P3C1 Il tentativo Flashcards

1
Q

[1]Il prob della scans dell’it crim. e de distin tra f. consum e f. tent

Che conseguenze produce il fatto che il nostro è un diritto penale del “fatto”?

A

Il nostro sistema penale, imperniato su una base oggettiva pura del “fatto” deve avere una disciplina differenziata tra tentativo e consumazione. Si richiamano i dogmi del principio di materialità del diritto penale, per cui cogitationis poenam nemo patitur, sancendo la necessità, per la puibilità, di una minima lesività del fatto di reato.

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2
Q

In quali fasi può scandirsi l’iter criminis?

A

Nell’ideazione del piano criminoso, come momento che identifica la messa a punto delle coordinate essenziali delle motivazioni al reato che spingano l’autore alla risoluzione;

Nella seguente preparazione, che individua una programmazione generica del fatto da commettere;

Nell’esecuzione materiale, che indica la realizzazione in concreto del fatto criminoso;

Nella consumazione (o perfezione), come integrazione degli elementi essenzali del fatto tipico previsto dalla fattispecie incriminatrice

NOTARE che dove finisce il tentativo, inizia la consumazione. Le due fattispecie si escludono, e si possono perfezionarsi solo se si escludono a vicenda
(es. mancando consumazione ma essendoci ideazione, preaprazione ed esecuzione materiale si perfeziona il tentativo)

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3
Q

[2] L’inizio dell’attività punibile

Gli atti preparatori sono punibili come gli atti esecutivi?

A

Nel sistema italiano si è abbandonato il concetto di inizio di esecuzione come momento decisivo per demarcare l’area degli atti meramente preparatori da quelli di esecuzione punibile, prediligendo l’indicazione di due requisiti positivi: l’idoneità e l’inequivocità degli atti

Secondo tale impostazione, sarebbero esecutivi gli atti descritti dal precetto (reati a forma vincolata) e quelli causali rispetto all’evento punito (reati a forma libera).

Infatti, la soluzione del codice è di disfarsi della distinzione atti preparatori e atti esecutivi, prediligendo ciò che si afferma nell’art. 56 cp, per cui chi pone in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica, con cui si da rilevanza penale, oltre agli atti esecutivi, anche a quegli atti preparatori che sono però idonei e diretti in modo inequivoco alla consumazione del reato, ossia qualora abbiano la capacità, sulla base di una valutazione ex ante ed in relazione alle circostanze del caso, di giungere al risultato prefissato (es. rapina in banca non iniziata, soggetti armati + presenza di pali + confessione di uno degli agenti).

Cade quindi la distinzione atti preparatori e atti esecutivi del Codice Zanardelli.

PROBLEMATICITÀ
Rispetto all’idoneità degli atti preparatori, si rischia di spostare il focus dall’offesa del bene giuridico alla pericolosità del suo autore potenziale, riproponendosi cosi una concezione di tipo soggettivo del tentativo (ben cara ai sistemi autoritari, che allontanano il diritto penale dal fatto per incentrare l’incriminazione sull’autore).

È per questo che l’art. 56 pare accogliere una nozione oggettiva del tentativo.

(es. tentato omicidio del clan rivale a pag. 510)

ART. 56 - DELITTO TENTATO
Chi compie atti idonei, diretti in modo** non equivoco** a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.

Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso(7).

Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà

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4
Q

[3] Idoneità e la non equivocità degli atti

Requisiti del delitto tentato/ tentativo

A

L’art. 56 pone due requisiti affinché si configuri il delitto tentato, ovvero:
- idoneità, ovvero il controllo della minima offensività degli atti sin lì compiuti
[esame che demarca la distinzione tra delitto tentato e reato impossibile]

  • non equivocità, ovvero la verifica della tipicità degli atti sin lì compiuti rispetto ad un inizio di corrispondenza tra gli elementi strutturali che compongono il tipo legale di parte speciale e i connotati che presenta il fatto storico.
    [esame che stabilisce la punibilità del tentativo]

L’art. 56 quindi funge da** norma estensiva della tipicità originaria della fattispecie in esame di parte speciale**; dal loro combinato disposto si rende punibile ciò che altrimenti non lo sarebbe se si guardasse solo alle disposizioni di parte speciale.

Inoltre, l’art. 56 fa riferimento solo ai delitti, in quanto fatti più gravi e quindi unici meritevoli di un’anticipazione della soglia di punibilità

La Cassazione ribadisce poi i criteri e il momento temporale per l’accertamento dell’idoneità e univocità degli atti nel tentativo, affermando l’idoneità degli atti come concreta probabilità che si realizzi, sulla base di un giudizio ex ante, l’offesa sanzionata dalla fattispecie di parte speciale con una significativa possibilità di verificazione. Non giudizio astratto, possibile solo ex post, ma concreto.
Soprattutto per l’univocità, deve avvenire una ricerca non di finalità astratte ma di **precisi riscontri oggettivi **di (inizio di) integrazione degli elementi della fattispecie (che si assume stiano per essere integrati).
Proprio per questo, non è sufficiente la ricostruzione teleologica (intenzione) dell’agente, ma anche la presenza di circostanze oggettive.

