Parti e Servizi Comuni Flashcards

1
Q

Parti e servizi comuni

A
  • Parti e servizi comuni, rappresentano l’oggetto del diritto di condominio.
  • Essi rappresentano le cose attraverso le quali è possibile godere o è possibile godere al meglio delle unità immobiliari di proprietà esclusiva.
  • L’art. 1117 del codice civile contiene una elencazione dei beni e dei servizi che devono essere considerati
    comuni a tutti i condòmini (o ad un gruppo di essi, si veda Voce, Condominio parziale).
  • L’elencazione codicistica è meramente esemplificativa dei beni da ritenersi comuni. In altre parole possono considerarsi condominiali anche altri beni che, nonostante la non inclusione in questo elenco, svolgono una funzione accessoria e funzionale al godimento delle unità immobiliari di proprietà esclusiva salvo non vengano riportati come proprietà esclusiva in atti di vendita o nei regolamenti.
  • Dell’uno e dell’altro caso fanno parte, rispettivamente, il suolo (la parte di terreno su cui sorge l’edificio riportato nel 1117) ed il sottosuolo (la parte sottostante il suolo non risportato nel 1117)
  • L’art. 1117 c.c. definisce nel dettaglio le parti comuni dell’edificio, stabilendo ad esempio che le condutture e gli impianti devono essere considerati comuni sino al punto di diramazione ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini.
  • Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni indicate è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti.
  • Il condomino non può sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione, neanche rinunciando al proprio diritto su tali parti comuni.
  • Le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino.
  • I condomini possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni, mentre non possono apportare innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.
  • In caso di innovazioni alla cosa comune, i condomini che non intendono trarne vantaggio sono esonerati da qualsiasi contributo nella spesa. Nel caso in cui non sia possibile separare l’utilizzazione, se tali condomini si oppongono, l’innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l’ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa.
  • I condomini non possono eseguire opere nel piano o porzione di piano di sua proprietà che rechino danno alle parti comuni dell’edificio.
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2
Q

Presunzione di condominialità (parti e servizi comuni)

A
  • Per presunzione di condominilità si intende che i beni sono comuni a meno che non risultino di proprietà esclusiva in base a un titolo che può essere costituito o dal egolamento contrattuale o dal complesso degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari o anche dall’usucapione.
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3
Q

Uso delle cose comuni (parti e servizi comuni)

A
  • L’uso delle cose comuni rappresenta la possibilità per i condòmini di trarre dalle parti comuni dell’edificio il maggior vantaggio in ragione della loro funzione, che è quella di consentire il godimento (o il miglior godimento) delle parti comuni.
  • Ciò deve avvenire in ossequio ai limiti dettati dall’art. 1102, primo comma, c.c. che recita: “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può
    apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa”.
  • La norma è dettata in materia di comunione, ma è applicabile anche al condominio degli edifici in ragione del rimando contenuto nell’art. 1139 c.c.
    La giurisprudenza ha dato un significato concreto a questa affermazione di principio
    specificando che “il partecipante alla comunione può usare della cosa comune per un suo
    fine particolare, con la conseguente possibilità di ritrarre dal bene una utilità specifica
    aggiuntiva rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri, con il limite di non alterare
    la consistenza e la destinazione di esso, o di non impedire l’altrui pari uso. La nozione di
    pari uso della cosa comune cui fa riferimento l’art. 1102 c.c. non va intesa nel senso di uso
    identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla
    comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione
    che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati
    al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi
    di tutti i partecipanti alla comunione” (così, ex multis, Cass. 5 ottobre 2009, n. 21256).
    Per quanto concreta possa essere questa chiarificazione, è evidente che la stessa necessiti
    sempre di un’applicazione fattiva, da eseguirsi caso per caso. Così, ad esempio, è stato
    considerata illegittima l’installazione di una caldaia nel vano scale condominiale (si veda
    Cass. 21 settembre 2011 n. 19205), mentre è solitamente considerato lecito apporre
    vasi ed altri elementi ornamentali sui pianerottoli comuni.
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4
Q

Abbaino*

A
  • L’abbaino è una sopraelevazione del tetto finalizzata all’apertura di una finestra che
    serve a dare luce ed aria al locale sottotetto che vi corrisponde.
  • In quanto modificazione che inerisce il tetto, esso dev’essere considerato una parte di proprietà comune e più nello specifico una modificazione della parte di proprietà comune che finalizzata al miglior godimento di una parte di proprietà esclusiva (si veda
    Voce, uso delle cose comuni).
  • La finestra inserita nell’abbaino dev’essere considerata di esclusiva proprietà del proprietario dell’unità immobiliare che ne beneficia: di conseguenza, se la finestra
    serve a dare luce ed aria ad un sottotetto di proprietà comune, anche la finestra sarà
    condominiale.
  • La realizzazione dell’abbaino può andare incontro a contestazioni in quanto opera modificativa del decoro architettonico dell’edificio (si veda Voce, Decoro architettonico).
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5
Q

Albero*

A
  • L’albero, In quanto piantumato nelle parti comuni (es. giardino, aiuola) l’dev’essere considerato bene condominiale, sicché alla decisione della sua espiantazione o abbattimento si può addivenire solamente con il consenso di tutti i condòmini (Corte
    d’Appello di Roma, 6 febbraio 2008 n. 478), trattandosi di una distruzione della cosa comune.
  • Salvo il caso di necessario abbattimento per i casi d’urgenza (es. pericolo crolli e danni).
  • Quanto all’unanimità, tuttavia, la sua indispensabilità dev’essere valutata anche in relazione al contesto in cui l’abbattimento è deciso (es. esecuzione di un’innovazione volta alla eliminazione delle barriere architettoniche, si veda Voce, Innovazioni) e sempre nell’osservanza dei regolamenti locali e delle normative concernenti la tutela dell’ambiente e del paesaggio, nonché degli eventuali vincoli imposti, ad esempio, con
    la concessione edilizia.
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6
Q

Alloggio del portiere*

A
  • Unità immobiliare (si veda voce, Unità immobiliare) destinata a soddisfare le esigenze abitative della persona assunta dal condominio per l’espletamento dei compiti di guardiania e/o pulizia delle parti comuni dell’edificio.
  • L’alloggio del portiere è specificamente indicato dall’art. 1117 c.c. quale parte comune, ma nulla vieta che lo stesso possa essere di proprietà esclusiva con un vincolo di destinazione d’uso in tal senso.
  • Nel caso di proprietà condominiale, la vendita a terzi o ad un condomino deve avvenire con il consenso di tutti i condòmini, mentre nel caso di locazione nell’ipotesi di soppressione del servizio di portierato) l’unanimità è necessaria solamente se ha durata ultra novennale (cfr. art. 1108 c.c.); negli altri casi è sufficiente la decisione a maggioranza assoluta.
  • Il portiere come comodatario (accordo di comodato gratuito dell’alloggio) non è tenuto a pagare alcun onere condominiale salvo accordo contrattuale diverso.
  • Per quanto riguarda i consumi delle utenze il gas è a carico del condominio, luce e acqua grosso modo ugale (anche se sono previsti fino a 40 kw di corrente e 120 m3 di acqua comprensivi)
  • Tari (imposta sui rifiuti) e canone rai invece sono a carico del portiere
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7
Q

Altana*

A

L’altana “costituisce un manufatto particolare tipico, soprattutto (ma non solo), della
città di Venezia (e la controversia in esame è riferita proprio ad una costruzione di questo
genere sita nel capoluogo Veneto). L’altana (chiamata anche “belvedere”) è, in sostanza,
una piattaforma o loggetta realizzata (di regola in legno, con sua relativa precarietà) nella
parte più elevata di un edificio (ed alla quale si accede, in genere, dall’abbaino, altro tipico
elemento dell’architettura veneziana), che, in alcuni casi, può anche sostituire il tetto e che,
a differenza delle terrazze e dei balconi, non sporge, di norma, rispetto al corpo principale
dell’edificio di pertinenza” (Cass. 28 febbraio 2013 n. 5039).
In quanto funzionale al miglior godimento delle parti comuni o comunque avente
accesso da esse, dev’essere considerata parte di proprietà comune anche l’antana.
Tale condominialità sussiste anche qualora la sua realizzazione sia stata deliberata
successivamente alla nascita del condominio.

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8
Q

Andito*

A
  • L’andito è un corridoio o comunque un passaggio secondario presente negli edifici.
  • Può essere utile, per rappresentarlo anche visivamente, guardare alla individuazione
    dell’andito opera dalla giurisprudenza.
    “La struttura costituita dal soffitto e dalla soletta che orizzontalmente divide in piani separati il corridoio d’accesso ai boxes condominiali e la sovrastante costruzione, si caratterizza come un vero e proprio elemento murario costitutivo di tale corridoio il quale, per la sua struttura chiusa, integra la figura del c.d. andito che è espressamente previsto fra le cose comuni dall’art. 1117 c.c.” (Pret. di Monza 29 luglio 1992).
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9
Q

Androne*

A
  • L’androne è quel luogo di passaggio interposto tra il portone dell’edificio e le scale
    condominiali e che ha la funzione di mettere in collegamento la pubblica via con le
    scale condominiali, i locali della portineria ed in generale con le altre parti dell’edificio.
  • Quanto alle modalità d’uso di questa parte dell’edificio, è stato affermato che “la destinazione dell’androne a sosta veicolare temporanea e occasionale, nei limiti idonei a salvaguardare la funzione di passaggio anche veicolare per l’accesso alle proprietà individuali può essere considerata accessoria all’utilizzazione dello stesso per il transito” (Cass. 7 maggio 2008 n. 11204).
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10
Q

Antenna*

A
  • Parte terminale di un impianto atto alla ricezione del segnale radio-televisivo che può
    avere differenti forme, ad esempio ad asta o parabolica, anche in relazione al segnale da
    recepire. In quanto parte dell’impianto radio-televisivo condominiale l’antenna è parte
    comune a tutti i proprietari delle unità immobiliari collegate all’impianto o comunque
    predisposte per tale collegamento. L’impianto di antenna dev’essere installato e
    manutenuto secondo le indicazioni contenute nel decreto ministeriale n. 37 del 2008.
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11
Q

Ascensore*

A
  • L’ascensore è un impianto comune ai sensi dell’art. 1117 c.c. ed è definito, in generale (cioè al di là della sua presenza in condominio) dall’art. 2, primo comma, d.p.r. n. 162 del 1999 in cui è definito come “un apparecchio di sollevamento che collega piani definiti, mediante un supporto del carico e che si sposta lungo guide rigide e la cui inclinazione sull’orizzontale è superiore a 15 gradi, destinato al trasporto:

1) di persone,
2) di persone e cose,
3) soltanto di cose, se il supporto del carico é accessibile, ossia se una persona può entrarvi senza difficoltà, ed è munito di comandi situati all’interno del supporto del carico o a portata di una persona all’interno del supporto del carico”.

