre, al comma 2, l’estinzione della pena impedisce l’applicazione delle misure di sicurezza, eccetto quelle per le quali la legge stabilisce che possono essere ordinate in ogni tempo, ma non impedisce l’esecuzione delle misure di sicurezza che sono state già ordinate dal giudice come misure accessorie di una condanna alla pena della reclusione superiore a 10 anni. Nondimento, alla colonia agricola o alla casa di lavoro è sostituita la libertà vigilata.

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5
Q

Cosa accade se viene estinto un reato che è presupposto di altro reato?

A

Secondo il temperamento previsto dall’art. 170, quando un reato è il presupposto di un altro reato, la causa che lo estingue non si estende all’altro reato. La causa estintiva di un reato, che è elemento costitutivo o circostanza aggravante di un reato complesso, non si estende al reato complesso. L’estinzione di taluno fra più reati connessi non esclude, per gli altri, l’aggravamento di pena derivante dalla connessione.

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6
Q

Personalità delle cause di non punibilità in senso stretto

A

Secondo il 182, l’efficacia delle cause di non punibilità in senso stretto è personale, in quanto si applica soltanto per coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce

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7
Q

183 cp

A

Secondo il 183 cp
- le cause di non punibilità in senso stretto operano nel momento in cui intervengono
- in caso di concorso di cause di non punibilità in senso stretto, fra cause estintive della pena e del reato prevalgono le seconde; fra cause esintive dello stesso tipo prevale quella intervenuta prima e in caso di contemporaneità la più favorevole.

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8
Q

[2] Morte del reo

Cause di estinzione del reato e della pena: Morte del reo

A

Gli artt. 150 (Capo I sull’estinzione del reato) e 171 (Capo II sull’estinzione della pena) prevedono come causa di non punibilità in senso stretto la morte del reo sopraggiunta prima che sia pronunciata sentenza di condanna (est. reato), ovvero successivamente alla condanna stessa. (est. pena)

Le norme si fondano sul principio costituzionalmente garantito del carttere strettamente personale della pena e della responsabilità penale.

Per il 150, il venir meno del reo comporta estinzione dei rapporti di diritto penale sostanziale e processuale che a lui fanno capo. Non essendoci più autore, non si ha neanche delitto.

La morte tuttavia non estingue:
- provvedimenti giudiziari (es. confisca)
- conseguenze civili e pagamento spese processuali
in quanto attinenti al solo patrimonio e trasmissibili agli eredi

La dichiarazione di morte presunta determina l’estinzione del reato, anche perché qualora venisse accertata l’esistenza del reo ancora in vita successivamente alla dichiarazione di morte presunta, nulla osterebbe l’applicazione del 69 cpp, per cui la sentenza non impedisce l’esercizio dell’azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima personal qualora successivamente si accerti che la morte dell’imputato è stata erroneamente dichiarata.

La morte presunta determina anche l’estinzione della pena, secondo il brocardom latino mors omnia solvit.

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9
Q

129 co2 cpp

A

Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta.

In altri termini, il legislatore prevede che in presenza di una causa di estinzione del reato, vada privilegiata una formula di proscioglimento più favorevole all’imputato, ove ne ricorrano le condizioni.

Si ritiene compatibile con il caso della morte del reo, in quanto non si ritiene necessarioa la presenza dello stesso al momento in cui il giudice sia chiamato a pronunciarsi, bastando le prove dell’innocenza.

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10
Q

[3] I provvedimenti clemenziali: amnistia(prop e impr), indulto e grazia

Problematicità dei provvedimenti clemenziali

A

Risultano un non-sense rispetto alla funzione general preventiva della pena perché, anzi, depotenziano l’effetto stigmatizzante della pena, e rispetto alla funzione special preventiva, perché l’autore non viene incalanato verso il futuro rispeto dei valori dell’ordinamento.

Nell’ottica retribuiva poi, i provvedimenti clemenziali “spezzano” il rapporto di corrispettività tra inflizione della pena rispetto al male commesso.

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11
Q

Cause di estinzione del reato e della pena: L’amnistia

A

[151] Causa di non punibilità in senso stretto e provvedimento clemenziale, al pari dell’indulto, generale ed astratto, con il quale lo Stato rinuncia all’applicazione della pena per un determinato numero di reati.

Usato spesso per adeguare il livello di affollamento delle carceri ai limiti imposti dalla Corte EDU.

La dottrina denomina come propria l’amnistia che interviene prima della sentenza di condanna (che estingue il reato) e come impropria l’amnistia che segue la condanna (facendone cessare l’esecuzione e le pene accessorie, ma non gli effetti penali).

I reati da amnistiare sono individuati dal provvedimento generale attraverso 3 criteri selettivi:
1) numerazione della disposizione
2) nomen iuris del reato
3) tetto di pena superato il quale non è concedibile il beneficio

Per l’ultimo comma del 151, L’amnistia non si applica ai recidivi, né ai delinquenti abituali, o professionali o per tendenza, salvo che il decreto disponga diversamente.

Per il comma 4, si dispone l’amnistia condizionale, ossia subordinando la fruizione dei relativi effetti all’adempimento degli obblighi o condizioni espressi nel provvedimento

Taluno imputato può rinunciare all’amnistia

ESISTONO LIMITI OGGETTIVI ALL’AMNISTIA?
La Corte Edu ha affermato l’impossibilità di concedere l’amnistia in riferimento ai crimini di guerra, contro l’umanit e di genocidio.

AMNISTIA NEL CONCORSO DI REATI
Comma 2 del 151 prevede che nel concorso di più reati, l’amnistia si applica ai singoli reati per i quali è conceduta. Si ritiene estendibile tale regola ai casi di reato continuato.

AMNISTIA AL REATO CIRCOSTANZIATO
Se si adotta la previsione qualitativa dell’amnistia, il nomen juris è identico per il reato base e per quello circostanziato, quindi operando in entrambi

AMNISTIA DEL DELITTO TENTATO
Se si pone amnistia al titolo di reato, con riferimento a quello consumato, logicamente anche quello tentato viene amnistiato

EFFETTI DELL’AMNISTIA
Gli effetti dell’amnistia si riferiscono alla pena principale, alle pene accessorie e anche alle misure di sicurezza, ma non alle obbligazioni civili derivanti dal reato.

[Breve storia amnistia e indulto pag 686-687]

ART. 151 - AMNISTIA
L’amnistia estingue il reato, e, se vi è stata condanna [c.p.p. 648, 650], fa cessare l’esecuzione della condanna e le pene accessorie c.p.p. 672.

Nel concorso di più reati, l’amnistia si applica ai singoli reati per i quali è conceduta.

