P1C5 La legge penale nello spazio Flashcards
Art. 3 cp
Obbligatorietà della legge penale
La legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno [1080 cod. nav.] o dal diritto internazionale.
La legge penale italiana obbliga altresì tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano all’estero, ma limitatamente ai casi stabiliti dalla legge medesima o dal diritto internazionale.
Art. 4 cp
Nozioni di Cittadino italiano e Territorio dello Stato
Agli effetti della legge penale, sono considerati cittadini italiani [i cittadini delle colonie, i sudditi coloniali], gli appartenenti per origine o per elezione ai luoghi soggetti alla sovranità dello Stato e gli apolidi residenti nel territorio dello Stato.
Agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato il territorio della Repubblica [, quello delle colonie] e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato. Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio dello Stato, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera.
[Nella nozione di territorio, viene ricompresa la terraferma, cioè il territorio metropolitano con esclusione della Rep. di San Marino dello Stato della C. del Vaticano, il mare territoriale, le sedi diplomatiche e la c.d. zona contigua]
Cos’è la zona contigua?
È uno spazio di mare che si estende per un limite massimo di 24 miglia marine dalla linea di base della costa; quindi per 12 miglia marine oltre il limite delle acque territoriali. Non tutti gli Stati la applicano.
Come sono regolati i reati nel cd. territorio mobile?
Rispetto ai reati nel cd. territorio mobile, ossia i reati commessi su navi o aeromobili civili, vale il principio della bandiera, che assoggetta i fatti commessi a bordo alla disciplina dello Stato di appartenenza, salvo coinvolgimento di interessi dello Stato territoriale.
Art. 6 cp
Reati commessi nel territorio dello Stato (Individuazione del locus commissi delicti)
Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana.
Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l’azione o l’omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l’evento che è la conseguenza dell’azione od omissione.
[Secondo comma propone un criterio più elastico, che rende la nozione di locus commissi delicti ampia in latitudine, tale da ritenere in alcune pronunce sufficiente la verificazione di un solo frammento del reato in Italia affinché venga applicata la legge penale nazionale]
QUESITO Qual è il rapporto tra la nozione di azione di cui all’art. 6 c.p. ed i requisiti oggettivi richiesti dall’art. 56 c.p. ai fini dell’integrazione degli estremi del tentativo?
«Il concetto di parte dell’azione non si identifica con la nozione di tentativo e quindi non richiede necessariamente, come è proprio di quest’ultimo istituto, la sussistenza di atti qualificati (idonei e non equivoci) richiesti nell’iter criminoso per configurare il delitto tentato; invece, in relazione al diverso criterio e alle diverse esigenze cui si informa il disposto dell’art. 6 c.p. […] è sufficiente che sia avvenuta in Italia anche una minima parte dell’azione o omissione, pur se priva dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo …» [Cass. pen., sez. N, 20 marzo 1963, confermata da Cass. pen., sez. V, 15 ottobre 2018, n. 57018].
La dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate sulla delimitazione del concetto di azioni, ricorrendo alcuni alla nozione di atti che garantiscono l’idoneità e l’univocità dell’intera condotta come limite dell’art. 6 cp. Tuttavia, tale sovrapposizione tra soglia di punibilità e soglia di qualificazione idonea a consentire l’appliciazione della legge penale non sempre è funzionale, sia da un punto di vista ontologico che da uno cronologico. Ciò non toglie la possibilità di utilizzare l’art. 56 cp come criterio generale che soccorre in caso di dubbi ermeneutici ed incertezze interpretative.
In quali casi si applica la legge italiana per reati omissivi, reati permanenti, reati abituali e reati in concorso, per la giurisprudenza?
Per i reati omissivi, si applica la legge italiana se la condotta obbligatoria quivi (in Italia) doveva tenersi.
Per i reati permanenti, si fa riferimento al minimum della condotta penalmente rilevante.
Per i reati abituali, si fa riferimento alla prima azione tipica.
Per i reati in concorso, si ha riguardo verso qualsiasi contributo rilevante, alla luce della pacifica unità del fatto di reato.
Quali articoli prevedono delle deroghe al principio di territorialità?
Art. 7 ss. cp
Art. 7 cp
L’art. 7 cp, come prima deroga del principio di territorialità, prevede una serie di reati sottoposti incondizionatamente alla disciplina della legge penale italiana, anche se commessi all’estero.