  • L’appena citato decreto n. 162/99 Direttiva 2014/33/UE contiene anche tutte le prescrizioni afferenti alle caratteristiche dell’impianto, i soggetti autorizzati ad installarli/manutenerli, nonché le prescrizioni in tal senso previste in capo ai proprietari degli ascensori e/o dei loro legali rappresentanti, ivi compresi gli amministratori condominiali.
  • Per quanto riguarda le spese occorre distinguere se l’ascensore è stato installato coevo alla realizzazione dell’immobile o successivamente.
  • Nel primo caso l’ascensore è di proprietà comune a tutti i condomini e quindi le spese di manutenzione devono essere ripartite secondo l’art. 1124 (50% su tutti e 50% in proporzione al piano).
  • Se occorre sostituire completamente l’impianto ascensore non rientra nelle innovazioni in quanto non cambia la destinazione d’uso.
  • Nel secondo caso, in cui cioè l’impianto venga realizzato successivamente alla realizzazione dell’immobile (maggioranza intervenuti + 2/3 del valore, oppure se rientra nella finalità di abbattimento delle barriere architettoniche), sempre se non reca danno alla proprietà individuale anche di un solo condomino (rischio di annulabilità della delibera), allora la proprietà può essere di tutti (qualora si abbia avuta l’unanimità) o solo di quei condomini che ne abbiano voluto la realizzazione. In questo caso tutte le spese verranno ripartite solo tra i condomini risultanti proprietari.
  • Le uniche spese che possono essere ripartite tra tutti i condomini in funzione dei millesimi di proprietà sono quelle delle verifiche tecniche che esulano dall’uso della cosa.
  • In qualsiasi momento, un precedente condomino che fosse stato dissenziente in occasione della delibera della realizzazione, può decidere di diventare proprietario a fronte del pagamento della quota originaria per la realizzazione e di tutte quelle legate alla manutenzione ordinaria e straordinaria fino a quel momento sostenute riadattando le quote al valore attuale del bene.
  • L’amministratore ha responsabilità civile e penale nell’ambito del rispetto delle norme legate alla gestione e manutenzione degli impianti comuni.
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12
Q

Atrio d’ingresso*

A

In ambito condominiale l’atrio è considerabile alla stessa stregua dell’androne, al quale
si rimanda per una definizione completa di caratteristiche e modalità d’uso.

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13
Q

Autoclave*

A
  • L’autoclave, altrimenti nota come impianto di sollevamento dell’acqua, è quel dispositivo che consente il sollevamento dell’acqua al fine di consentirne la normale erogazione nelle unità immobiliari di proprietà esclusiva.
  • In sostanza l’autoclave consente di aumentare la pressione nelle tubature condominiali e quindi di far giungere l’acqua nelle abitazioni ad un livello di pressione utile per il normale utilizzo.
  • L’impianto di autoclave è composto:
    a) da un serbatoio di accumulo;
    b) da una pompa elettrica che consente la spinta dell’acqua a pressione maggiore di
    quella normalmente presente;
    c) da un contenitore a pressione;
    d) da un interruttore detto pressostato.
  • L’autoclave, facendo parte dell’impianto idrico, è da considerarsi di proprietà comune e tutte le spese connesse devono essere ripartire secondo la prorietà millesimale.
  • Qualora i condomini dei piani bassi si rifiutino di partecipare alle spese è bene sapere che non si tratta di innovazione (in quanto non cambia la destinazione d’uso dell’impianto idrico) e quindi sono obbligati a contribuire alle spese di installazione e manutenzione anche se non ne beneficiano.
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14
Q

Autorimessa*

A
  • L’autorimessa è quello spazio coperto o scoperto destinato alla sosta di autoveicoli.
  • In ambito condominiale l’autorimessa può essere:
    a) interrata;
    b) adiacente all’edificio.
  • Nell’autorimessa possono essere presenti dei boxes (si veda Voce, Box) o dei semplici
    posti auto: nel primo caso i così detti boxes sono quasi sempre di proprietà esclusiva (salvo diversa indicazione degli atti d’acquisto), nel caso di posti auto è possibile che gli
    stessi siano semplicemente utilizzati dai condòmini, ma non mancano ipotesi di posti
    auto oggetto di esclusiva proprietà.
  • Gli spazi che servono all’utilizzazione dei boxes e/o dei posti auto sono detti spazi di manovra.
  • Ai fini della regolamentazione antincendio, l’autorimessa è definita come “area coperta destinata esclusivamente al ricovero, alla sosta e alla manovra degli autoveicoli con i servizi annessi. Non sono considerate autorimesse le tettoie aperte almeno su due lati” (Punto 0 d.m. 1 febbraio 1986).
  • La dimensione dell’autorimessa incide sugli adempimenti amministrativi concernenti la normativa di prevenzione incendi. Le autorimesse devono avere sempre le caratteristiche costruttive previste dalle norme riguardanti la suddetta prevenzione incendi, ma la loro attività (cioè il loro utilizzo) è soggetta a differenti adempimenti in relazione alla categoria di appartenenza.
  • Fino a 300 m2 non è richiesto alcun adempimento.
  • Da 300 a 1000 m2 è sufficiente una Scia (si veda Voce, Scia) da parte dell’esercente l’attività (nel condominio l’amministratore) che attesti l’esistenza dei requisiti di legge.
  • Da 1000 a 3000 m2 è necessaria una Scia corredata da un’asseverazione di un tecnico abilitato che certifichi l’esistenza dei requisiti di legge.
  • Sopra i 3000 m2 è necessario attivare la procedura che porta al rilascio del certificato
    di prevenzione incendi (si veda Voce, CPI). La normativa di riferimento rispetto al
    procedimento amministrativo riguardante il CPI e/o la Scia è contenuta nel d.p.r. n.
    151/2011.
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15
Q

Balcone*

A
  • Prolungamento di un’unità immobiliare che consente l’affaccio verso l’esterno. Il balcone si compone di una parte orizzontale, detta anche piano di calpestio, e di una
    parte verticale, altrimenti nota come balaustra o ringhiera anche a seconda del materiale utilizzato. Il piano di calpestio può rappresentare un unicum con il solaio del piano, oppure consistere in una struttura agganciata al piano di riferimento, ma distinta dal solaio medesimo. Sebbene esistano numerose tipologie di balcone, in termini generali e catalogatori si è soliti distinguere tra balconi aggettanti e balconi incassati che
    rappresentano le due macro categorie tipiche rispetto a questo manufatto.
  • Il balcone, solitamente, è pertinenza di un’unità immobiliare di proprietà esclusiva (salva la proprietà comune di alcune sue parti in relazione alla sua struttura), ma può anche essere interamente condominiale, laddove posto a servizio di parti comuni dell’edificio.
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16
Q

Balcone aggettante*

A
  • I balconi aggettanti, come dice la stessa parola, sono quei balconi che sporgono
    (aggettano per l’appunto) rispetto alla facciata dell’edificio.
  • Come ha specificato la Corte di Cassazione, i balconi aggettanti “sono del tutto autonomi rispetto agli altri piani, in quanto possono sussistere indipendentemente dall’esistenza di altri balconi nel piano sottostante o sovrastante”.
  • Rispetto alla proprietà degli elementi che compongono il balcone aggettante, ormai da anni la Suprema Corte di Cassazione è orientata nell’affermare che “soltanto i rivestimentie gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore si debbono considerare beni comuni a tutti, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole (v., da ultimo, Cass. 23 settembre 2003 n. 14076) (così Cass. 30 luglio 2004, n. 14576).
  • Le altre spese di manutenzione e riparazione sono a cura del proprietario esclusivo.
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17
Q

Balcone incassato*

A
  • I balconi incassati, afferma la Cassazione, “possono essere considerati alla stessa stregua dei solai, che peraltro appartengono in proprietà (superficiaria) ai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastante e le cui spese sono sostenute da ciascuno di essi in ragione della metà (art. 1125 cod. civ.).
  • Per la verità, è possibile applicare, mediante la interpretazione estensiva, la disciplina stabilita dalla citata norma di cui all’art. 1125 all’ipotesi non contemplata dei balconi soltanto quando esiste la stessa ratio. Orbene, la ratio consiste nella funzione, vale a dire nel fatto che il balcone - come il soffitto, la volta ed il solaio - funga, contemporaneamente, da sostegno del piano superiore e da copertura del piano inferiore” (Cass. 21 gennaio 2000 n. 637).

In relazione al balcone incassato dunque:

a) il piano di calpestio è equiparabile al solaio, con conseguente applicazione di criteri di ripartizione delle spese previsti dall’art. 1125 c.c.;

b) la parte frontale, salvo particolare conformazione, è equiparabile alla facciata (sovente costituendone parte integrante) e quindi soggetta alle regole previste per
la facciata (si veda Voce, Facciata).
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18
Q

Barriere architettoniche*

A
  • “Per barriere architettoniche si intendono:
    a) gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;
    b) gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o servizi;
    c) la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi”.
  • Viene definita barriera architettonica qualunque elemento costruttivo che impedisca, limiti o renda difficoltosi gli spostamenti o la fruizione di servizi (specialmente per le persone con limitata capacità motoria o sensoriale, cioè portatrici di handicap)
  • la prima legge che affronta la problematica è stata la 118/71 che definiva che:
    a) le nuove costruzioni di edifici pubblici (compresi quelli scolastici, prescolastici, e di interesse sociale) debbono essere senza barriere architettoniche
    b) in nessun luogo pubblico o aperto al pubblico può essere vietato l’accesso ai disabili

c) in tutti i luoghi di nuova costruzione dove si svolgono manifestazioni o spettacoli pubblici, si debbono prevedere e riservare posti per disabili
non deambulanti

d) gli alloggi dell’edilizia economica e popolare, siti nei piani terreni, dovranno essere assegnati per precedenza agli invalidi che hanno difficoltà
di deambulazione, qualora ne facciano richiesta.

  • con la legge di 7 anni dopo la 384/78 si entra nel dettaglio tecnico ma la definitiva normativa che disciplina l’accessibilità e l’abbattimento delle barriere architettoniche è la Legge 13/89 del 9 gennaio 1989 che indicata in base ai seguenti contesti:
  • agli edifici privati di nuova costruzione;
  • agli edifici di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata, di nuova costruzione;
  • alla ristrutturazione degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata;
  • agli spazi esterni di pertinenza degli edifici di cui ai punti precedenti.
    se vengono rispettati i 3 criteri fondamentali quali:
  • accessibilità
  • visitabilità
  • adattabilità
  • Le opere possono essere in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi salvo non ci siano interposti aree di proprietà privata o di uso comune
  • Per le opere direttamente finalizzate al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche si può usufruire di contributi a fondo perduto, alle condizioni previste dall’art. 9 della legge, il cui terzo comma precisa che il beneficio spetta anche ai condomini dell’edificio in cui risiede il portatore di handicap.
  • Sia in prima che in seconda convocazione per la delibera è necessaria una maggioranza assoluta (maggioranza degli intervenuti che rappresentino la metà del valore del condominio 500/1000)
  • Per l’installazione dell’ascensore o di qualsiasi altra apparecchiatura necessaria al superamento delle barriere architettoniche nelle parti comuni di un condominio, il disabile o colui che ne è tutore legale deve:
    a) verificare con un tecnico abilitato la fattibilità delle opere richieste;
    b) sottoporre al vaglio dell’assemblea condominiale la richiesta scritta che comprende: il tipo di intervento che si vuole eseguire, il dettaglio e le caratteristiche delle apparecchiature da installare, i documenti attestanti l’effettiva disabilità dichiarata (legge 104/92 art.4);
    c) l’amministratore deve rispondere o L’assemblea deve deliberare entro tre mesi dalla richiesta e decidere se autorizzare l’opera con o senza partecipazione alle spese da parte del condominio;
    d) se il termine non viene rispettato o non approva la richiesta, il disabile può installare a proprie spese il servo scala o qualsiasi altro presidio mobile e facilmente removibile che ne faciliti i movimenti; quindi solo nel caso si tratti di opera mobile (rampa, maniglioni, corrimano, piattaforma) ma non strutturale (ascensore)
    e) è prevista una deroga normativa per l’allargamento delle porte di accesso alle parti comuni a condizione che tali lavori non pongano pregiudizio alla stabilità e sicurezza del fabbricato, non alterino il decoro architettonico o rendano inservibili talune parti del condominio ad altri condomini (in tal caso è necessaria l’approvazione dell’assemblea)
    f) In caso di vincoli storici o ambientali occorre fare richiesta scritta alla sovrintendenza dei beni culturali (per quelli storici) e alla regione (per quelli ambientali) e qualora non si dovesse ricevere una risposta o una richiesta di modifica entro i 90 giorni allora vale il silenzio assenso e si può procedere con i lavori.
    f) non è invece possibile pretendere che i condomini partecipino alle spese di installazione e gestione delle apparecchiature a meno che questo non avvenga per via volontaria o per delibera dell’assemblea condominiale. Può capitare che un condomino si rifiuti di partecipare alle spese e quindi sarà interdetto dall’utilizzo dell’ascensore fino a quando lui o chi dopo di lui dovesse ricontribuire alle spese.
  • Esempi classici di barriera architettonica sono: scalini, porte strette, pendenze eccessive, spazi ridotti.
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19
Q