La estinzione del reato per effetto dell’amnistia è limitata ai reati commessi a tutto il giorno precedente la data del decreto, salvo che questo stabilisca una data diversa(2).

L’amnistia può essere sottoposta a condizioni o ad obblighi c.p.p. 672.

L’amnistia non si applica ai recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell’articolo 99, né ai delinquenti abituali, o professionali o per tendenza, salvo che il decreto disponga diversamente.

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12
Q

Cause di estinzione della pena: Indulto

A

L’indulto si presta a molte analogia con l’amnistia, come si rinviene dall’espresso richiamo del 174 co3 agli ultimi tre commi del 151.

L’indulto(1) o la grazia condona, in tutto o in parte, la pena inflitta, o la commuta in un’altra specie di pena stabilita dalla legge.

La prima differenza con l’amnistia è che l’indulto costituisce causa di estinzione della pena.

Inoltre, all’indulto non vi si può rinunciare, in quanto rimane impregiudicato il diritto ad una difesa nel merito.

Si parla di indulto improprio quando questo viene applicato al momento della sentenza, e non successivamente.

Altra differenza con l’amnistia è che nel concorso di reati, l’indulto si applica al cumulo delle pene, e non ai singoli reati.
Nel caso di concorso tra condotte condonabili e non, queste andranno separate e l’indulto fatto per quelle condonabili

ART. 174 - INDULTO E GRAZIA
L’indulto(1) o la grazia condona, in tutto o in parte, la pena inflitta, o la commuta in un’altra specie di pena stabilita dalla legge. Non estingue le pene accessorie, salvo che il decreto disponga diversamente, e neppure gli altri effetti penali della condanna 210.

Nel concorso di più reati, l’indulto si applica una sola volta, dopo cumulate le pene, secondo le norme concernenti il concorso dei reati(3).

Si osservano, per l’indulto, le disposizioni contenute nei tre ultimi capoversi dell’articolo 151 [c.p.p. 672].

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13
Q

Cause di estinzione della pena: Grazia

A

La grazia è un atto di prerogativa del PDR che la dispone discrezionalmente, producendo in capo ad un soggetto condannato con sentenza irrevocabile alcuni effetti che godono del medesimo regime giuridico previsto per l’indulto da cui, tuttavia, il beneficio si discosta radicalmente, rivolgendosi ai singoli casi concreti.

L’indulto(1) o la grazia condona, in tutto o in parte, la pena inflitta, o la commuta in un’altra specie di pena stabilita dalla legge.

La grazia può essere condizionata al versamento di una somma di denaro come risarcimento dei danni entro un certo periodo di tempo oppure al divieto di soggiorno in un determinato luogo.

Il Min. della Giustizia non può opporsi alla potestà del PDR, dovendo la sua controfirma semplicemente accertare la regolarità del procedimento di emanazione dell’atto clemenziale.

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14
Q

[4] Remissione della querela

Cause di estinzione del reato: Remissione della querela

A

Ai sensi del 152, la remissione della querela è una causa di estinzione del reato.

Rappresenta un atto di manifestazione della volontà da
parte del soggetto che ha attivato in precedenza il diritto
, a norma dell’art. 340 c.p.p., contro un reato (o Contravvenzione, dalla Cartabia in poi) del quale è stato vittima, e per il quale non è prevista dalla legge la procedibilità d’ufficio, di non volere più perseguire in via penale l’autore.

La dottrina maggioritaria sostiene la natura processuale dell’istituto e da essa deduce che, a seguito della
remissione, la relativa sentenza di non luogo a procedere discenderebbe da una mancata condizione di
procedibilità
e non dall’estinzione del reato (da cui deriverebbe sentenza di assoluzione, ex art. 129 c.p.p.)

La remissione di querela può essere:
processuale → deve essere fatta personalmente o tramite procuratore speciale attraverso una dichiarazione sottoscritta rilasciata all’interessato o ad un suo rappresentante. Sempre a livello processuale è possibile rimettere la querela anche oralmente, attraverso la dichiarazione fatta ad un ufficiale di polizia giudiziaria o ad un notaio, purché il dichiarante ne sottoscriva il relativo verbale;
extraprocessuale → può essere espressa o tacita, quando il querelante ha compiuto dei fatti concludenti incompatibili con la volontà di persistere nella querela

Non è sottoponibile a termini o condizioni, e potrà intervenire solo prima della sentenza di condanna

La remissione è indivisibile nei confronti dei querelati, infatti se si riferisce ad uno solo, si estende ope legis a tutti, salva la possiiblità per ognuno di ricusarla (155)
Tutta via, la capacità estensiva della remissione è temperata dalla giurisprudenza, che la isola solo ai casi in cui i querelati concorrano al medesimo reato.
L’indivisibilità poi, non si applica a tutti i querelanti quando solo uno di essi compia la remissione.

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15
Q

[5] Prescrizione ed estinzione della pena per decorso del tempo

Cause di estinzione del reato: Prescrizione

A

PRESCRIZIONE DEL REATO
La prescrizione del reato è un istituto di natura sostanziale, che collega l’effetto estintivo del reato al
decorso del tempo prescritto dalla legge
senza che sia intervenuta una sentenza di condanna.

La sua ratio va rinvenuta nell’affievolimento dell’interesse dello Stato ad attuare la pretesa punitiva e l’azione repressiva nei confronti del reo laddove sia trascorso un apprezzabile lasso di tempo dalla commissione dell’illecito.
Ciò, a ben vedere, oltre alla sopravvenuta difficoltà di reperire elementi di prova, fa venir meno sia l’esigenza di prevenzione generale che la funzione di tendenziale rieducazione del reo (trattandosi di persona ormai diversa da quella del commesso reato).

La Cassazione ha affermato che grava sull’imputato, il quale voglia giovarsi di tale causa estintiva del reato, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso dai quali poter desumere la data di inizio del decorso del termine, diversa da quella risultante dagli atti.

La disciplina della prescrizione ha subito diversi interventi correttivi confluiti, dapprima, nella l. n. 251/2005 (c.d. “ex Cirielli”), poi nella l. n. 103/2017 (c.d. riforma Orlando) e, infine, nella l. n. 3/2019 (c.d. riforma “Spazzacorrotti”).