La ratio della disposizione si fonda sulla rilevanza delle oggettività giuridiche in considerazione, sicché il baricentro della tutela penale si sposta dal criterio di territorialità al cd. principio di difesa (tranne per il n.5 dell’elenco, per cui vige il principio di universalità)
Reati commessi all’estero
È punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero taluno dei seguenti reati:
1) delitti contro la personalità dello Stato italiano;
2) delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto;
3) delitti di falsità in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, o in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano;
4) delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato, abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alle loro funzioni;
5) ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana
Art. 8 cp
Delitto politico commesso all’estero
Il cittadino o lo straniero, che commette in territorio estero un delitto politico non compreso tra quelli indicati nel numero 1 dell’articolo precedente, è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia.
Se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa, occorre, oltre tale richiesta, anche la querela.
Agli effetti della legge penale, è delitto politico ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. È altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici.
[Seconda deroga al principio di territorialità; viene condizionata la punibilità alla richiesta del Ministero della giustizia, evidenziano l’esigenza avvertita dal legislatore di reprimere in maniera decisa gli illeciti a sfondo politico lesivi di interessi statuali ed istituzionali profondamente avvertiti a livello nazionale]
QUESITO È possibile una ricostruzione univoca della nozione di reato politico?
«Il concetto di delitto politico ai fini dell’estradizione non può ritenersi coincidente con quello dell’art. 8 c.p. e ciò in ragione del diverso piano di operatività nel quale lo stesso funziona nelle due distinte ipotesi (nel codice è definito in funzione repressiva, mentre nella Costituzione è chiaramente assunto a garanzia della persona umana entro i limiti in cui tale garanzia è costituzionalmente giustificabile), ciò che rende giuridicamente contrastante l’applicazione di una norma creata nel preciso intento di attuare una maggiore repressione del delitto politico, in una prospettiva esattamente inversa di limitazione del diritto punitivo dello Stato straniero» [Cass.
pen., sez. , 15 dicembre 1989].
La giurisprudenza si divide nella ricostruzione del c.d reato politico, potendosi individuare due orientamenti:
1) art. 8 cp (1930), in base al quale è politico ogni delitto che offende un interesse politico statuario o un diritto politico individuale.
2) artt. 10 e 26 Cost. (1948), in base ai quali il reato politico si ricostruisce anche in forza delle leggi internazionali, procedendosi a una interpretatio abrogans dell’art. 8 cp., che prevede un’anacronistica nozione ferma. Tuttavia, le norme internazionali ad oggi non prevedono una nozione di reato politico, e sarebbe in capo al giudice l’onere di ricostruire casisticamente quando estendere o venir meno al divieto di estradizione.
Caso Battisti
Artt. 9 e 10 cp
Art. 9: Delitto comune del cittadino all’estero
-> Princ. di personalità attiva: (ad ogni autore di reato si applica la legge dello Stato cui egli appartiene)
Art. 10: Delitto comune dello straniero all’estero
-> Principio di difesa dello Stato in se
Tali articoli contengono la disciplina dei reati comuni commessi all’estero, prevedendo alcune condizioni cui viene subordinata la punibilità dell’agente.
Nell’applicazione degli artt. 9 e 10 cp, bisogna accertare la doppia incriminazione?
Si è rilevato che il prescindere dalla verifica della doppia incriminazione eluderebbe sia il rispetto del principio di legalità, inteso in senso sostanziale, che quello di personalità della responsabilità penale
Art. 11 cp
Rinnovamento del giudizio
Nel caso indicato nell’articolo 6, il cittadino o lo straniero è giudicato nello Stato, anche se sia stato giudicato all’estero.
[rinnovamento automatico, se reato commesso in Italia]
Nei casi indicati negli articoli 7, 8, 9 e 10, il cittadino o lo straniero, che sia stato giudicato all’estero, è giudicato nuovamente nello Stato, qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta.
[rinnovamento condizionato, se reato comemsso all’estero]
[È esaltata la supremazia del giudizio interno rispetto a qualsiasi altro emessa da organi giursdizionali stranieri]
Tale principio, che violerebbe il ne bis in idem, non lo fa in UE grazie all’art. 50 della Carta di Nizza, che lo rende operativo.
QUESITO Può l’istituto del rinnovamento del giudizio ritenersi in contrasto con il divieto di doppia punibilità di carattere internazionale?
«Un processo celebrato nei confronti di cittadino straniero in uno Stato con cui non vigono accordi idonei a derogare alla disciplina dell’art. 11 cp. non preclude la rinnovazione del giudizio in Italia per gli stessi fatti, non essendo il principio del ne bis in idem principio generale del diritto internazionale, come tale applicabile nell’ordinamento interno» [Cass. pen., sez. , 5 maggio 2013, n. 20464].
Non vige il ne bis in idem a livello internazionale.