Beni comuni censibili*

A
  • Nell’ambito delle parti comuni di un edificio i beni comuni censibili sono quelli cha hanno un’ autonoma capacità reddituale; (si pensi all’alloggio del portiere, ai ripostigli, alla piscina).
  • Devono essere trattati catastalmente in modo da evidenziare sia la loro peculiarità di “bene comune censibile”, sia la connessione alle unità immobiliari a cui sono asserviti” (Circolare N° 2 del 20 Gennaio 1984 del
    Ministero delle Finanze).
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20
Q

Beni comuni non censibili*

A
  • I beni comuni non censibili sono “le porzioni che non possiedono autonoma capacità reddituale, comuni ad alcune o a tutte le u.i. per destinazione (androne, scale, locale centrale termica, ecc.), ovvero […] - per la loro specifica funzione di utilizzazione indivisa (ad esempio
    una rampa al servizio di soli posti auto).
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21
Q

Bidoni per i rifiuti*

A
  • Contenitori aventi la funzione di accogliere i rifiuti in attesa del conferimento alla società addetta alla loro raccolta.
  • I bidoni per i rifiuti possono essere:
    a) di proprietà del titolare dell’unità immobiliare (o dell’utilizzatore);
    b) di proprietà condominiale;
    c) di proprietà della società gerente il servizio di raccolta, che li concede in comodato ai condòmini o più in generale al condominio in persona dell’amministratore
    pro-tempore.
  • Il posizionamento dei bidoni condominiali o in uso al condominio negli spazi comuni può essere deciso – in manca di indicazioni dell’assemblea – da parte dell’amministratore (si veda Voce, disciplina dell’uso delle cose comuni).
  • Qualora sia l’assemblea ad esprimersi in merito, “la delibera, la quale disciplina l’uso di un bene comune può essere legittimamente assunta con le maggioranze di cui all’art. 1136 cod. civ., purché sia assicurato il pari uso di tutti i condomini, e cioè il massimo godimento possibile, come è avvenuto nel caso in esame; che l’assemblea di un condominio edilizio può validamente deliberare con la maggioranza di cui all’art. 1136, secondo comma, cod. civ.” (Cass. 26 gennaio 2016 n. 1421).
  • Nel caso di bidoni individuali o in uso individuale, l’allocazione dev’essere eseguita con l’osservanza dei limiti imposti dall’art. 1102 c.c. (si veda Voce, uso delle cose comuni).
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22
Q

Bocca di lupo*

A
  • In ambito edilizio, la bocca di lupo è quel manufatto che serve a dare luce ed aria ad ambienti posti nei locali interrati o seminterrati degli edifici.
  • La bocca di lupo, specie se utile a piani completamente interrati può essere coperta con delle griglie al fine di evitare la caduta ai piani inferiori. Qualora la bocca di lupo serva per dare esclusivamente luce, essa può essere completata da una copertura in vetrocemento.
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23
Q

Box*

A
  • Il box auto, altrimenti noto come box, è quell’unità immobiliare (si veda Voce, Unità immobiliare) destinata al ricovero di autoveicoli e motoveicoli (ivi comprese
    le biciclette).
  • Il box auto, ai fini catastali, può essere autonoma unità immobiliare, oppure rappresentare pertinenza di un’altra unità immobiliare (appartamento o ufficio di riferimento).
  • Ai fini della normativa antincendio, il box è definito come “volume delimitato da strutture di resistenza al fuoco definita e di superficie non superiore a 40 m” (Punto 0 d.m. 1 febbraio 1986).
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24
Q

Braga*

A
  • La braga, nell’ambito degli impianti idraulici (acqua e fogna) è quell’elemento collettore tra la tubatura orizzontale di pertinenza del singolo appartamento e quella la tubatura verticale di pertinenza condominiale.
  • Quanto alla sua proprietà è dibattuto se la stessa debba essere considerata di proprietà comune, oppure esclusiva.
  • Il termini generali (art. 1117 n. 3 c.c.) gli impianti sono condominiali fino al punto di diramazione verso le proprietà esclusive. Per un orientamento espresso dalla Corte di Cassazione, la braga in quanto strutturalment
    posta nella diramazione “non può rientrare nella proprietà comune condominiale, che è tale perché serve all’uso (ed al godimento) di tutti i condomini; e, nella specie, la braga qualunque sia il punto di rottura della stessa, serve soltanto a convogliare gli scarichi di pertinenza de singolo appartamento, a differenza della colonna verticale che, raccogliendo gli scarichi, di tutti gli appartamenti, serve all’uso di tutti i condomini” (Cass. 3 settembre 2010 n. 19045).
  • La stessa Suprema Corte, tuttavia, si è espressa in termini opposti (Cass. 18 gennaio 2012 n. 778), concludendo per la natura condominiale della braga
    in ragione della prevalente funzione di raccordo e quindi di assorbimento nell’ambito della parte comune d’impianto di questo elemento.
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25
Q

Bruciatore*

A
  • Il bruciatore è una parte di un impianto di combustione che, a seguito della miscelazione tra il combustile (es. gas) ed il comburente, consente l’avvenimento della combustione e quindi il funzionamento dell’impianto.
  • Nell’ambito degli impianti di riscaldamento condominiale il bruciatore è sicuramente parte comune, in quanto componente essenziale dell’impianto medesimo.
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26
Q

Cancello*

A
  • Manufatto di differenti dimensioni anche in relazione all’uso, che consente il passaggio tra due aree.
  • Solitamente è posto per delimitare una proprietà, sia essa pubblica o privata, rispetto alla strada pubblica.
  • Il cancello è da considerarsi parte comune laddove
    posto a delimitare una parte condominiale dell’edificio (es. cancello d’ingresso al cortile, all’autorimessa, ecc.).
  • L’installazione di un cancello allorquando prima non ve ne fosse uno non rappresenta innovazione, ma semplice migliore disciplina nell’uso delle parti comuni (Cass. 23 febbraio 2015 n. 3509).
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27
Q

Cancello automatico*

A
  • Manufatto fornito, fin dalla sua posa in opera, oppure successivamente, di un dispositivo atto a consentirne l’apertura elettronica, eventualmente anche mediante dispositivo di apertura a distanza (il così detto telecomando del cancello automatico).
  • L’automazione, come si è accennato, può essere coeva all’installazione del cancello oppure successiva. In nessun caso essa rappresenta opera innovativa, ma semplice miglioramento nell’uso del predetto cancello (Cass. 23 febbraio 2015 n. 3509).
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28
Q

Cantina*

A
  • La cantina è un’unità immobiliare (si veda Voce, Unità immobiliare), che può essere pertinenziale di un’altra unità immobiliare oppure autonoma, la cui destinazione è quella di deposito.
  • Il locale cantina, ai fini catastali, è annoverabile nella categoria C/2.
  • La cantina può essere di proprietà esclusiva, il tal caso avrà diritto di utilizzarla il legittimo proprietario (o chi da lui a vario titolo autorizzato), oppure condominiale.
  • In tal caso oltre a quanto utile in relazione all’uso delle parti comuni (es. deposito strumenti per la pulizia scale) tutti i condòmini potranno utilizzarla, nel limite e nel rispetto di quanto specificato dall’art. 1102 c.c. (si veda Voce, uso delle cose comuni).
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29
Q

Cartelloni pubblicitari*

A
  • I cartelloni pubblicitari sono strutture di varie dimensioni, materiali e forme, la cui funzione è quella di pubblicizzare beni, prodotti e/o servizi.
  • Il condominio può deliberare l’apposizione su superfici comuni (es. facciate laterali dell’edificio) di cartelloni pubblicitari in cambio del pagamento di un corrispettivo.
  • Nel caso in cui la locazione dello spazio abbia durata ultra novennale, è necessario il consenso di tutti i partecipanti al condominio (art. 1108 c.c.).
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30
Q

Cassetta postale*

A
  • La cassetta postale è quel contenitore avente la funzione di consentire l’inserimento della corrispondenza destinata alla persona indicata al suo esterno.
  • Ove il condominio sia dotato di cassetta postale comune, le comunicazioni afferenti la gestione della compagine possono essere ivi inserite solamente quando tale modalità di recapito sia stata espressamente prevista con un’elezione di domicilio in quel luogo.
  • Diversamente, le comunicazioni rivolte al condominio dotato di amministratore devono essere indirizzate presso l’ufficio di quest’ultimo, coincidendo il domicilio della compagine con quello del suo legale rappresentante.
  • Quanto al posizionamento della cassetta, è stabilito che “le cassette devono essere collocate al limite della proprietà, sulla pubblica via o comunque in luogo liberamente accessibile, salvi accordi particolari con l’ufficio postale di distribuzione” (art 46 d.m. 9 aprile 2001).
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31
Q

Cavedio*

A
  • Il cavedio è “un cortile di piccole o di piccolissime dimensioni, che serve prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (bagni, gabinetti, disimpegni, servizi etc.)” (Cass. 7 aprile 2000, n. 4350).
  • Il cavedio è menzionato nell’art. 1117 c.c. e quindi dev’essere considerato di proprietà
    comune, salvo diversa indicazione del titolo.
  • Come ha specificato in più occasioni la Corte di Cassazione “la presunzione di proprietà (sulla presunzione di condominialità di veda relativa Voce, n.d.A.) comune non può essere vinta, nel silenzio del titolo, dalla mera possibilità di accesso al bene comune soltanto dall’appartamento di uno dei condomini, o dal fatto che costui abbia provveduto anche a collocarvi una pilozza, lo scaldabagno e l’impianto di illuminazione, in quanto l’utilità particolare che deriva da tali circostanze non è suscettibile di incidere sulla destinazione tipica e normale del bene, che è quella di dare aria e luce alle unità immobiliari di cui si compone l’edificio condominiale (Cass., Sez. 2, 11 maggio 1978, n. 2309; Cass., Sez. 2, 3 agosto 1984, n. 4625)” (Cass. 1 agosto 2014 n. 17556).
  • I proprietari delle unità immobiliari che non hanno affaccio sul cavedio sono esonerate dalla partecipazione alle spese ad esso inerenti in ragione di quanto stabilito dal terzo comma dell’art. 1123 c.c. (condominio parziale).
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32
Q

Chiavi di beni e/o impianti comuni*

A
  • Le chiavi sono quegli strumenti necessari per aprire serrature poste su porte, serrande o per aprire lucchetti ivi apposti.
  • Le chiavi dei beni e dei servizi comuni devono essere custodite dall’amministratore e possono/devono essere date in uso a ciascun condomino in relazione alla possibilità di fruire dei beni comuni;si pensi alle chiavi dei cancelli, del lastrico solare variamente utilizzabile, ecc.
  • Le chiavi in possesso dell’amministratore devono essere consegnate al suo successore al momento del così detto passaggio di consegne.
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33
Q