La l. n. 251/2005 (“ex Cirielli”) ha stabilito che ciascuna fattispecie di reato ha un proprio termine base di prescrizione, coincidente con la pena edittale massima stabilita dalla legge per quel singolo reato, ma comunque con un minimo temporale pari a 6 anni in caso di delitto e 4 anni in caso di contravvenzione (anche se si tratta di reati punibili con la sola pena pecuniaria). Accanto a tale regola generale sono previste delle eccezioni:

i) il comma 4 sancisce che, nel caso in cui la legge stabilisca per il reato la pena detentiva congiuntamente o alternativamente alla pena pecuniaria, il tempo necessario alla maturazione della prescrizione deve ricavarsi avendo riguardo alla sola pena detentiva;
ii) il comma 5 prevede che, nel caso in cui la legge stabilisca pene diverse da quella detentiva e quella
pecuniaria, il reato deve ritenersi estinto una volta trascorsi 3 anni dalla consumazione;
iii) il comma 6 elenca una serie di reati tassativamente individuati per i quali il termine previsto secondo le regole ordinarie si intende raddoppiato.

L’art. 157, co. 2, stabilisce che «Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell’aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante». Il legislatore ha così eliminato la discrezionalità attribuita al giudice che, mediante il riconoscimento delle circostanze riferibili al
caso concreto e mediante il meccanismo di bilanciamento anticipato, poteva ritenere o meno prescritto il reato
da valutare
.

L’art. 157, co. 7 prevede che la prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall’imputato (Corte
cost. sent. n. 275/1990).

L’art. 157, co. 8 prevede che non sono suscettibili di prescrizione i reati per i quali è stabilito l’ergastolo, anche come effetto dell’applicazione di circostanze aggravanti.

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16
Q

Il dies a quo

A

(art. 158)
Per quanto concerne il dies a quo del termine prescrizionale, esso deve ritenersi corrispondente al giorno della consumazione del reato, in corrispondenza dell’unico o ultimo atto che realizza la condotta (nei c.d. reati di condotta) o della verificazione dell’evento (nei c.d. reati di evento) o della cessazione dell’offesa o della situazione di illegittimità nei reati a consumazione prolungata (continuato, abituale, permanente).

L’art. 158, co. 1 e 2, in particolare, stabilisce che:
i) in caso di delitto tentato il termine decorre dal giorno in cui è cessata l’attività del colpevole;
ii) in caso di reato permanente o continuato dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione;
iii) se la punibilità dipende dal verificarsi di una condizione, dal giorno del verificarsi della condizione;
iv) nei** reati punibili a querela**, istanza o richiesta, dal giorno del commesso reato.

L’art. 158, co. 3, prevede che, per i reati previsti dall’art. 392 comma 1-bis c.p.p., commessi nei confronti
di minori (tra cui maltrattamenti familiari, riduzione in schiavitù, prostituzione pornografia minorile, stalking, violenza sessuale anche di gruppo, atti sessuali e corruzione di minorenne) il termine di prescrizione del reato non decorre dalla consumazione dello stesso, ma dal compimento del diciottesimo anno di età del minore offeso, salvo che l’azione penale non sia stata esercitata in precedenza (in questo caso il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla acquisizione della notizia di reato).

17
Q

Cause di sospensione (art. 159) della prescrizione

A

L’art. 159 c.p. stabilisce che «Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge», oltreché nei casi di:
a) autorizzazione a procedere (dalla data del provvedimento con cui il PM presenta la richiesta fino al giorno in cui l’autorità competente la accoglie);
b) deferimento della questione ad altro giudizio (sino al giorno in cui viene decisa la questione);
c) sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori (con differimento, in tal caso, dell’udienza non oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell’impedimento o, in caso contrario, non oltre il tempo dell’impedimento stesso aumentato di sessanta giorni), ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore;
d) pronuncia della sentenza di cui all’art. 420 quater, c.p.p. (sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell’imputato – il corso della prescrizione rimane sospeso sino al momento in cui è rintracciata la persona nei cui confronti è stata pronunciata, ma in ogni caso non può essere superato il doppio dei termini di prescrizione – art. 159, co. 3, ex riforma Cartabia);
e) rogatorie all’estero (dalla data del provvedimento che dispone la rogatoria sino al giorno in cui l’autorità richiedente riceve la documentazione richiesta o, comunque, decorsi sei mesi dal provvedimento che dispone la rogatoria).

La norma stabilisce che «la prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione» (art. 159, co. 2).

La l. n. 3/2019 ha introdotto una nuova ipotesi di sospensione, riformando radicalmente quanto previsto: la disposizione prevede che il corso della prescrizione rimanga sospeso dalla pronuncia della sentenza di primo grado (di proscioglimento come di condanna) o del decreto penale di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o di irrevocabilità del decreto di condanna.
Ciò significa che una volta emessa la sentenza di primo grado la prescrizione non potrà più trovare applicazione: più che di sospensione in senso tecnico, quindi, la prescrizione di qualsiasi reato (senza differenze di gravità), ove non già maturata al momento della sentenza di primo grado o dell’emissione di un decreto penale di condanna, non decorre più per l’intero processo per il quale, tuttavia, non è previsto alcun termine massimo, con incisive ricadute su diritti di difesa, presunzione di innocenza e irragionevolezza del sistema.
A fronte di queste critiche la l. n. 134/2021 (legge delega che porterà alla Riforma Cartabia) ha abrogato tale disposizione, introducendo l’art. 161 bis. In questa nuova disposizione la pronuncia della sentenza di primo grado, di condanna o di assoluzione, non è più qualificata come causa di sospensione della prescrizione, bensì quale dies ad quem della prescrizione e, dunque, quale momento di cessazione del decorso del termine. Al contrario, il decreto penale di condanna che la previgente riforma equiparava alla sentenza di primo grado quanto agli effetti di sospensione sul decorso del termine di prescrizione, è ora previsto quale atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell’art. 160, co. 1 (ciò perché, a differenza
della sentenza, il decreto è caratterizzato dall’assenza di un contraddittorio fra le parti).

Peraltro, l’art. 161 bis stabilisce che la sentenza di primo grado ritorna ad avere una funzione sospensiva (invece della nuova funzione decadenziale che comporta la definitiva cessazione della prescrizione) nel caso in cui vi sia la regressione del procedimento al primo grado o ad una fase anteriore.
In questo caso, infatti, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronuncia definitiva di annullamento, sommandosi al periodo già trascorso dal momento iniziale fino alla pronuncia della sentenza di primo grado poi annullata

La sospensione della prescrizione ha effetto limitatamente agli imputati nei cui confronti si sta procedendo (art. 161, co. 1)

18
Q

Cause di interruzione (art. 160) della prescrizione

A

L’art. 160 c.p. elenca poi una serie di atti interruttivi della prescrizione:
- l’ordinanza che applica le misure cautelari personali e quelle di convalida del fermo o dell’arresto in flagranza;
- l’interrogatorio reso davanti al PM o al giudice;
- l’invito a presentarsi al PM per rendere interrogatorio;
- il provvedimento del giudice di fissazione dell’udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione;
- la richiesta di rinvio a giudizio;
- il decreto di fissazione dell’udienza preliminare;
- l’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato;
- il decreto di fissazione dell’udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena;
- la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo;
- il decreto che dispone il giudizio immediato;
- il decreto che dispone il giudizio;
- il decreto di citazione a giudizio;
- il decreto di condanna.

