P2C1 Sistematica e oggetto della struttura del reato Flashcards
Quali teorie si muovono all’interno dell’analisi della struttura del reato?
Nell’ambito della teoria del reato (analisi della struttura del reato), conosciamo tre concezioni:
- C. unitaria: non è possibile distinguere elementi nel reato, si tratta di un tutto inscindibile
- C. bipartita: teoria adottata dalla scuola penalistica italiana, fondata su un approccio naturalistico di contrapposizione oggettivo-soggettivo / materiale-psicologico.
- C. tripartita: di stampo tedesco, fondata su un approccio normativo e che si incentra sugli elementi della tipicità, dell’antigiuridicità e della colpevolezza
Riconosciamo anche una quarta concezione (C. quadripartita) che si differenzia dalla tripartita solo per l’aggiunta dell’elemento della punibilità.
Come scompone il reato la concezione bipartita del reato?
La concezione bipartita del reato scompone il reato in:
- elemento oggettivo (e vi rientrano il fatto al completo di: condotta, eventuali suoi presupposti e modalità, evento finale o intermedio, nesso causale, assenza di scriminanti)
- elemento soggettivo (colpevolezza nelle forme del dolo, della colpa, della preterintenzione e presupposto dell’imputabilità)
Come scompone il reato la concezione tripartita del reato?
La concezione tripartita del reato scompone il reato in:
1) tipicità (include il fatto al netto delle scriminanti ma arricchito di elementi soggettivi)
2) antigiuridicità (mancanza di cause di giustificazione)
3) colpevolezza (colpevolezza nelle forme del dolo, della colpa, della preterintenzione e presupposto dell’imputabilità)
Profili distintivi e analogici tra concezione bipartita e tripartita
1) Il diverso considerare (o meno) la descrizione del fatto di reato come espressiva per se di un giudizio di disvalore da parte dell’ordinamento nel suo complesso. [Rivedi assolutamente, a pag. 188 - fatto non costituisce reato vs. fatto non sussiste]
2) Rispetto alla colpevolezza, nella bipartita è intesa nella sua dimensione essenzialmente psicologica (dolo, colpa), mentre nella tripartita assume un’accezione normativa, in termini di rimproverabilità (parametri più ampi, come il principio di inesigibilità)
3) Rispetto all’*offensività**, in entrambe le teorie è ricompresa nell’ambito della tipicità-illiceità del fatto
Qual’è la teoria più accreditata nell’ordinamento penale vigente?
La teoria tripartita, in forza anche dell’evoluzione storica del finalismo giuridico: si tende a ricostruire la condotta umana non solo come azione causale, ovvero produttiva di modificazioni del mondo esteriore, ma anche come processo della vita sociale, tendente a uno scopo.
FINALISMO GIURIDICO da ChatGPT
Il finalismo giuridico è una teoria o un approccio nel campo del diritto che pone particolare enfasi sugli obiettivi, gli scopi o i fini delle leggi e delle normative. Secondo questa prospettiva, l’interpretazione e l’applicazione delle leggi dovrebbero essere guidate principalmente dagli obiettivi e dai risultati che le leggi intendono raggiungere, piuttosto che limitarsi al significato letterale o formale del testo legislativo.
Nel finalismo giuridico, si considera che le norme e le leggi non siano fine a se stesse, ma strumenti per raggiungere determinati obiettivi sociali, economici, politici o morali. Di conseguenza, i giuristi e i giudici che aderiscono a questa corrente possono interpretare le leggi in modo più flessibile, cercando di adattarle ai cambiamenti sociali e alle esigenze attuali, pur rimanendo nei limiti delle intenzioni originarie del legislatore.
Come si distinguono fatto doloso e fatto colposo in una concezione funzionale della colpevolezza?
Il fatto doloso è caratterizzato da un effettivo controllo del soggetto sull’intero decorso causale e sin dal suo inizio, essendo il movimento corporeo da subito rispondente ad una precisa organizzazione motoria consapevole e volontaria, finalizzata al perseguimento di un certo scopo.
Si differenzia dal fatto colposo, nel quale, ferma restando la coscienza e volontà dell’azione o dell’omissione, si registra una situazione di mera controllabilità, intesa quale possibilità di incidere concretamente sull’iter eziologico, potenzialità che, se mal governata, attraverso una disorganizzazione del proprio contegno, possa produrre, una volta violate regole precauzionali, un risultato disvoluto dalla legge.