Chiostrina*

A
  • La chiostrina, al pari del cavedio, del pozzo luce e della vannella, è un cortile di piccole dimensioni che ha la funzione di dare luce ad aria agli ambienti, solitamente di servizio, che vi si affacciano.
  • Per tale ragione, si rinvia alla lettura della Voce Cavedio.
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34
Q

Cisterna*

A
  • La cisterna è un contenitore di grosse dimensioni finalizzato alla conservazione di liquidi.
  • In ambito condominiale possono ritrovarsi cisterne per l’uso dell’acqua e quindi ad esempio collegate all’impianto di autoclave (si veda Voce, Autoclave), oppure cisterne per il combustibile necessario al funzionamento dell’impianto di riscaldamento.
  • Laddove collegate ad impianti comuni, le cisterne devono essere considerate parte integrante degli stessi, anche al fine della ripartizione delle spese.
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35
Q

Colonna d’aria sovrastante parti comuni*

A
  • Particolare attenzione è stata posta dalla giurisprudenza in relazione alla colonna d’aria riguardante il cortile condominiale, rispetto alla quale è stato affermato che “poiché la funzione dei cortili comuni è quella di fornire aria e luce alle unità abitative che vi prospettano, lo spazio aereo ad essi sovrastante non può essere occupato dai singoli condomini con costruzioni proprie in aggetto, non essendo consentito a terzi, anche se comproprietari insieme ad altri, ai sensi dell’art. 840 c.c., comma 3, l’utilizzazione ancorché parziale a proprio vantaggio della colonna d’aria sovrastante ad area comune, quando la destinazione naturale di questa ne risulti compromessa (Cass. 27-1-1993 n. 966) (Cass. 21 marzo 2016 n. 5551).
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36
Q

Colonna montante di scarico*

A
  • La colonna montante di scarico è quel tubo o gruppo di tubi che servono a convogliare le acque di scarico provenienti dalle unità immobiliari di proprietà esclusiva, per poi consentire il getto nella fossa biologica condominiale o comunque nella fognatura pubblica.
  • In questo contesto, è evidente, la colonna montante di scarico dev’essere considerata senza ombra di dubbio parte integrante dell’impianto fognario condominiale e quindi una parte comune.
  • Nel caso di uso riservato ad un gruppo di condòmini, la colonna montante di scarico sarà oggetto di condominio parziale (si vedano Voci, Condominio parziale e Braga).
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37
Q

Contatore*

A
  • Il contatore è un dispositivo elettronico o meccanico la cui funzione è quella di memorizzare e consentire la visualizzazione di misurazioni dallo stesso effettuate con
    riferimento a determinati fatti.
  • In ambito condominiale si trovano contatori in relazione a tutte quelle utenze rispetto alle quali i costi sono parametrati anche in base ai comuni.
  • Classici esempi di contatore sono quelli installati in relazione al servizio idrico, alla corrente elettrica, oppure alla fornitura di gas.
  • I contatori possono essere di proprietà comune, quali parti di un impianto, oppure di proprietà dell’ente fornitore, o ancora di riferimento dei singoli condòmini, quando essi riguardano misurazioni della singola
    unità immobiliare.
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38
Q

Contatore di sottrazione (contatore a defalco)*

A
  • Dispositivo elettronico o meccanico che, inserito all’inizio del punto di derivazione di un impianto, consente la misurazione di consumi con specifico riferimento ad un’utenza o a un gruppo di utenze.
  • L’ipotesi più ricorrente di contatore di sottrazione riguarda il servizio idrico. Attraverso il contatore di sottrazione è possibile conoscere il consumo idrico relativo ad un’unità immobiliare.
  • Contatori di sottrazione, sovente, sono utilizzati per conteggiare i consumi di vari impianti collegati, ad esempio, a quello elettrico condominiale (es. contatore sottrazione ascensore, autoclave, ecc.).
  • I contatori di sottrazione possono essere di proprietà comune, in tal caso la decisione sulla loro installazione/sostituzione spetterà all’assemblea e/o nei casi di urgenza all’amministratore, oppure di esclusiva pertinenza dei condòmini.
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39
Q

Corridoio*

A
  • Ambiente generalmente stretto e di lunghezza variabile, a pianta rettangolare, che consente il collegamento tra due o più ambienti.
  • La giurisprudenza è unanimemente orientata a definirlo comune salvo titoli.
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40
Q

Cortile*

A
  • In termini generali, con il sostantivo cortile si fa riferimento alla parte retrosante di un
    edificio utile a dare luce ed aria agli ambienti che vi si affacciano.
  • Spesso, in questo contesto, il cortile è rappresentato come un ambiente sul quale si affiacciano più edifici.
  • A livello tecnico-giuridico, l’accezione del termine cortile è più ampia. La Corte di Cassazione, al riguardo ha avuto modo di affermare che il cortile “tecnicamente, è l’area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare aria e luce agli ambienti circostanti. Ma avuto riguardo all’ampia portata della parola e, soprattutto, alla funzione di dare aria e luce agli ambienti, che vi prospettano, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell’edificio – quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, i distacchi, le intercapedini, i parcheggi – che, sebbene non menzionati espressamente nell’art. 1117 cod. civ., vanno ritenute comuni a norma della suddetta disposizione” (Cass. 9 giugno 2000, n. 7889).
  • A questa tipologia di spazi, va equiparato quello spazio “di piccole o di piccolissime dimensioni, che serve prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (bagni, gabinetti, disimpegni, servizi etc.)” (Cass. 7 aprile 2000, n. 4350).
  • Si vedano al riguardo voci Cavedio, Chiostrina, Pozzo luce e Vanella.
  • Il cortile può essere oggetto di condominio anche tra più edifici in condominio. In tal caso avremo un’ipotesi di supercondominio (art. 1117-bis c.c.).
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41
Q

Decoro architettonico*

A
  • Per decoro architettonico degli edifici “deve intendersi l’estetica del fabbricato data
    dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità” (Cass. n. 851 del 2007).
  • È possibile modificare l’estetica degli edifici in condominio, purché tale modificazione
    non sia peggiorativa; qualora dovesse esserlo, si dovrebbe parlare di alterazione.
  • Affinché possa dirsi avvenuta un’alterazione del decoro architettonico dell’edificio è necessario che la stessa si traduca “in un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell’intero fabbricato che delle porzioni in esso comprese, per cui, sotto tale profilo, è necessario tener conto dello stato estetico del fabbricato al momento in cui l’innovazione viene posta in essere” (così Cass. 25 gennaio 2010 n. 1286).
  • La prova dell’alterazione dev’essere sempre fornita da chi la contesta e nella sua valutazione non può non tenersi conto dello stato generale dell’immobile, nonché dell’effettiva percezione dell’intervento quale modificazione alterativa, anche in relazione alla comune valutazione dell’elemento di novità.
  • In tal senso, ad esempio, è stato affermato – sia pur non unanimemente – che l’installazione di antenne paraboliche e simili non sempre rappresenta elemento alterativo dell’estetica dell’edificio.
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42
Q

Dichiarazione di conformità degli impianti*

A

Dichiarazione di conformità degli impianti*

  • Dichiarazione rilasciata da un’impresa al termine di lavori di manutenzione degli
    impianti attestanti che gli stessi sono stati realizzati “secondo la regola dell’arte, in
    conformità alla normativa vigente”.
  • Il decreto ministeriale n. 37 del 2008 che disciplina la suddetta dichiarazione chiarisce altresì:
    a) rispetto a quali interventi debba essere rilasciata (sostanzialmente interventi di realizzazione d’impianti e di manutenzione straordinaria);
    b) in relazione a quali impianti trovi applicazione(es. impianti elettrici, idrici e sanitari, radiotelevisivi, ecc.);
    c) quali imprese possano dirsi abilitate ad eseguire i lavori e quindi rilasciare l’attestazione.
  • L’esistenza delle dichiarazioni di conformità degli impianti rappresenta condizione
    necessaria per il rilascio del certificato di agibilità (si veda Voce, Agibilità).
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43
Q

Dichiarazione di rispondenza degli impianti (DIRI)*

A

Dichiarazione di rispondenza degli impianti (DIRI)*

  • Dichiarazione sostitutiva della dichiarazione di conformità non presente oppure non più reperibile e riguardanti tutti gli impianti soggetti a certificazione e eseguiti prima dell’entrata in vigore del d.m. n. 37 del 2008.
  • Tale dichiarazione, lo specifica il comma 6 dell’art. 7 d.m. n. 37/08) può essere resa:
    a) da un professionista iscritto all’albo professionale per le specifiche competenze tecniche richieste, che ha esercitato la professione, per almeno cinque anni, nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione, sotto personale responsabilità, in esito a sopralluogo ed accertamenti;

b) per specifici tipi d’impianti comunque identificati nel decreto ministeriale n. 37 del 2008 anche da un soggetto che ricopre, da almeno 5 anni, il ruolo di responsabile tecnico di un’impresa abilitata ad eseguire la realizzazione di impianti previsti dal medesimo decreto ed operante nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione.

  • È onere dell’amministratore verificare la presenza delle suddette dichiarazioni di conformità degli impianti comuni nonché attivarsi – quanto meno attraverso
    l’informazione all’assemblea (poteri maggiori sono di dubbia legittimità) – al fine di deliberare la loro adozione.
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44
Q

Diramazioni*

A
  • Con riferimento agli impianti condominiali, la diramazione è il punto in cui l’impianto
    si ramifica per divenire parte di proprietà esclusiva a servizio di un’unità immobiliare (si
    veda Voce, Braga).
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45
Q

Estintore*

A
  • L’estintore è un dispositivo fisso o mobile di spegnimento degli incendi.
  • La presenza degli estintori in condominio, quali ausili in relazione ai rischi derivanti da incendio, è obbligatoria per specifiche parti dell’edificio.
  • Così, ad esempio, il decreto ministeriale 1 febbraio 1986, occupandosi delle autorimesse (si veda Voce, Autorimessa), specifica che:
    “Deve essere prevista l’installazione di estintori di “tipo approvato” per fuochi delle classi A, B e C con capacità estinguente non inferiore a 21 A e 89 B. Il numero di estintori deve essere il seguente: uno ogni cinque autoveicoli per i primi venti autoveicoli; per i rimanenti, fino a duecento autoveicoli, uno ogni dieci autoveicoli; oltre
    duecento, uno ogni venti autoveicoli.
  • Gli estintori devono essere disposti presso gli ingressi o comunque in posizione ben visibile e di facile accesso” (d.m. 1 febbraio 1986 punto 6.2).
  • Rispetto alle centrali termiche, poi, è specificato che “in ogni locale e in prossimità
    di ciascun apparecchio deve essere installato un estintore di classe 21A 89BC. I mezzi di estinzione degli incendi devono essere idonei alle lavorazioni o ai materiali in deposito nei locali ove questi sono consentiti” (d.m. 12 aprile 1996 al punto 6.2).

-Quanto alla manutenzione dei dispositivi di estinzione incendi, l’attuale norma UNI
9994–2013 specifica che la stessa debba avvenire con cadenza semestrale (punto 4.5).