Il corso della prescrizione è altresì interrotto, in virtù di leggi speciali, dai seguenti atti:
- la citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria;
- il decreto di convocazione delle parti emesso dal giudice di pace;
- il verbale di constatazione o l’atto di accertamento delle violazioni relativi ai delitti in materia di
imposte sul reddito e iva
.

Tale elencazione è da ritenersi tassativa, non potendosi applicare l’istituto dell’interruzione in via analogica ad altri atti non espressamente previsti.

In presenza di uno degli atti sopra indicati la prescrizione comincia a decorrere dal giorno dell‘interruzione, restando privo di effetti il tempo antecedentemente trascorso (cioè si resetta). Nel caso di più atti interruttivi, la prescrizione decorre dall’ultimo di essi, ma in nessun caso i termini stabiliti nell’art. 157 possono essere prolungati oltre i limiti di cui all’art. 161, co. 2

L’art. 161 c.p. stabilisce, in particolare, che il termine di prescrizione sarà, al massimo, aumentabile di un
quarto
.
È aumentabile della metà per alcuni delitti di natura corruttiva, tassativamente indicati dalla norma.
Il termine di prescrizione sarà inoltre aumentabile della metà, di due terzi e del doppio del tempo necessario a prescrivere in caso di, rispettivamente, recidiva aggravata, reiterata, delinquenza abituale o professionale.

La ratio dell’interruzione della prescrizione si ravvisa nella logica stessa della prescrizione: se il decorso del tempo rende inopportuna una condanna in quanto l’interesse statuale alla punizione si affievolisce col tempo, non possono restare senza effetto quegli atti che dimostrano il permanere di tale interesse.

Se nel caso della sospensione dei termini, la prescrizione riprende il suo corso dal giorno di cessazione della causa sospensiva e i periodi antecedenti e successivi vengono a sommarsi ai fini del computo totale del termine, Nel caso dell’interruzione, invece, si ha l’azzeramento del periodo antecedente alla causa interruttiva, fermo restando la previsione di un tetto massimo inderogabile.

L’interruzione della prescrizione ha effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato (art. 161, co. 1).

19
Q

Causa di estinzione della pena:
Prescrizione della pena

A

Analogamente a quanto avviene in materia di prescrizione del reato prima della condanna, anche dopo la sentenza irrevocabile il decorso di un certo lasso temporale (dal passaggio in giudicato) estingue la pena che per qualsiasi motivo non sia stata in tutto o in parte eseguita.

In base all’art. 172 c.p. la pena della reclusione deve intendersi estinta a seguito del decorso di un tempo pari al doppio della pena inflitta, in ogni caso non superiore a 30 e non inferiore a 10 anni.
Per la multa invece la pena si estingue nel termine di 10 anni, mentre per l’arresto o l’ammenda nel termine di 5 anni.

Nel caso in cui siano inflitte congiuntamente la pena detentiva e pecuniaria si ha riguardo solo al termine stabilito per la sanzione detentiva.
Ai fini del computo dei termini di prescrizione della pena non operano cause sospensive né interruttive.

La prescrizione quale causa di estinzione della pena può verificarsi solo dopo una sentenza o un decreto irrevocabile di condanna ed ha per oggetto soltanto le pene principali.

Non si prescrivono invece l’ergastolo, le pene accessorie e gli altri effetti penali della condanna.

Limitazioni sono previste nei confronti dei recidivi reiterati e aggravati, dei delinquenti abituali, professionali e per tendenza, nonché per il condannato che durante il tempo necessario la prescrizione riceva una condanna alla reclusione per delitto della stessa indole. In questi casi è previsto un regime di imprescrittibilità della reclusione e della multa, nonché l’imposizione di termini raddoppiati per la prescrizione di arresto e ammenda.

I termini di prescrizione della pena decorrono dal giorno in cui (dies a quo):
i) la condanna è divenuta irrevocabile;
ii) il condannato si sia volontariamente sottratto all’esecuzione già iniziata della pena;
iii) qualora l’esecuzione della pena risulti subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, dal giorno in cui il termine è scaduto o la condizione si è verificata.

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Q

[6] Oblazione

Causa di estinzione del reato: Oblazione

A

[162 e 162-bis]
L’oblazione consiste nella volontaria offerta di una somma di denaro, il cui pagamento prima dell’apertura del dibattimento estingue il reato contravvenzionale.

Con tale strumento è fornita al reo una possibilità di evitare l’accertamento processuale del fatto in contestazione ed ottenere una sentenza dichiarativa di non doversi procedere per estinzione del reato.

(1)L’oblazione si distingue dalle cause estintive del reato per il fatto di rimettere alla libera volontà dell’autore della violazione la facoltà di determinare l’effetto estintivo.Per tale motivo parte della dottrina ha parlato di un’autonoma categoria di fatti estintivi, che ruoterebbe intorno al comportamento del reo.
(2)Un’altra parte della dottrina ritiene invece che l’oblazione abbia più che altro un significato simbolico, evitando al reo una formale affermazione di responsabilità (l’oblazione si accosterebbe così ad una forma di patteggiamento o ad una sanzione pecuniaria amministrativa, il cui pagamento consente di degradare il reato ad illecito amministrativo).
(3)Un’altra parte ancora della dottrina, ritiene che l’oblazione rappresenti una forma di deflazione del carico giudiziario, inserendosi nel novero dei riti alternativi come strumento di deflazione processuale.

TUTTAVIA, sembra che la natura dell’oblazione sia da riportare alle tradizionali cause estintive del reato, basandosi su motivi inerenti alla mancanza di bisogno di pena per un fatto che, non apparendo di rilevante gravità, valorizza il pagamento volontario della somma di denaro come forma sostitutiva della pena da scontare.

L’art. 162 c.p. fa riferimento ad una prima forma di oblazione, che riguarda le contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda e che possono essere estinte attraverso il pagamento, prima dell’apertura del dibattimento o del decreto penale di condanna, di una somma corrispondente ad 1/3 del max della sanzione prevista. Si parla al riguardo di “oblazione obbligatoria”, perché **se richiesta deve essere concessa dal giudice, al quale è negata ogni valutazione di merito. **

L’art. 162-bis stabilisce invece che per le contravvenzioni punite alternativamente con l’arresto o con l’ammenda può essere richiesta l’oblazione facoltativa o discrezionale (negli stessi termini, con una somma corrispondente alla 1/2 del max della sanzione prevista, da depositare contestualmente la relativa domanda). La domanda di oblazione facoltativa è valutata discrezionalmente dal giudice che può respingerla con ordinanza motivata, avendo riguardo alla gravità del reato; in tal caso la domanda potrà essere riproposta fino al termine del dibattimento di primo grado.

