Sociologia dei new media - Cap. 2 Flashcards
In cosa consiste la comunicazione mediata dal computer?
La CMC è un tipo di comunicazione nella quale più individui interagiscono grazie alla mediazione del computer (utente - computer - utente/i). La CMC può essere divisa in sincrona (come una chat, una videochiamata o i MUD - Multi Users Domain) o asincrona (come la posta elettronica, i blog o i social network).
Quali sono le caratteristiche dei primi studi sulla CMC?
I primi studi sono incentrati sull’analisi delle potenzialità in termini di efficienza organizzativa, in quanto le prime tecnologie avevano preso il via in aziende e università. A questo filone appartiene il System Rationalism, che ha prodotto per lo più indagini di laboratorio. A questo succederà il Reduced Social Cues, orientamento “pessimista” verso la CMC, vista come interazione povera a livello comunicativo. Prima SIDE (social identity deindividuation theory) e poi SIP (Social information processing perspective) superano definitivamente questa visione, promuovendo anzi modelli “iperpersonali”.
Cosa si intende per “deindividuazione”? E per equalization effect?
Nella prospettiva RSC, la deindividuazione è il fenomeno per il quale la CMC comporta negli interagenti una minore inibizione sociale, una maggiore libertà, dettata dall’anonimato e dalla non presenza fisica, a cui consegue l’aumento della probabilità del “flaming”, ovvero di un utilizzo più sostenuto di modalità interattive forti e sgarbate rispetto alle relazione faccia a faccia.
L’equalization effect è invece il fenomeno per cui si osserva una maggiore partecipazione sociale in funzione della ridotta salienza di segnali sociali come indicatori di status o gerarchia.
In che senso Turkle è considerata una internet enthusiast? E oggi?
Nel senso che nel suo primo lavoro sulle comunità in rete (Life on the screen, 1995), in particolare MUD, conclude che questo tipo di relazioni sociali online possano essere considerati come opportunità di sviluppo di identità, e non solo prigioni, come “spazio di crescita” in cui si può sperimentare e conoscere meglio se stessi (offline).
Questa visione così “entusiasta” scompare però negli ultimi suoi lavori (“Alone together”), in cui la studiosa si preoccupa di comprendere quali possano essere i risvolti a livello identitario e comportamentale, in particolare per giovani e adolescenti, indotti dal web 2.0, più pervasivo e ubiquo di quello da lei studiato negli anni ‘90.
Cos’è la network society per van Dijk? E per Castells?
La distinzione più importante delle due visioni di questi autori sulla network society sta nell’estensione e diffusione della struttura a rete nelle società stesse. Van Dijk infatti ridimensiona il ruolo delle reti sociali e dei media, sottolineando come siano le modalità di organizzazione delle relazioni predominanti, ma non uniche. In buona sostanza, una network society è una società in cui centrale è il concetto di rete, intesa come sistema flessibile a disposizione “orizzontale” e decentrata. Le nuove tecnologie hanno ovviamente il ruolo di permettere e promuovere questo tipo di relazioni.
Cos’è il networked individualism?
E’ un costrutto della teorizzazione di van Dijk, che rappresenta bene la costante dialettica riscontrata dall’autore nella network society: tendenza all’interazione, all’aumento delle comunicazioni di massa e dell’impatto dei mass media e contemporaneamente un rimpicciolimento degli ambienti di lavoro e di vita.
Quali sono gli elementi principali della cultura convergente?
E’ un concetto che nasce dalla fusione della “convergenza” mediatica, intesa come la tendenza a muoversi verso un unico punto (cooperazione) fra più settori dell’industria dell’intrattenimento e i consumatori dell’intrattenimento stesso, e la cultura partecipativa, in cui possono emergere nuovi ruoli nell’industria culturale, ibridi fra produttori e consumatori.
In questo senso, cultura convergente è intesa come coesistenza fra una diffusione della cultura top-down e bottom-up
Qual è l’apporto di Sonia Livingstone al dibattito su giovani e rete?
Innanzitutto fornisce una grande quantità di dati empirici, sia qualitativi che quantitativi, grazie a programmi come EU Kids Online. Inoltre, l’analisi critica di tali dati ha permesso di ridimensionare alcune considerazioni date per scontate riguardo i giovani e la rete, come il concetto di nativi digitali automaticamente competenti a livello informatico. Ancora più oltre, questo tipo di lavoro analitico permette alla studiosa di porsi non nella condizione di giudizio (pessimista-ottimista) ma di comprensione del fenomeno e delle possibilità di gestione dello stesso.
Quali sono le principali critiche mosse al web?
Aldilà delle critiche che si fermano ad un livello giornalistico-provocatorio (critiche cognitive, secondo cui il web modifica i processi mentali, o sulla “ingenuità della rete”, per cui si sottovalutano le influenza delle corporazioni americane), Geert Lovink propone una visione quanto più critica possibile del web, con l’intento di permettere l’aprirsi di nuove definizioni e pratiche.
Tra le critiche mosse da questo autore si sottolineano quelle alla “gratuità” dei contenuti, sistema che promuove uno “sfruttamento” degli utenti coi fini di raccolta dati. L’autore consiglia lo sviluppo di una cultura che “aiuti il dilettante a diventare professionista”, non che celebri il dilettante come valore. Introduce il concetto di “saturazione delle informazioni”, secondo cui gli utenti sono sempre pressati dalla macchina a produrre contenuti e condividerli, generando una “leggera narcosi della condizione di rete”. Una soluzione possono essere gli Organized Network, in cui gli individui si organizzano intorno a uno scopo comune e con legami forti.
Critica inoltre l’insufficienza della preparazione delle scienze sociali al fine di comprendere l’effettivo impatto del web 2.0. Quello di Lovink è un net criticism propositivo.