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46
Q

Facciata*

A
  • Con il termine facciata, solitamente, si fa riferimento alla parte esterna principale di un edificio, ossia alla parete verticale visibile dalla pubblica via.
  • In realtà l’edificio ha tante facciate quanti sono i lati liberi. Un edificio a sé stante a forma parallelepipoidale avrà quattro facciate.
  • Ogni facciata dell’edificio rappresenta una parte comune (art. 1117 n. 1 c.c.).
  • Se un’unità immobiliare è ubicata in una posizione tale da non avere nulla a che vedere con una specifica facciata è comunque obbligata a partecipare alle spese in misura proporzionale.
  • La spesa inerente il rifacimento della facciata, a meno che non sia tale da poter configurarsi alla stregua d’una innovazione voluttuaria (quindi non strettamente necessaria), fatto non impossibile ma sicuramente difficile, dev’essere sostenuta da tutti i condomini (favorevole, contrari, astenuti e dissenzienti) e può essere evitata solamente se la deliberazione è stata dichiarata invalida dall’Autorità Giudiziaria.
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47
Q

Fascia marcapiano

A
  • Elemento architettonico avente funzione estetica volta a connotare il decoro dell’edificio e solitamente posto tra un piano e l’altro dell’edificio.
  • La fascia marcapiano sovente è un continuum lungo tutta la facciata dell’edificio. E’ anche nota come cornice marcapiano o semplicemente marcapiano.
  • Laddove tale decorazione coinvolgesse anche i balconi aggettanti, allora le spese di manutenzione per quella parte insistente su tale manufatto dovrebbe essere ripartita tra tutti i condòmini sulla base dei millesimi di proprietà.
48
Q

Finestre*

A
  • Aperture poste sulla facciata dell’edificio e con lo scopo principale di dare luce ed aria agli ambienti ed eventualmente di consentire l’affaccio.
  • Al riguardo il codice civile distingue due tipi di aperture (finestre):
    a) le luci; (quando danno passaggio alla luce e all’aria, ma non permettono di affacciarsi )
    b) le vedute (quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente)
  • Gli articoli successivi – fino al 907 c.c. – specificano le caratteristiche che devono possedere le luci e le vedute, per essere qualificate tali, nonché i limiti e i divieti di apertura in ragione della tutela dell’altrui riservatezza, nonché i limiti ed i divieti di costruire entro determinate distanze da tali aperture.
  • Le finestre che consentono l’affaccio o comunque il passaggio di luce ed aria verso parti comuni dell’edificio devono essere considerate parti comuni anch’esse così come i contorni in marmo o qualsiasi abbellimento estetico.
  • In più occasioni è stato considerato lecito – fermo restando il divieto di alterazione del decoro architettonico dell’edificio (si veda Voce, Decoro architettonico) – l’intervento operato dal singolo condomino sulla facciata condominiale e finalizzato all’apertura di una finestra a servizio della propria unità immobiliare (in tal senso Cass. 3 gennaio 2014 n. 53).
49
Q

Fondazioni*

A
  • Le fondazioni, altrimenti note come fondamenta, sono quella parte della struttura dell’edificio sulla quale l’intera costruzione viene ad essere edificata.
  • A seconda della tipologia di edificio che si andrà a costruire nonché del terreno sul quale la costruzione insisterà, si scelgono differenti tipi di fondazioni.
  • L’odierna tecnica conosce le seguenti tipologie di fondazioni:
    a) dirette continue (ordinarie, a platea, a travi rovesce);
    b) dirette discontinue (a plinti);
    c) indirette (a diaframmi, a pali, a pozzi).
  • Le fondazioni sono parti comuni in quanto espressamente menzionate dall’art. 1117
    del codice civile e soggette ai criteri di ripartizione art. 1120 (ripartizione delle spese sui beni comuni).
  • Qualora la spesa manuntentiva dovesse coinvolgere solamente una parte di un condominio costituito da più edifici, se questi sono collegati tra di loro allora la ripartizione sarà effettuata su tutti i condomini di tutti gli edifici.
50
Q

Frontalino*

A
  • Elemento architettonico del balcone aggettante.
  • Laddove il frontalino rappresenti una continuazione dalla fascia marcapiano (si veda Voce, Fascia marcapiano), esso dev’essere considerato sicuramente parte comune, come tale, in caso di manutenzione, soggetto a ripartizione della spesa come se si trattasse d’una parte della facciata (si veda Voce, Facciata): lo stesso dicasi qualora anche in assenza del marcapiano rappresenti un elemento caratterizzante l’estetica dello stabile).
51
Q

Giardino*

A
  • Il giardino è un’area destinata allo svago, solitamente presenta aiuole di varie dimensioni, che possono essere utilizzate per la piantumazione di alberi o piante ornamentali di vario genere.
  • Il giardino può anche essere utilizzato quale orto, cioè essere destinato in tutto o in parte a piccole coltivazioni ad uso domestico. L’art. 1117 c.c. non menziona il giardino tra le parti comuni. Quando la giurisprudenza si è pronunciata su tale possibilità, ha affermato che affinché il giardino possa essere considerato parte comune “occorre accertare se sia divenuto tale nel momento in cui il condominio è sorto, cioè quando è stato frazionato dall’originario unico proprietario, con la prima vendita in proprietà esclusiva di una porzione dell’immobile. Si presumono parti comuni di un edificio quelle elencate nell’art. 1117 cc, che menziona i cortili, a cui possono
    assimilarsi i giardini” (Tribunale Como, 29/06/2007, in Redazione Giuffrè 2008).
  • Se, quindi, il giardino coincide con un’area a cortile (si veda Voce, Cortile), non vi sono dubbi sulla sua natura condominiale).
52
Q

Impianto antincendio*

A

Impianto antincendio*

  • La terminologia più adatta per descrivere gli impianti antincendio non può non porre l’accento su una distinzione tra misure attive e passive.
  • Ciò fa sì che divenga necessario operare una distinzione tra:
    a) impianti di protezione attiva;
    b) misure di protezione passiva.
  • Si legge nel decreto che “per impianti di protezione attiva contro l’incendio o sistemi di protezione attiva contro l’incendio, di seguito denominati entrambi “Impianti”, si intendono:
  • gli impianti di rivelazione incendio e segnalazione allarme incendio;
  • gli impianti di estinzione o controllo dell’incendio, di tipo automatico o manuale;
  • gli impianti di controllo del fumo e del calore”.
  • Sono da considerarsi impianti di protezione attiva quindi:
    a) attrezzature ed impianti di estinzione degli incendi (es. estintori, reti idriche
    antincendio, ecc.);
    b) sistemi di allarme incendio (es. impianti di rivelazione automatica d’incendio);
    c) segnaletica di sicurezza (es. segnali di divieto, ecc.);
    d) illuminazione di sicurezza;
    e) evacuatori di fumo e di calore.
  • Le misure di protezione passiva possono essere definite come l’insieme delle misure di protezione rispetto alle quali non è prevista l’azione di un uomo o l’azionamento di un impianto, ma la cui presenza ha lo scopo di limitare gli effetti dell’incendio nello spazio (misure a contrasto della propagazione) e nel tempo (misure a contrasto della durata).
  • Sono solitamente considerati strumenti di protezione passiva antincendio;
    a) le barriere antincendio, che possono essere così specificate:
    – isolamento dell’edificio;
    – distanze di sicurezza esterne ed interne;
    – muri tagliafuoco, schermi etc.
    b) strutture aventi caratteristiche di resistenza al fuoco commisurate ai carichi d’incendio;
    c) materiali classificati per la reazione al fuoco;
    d) sistemi di ventilazione;
    e) sistemi di vie d’uscita commisurate al massimo affollamento ipotizzabile
    dell’ambiente di lavoro ed alla pericolosità delle lavorazioni.
  • Come qualunque altro impianto tra quelli indicati dal decreto ministeriale n. 37 del 2008, realizzati dopo la sua entrata in vigore o comunque oggetto d’interventi non ordinari (per come definiti dall’art. 2 lett. d) ), gli impianti in esame devono essere corredati della certificazione di conformità; per quelli realizzati in data precedente, ove tale dichiarazione non sia reperibile è sufficiente una dichiarazione di rispondenza (si vedano Voci, Dichiarazione di conformità e dichiarazione di rispondenza).
53
Q

Impianto citofonico*

A
  • L’impianto citofonico è quell’insieme di strumentazioni (pulsantiera, placca, cornette,
    fili, ecc.) che consente il collegamento tra due o più locali o più comunemente l’esterno
    dell’edificio con le unità immobiliari ivi ubicate.
  • Come per ogni impianto condominiale, vale quanto specificato dall’art. 1117 n. 3 c.c.,
    ossia l’impianto citofonico deve considerarsi oggetto di condominio “fino al punto di
    diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di
    impianti unitari, fino al punto di utenza”.
  • A seconda di come è progettato e posto in opera l’impianto citofonico, quindi esso potrà essere considerato condominiale anche fino alla cornetta per la risposta posizionata nell’unità immobiliare.
  • In quanto impianto elettronico, anche l’impianto citofonico è soggetto alla normativa dettata dal decreto ministeriale n. 37 del 2008 in materia di “attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici”.
  • Ciò vuol dire che tutti gli impianti realizzati o comunque oggetto d’interventi
    non ordinari (per come definiti dall’art. 2 lett. d) ), gli impianti in esame devono essere
    corredati della certificazione di conformità; per quelli realizzati in data precedente, ove
    tale dichiarazione non sia reperibile, è sufficiente una dichiarazione di rispondenza (si
    vedano Voci, Dichiarazione di conformità e dichiarazione di rispondenza).
54
Q

Impianto di videosorveglianza*

A
  • L’impianto di videosorveglianza è rappresentato da quell’insieme di strumentazioni
    (telecamere, videoterminale, eventuale registratore, fili, ecc.) che consente la videoripresa ed eventuale registrazione delle immagini di uno o più ambienti: deve trattarsi comunque di parti comuni.
  • L’art. 1122-bis del codice civile consente all’assemblea di deliberare l’installazione di
    impianti di videosorveglianza delle parti comuni, purché la relativa decisione sia sempre (cioè tanto in prima quanto in seconda convocazione) assunta con il voto favorevole della maggioranza dei presenti alla riunione e almeno la metà del valore millesimale dell’edificio.
  • Delibere che decidessero l’installazione per la videosorveglianza di parti
    dell’edificio diverse da quelle comuni sarebbero da considerarsi invalide.
  • In quanto impianto elettronico, anche l’impianto di videosorveglianza è soggetto alla
    normativa dettata dal decreto ministeriale n. 37 del 2008 in materia di “attività di
    installazione degli impianti all’interno degli edifici”. Ciò vuol dire che tutti gli impianti
    realizzati o comunque oggetto d’interventi non ordinari (per come definiti dall’art. 2 lett.
    d) ), gli impianti in esame devono essere corredati della certificazione di conformità; per
    quelli realizzati in data precedente, ove tale dichiarazione non sia reperibile, è sufficiente una dichiarazione di rispondenza (si vedano Voci, Dichiarazione di conformità e dichiarazione di rispondenza).
55
Q

Impianto fognario*

A
  • L’impianto fognario è rappresentato da quell’insieme di elementi (tubazioni, eventuali
    fosse biologiche, ecc.) la cui funzione è quella di convogliare le acque bianche e/o nere, per lo scarico nella fognatura comunale.
  • L’impianto in esame devono essere corredati della certificazione di conformità; per quelli realizzati in data precedente all’entrata in vigore del decreto ministeriale n. 37 del 2008, ove tale dichiarazione non sia reperibile, è sufficiente una dichiarazione di rispondenza.
    (si vedano Voci, Dichiarazione di conformità e dichiarazione di rispondenza).
56
Q