L’oblazione discrezionale non è ammessa quando permangono conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore e quando questi sia un recidivo reiterato, un contravventore abituale o professionale.

In alcune leggi speciali è prevista l’ulteriore forma di oblazione c.d. «in via amministrativa» che consiste nel pagamento di una somma di denaro direttamente all’autorità amministrativa competente prima o comunque al di fuori del processo e con effetto sospensivo dell’esercizio dell’azione penale.

*Il co. 4 bis dell’art. 141 disp. att. c.p.p. prevede che, nel corso del giudizio, qualora l’oblazione divenga possibile solo a seguito del mutamento dell’originario titolo di imputazione, l’imputato è rimesso nei termini e può avanzare domanda di oblazione. Se questa è accolta, il giudice concede un termine di dieci giorni per eseguire il pagamento, in seguito al quale dichiara con sentenza l’estinzione del reato. *

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Q

[7] Estinzione del reato per condotte riparatorie

Estinzione del reato per condotte riparatorie

A

La l. n. 103/2017 ha introdotto all’art. 162 ter c.p. una nuova causa di estinzione del reato collegata a condotte riparatorie e restitutorie realizzate dall’imputato.

La norma dispone che «nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, ha riparato interamente il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato».

Vi è quindi un presupposto di tipo oggettivo, rappresentato dalla natura del reato (ma è espressamente esclusa l’applicabilità per il reato di stalking) e un presupposto di natura temporale, che consiste nella necessità di compiere la condotta riparatoria entro la dichiarazione di apertura del dibattimento.
Quest’ultimo requisito non è però assoluto, in quanto si prevede che, in caso di impossibilità incolpevole di provvedere, l’imputato possa richiedere un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per liquidare il risarcimento del danno. In tal caso il giudice, se accoglie la richiesta, impone specifiche prescrizioni all’imputato e sospende il decorso della prescrizione fino all’udienza successiva, finalizzata alla verifica dell’effettiva riparazione.

L’applicazione della causa estintiva non impedisce la c.d. confisca obbligatoria (art. 240, co. 2, c.p.), ovvero delle cose che costituiscono il prezzo del reato, degli strumenti informatici utilizzati per commettere il reato, nonché delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato.

La norma non si applica ai procedimenti davanti al Giudice di pace, per i quali si applica l’art. 35, d.lgs. n. 274/2000, secondo cui** il reato è estinto quando** prima dell’udienza di comparizione dinanzi al giudice di pace, l’imputato dimostri di aver proceduto «alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato».

L’art. 162 ter, co. 1 stabilisce inoltre che «il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli artt. 1208 e ss. c.c., formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo».
**Il dissenso della parte offesa non produce quindi alcun effetto giuridico vincolante rispetto alla valutazione che il giudice deve effettuare in ordine alla congruità della somma e all’estinzione del reato. **

22
Q

[8] La giustizia riparativa

Disciplina della giustizia riparativa

A

Tra le maggiori novità della Riforma Cartabia, è certamente da segnalare la disciplina organica della giustizia riparativa formulata in linea con la Direttiva UE in materia di diritto, assistenza e protezione dele vittime del reato.

La giustizia riparativa è da intendersi come ogni programma che consente alla vittima del reato, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore.

Non sostituisce il processo o l’esecuzione penale ma vi si affianca, potendosi accedere alla giustizia riparativa in ogni grado e fase del processo (anche dopo l’integrale esecuzione della pena o della misura di sicurezza)

La ratio è quella di efficientare la giustizia penale, agevolando la riparazione dell’offesa e facilitando remissioni di querela e percorsi di rinserimento sociale del condannato.

Il programma di giustizia riparativa, seguito da due mediatori e autore, vittima e comunità, può condurre a esiti riparativi simbolici (es. scuse formali) o a esiti materiali (es. risarcimento del danno).

Alla fine del processo, i mediatori devono inoltrare una relazione del procedimento all’Autorità Giudiziaria, che ne terrà conto ai fini della determinazione della pena ex 133.

La riforma ha anche inciso sulle circostanze attenuanti comuni, prevedendo al n.6 l’aver partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con esito positivo con la precisazione che, se l’esito riparativo comporta assunzione di impegni comportamentali, la circostanza è valutata solo quando gli impegni sono rispettati

Si ritiene che vi sia remissione tacita di querela quando il querelante ha partecipato ad un programma di giustizia riparativa conclusosi con esito positivo.

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Q

[Sospensione condizionale della pena]

Cause di estinzione del reato: Sospensione condizionale della pena

A

(163-167)
Vi sono casi in cui l’Autorità Giudiziaria, inflitta una certa pena, ne sospende l’esecuzione a condizione che entro un certo periodo di tempo il colpevole non ne commetta un altro.
- Se viene commesso un reato in tale frangente temporale, il reo sconterà insieme la vecchia e la nuova pena;
- se invece nel tempo statuito non verrà commesso altro reato, si avrà estinzione del reato.

La ratio della sospensione condizionale della pena è di sottrarre all’ambiente carcerario persone che, pur essendosi rese colpevoli di un reato, presentano probabilità di ravvedimento alte.

La sospensione della esecuzione della pena è ordinata per 5 anni per i delitti e per 2 anni per le contravvenzioni. Il termine decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che concede il beneficio.

PRESUPPOSTI
Ai sensi dell’art. 163, co. 1, c.p., il primo presupposto per beneficiare dell’istituto è che al reo sia stata comminata in concreto una pena detentiva di durata non superiore a 2 anni, ovvero a pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva, e ragguagliata a norma dell’art. 135 c.p., sia equivalente ad una pena detentiva non complessivamente superiore a 2 anni. Il co. 2 prevede che tale limite è alzato a 3 anni per i minorenni, mentre il co. 3 prevede un limite di 2 anni e 6 mesi per le persone di età compresa tra i 18 anni e i 21 anni o gli ultrasettantenni (al momento della commissione del reato, e non al momento della celebrazione del processo – v. Cass. n. 746/2019).
Peraltro, la l. n. 145/2005 ha previsto che se il ragguaglio della pena pecuniaria con una pena detentiva non superiore ai limiti anzidetti (2, 3 o 2 anni e mezzo), comporti il superamento di detti limiti, il giudice può sospendere la sola pena detentiva.