[Es. vedi QUANDO SI CONFIGURA OMICIDIO TENTATO E NON REATO DI LESIONI PERSONALI pag. 513 - servono circostanze oggettive! non solo l’animus necandi, ma anche l’arma, la parte di corpo colpita ecc… (i c.d. facta concludenda)]

ART. 56 - DELITTO TENTATO
Chi compie atti idonei, diretti in modo** non equivoco** a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.

Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso(7).

Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà

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5
Q

[4] L’elemento soggettivo del tentativo

Elemento soggettivo del tentativo

A

Dal combinato disposto degli artt. 56 e 42co2, emerge che il delitto tentato, in quanto delitto, deve essere inteso esclusivamente come DOLOSO.

Deve esserci dolo intenzionale o al più diretto[1], essendo solo queste forme compatibili concettualmente con la direzione inequivoca degli atti di tentativo

[1] Dolo diretto è sufficiente, ossia la cosciente volontà di porre in essere una condotta idonea a provocare, con certezza o alto grado di probabilità, in base alle regole di comune esperienza, la morte dell apersona verso cui la condotta stessa si dirige, non ricorrendo la necessaria finalità ad uccidere tipica del dolo intenzionale.

Va bene anche il dolo alternativo (diretto o intenzionale che sia), forma di dolo diretto nella quale l’agente agisca volendo, indifferentemente, l’evento meno grave e quello più grave.

[Esempio del lancio dei sassi dal cavalcavia pag. 515]

PERCHÉ NON SI HA DOLO EVENTUALE?
Non si ha dolo eventuale in quanto nel dolo alternativo l’indifferenza fa desumere un comportamento cosciente in spregio dei valori tutelati dall’ordinamento, nel quale l’agente si prospetta, seppur indifferente, conseguenze equivalenti che dimostra di accettare, di volere, senza che emerga una preferenza al riguardo.

Inoltre, per il dolo eventuale si richiede la dimostrazione di un fine principale perseguito, la percezione distorta di un evento-possibilità diverso da quello originariamente perseguito e l’accettazione di tale eventualità.

ACCERTAMENTO
L’esistenza del dolo può essere desunta dalla presenza di elementi sintomatici/facta concludentia oggettivi, in assenza di prove regine come la confessione. Tali fatti devono essere, per la loro non equivocità rispetto alla potenziale offesa, idonei a esprimere il fine dell’agente.

ART. 42 co2 - Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvo i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge

ART. 56 - DELITTO TENTATO
Chi compie atti idonei, diretti in modo** non equivoco** a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.

Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso(7).

Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà

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6
Q

[5] Tentativo e specifiche tipologie di delitti

Tentativo e contravvenzioni

A

Da un punto di vista strettamente giuridico, è esclusa la configurabilità del tentativo nelle contravvenzioni, per l’espressa presa di posizione formale del legislatore, che ne limita la punibilità ai soli delitti.

È una scelta di politica criminale che vuole escludere la possibilità di anticipare la soglia di punibilità rispetto a tipologie di reati come le contravvenzioni, che presentano già un esiguo disvalore complessivo del fatto.

Inoltre, derivando dai c.d. illeciti di polizia, sono forme di reati-ostacolo (di prevenzione) per i quali sarebbe inammissibile o comunque inopportuno procedere ad un’ulteriore anticipazione della soglia di punibilità

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7
Q

Quali fattispecie che strutturalmente-ontologicamente possono concepire il tentativo, vanno escluse dalla sua portata?

A

a) Nei reati colposi, perché tale criterio di imputazione soggettivo è incompatibile concettualmente col delitto tentato, in quanto non vi è non equivocità della direzione degli atti (non potendo questa prescindere dalla componente soggettiva volontaristica del dolo)
b) Nei delitti unisussistenti, poiché se si consumano con un solo atto, la loro non frazionabilità non lascia spazio alla sussistenza del tentativo
c) Nell’illecito penale preterintenzionale, dal momento che manca la volontà dii realizzare l’evento
d) Nei reati di pericolo e di attentato (o comunque a consumazione anticipata), perché si tratterebbe di ammettere il “pericolo di un pericolo”, cosa che allontanerebbe il fatto illecito da quel minimo di offensività e verificabilità processuale che sono richieste per la punibilità
e) Nei reati omissivi, specialmente in quelli propri, in quanto privi di evento naturalistico e caratterizzati dalla semplice realizzazione della condotta omissiva (gli impropri sono reati di evento, il cui iter criminis è scindibile) [Per i propri potrebbe accadere che il soggetto si metta nelle condizioni di non agire, ma è di difficile individuazione]
f) Nei reati abituali e permanenti, nei quali il protrarre la condotta senza soluzione di continuità e la reiterazione minima degli atti criminosi farebbe giungere direttamente alla consumazione, senza spazio logico-temporale per il tentativo

Non so se strutturalm-ontologic. lo concepiscono o meno (fine pag. 517)