Impianto idrico*

A
  • L’impianto idrico è rappresentato da quell’insieme di elementi (tubazioni, rubinetti
    ubicati in zone comuni, ecc.) la cui funzione è quella di consentire l’utilizzazione
    dell’acqua da parte dei condòmini ;
  • E’ competenza del condominio fino ai punti di diramazione delle singole unità esclusive.
  • costituisce parte integrante dell’impianto idrico, ove presente, anche l’autoclave (vedi Voce, Autoclave).
  • Come qualunque altro impianto tra quelli indicati dal decreto ministeriale n. 37 del
    2008 realizzati dopo la sua entrata in vigore o comunque oggetto d’interventi non ordinari (per come definiti dall’art. 2 lett. d) ), gli impianti in esame devono essere
    corredati della certificazione di conformità; per quelli realizzati in data precedente, ove
    tale dichiarazione non sia reperibile, è sufficiente una dichiarazione di rispondenza (si
    vedano Voci, Dichiarazione di conformità e dichiarazione di rispondenza).
  • Il condominio è tenuto a mantenere in efficienza l’impianto idrico comune, trattandosi di un servizio essenziale e irrinunciabile
  • Ogni indispensabile riparazione ha quel carattere di urgenza che legittima l’amministratore a provvedere anche senza la preventiva approvazione della spesa da parte dell’assemblea (ultimo comma art. n. 1135 del c.c.)
  • Gli oneri derivanti dalla conservazione, riparazione e manutenzione dell’impianto vengono normalmente ripartiti tra i condomini in ragione delle quote millesimali di ciascuno, se tutte le proprietà’ esclusive usufruiscano del servizio, altrimenti parteciperanno proporzionalmente alla spesa solo i condomini serviti.
  • Ogni condomino ha diritto ad allacciarsi all’impianto a proprie spese qualora non lo fosse.
57
Q

Impianto per il condizionamento dell’aria*

A
  • L’impianto di condizionamento dell’aria (altrimenti detto “sistema di climatizzazione estiva”) è quel “complesso di tutti i componenti necessari a un sistema di trattamento dell’aria, attraverso il quale la temperatura è controllata o può essere abbassata” (art. 2, primo comma l-vicies quinquies), d.lgs n. 192/05).
  • La legge menziona gli impianti di condizionamento dell’aria tra quelli che possono essere condominiali, come tale fermando il diritto di condominio sul bene fino al punto di diramazione alle singole unità immobiliari (o nel caso di unico impianto fino al punto di utenza, art. 1117 n. 3 c.c.)
  • Tale evenienza nei condòmini di unità immobiliari destinati a civile abitazione è poco ricorrente (Nella maggior parte dei casi vengono infatti installati impianti di climatizzazione individuali).
  • In quanto menzionato nel d.m. n. 37/08 anche per questo genere d’impianto sono previste le certificazioni di conformità o rispondenza (si vedano Voci, Dichiarazione di conformità e dichiarazione di rispondenza), oltre che i controlli periodici indicati dal d.p.r. n. 74 del 2013.
58
Q

Impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili*

A
  • L’impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili è definito come quel
    complesso di beni e strumentazioni che funziona con “energia proveniente da fonti
    rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare, aerotermica, geotermica, idrotermica e oceanica, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas” (art. 2, primo comma l-duodecies), d.lgs n. 192/05).
  • Il codice civile considera innovazione l’installazione di simili impianti – ove non esistenti – deliberabile con una maggioranza semplificata rispetto a quella ordinariamente prevista per le innovazioni (si veda Voce, Innovazioni).
  • In quanto menzionato nel d.m. n. 37/08 anche per questo genere d’impianto sono
    previste le certificazioni di conformità o rispondenza (si vedano Voci, Dichiarazione di
    conformità e dichiarazione di rispondenza).
59
Q

Impianto per la ricezione del segnale radiotelevisivo*

A
  • L’impianto per la ricezione del segnale radiotelevisivo è rappresentato da quell’insieme di strumenti, dispositivi ed apparecchiature atte a consentire la ricezione dei programmi radio-tv.
  • È possibile distinguere tra segnale radiotelevisivo terrestre e satellitare.
  • La legge menziona gli impianti radiotelevisivi tra quelli che possono essere condominiali, come tale fermando il diritto di condominio sul bene al punto di diramazione alle singole unità immobiliari (o nel caso di unico impianto fino al punto di utenza, art. 1117 n. 3 c.c.) In quanto menzionato nel d.m. n. 37/08 anche per questo genere d’impianti sono previste le certificazioni di conformità o rispondenza (si vedano Voci, Dichiarazione di conformità e dichiarazione di rispondenza).
60
Q

Impianto termico*

A
  • L’impianto termico è definito come “impianto tecnologico destinato ai servizi di
    climatizzazione invernale o estiva degli ambienti, con o senza produzione di acqua calda sanitaria, indipendentemente dal vettore energetico utilizzato, comprendente eventuali sistemi di produzione, distribuzione e utilizzazione del calore nonche’ gli organi di regolarizzazione e controllo.
  • Il responsabile dell’impianto in un condominio è l’amministratore che però, previa delibera assembleare, può delegare ad un soggetto terzo abilitato che diverrà responsabile della gestione, regolazione e manuntenzione dell’impianto nonchè dell’eventuale messa a norma qualora sia necessario al momento dell’incarico.
  • Ogni impianto termico deve essere provvisto del libretto d’impianto, al cui interno sono descritte le sue caratteristiche tecniche e sono registrate le eventuali modifiche, sostituzioni di componenti e tutti gli interventi di controllo effettuati.
  • I controlli di manutenzione e di verifica dell’efficienza dell’impiantosono un obbligo molto importante, dal momento che le autorità regionali possono provvedere in qualsiasi momento alla effettuazione di ispezioni per verificare lo stato regolare dell’impianto.
  • Qualora sia necessario effettuare dei lavori straordinari sull’impianto e l’amministratore non riesca a deliberare un fondo che ricopra la relativa spesa allora dopo 10 giorni dalla richiesta fallita da parte dell’amministratore il terzo non è più ritenuto responsabile dell’impianto e ritorna l’amm. come responsabile.
  • Sono compresi negli impianti termici gli impianti individuali di riscaldamento.
  • Non sono considerati impianti termici apparecchi quali: stufe, caminetti, apparecchi di riscaldamento localizzato ad energia radiante;
  • Tali apparecchi, se fissi, sono tuttavia assimilati agli impianti termici quando la somma delle potenze nominali del focolare degli apparecchi al servizio della singola unita’ immobiliare e’ maggiore o uguale a 5 kW.
  • Non sono considerati impianti termici i sistemi dedicati esclusivamente alla produzione di acqua calda sanitaria al servizio di singole unita’ immobiliari ad uso residenziale ed assimilate” (art. 2, primo comma l-tricies), d.lgs n. 192/05) e gli apparecchi per il riscaldamento o il raffrescamento che possano considerarsi “mobili”, ossia non installati in modo fisso a parete o a soffitto.
  • Gli impianti termici, per lo più quelli di riscaldamento, possono essere:
  • centrali (centralizzati) o autonomi,
  • a funzionamento continuo (tutto l’inverno ininterrottamente), intermittente (solo alcune ore del giorno) o discontuo (accensioni e spegnimenti programmati)
  • diretto o indiretto a seconda che si trovi all’interno o all’esterno dell’ambiente da riscaldare
  • a bassa, media o alta pressione
  • a un tubo o a 2 tubi
  • a circolazione naturale (che avviene per effetto della differenza di peso specifico dell’acqua stessa) o forzata (mediante pompa)
  • ad acqua, vapore o aria
  • L’impianto termico centralizzato rappresenta una parte comune del condominio fino alla diramazione dell’u.i. esclusiva (da quel punto tutte le spese sono di competenza del condomino). Tutti godono degli stessi diritti e degli stessi obblighi. Si tratta di un impianto unico, comune a tutti: nessuno deve pagare periodicamente il riscaldamento e l’acqua sanitaria nella propria bolletta personale perché i costi sono compresi nelle spese condominiali mensili secondo la tabella millesimale principale.
  • E’ sempre possibile decidere di distaccarsi dall’impianto centralizzato, se il condòmino preferisce dotarsi di un impianto autonomo senza dover chiedere autorizzazione all’assemblea o all’amministratore salvo che l’operazione non comporti un notevole squilibrio di funzionamento dell’impianto e non comporti un aggravio di spesa per gli altri condòmini.
  • l’installazione dell’impianto non fa venire meno però la quota di comproprietà in capo al singolo condòmino sull’impianto centralizzato e ne deriva che le spese di manutenzione straordinaria per rimuovere problemi strutturali e gravi dell’impianto, restano comunque a carico del condòmino distaccato.
  • Quanto alle modalità con cui realizzare il distacco, se il condòmino decide di installare un riscaldamento autonomo, deve approntare, per mezzo di un tecnico abilitato, una perizia volta a provare l’assenza di squilibri o aggravio di costi a carico dell’impianto centralizzato. Questa perizia va poi inviata all’amministratore di condominio che deve sottoporla alla prima assemblea utile, durante la quale si dovrà deliberare sull’eventuale quota residua di spese a carico del condòmino relativamente al pagamento delle spese per la manutenzione straordinaria.
  • Se un condomio non è allacciato all’impianto centralizzato non per scelta (ma perché, ad esempio, ci sono limiti di conformazione dell’edificio, come la mancanza di una diramazione per condurre il calore nelle aree di proprietà) questo non è considerato proprietario dell’impianto e, pertanto, non è tenuto al pagamento delle spese relative alla manutenzione e ai consumi.
  • Un impianto centralizzato condominiale è costituito da un generatore, collocato in un locale o in un punto dedicato (centrale termica), asservito da un unico condotto di evacuazione dei fumi (nel caso dell’impianto di riscaldamento).
  • L’esplosione di una caldaia è tra gli incidenti più frequenti e più gravi che possono accadere in un condominio. Il soggetto responsabile della prevenzione incendi di una centrale termica all’interno di un condominio è l’amministratore.
  • Tutte le centrali termiche centralizzate sono soggette alla normativa di prevenzione incendi; l’art. 6 del D.P.R. 151/2011 definisce i compiti dei responsabili:
    • mantenere in stato di efficienza i sistemi, i dispositivi, le attrezzature
      e le altre misure di sicurezza antincendio adottate;
    • effettuare verifiche di controllo ed interventi di manutenzione;
    • assicurare un’adeguata informazione sui rischi di incendio connessi
      con la specifica attività, sulle misure di prevenzione e protezione
      adottate, sulle precauzioni da osservare per evitare l’insorgere di un
      incendio e sulle procedure da attuare in caso di incendio;
  • annotare in un apposito registro i controlli, verifiche e interventi di
    manutenzione.
  • le sanzioni previste possono essere amministrative (fino a € 2.582) e penali (reclusione fino a tre anni) per i responsabili inadempienti oltre alla sospensione dell’attività
  • Caldaie inferiori ai 35 kW: non bisogna seguire alcuna norma antincendio.
  • Caldaie tra i 35 e i 115 kW: bisogna rispettare le prescrizioni antincendio presenti nella norma D.M. 12 Aprile 1996 ma l’attività non è soggetta al controllo dei Vigili del Fuoco.
  • Caldaie tra i 116 kW e i 350 kW: in questo caso si ricade nella categoria A (attività a rischio basso) che prevede la presentazione della SCIA Antincendio al competente Comando dei Vigili del Fuoco.
  • Caldaie tra i 351 kW e 700 kW: in questo caso si ricade nella categoria B
    (attività a rischio medio) che prevede la presentazione della SCIA Antincendio
    e di un progetto al Comando dei Vigili del Fuoco.
  • Caldaie oltre i 700 kW: in questo caso si ricade nella categoria C (attività a
    rischio alto) che prevede la presentazione della SCIA Antincendio, un progetto
    al Comando dei Vigili del Fuoco e infine lo svolgimento di un sopralluogo da
    parte dei Vigili del Fuoco prima del rilascio del Certificato di Prevenzione
    Incendi (CPI). Il progetto va redatto da un professionista antincendio abilitato ed iscritto agli elenchi ministeriali.
  • Capita che nuovi amministratori di condominio ereditino documenti incompleti relativi alla caldaia. In questo caso la legge non ammette deroghe e il responsabile rimane comunque il nuovo amministratore. Se i documenti non vengono reperiti, bisogna effettuare prima di tutto un “accesso agli atti” presso il Comando dei Vigili del Fuoco per capire se è presente una SCIA Antincendio o un vecchio CPI (Certificato Prevenzione Incendi) ormai scaduto. Nel caso non si reperisca nessuna documentazione l’impianto non può essere acceso e bisogna procedere con la presentazione di una nuova SCIA (che ha validità 5 anni).
  • In quanto menzionato nel d.m. n. 37/08 anche per questo genere d’impianti sono previste le certificazioni di conformità o rispondenza (si vedano Voci, Dichiarazione di conformità e dichiarazione di rispondenza), oltre che i controlli periodici indicati dal d.p.r. n. 74 del 2013.
61
Q