La stessa riforma ha introdotto una forma accelerata di sospensione condizionale (art. 163, co. 4), di durata pari ad 1 anno, che si applica (1) nel caso in cui la pena inflitta non sia superiore ad 1 anno, (2) il danno sia stato riparato interamente prima della pronuncia della sentenza di condanna ed (3) il reo si sia spontaneamente adoperato per attenuare le conseguenze dannose del reato (Riforma Cartabia= + ipotesi della partecipazione ad un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo).

In base all’art. 164 c.p., la sospensione della pena è emessa se, avuto riguardo alle circostanze indicate nell’art. 133 c.p., il giudice presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.
Non potrà essere concessa al reo che ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, anche se è intervenuta la riabilitazione, né al delinquente o contravventore abituale o professionale. Inoltre, non può essere concessa se alla pena inflitta deve essere aggiunta una misura di sicurezza personale, perché il reo è persona che la legge presume socialmente pericolosa (coerentemente, la sospensione rende inapplicabili le misure di sicurezza, ad eccezione della confisca).

La sospensione non può essere concessa più di una volta. Se però per una precedente condanna fu già sospesa l’esecuzione, il giudice può, nell’infliggere una nuova condanna, disporre una seconda volta la sospensione qualora la pena cumulata a quella precedentemente sospesa non superi i limiti dell’art. 163 c.p. (art. 164, co. 4, c.p.).

La sospensione condizionale della pena può essere, in base alla mera discrezionalità del giudice, subordinata ad almeno un obbligo fra quelli di restituzione, risarcimento del danno, pubblicazione della sentenza, eliminazione delle conseguenze pericolose o dannose, prestazione di attività non retribuita a favore della collettività (quest’ultima, solo se il condannato non si oppone). La subordinazione ad uno di tali obblighi è invece obbligatoria nel caso in cui la sospensione condizionale sia accordata per la seconda volta.

EFFETTI
Gli effetti sospensivi si applicano alle pene principali e a quelle accessorie (nonché, secondo la giurisprudenza, anche a quelle sostitutive).
Non si sospendono, invece, gli effetti penali della sentenza di condanna (a meno che da essi non discenda un impedimento all’accesso a posti di lavoro, il diniego di concessioni, licenze o autorizzazioni necessarie per svolgere attività lavorative o l’applicazione di misure di prevenzione).

Il reatoestinto e l’esecuzione delle pene non avrà luogo se, durante il periodo della sospensione (5 anni delitti, 2 contravvenzioni), oltre ad aver adempiuto agli obblighi eventualmente impostigli, il reo non commette delitti o contravvenzioni della stessa indole.
Se li commette, invece, o non adempie agli obblighi imposti, la sospensione condizionale è revocata di diritto (art. 168) .

24
Q

Indulto e Sospensione condizionale della pena

A

Nei rapporti tra indulto e sospensione condizionale della pena, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto giurisprudenziale stabilendo che l’*indulto non può concorrere con la sospensione condizionale della pena, prevalendo quest’ultimo beneficio sul primo, in quanto determina l’estinzione del reato e non solo della pena. *

25
Q

Sospensione con messa alla prova (art. 168-bis)

A

La l. n. 67 del 2014 ha introdotto agli artt. 168 bis-168 quater c.p. una nuova causa di estinzione del reato: la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato (istituto già presente nel nostro ordinamento con riferimento ai reati commessi dai minorenni).

L’istituto ha una funzione deflattiva del procedimento penale; nonché lo scopo di favorire il reinserimento sociale successivamente alla commissione di un reato minore. A seguito della riforma Cartabia, la sospensione con messa alla prova è richiedibile anche dal pubblico ministero, oltreché dall’imputato.

La sospensione con messa alla prova è applicabile ai reati puniti con la sola pena pecuniaria, quelli puniti con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a 4 anni , nonché quelli indicati all’art. 550 co. 2 c.p.p. (es: violenza o minaccia di pubblico ufficiale).

Non può essere concessa più di una volta ed è preclusa a delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

La concessione del beneficiosubordinata al risarcimento del danno e alla prestazione di condotte volte ad eliminare conseguenze dannose o pericolose del reato.

A ciò si aggiunge l’affidamento dell’imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma di trattamento il cui oggetto può riguardare lo svolgimento di attività di volontariato sociale o l’osservanza di prescrizioni inerenti all’attività presso i servizi sociali o presso una struttura sanitaria oppure contenere un obbligo di dimora o di divieto di frequentare determinati locali. Il programma di trattamento deve assicurare il reinserimento sociale, la riparazione del danno cagionato, sia nei confronti della vittima che verso la collettività e, ove possibile, la mediazione con la persona offesa.

Elemento centrale al fine della messa alla prova è la prestazione di lavoro di pubblica utilità per un orario giornaliero non superiore alle 8 ore, da svolgere per almeno 10 giorni ed in modo da non pregiudicare le esigenze lavorative di studio, familiari e di salute dell’imputato

Il rifiuto dell’’imputato della prestazione di lavoro di pubblica utilità è causa di revoca anticipata.

Per quanto concerne gli effetti, l’art. 168 ter c.p. stabilisce che il buon esito del periodo di prova determina l’estinzione del reato, lasciando tuttavia impregiudicate le sanzioni amministrative accessorie eventualmente previste.

La sospensione del procedimento con messa alla prova è revocata in caso di (art. 168 quater c.p.):
i) trasgressione grave o reiterata del programma svolto dall’imputato presso il servizio sociale;
ii) rifiuto di prestazione di lavoro di pubblica utilità; iii) la commissione (durante il periodo di prova) di un delitto non colposo o di un reato della stessa indole di quello per cui il beneficio era stato concesso.

[[[Per quanto attiene ad un’ipotetica applicazione retroattiva delle norme in materia di sospensione, la Cassazione ha affermato che con la messa alla prova si è introdotto un percorso del tutto alternativo rispetto all’accertamento giudiziale penale. Pertanto, si è al di fuori dell’ambito di operatività del principio di retroattività della lex mitior ed è quindi da escludere che la mancata previsione di un’applicazione retroattiva dell’istituto della messa alla prova si ponga in contrasto con l’art. 7 CEDU.]]]

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Q

[11] Perdono giudiziale

Cause di estinzione del reato: Perdono giudiziale

A

In base all’art. 169 c.p. il perdono giudiziale è previsto solo per i minori di 18 anni ed è concesso dal giudice, il quale, nonostante l’eventuale responsabilità dell’imputato, si astiene dal pronunciare il rinvio a giudizio o la condanna facendone derivare l’estinzione del reato.