Cos’è il principio di materialità?
Nella sistematica del reato trova un ruolo cardine il principio di materialità, fondato nell’art. 25 cpv. Cost.
“Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.”
Con questo passaggio, la Costituzione impone al legislatore di incriminare solo i comportamenti umani materialmente percepibili, che avvengono nel mondo esterno delle relazioni intersoggettive.
Pertanto, si esclude che possano considerarsi reato meria atteggiamenti interiori (pensieri, sentimenti) o status soggettivi non ricollegati alla commissione di un fatto materiale.
cogitationis poenam nemo patitur
nessuno può subire una pena per i suoi pensieri
Principio di materialità e art. 115 cp
Art. 115 CP
Salvo che la legge disponga altrimenti, qualora due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse è punibile per il solo fatto dell’accordo.
Questa norma funziona da norma di sbarramento rispetto alla possibilità di incriminare la nuda cogitatio (= pensiero)
Principio di materialità e art. 56 cp
Art. 56 CP
Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica.
Il nostro ordinamento non punisce la “volontà cattiva” di per se, e la prova è nell’art. 56 dove, per punire il “tentativo” è necessaria comunque la presenza di un quid rilevante sul piano materiale.
Cosa sono i reati di sospetto?
Nell’ottica del principio di materialità, di dubbia costituzionalità sono i c.d. reati di sospetto, con i quali si incrimina il mero possesso di una cosa muovendo dal sospetto che possa servire a commettere un reato.
Ad esempio, l’art. 707 CP punisce il possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli da parte di chi è stato già condannato per delitti determinati da motivi di lucro.
A ben vedere, infatti, non si tratta di una condotta oggettivamente apprezzabile, ma di meri stati soggettivi che si fondando sulla sospetta pericolosità di chi riveste determinate condizioni.
Quali altre categorie di reati, oltre i reati di sospetto, sono di difficile congruità con il principio di materialità?
I reati senza azione, che fondano la punibilità su meri stati soggettivi dell’autore (status di immigrato clandestino; 688: ubriachezza manifesta …)
I reati di opinione
Gli hate crimes
Perché i reati omissivi non si pongono in contrasto con il principio di materialità?
Perché le condotte omissive rilevano come reati solo laddove sussista un obbligo NORMATIVO di attivarsi (593: omissione di soccorso; obbligo di protezione dei genitori verso i figli).
L’omissione, quindi, non va colta sul piano naturalistico - dove non si distinguerebbe dalla mera inerzia - ma su un piano normativo, ossia come mancata realizzazione di una condotta imposta normativamente.
Principio di necessaria offensività
Per il principio di necessaria offensività, possono costituire reato solo i fatti che offendono un interesse giuridico meritevole di protezione
nullum crimen sine iniura
non c’è reato senza offesa
Anche qui, come per il principio di materialità, si riafferma il diritto penale del fatto in luogo del diritto penale d’autore: si garantisce al cittadino di non essere punito per una mera disobbedienza o pericolosità sociale (come avveniva in modo liberticida nei sistemi totalitari)
Da un’interpretazione combinata dell’art. 13 e art. 25, è possibile concludere che il fatto commesso, per essere rilevante penalmente, deve anche ledere un bene/interesse giuridicamente tutelato.
Quale duplice funzione attribuisce la Corte Cost. al principio di offensività?
Da un lato, la funzione di precetto che impegna il legislatore a “prevedere fattispecie che esprimano in astratto un contenuto lesivo, o comunque la messa in pericolo, di un bene o interesse oggetto della tutela penale” (Offensività in astratto)
D’altro lato, sul piano dell’applicazione giurisprudenziale, la funzione di “criterio interpretativo-applicativo affidato al giudice, tenuto ad accertare che il fatto di reato abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene o l’interesse tutelato” (Offensività in concreto)
Esempi di applicazione del principio di offensività
Con riferimento ai delitti contro l’amministrazione della giustizia
-> simulazione di reato non è penalmente rilevante se il fatto denunciato appare dal principio del tutto inverosimile
o ai delitti di falso
-> è esclusa la punibilità del falso “grossolano” (cosi evidente da essere inidoneo a ingannare) e del falso innocuo (che cade su circostanze ininfluenti, prive di valenza probatoria)