Innovazioni*

A
  • Il codice civile non definisce le innovazioni, la cui nozione è stata coniata dalla giurisprudenza.
  • Si intende soprattutto quando vengono effettuate modifiche a cose che comportano un cambiamento della destinazione d’uso.
  • La Corte di Cassazione, unanimemente, afferma che “per innovazioni delle cose comuni s’intendono, dunque, non tutte le modificazioni (qualunque opus novum),
    sebbene le modifiche, le quali importino l’alterazione della entità sostanziale o il mutamento della originaria destinazione, in modo che le parti comuni, in seguito alle attività o alle opere innovative eseguite, presentino una diversa consistenza materiale, ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (tra le tante: Cass.,23 ottobre 1999, n.11936; Cass., 29 ottobre 1998, n. 1389; Cass., 5 novembre 1990, n. 10602)” (così Cass.26 maggio 2006 n. 12654).
  • L’art. 1120 c.c., che disciplina le innovazioni, distingue tra innovazioni in generale e
    quelle aventi ad oggetto particolari interventi, quali:

“1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;

2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune;

3) l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso
a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi
collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto” (art. 1120, secondo
comma, c.c.).

  • L’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all’adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma.
  • La richiesta deve contenere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità
    di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l’amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni”.
  • Per questo genere di innovazioni, la legge specifica che si possano sempre (ossia tanto in prima quanto in seconda convocazione) deliberare i relativi interventi con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresenti almeno la metà del valore millesimale dell’edificio
  • Per tutte le altre innovazioni è sempre necessario il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti ed almeno due terzi del valore millesimale dell’edificio (si veda Voce, Quorum deliberativi).
62
Q

Innovazioni gravose e/o voluttuarie*

A
  • Sono quelle opere innovative aventi particolare incidenza economica che possono anche essere considerate superflue rispetto alle condizioni dell’edificio o più in generale rispetto all’edificio (es. installazione condizionatori d’aria nelle parti comuni).
  • La giurisprudenza ha affermato che “per determinare il carattere gravoso o voluttuario della spesa inerente ad un’innovazione non è rilevante il riferimento alle condizioni economiche dei singoli condomini” (Trib. Milano, 4 gennaio 1989, Rivista della giurisprudenza italiana, 1989, 78).
  • Le innovazioni gravose e/o voluttuarie possono essere deliberate:

a) se sono suscettibili d’utilizzazione separata, con spese a carico dei soli condòmini
che hanno votato favorevolmente (fermo restando il rispetto dei quorum deliberativi
necessari);

b) nel caso in cui ciò non sia possibile, qualora i condòmini che abbiano votato
favorevolmente ne assumano il costo di realizzazione (fermo restando il rispetto dei
quorum deliberativi necessari).

  • Nella prima ipotesi resta in capo agli originari dissenzienti, nonché ai loro eredi ed aventi causa la facoltà di subentro, con pagamento delle spese di esecuzione e manutenzione dell’opera.
  • Come ha specificato la Corte di Cassazione “tale proposizione normativa, che consente ai condomini dissenzienti di partecipare in un secondo momento ai vantaggi
    della innovazione contribuendo nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera, interpretare secondo la sua ratio, non può revocarsi in dubbio che i condomini i quali vogliono successivamente giovarsi della innovazione, divenendo partecipi della comproprietà dell’opera e acquistare una posizione che non avevano voluto all’inizio, debbono pagare le spese impiegate per l’esecuzione dell’opera, aggiornate al valore attuale.
  • Infatti è soltanto in virtù di tale norma che essi possono, ope legis, acquistare la comproprietà dell’opera, ma per evitare arricchimenti a danno o a vantaggio dei condomini che per primi l’hanno voluta devono pagare pro quota quello che sarebbe stato il costo d’allora con moneta presente” (Cass. 18 agosto 1993, n. 8746).
63
Q

Intercapedine*

A
  • L’intercapedine nella tecnica edilizia è quello spazio vuoto lasciato tra due pareti, solitamente parallele tra di esse.
  • La funzione dell’intercapedine è duplice:
    a) da un lato, serve ad evitare la formazione di umidità nelle unità immobiliari;
    b) dall’altro è utile a mantenere il calore nelle unità immobiliari.
  • Si è soliti distinguere tra intercapedini aperte (o areate), che hanno contatto con l’aria esterna (la cui funzione principale è quella di evitare la formazione di umidità) ed intercapedini chiuse che non hanno contatto con l’aria esterna (servono a mantenere il calore nell’unità immobiliare).
  • L’intercapedine non è menzionata tra le parti comuni, ma la Corte di Cassazione, ove la sua funzione rifletta i propri benefici sull’intero edificio, non ha esitato a considerarla condominiale (si veda, ad esempio, Cass. 15 febbraio 2008 n. 3854).
64
Q

Lastrico solare*

A
  • Il lastrico solare è la copertura piana dell’edificio.
  • E’ sicuramente una parte di proprietà comune, salvo diversa indicazione del titolo.
  • La riserva dì uso o di proprietà (si veda Voce, lastrico solare in uso o proprietà esclusiva), tuttavia, non fa venir meno la sua preminente funzione, tant’è che anche in tali ipotesi il condominio, cioè i condòmini non proprietari/utilizzatori, mantiene un obbligo di partecipazione alle spese.
  • Le buone tecniche costruttive e le norme UNI specificano che la pendenza del lastrico
    solare può arrivare fino al 5%, insomma che la copertura piana non deve necessariamente essere non pendente, anzi lievi pendenze sono sicuramente utili per consentire il deflusso delle acque meteoriche e non.
  • Se il condominio ha più lastrici solari (si pensi agli edifici che formano una vela, oppure che rappresentano blocchi che crescono progressivamente in altezza), i titolari di queste superfici saranno solamente i condòmini che se ne servono.
  • Si badi: non solamente quelli coperti dal lastrico, ma più in generale quelli che se ne servono.
65
Q

Lastrico solare in uso o proprietà esclusiva*

A
  • Non è raro, anzi abbastanza ricorrente, che il lastrico solare di un edificio sia assegnato in uso esclusivo o anche in proprietà ad uno o più condòmini.
  • Classico l’esempio del proprietario del piano attico, cui il lastrico funge da terrazza, ma anche la concessione in uso esclusivo al proprietario dell’ultimo piano inferiore al lastrico, ecc.
  • La legge, all’art. 1126 c.c., si occupa della questione del lastrico in uso esclusivo con riferimento alla ripartizione dei costi tra usuario esclusivo e altri condòmini.
  • La giurisprudenza, nel corso degli anni, ha equiparato all’uso esclusivo la proprietà esclusiva (es. Cass. 17 marzo 2003, n. 642) ed ai lastrici le terrazze (es. Cass. 25 agosto 2014 n. 18164) anche dei piani intermedi, purché svolgenti la medesima funzione.
  • Salva la rigorosa prova contraria della riferibilità del danno all’usuario esclusivo o al condominio, la spesa va di regola stabilita secondo il criterio di imputazione previsto
    dall’art. 1126 c.c., il quale pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio” (Cass. SS.UU. 10 maggio 2016 n. 9449).
  • Risulta fondamentale, quindi, nell’ambito della gestione ordinaria del condominio, un’azione costante di monitoraggio della condizione del lastrico solare/terrazze a livello
    in uso/proprietà esclusiva per evitare ipotesi di responsabilità per danni da infiltrazioni
    (si veda Voce, Infiltrazioni).
66
Q

Lavanderia*

A
  • Locale destinato all’allocazione dei macchinari utilizzati per il lavaggio dei panni o comunque per la stesura degli stessi.
  • Il locale lavanderia solitamente ubicato nei piani interrato o seminterrato, può trovare collocazione anche nei locali eventualmente presenti all’ultimo piano dell’edificio, specie se sul lastrico solare sono presenti degli stenditoi (si veda Voce, Stenditoio).
  • L’uso della lavanderia comune può essere regolamentata dall’assemblea – che ha primaria competenza in relazione alla disciplina dell’uso delle cose comuni – o anche dall’amministratore, che può impartire degli ordini nell’ambito delle indicazioni assembleari o anche in mancanza di queste.
67
Q

Locale caldaia*

A
  • Il locale caldaia, altrimenti noto come centrale termica, è il luogo in cui è allocata la
    caldaia dell’impianto di riscaldamento condominiale (riscaldamento centralizzato).
  • Il locale caldaia è di proprietà comune, salvo differente indicazione del titolo, e
    resta tale anche nel caso di dismissione dell’impianto di riscaldamento centralizzato,
    potendo essere in tale ipotesi diversamente utilizzato, pur sempre nel limite delle sue
    caratteristiche.
  • Nel locale caldaia devono essere sicuramente presenti degli estintori (si veda Voce,
    Estintori), mentre la disciplina relativa al certificato di prevenzione incendi (si veda
    Voce, CPI) varia a seconda della potenza dell’impianto, potendo essere sufficiente una
    semplice Scia, oppure essere necessario l’ottenimento del certificato appena menzionato.
68
Q

Lucernario*

A
  • Il lucernario è quella copertura avente lo scopo di dare luce e, ove apribile, anche aria agli ambienti sottostanti.
  • In ambito condominiale è possibile trovare dei lucernari nei sottotetti o anche alla sommità della scale dell’edificio (si veda Voce Luci e vedute).
  • La giurisprudenza, qualora siano posizionati su parti comuni, li ha considerati, stante la funzione descritta, beni condominiali anche se non espressamente menzionati dall’art. 1117 c.c. (Cass. 20 settembre 2012 n. 15848).
69
Q

Muri maestri*

A
  • Sono muri maestri quei muri che hanno la funzione di reggere o racchiudere l’edificio.
  • Nell’attuale tecnica costruttiva i muri maestri sono per lo più sostituiti da pilastri e travi portanti (si vedano Voci, Pilasti e Travi portanti), che rendono la costruzione più solida ed al contempo più leggera.
  • In quegli edifici in cui sono presenti i muri maestri, anche se inseriti all’interno di unità immobiliari, stante la loro precipua funzione, non può dubitarsi della loro condominialità.
70
Q