Il perdono non può essere concesso se il minore è stato già condannato a pena detentiva per delitto, o dichiarato delinquente o contravventore abituale o professionale.

A tal fine il giudice effettua una valutazione presuntiva circa l’astensione della commissione di ulteriori reati da parte del colpevole avendo riguardo alle circostanze indicate dall’art. 133 c.p.

La necessità di tale prognosi accomuna il perdono giudiziale alla sospensione condizionale della pena, ma i due istituti si differenziano sotto il profilo dell’effetto estintivo, che nel perdono giudiziale è immediato anziché differito nel tempo e non può essere revocato.

Per applicare il beneficio, è necessario che il giudice ritenga di dover applicare una pena in concreto non superiore ai 2 anni di pena detentiva o ai 1549 euro di pena pecuniaria.

Il perdono giudiziale può essere concesso una sola volta.

La Corte cost. ha dichiarato con l’illegittimità dell’art. 169, co. 4, c.p., che è possibile l’estensione del perdono giudiziale ad altri reati che si legano col vincolo della continuazione a quelli per i quali è stato concesso il beneficio (Corte cost. n. 108/1973), e che è possibile concedersi un nuovo perdono giudiziale nel caso di condanna per delitto commesso anteriormente alla prima sentenza di perdono, a pena che cumulata con quella precedente non superi i limiti per l’applicabilità del beneficio (Corte cost. n. 154/1976).

Il d.p.r. n. 448/1988 (art. 27) ha introdotto una nuova forma di perdono, «per irrilevanza del fatto»: il giudice può pronunciare sentenza di non luogo a procedere quando il PM ne faccia richiesta, se durante la fase delle indagini risultano le tenuità del fatto e l’occasionalità del comportamento.

27
Q

[12] Liberazione condizionale

Cause di estinzione della pena: Libertà condizionale

A

(176)
Secondo l’art. 176, co. 1, c.p. «il condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale, se ha scontato almeno 30 mesi e comunque almeno metà della pena inflittagli, qualora il rimanente della pena non superi i cinque anni».

La liberazione condizionale ha come effetto immediato la sospensione dell’esecuzione della pena che sia già in fase di espiazione per un dato periodo, trascorso il quale senza che il condannato rimesso il regime di libertà abbia commesso un altro reato, la pena si estingue.

La ratio dell’istituto è marcatamente special-preventiva e di reinserimento sociale del condannato.

Presupposti oggettivi dell’applicazione dell’istituto sono che:
a) il condannato abbia scontato almeno 30 mesi e comunque almeno metà della pena inflitta;
b) la pena residua non superi 5 anni;
c) il condannato non abbia già usufruito del beneficio per la medesima pena.

Evidentemente, il beneficio della liberazione condizionale non è applicabile alle pene uguali o inferiori a 30 mesi (c.d. pene brevi), giacché in tal caso, una volta raggiunto il limite imposto dalla legge (30 mesi), non residua nessuna quota di pena su cui far incidere il beneficio.

  • Per i recidivi, ad esclusione della recidiva semplice , il condannato, per essere ammesso al beneficio, deve aver scontato almeno 4 anni di pena e non meno di 3/4 della pena inflittagli.
  • Anche i condannati all’ergastolo possono essere ammessi alla liberazione condizionale qualora abbiano scontato almeno 26 anni di pena e anche se ne avessero già usufruito in relazione alla medesima pena (Corte cost. sent. n. 161/1997).
  • Inoltre, per i condannati che hanno commesso un reato quando erano minori di 18 anni è possibile disporre la liberazione per qualsiasi pena ed in qualunque momento (art. 21, r.d.l. n. 1404/1934).

In tutti i casi il presupposto soggettivo è che il condannato durante il tempo di esecuzione della pena abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, da intendersi non solo come venir meno della pericolosità sociale ma anche come effettiva capacità di ordinato inserimento nel tessuto sociale.

La liberazione condizionale, inoltre, è subordinata all’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell’impossibilità di adempiere.

La concessione del beneficio comporta la cessazione dello stato di detenzione e l’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata.

Decorsa la pena inflitta o, nel caso del condannato all’ergastolo, il termine di cinque anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale, si ha l’estinzione definitiva della pena e delle misure di sicurezza.

La libertà condizionale viene revocata se in questo periodo il liberato compie un reato dalla cui condotta appare l’incompatibilità con il mantenimento del beneficio, o trasgredisce agli obblighi inerenti alla libertà vigilata.
A seguito della revoca il condannato riprende a scontare la pena detentiva che è determinata dal giudice dell’esecuzione,* tenendo conto del tempo trascorso in libertà condizionale nonché delle restrizioni di libertà subite dal condannato e del suo comportamento durante tale periodo*.

Recidivi di recidiva semplice: (ogniqualvolta il reo commetta un reato non colposo differente da quello per cui era stato precedentemente condannato)

28
Q

[13] La riabilitazione

Cause di estinzione della pena: Riabilitazione

A

(178)
«La riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti».

La riabilitazione è una causa di estinzione delle pene accessorie e degli effetti penali della condanna, caratterizzata da una funzione premiale e promozionale, in quanto collegata all’avvenuta espiazione della pena principale e alla buona condotta successivamente dimostrata per un congruo periodo di tempo.

Con la riabilitazione il condannato recupera le facoltà giuridiche perse o limitate a causa della condanna. (diritto elettorale, iscrizione negli albi professionali, gradi e dignità accademiche, la possibilità di ricoprire incarichi pubblici dai quali era stato interdetto).

Tuttavia, la riabilitazione non ha efficacia retroattiva (ad es. non restituisce il diritto di impiego eventualmente perduto a causa della condanna).

La riabilitazione impedisce che venga dichiarata la recidiva e consente al condannato di beneficiare dell’amnistia e dell’indulto (ma, secondo la Cassazione, non preclude la valutazione dei precedenti penali e giudiziari del riabilitato, trattandosi di situazioni di fatto di cui il giudice deve tener conto, nell’apprezzamento del comportamento pregresso dell’imputato ai fini della determinazione della pena).

In base all’art. 179 c.p., per ottenere la riabilitazione è necessario che il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta, il che implica una valutazione della sua personalità che richiede la dimostrazione da parte del reo di un effettivo ravvedimento e reinserimento sociale fondato sul rispetto delle comuni regole di convivenza (è stato ad es. ritenuto che il mancato pagamento delle spese di giustizia sia sintomatico dell’assenza del requisito della buona condotta e quindi preclusivo del beneficio).

Da ciò è evidente il motivo per cui la riabilitazione non può essere concessa se il condannato è stato sottoposto a misure di sicurezza (tranne che si tratti di espulsione dello straniero ovvero di confisca), a meno che il relativo provvedimento non sia stato revocato.