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8
Q

[6] Il d. tentato circostanziato e il d. tentato circostanziato tentato

Il delitto tentato circostanziato e il delitto circostanziato tentato

A

Con riferimento alle circostanze applicabili alla disciplina dell’art. 56, distinguiamo tra:
- delitto tentato circostanziato, che ricorre allorché, pur dovendosi ritenere integrati gli estremi di un reato nella forma tentata, la circostanza risulta comunque perfezionata
[delitto non pervenuto alla consumazione, nella cui esecuzione siano stati integralmente posti in essere i fattori costitutivi della circostanza. Sono compatibili con il delitto tentato tutte le circostanze, aggravanti o attenuanti, escluse quelle che richiedono che sia parzialmente posta in esecuzione l’attività o quelle che richiedono la consumazione del reato. Si applicano le aggravanti e poi le attenuanti]

  • delitto circostanziato tentato, che riguarda la diversa ipotesi in cui è possibile rintracciare nel fatto concreto atti idonei e non equivocamente diretti alla realizzazione di una fattispecie di reato circostanziato, ma la circostanza non è stata realizzata (circostanza tentata)
    [Mica l’ho capito eh]

ART. 56 - DELITTO TENTATO
Chi compie atti idonei, diretti in modo** non equivoco** a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.

Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso(7).

Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà

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9
Q

Circostanza attenuante di speciale tenuità del danno nel tentativo di furto (delitto tentato circostanziato)

A

in relazione ai delitti contro il patrimonio, la giurisprudenza ha ammesso l’applicabilità anche al tentativo dell’attenuante
della speciale tenuità del danno e dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, purché sia altamente probabile che, laddove fosse stata consumata la fattispecie delittuosa, il danno cagionato sarebbe risultato economicamente irrilevante o di rilevante entità. In entrambi i casi, quindi, si utilizza una sorta di criterio di prognosi postuma.

OVVIAMENTE, SI PARLA DI DELITTO TENTATO CIRCOSTANZIATO

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10
Q

[7] La desistenza volontaria e il recesso attivo

Desistenza volontaria e recesso attivo

A

I commi 3 e 4 dell’art. 56 trattano le ipotesi in cui l’agente, mutando il proprio proposito, desiste o recede dall’azione criminosa intrapresa ed opera in modo che il delitto non si consumi.

A differenza dell’ipotesi generale del tentativo, qui non si realizza il completamento dell’iter criminis per un mutamento di volontà-risipiscenza dell’agente stesso, non per fattori esterni.

Si rinviene quindi una scelta di politica criminale volta a creare una sorta di controspinta all’azione criminosa, favorendo così ripensamenti e creando un “ponte d’oro” al reo che abbandona il suo proposito criminoso.

Comma 3: SE SI DESISTE -> impunità tranne qualora gli atti fin li compiuti costituiscano reato (e allora risponderà solamente per quelli)
[Si ha DESISTENZA nel caso in cui il soggetto interrompa l’azione criminosa prima che sia messo in atto un processo causale idoneo a sfociare nella commissione del delitto]
Il tentativo è incompiuto

Comma 4: SE SI IMPEDISCE IN CORSO D’OPERA->forte riduzione di pena
[Si ha RECESSO ATTIVO/PENTIMENTO OPEROSO laddove il soggetto, una volta compiuti tutti gli atti necessari, compia una controazione che, frustrando il decorso causale messo in moto, riesca a impedire il verificarsi dell’evento lesivo]
Il tentativo è compiuto

CRITERIO DI DISTINZIONE
Un criterio per distinguere tra le due fattispecie potrebbe essere quello della dominabilità/controllo attuale degli atti nel loro possibile sviluppo, che si ha nella desistenza ma che difetta nel recesso attivo, dove si richiede più che un interruzione un azione positiva per recuperare tale controllo.

ELEMENTO SOGGETTIVO
In entrambi i casi ci deve essere volontà della condotta, altrimenti si tratta di desistenza/recesso per fatti esterni, ricorrendo l’ipotesi al comma 1

Non deve ricorrere pentimento o meno, ma solo l’azione di fatto di interrompere o recedere attivamente.

NATURA DELLA DESISTENZA VOLONTARIA E DEL RECESSO ATTIVO
La desistenza volontaria si configura come un elemento negativo del delitto tentato, e la non punibilità si rinviene quindi in un difetto di tipicità di questo per la mancanza di offensività.

Il recesso attivo invece si configura come circostanza attenuante ad effetto speciale, soggettiva e bilanciabile

ART. 56 - DELITTO TENTATO
Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.

Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso(7).

Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà

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5
Perfectly
11
Q

Desistenza volontaria e recesso attivo nei reati omissivi impropri

A

Nei reati omissivi impropri la dottrina è concorde nel considerare configurata la desistenza volontaria qualora per evitare l’evento lesivo sia sufficiente compiere l’attività dovuta
[Madre non allatta il figlio e poi lo allatta]

Mentre per il recesso attivo, è necessaria un’ulteriore e deiversa attività, non essendo più sufficiente l’azione doverosa al fine di impedire il fatto.
[Madre non allatta il figlio ma lo sottopone alle cure mediche]

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