Inoltre, il soggetto deve aver adempiuto le obbligazioni civili derivanti da reato: tale adempimento elimina le conseguenze civili prodotte dalla condotta criminosa e fornisce una prova tangibile del ravvedimento del reo.
Nel caso in cui, a causa delle condizioni economiche del reo o di altri fattori, a questo risulti impossibile l’adempimento delle obbligazioni civili, si ritiene che vi debba essere l’adempimento dello specifico onere probatorio consistente nella dimostrazione di aver fatto quanto possibile per risarcire il danno oppure di trovarsi nella impossibilità di adempiere (non solo in senso economico).

Per quanto riguarda i termini, l’art. 179 c.p. stabilisce che la riabilitazione è concessa quando siano decorsi almeno 3 anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o estinta. Il termine aumentato ad almeno 8 anni in caso di recidiva qualificata e a 10 anni decorrenti dalla revoca dell’ordine di assegnazione ad una colonia o ad una casa di lavoro, per i delinquenti abituali, professionali o per tendenza.

Ci sono infine 2 forme speciali di riabilitazione:
* riabilitazione per i fatti commessi dai minori (art. 24 d.l. n. 1404/1934): si caratterizza rispetto all’istituto classico per non essere sottoposto ad alcun termine, potendo essere concesso dal giudice semplicemente al verificarsi delle specifiche condizioni richieste. La riabilitazione del minore può essere concessa solo se la relativa istanza è stata presentata dall’interessato prima del compimento dei 25 anni di età.

  • riabilitazione civile del fallito (art. 241 l. fall.): estingue il reato di bancarotta semplice facendone cessare l’esecuzione e gli effetti nel caso in cui vi sia stata condanna.
    La riabilitazione viene revocata di diritto se nel termine di 7 anni, il riabilitato commette un delitto non colposo per il quale sia inflitta la pena non inferiore a 2 anni di reclusione od un’altra pena più grave (art. 180 c.p.), con l’effetto di far rivivere le pene accessorie e gli altri effetti penali della condanna.
29
Q

[14] Non menz. della condanna nel certificato del casellario giudiziale

Cause di estinzione della pena: Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale

A

(art. 175)
PREAMBOLO
Le condanne vengono iscritte nei certificati del casellario giudiziale, che raccoglie le informazioni sui precedenti penali dei consociati dandone comunicazione, a determinate condizioni, ai privati che ne facciano richiesta.

DISCIPLINA
Attraverso l’istituto della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, si evita che la stessa venga resa nota ai privati che siano interessati (ad es. per motivi di lavoro). Infatti, al pari della riabilitazione, la ratio della non menzione sarebbe proprio quella di** favorire il reinserimento sociale del condannato.**

L’art. 175 c.p. stabilisce che:
1) Se, con una prima condanna, è inflitta una pena detentiva non superiore a 2 anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore a euro 516, il giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate nell’art. 133 ,** può ordinare in sentenza che non sia fatta menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, spedito a richiesta di privati, non per ragione di diritto elettorale**
2) La** non menzione della condanna** può essere altresì concessa quando è inflitta congiuntamente una pena detentiva non superiore a due anni ed una pena pecuniaria che, ragguagliata a norma dell’art. 135 e cumulata alla pena detentiva, priverebbe complessivamente il condannato della libertà personale per un tempo non superiore a 30 mesi.
3) (introdotto dalla Riforma Cartabia) La non menzione della condanna può essere concessa anche in caso di condanna a pena sostitutiva di una pena detentiva, entro i limiti di pena di cui al primo e al secondo comma.
4) Se il** condannato commette successivamente un delitto**, l’ordine di non fare menzione della condanna precedente è revocato

Ad oggi, a seguito di due pronunce della Corte costituzionale, la non menzione può essere concessa anche per condanne successive alla prima che, cumulate con la prima, non superino il limite dei 2 anni.

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Q

Differenza tra non menzione della condanna e sospensione condizionale della pena

A

Sulla differenza tra non menzione della condanna e sospensione condizionale della pena, la giurisprudenza ha evidenziato come mentre la seconda ha l’obiettivo di sottrarre alla punizione il colpevole che presenti possibilità di ravvedimento, la prima persegue lo scopo di favorire il ravvedimento del condannato mediante l’eliminazione della particolare conseguenza negativa del reato qual è quella della pubblicità.

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Q

[15] Estinzione in fase di esecuzione, liberazione anticipata

La causa di estinzione parziale della pena della liberazione anticipata

A

Ai sensi dell’art. 54 della l. n. 354 del 1975, al condannato a pena detentiva che abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione è concessa una detrazione di 45 giorni per ogni semestre di pena scontata. La liberazione anticipata, la cui ratio risiede nel riconoscimento della partecipazione del reo ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, non rappresenta un’alternativa alla pena detentiva, ma costituisce una mera anticipazione della conclusione di essa.

Quindi, essa deve essere considerata come una causa di estinzione parziale della pena, con finalità premiali e rieducative.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, occorre valorizzare la finalità rieducativa dell’istituto: «ai fini della concessione del beneficio della liberazione anticipata non è sufficiente la condotta di formale adesione alle regole di comportamento stabilite dall’istituto carcerario (c.d. “buona condotta carceraria”), perché essa da sola non costituisce sicura dimostrazione dell’adesione effettiva del condannato all’opera di rieducazione» (Cass. pen. n. 2886/2019).

PERIODO DI TEMPO DI VALUTAZIONE: TEORIA ATOMISTICA
Quanto al periodo di tempo a cui si deve fare riferimento per valutare il comportamento del detenuto, la Corte costituzionale (sent. n. 276/1990) ha stabilito il prevalere della c.d. “teoria atomistica”, in base alla quale la valutazione deve riguardare i singoli semestri, senza che la negativa valutazione di uno o più di essi possa comportare la decadenza totale dal diritto di vedere riconosciuto il beneficio per i semestri nei quali le condizioni di legge si sono verificate.

LA TEORIA ATOMISTICA “MODERATA” GIURISPRUDENZIALE
Tuttavia, per contrastare gli eccessi che potrebbero discendere da un’applicazione rigorosa dell’impostazione “atomistica”, la prevalente giurisprudenza di legittimità ne ha accolto una versione moderata, ritenendo infatti che, in casi di comportamenti di comprovata gravità, l’applicazione della detrazione della pena potesse essere preclusa anche in riferimento ai semestri anteriori a quello in cui il fatto in questione fosse accaduto.

La liberazione anticipata è revocata se la condotta tenuta dal reo successivamente alla concessione del beneficio, appaia incompatibile con il mantenimento di quest’ultimo .