Muri perimetrali*

A
  • I muri perimetrali hanno la funzione di delimitare l’edificio e più in generale quello che possiamo definire lo spazio condominiale rispetto alla proprietà pubblica o privata altrui.
  • Rispetto ai muri perimetrali dell’edificio non si pongono dubbi sulla loro natura condominiale, pur non essendo espressamente citati nell’art. 1117 c.c.
  • Com’è stato affermato in più occasioni dalla Corte di Cassazione, infatti, “i muri perimetrali
    dell’edificio in condominio - i quali, anche se non hanno natura e funzioni di muri maestri portanti, delimitano la superficie coperta, determinano la consistenza volumetrica dell’edificio unitariamente considerato, proteggendolo dagli agenti termici e atmosferici, e ne delineano la sagoma architettonica - sono da considerare comuni a tutti i condomini anche nelle parti che si trovano in corrispondenza dei piani di proprietà singola ed esclusiva e quando sono collocati in posizione, avanzata o arretrata, non coincidente con il perimetro esterno dei muri perimetrali esistenti in corrispondenza degli altri piani, come normalmente si verifica per i piani attici” (Cass. 21 febbraio 1978, n. 839, in senso conf. Cass. 2 marzo 2007, n. 4978).
  • Da non confondere i muri perimetrali con i muri di confine (art. 874 c.c.) e con il muro di cinta (art. 878 c.c.), che hanno la funzione di delimitare la proprietà rispetto all’altrui privata o pubblica e che sono da considerarsi condominiali in ragione della loro funzione di delimitazione di spazi omuni.
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Q

Muro di confine*

A
  • Il confine è il punto in cui s’incontrano due distinte proprietà.
  • Su di esse può essere posto un muro con la precipua funzione di delimitarle. Il muro di confine, per espressa previsione di legge (art. 874 c.c.), si presume comune tra i proprietari dei fondi confinanti.
  • Nel caso in cui il muro serva da confine tra un giardino privato ed un vialetto condominiale, la comproprietà sussisterà tra il condominio ed il singolo condomino.
  • Lo stesso dicasi nel caso di muro di confine tra spazi comuni e proprietà private non
    facenti parte del condominio.
  • Nel caso in cui il muro separi la proprietà condominiale da quella pubblica avremo un muro di cinta.
72
Q

Muri di tamponamento*

A
  • Altrimenti conosciuti come pannelli di riempimento, tamponatura o muri di tompagno,
    i muri di tamponamento altro non sono che quelle pareti che si ergono tra un pilastro
    e l’altro aventi la funzione di chiudere l’edificio evidentemente schermandolo dagli
    agenti atmosferici.
  • La Corte di Cassazione, in assenza di specifica indicazione dell’art. 1117 c.c., s’è pronunciata a favore della proprietà condominiale di tali parti della struttura dell’edificio.
73
Q

Parcheggio*

A
  • Spazio destinato allo stazionamento temporaneo e/o alla sosta di veicoli.
  • Il parcheggio può essere promiscuo, potendo ospitare cicli, motocicli e veicoli, oppure solamente destinato ad una tipologia di veicolo (es. biciclette).
  • I parcheggi ubicati in condominio si considerano comuni salvo diversa indicazione del titolo.
  • SOLO DOPO IL 2005: Per quanto la legge imponga la costruzione di un numero minimo di parcheggi, in quanto prevede di riservare un metro quadrato destinato a parcheggio per ogni 10 metri cubi di costruzione (art. 41-sexies l. n. 1150/1942), tale vincolo non produce alcuna pertinenzialità rispetto alle unità immobiliari ubicate nell’edificio. Ergo: i parcheggi (ivi compresi i box auto, si veda Voce, Box), sono liberamente commerciabili, senza alcun vincolo rispetto alle unità immobiliari.
  • Ad ogni modo, visto il susseguirsi negli anni di leggi e agevolazioni fiscali specifiche per la realizzazione dei parcheggi, riguardo alla pertinenzialità rispetto le unità immobiliari occorre specificare che:
    1) Sono liberamente trasferibili i parcheggi costruiti anteriormente al 1 settembre 1967;
    2) Sono liberamente trasferibili i parcheggi costruiti in eccedenza rispetto al vincolo di cui all’art. 41 sexties;
    3) I parcheggi costruiti tra il 1967 ed il 2005 sono alienabili solo con vincolo ex 41 sexties, con la conseguenza che seppure la proprietà è trasferita ad altri colui che abita nell’immobile ha il relativo diritto d’uso;
    4) I parcheggi costruiti con agevolazioni fiscali di cui alla Legge Tognoli, Lunardi o altre Leggi Speciali non sono mai liberamente alienabili separatamente;
    5) Sono liberamente trasferibili i parcheggi costruiti (senza agevolazioni) successivamente al 16 dicembre 2005.
  • Negli edifici di più datata costruzione in assenza di aree specificamente destinate a parcheggio posso essere considerate tali, salvo espressi divieti, tutte quelle comunque utilizzabili in tal senso.
  • I parcheggi soggiacciono alla disciplina di prevenzione incendi in quanto costruiti con le modalità (es. autorimessa coperta) soggette a quella normativa.
  • Parcheggi disabili: È fondamentale che la larghezza della zona di sosta sia tale da permettere l’apertura completa della portiera, l’affiancamento dell’auto con la carrozzina e i trasferimenti automobile/carrozzina.
    Per questo la larghezza minima indicata è pari a 3m. I parcheggi, inoltre, devono essere segnalati e facilmente raggiungibili tramite percorsi pedonali. Questi requisiti vanno ovviamente rispettati anche nella costruzione o nelle eventuali modifiche apportate ad un garage.
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Q

Passo carrabile*

A
  • La nozione di passo carrabile la si può trarre dal decreto legislativo n. 507 del 1993, che istituisce la tassa per l’occupazione di suoli ed aree pubbliche (si veda Voce, Tosap).
  • L’art. 44, quarto comma, d.lgs n. 507/93 recita: “sono considerati passi carrabili quei manufatti costituiti generalmente da listoni di pietra od altro materiale o da appositi intervalli lasciati nei marciapiedi o, comunque, da una modifica del piano stradale intesa a facilitare l’accesso dei veicoli alla proprietà privata”.
  • Il passo carrabile è un area di proprietà comunale (se il marciapiede è comunale), sulla quale grava un onere di manutenzione in capo al condominio, quale ente tenuto alla gestione delle cose di proprietà comune.
  • Il suddetto passo carrabile è soggetto da un tassa determinata dal Comune competente in ragione dei parametri legislativi.
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Q

Pensilina*

A
  • Struttura di vari materiali (materie plastiche, ferro, acciaio, ecc.) che ha la funzione di fornire riparo dagli agenti atmosferici.
  • La pensilina può essere rappresentata da una struttura a sé stante (classico l’esempio delle pensiline pubbliche per l’attesa degli autobus), oppure da elemento a sbalzo rispetto alla sagoma di un edificio o comunque del manufatto in cui sono collocate.
  • Le pensiline possono essere coeve all’edificazione del palazzo, oppure possono essere apposte successivamente. L’installazione di una pensilina in un edificio in condominio non modifica la destinazione della cosa, ma rappresenta una semplice modificazione che, se non comporta notevole spesa può essere deliberata con le seguenti maggioranze:
    a) in prima convocazione maggioranza favorevole degli interventi e 500 millesimi;
    b) in seconda convocazione maggioranza favorevole degli intervenuti e 333 millesimi.
  • Se si tratta di intervento di notevole entità (economica) è sempre necessaria la maggioranza di cui al punto a).
  • L’installazione di una pensilina potrebbe portare ad eccepire l’alterazione del decoro: su chi la eccepisse, però, graverebbe l’onere di provare tale alterazione (si veda Voce, Decoro architettonico).
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Q

Pianerottolo*

A
  • Il pianerottolo è una parte della struttura delle scale che, consentendo il passaggio da una rampa all’altra in corrispondenza dei piani o comunque a metà tra gli stessi, può essere considerato di proprietà comune ai sensi dell’art. 1117 c.c. anche se non espressamente menzionato.
  • Si tratta, tuttavia, di una valutazione, quella della condominialità del pianerottolo, che va eseguita caso per caso in relazione alla concreta conformazione dell’immobile. In tal senso è stato affermato che il “pianerottolo”, non espressamente indicato nell’elenco
    dei beni di cui all’art. 1117 c.c.; in tanto può considerarsi in esso incluso, quale elemento strutturale collegato alle scale, in quanto, essendo ad esse vicino, sia funzionalmente adibito a consentire il passaggio da una rampa di scale all’altra, nonché a dare accesso alle proprietà esclusive che su esso si aprono” (Cass. 14 febbraio 2006 n. 3159).
77
Q

Pianta*

A
  • Organismo vivente vegetale costituito da radici, foglie e fiori.
  • In ambito condominiale le piante hanno precipua funzione ornamentale e possono essere allocate nei cortili, nell’androne, sui pianerottoli ed in genere in tutte quelle parti comuni atte ad accoglierle senza nocumento o disturbo per altre modalità d’uso.
  • Le piante possono essere collocate nelle parti comuni dai singoli condòmini, in tal caso bisogna evitare che l’uso della cosa comune trascenda dai limiti imposti dalla legge (art. 1102 c.c., si veda Voce, uso delle cose comuni).
  • Le piante, inoltre, possono essere collocate nelle parti comuni a seguito di specifica deliberazione dell’assemblea: in tal caso devono considerarsi beni comuni a tutti gli effetti.
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Q

Pilastro*

A
  • Elemento strutturale di un edificio, solitamente in acciaio o cemento armato.
  • I pilastri sono annoverati dall’art. 1117 c.c. tra le parti comuni dell’edificio. Alla manutenzione dei pilastri devono partecipare tutti i condòmini, rappresentando gli stessi elementi fondamentali ed immancabili per l’esistenza dell’edificio.
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Q

Pilotis (piano)

A
  • Si tratta del primo piano fuori terra dell’edificio, caratterizzato dalla esclusiva presenza di pilastri (solitamente in cemento armato), avente una funzione di passaggio ove nel suo ambito sia posizionato il portone d’accesso all’edificio o eventualmente di parcheggio,
    laddove la collocazione consenta l’accesso delle autovetture o di cicli e motocicli.
  • Com’è stato precisato, il piano pilotis può essere utilizzato quale autorimessa, ma solamente se è utilizzato in tal modo, non potendo avere destinazione promiscua con il transito in entrata ed in uscita dall’edificio (Nota prot. n. P404/4108 sott. 22 del 11/4/2001 - Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Ascoli Piceno).
  • È sempre consigliabile leggere le norme contenute negli strumenti urbanistici locali che spesso definiscono in maniera puntuale la nozione di piano pilotis.
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Q

Piscina*

A
  • Vasca di grandi dimensioni prevalentemente a forma rettangolare che può essere presente negli edifici in condominio, specie nei supercondominii, quale elemento di svago per i residenti ed i loro ospiti.
  • Laddove si sia in presenza di un regolamento contrattuale (si veda Voce, Regolamento condominiale) che assoggetti la piscina al regime del condominio, non vi sono dubbi sull’applicabilità a questo elemento delle norme dettate in materia di condominio.
  • Diverso il caso del silenzio degli atti: in tal caso è molto importante la valutazione dell’utilità di questo bene.
  • Ove lo stesso sia considerato strumentale e/o accessorio al godimento delle unità immobiliari, non può revocarsi in dubbio che la piscina debba essere soggetta al regime del condominio.
  • Se, tuttavia, nella valutazione dovesse prevalere un elemento di autonoma utilità, allora la piscina dovrebbe essere regolata dalle norme dettate in materia di comunione (cfr. in tal senso Cass. 7 luglio 2000 n. 9096).
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Q

Pompa sommersa*

A
  • La pompa sommersa, altrimenti detta elettropompa o pompa ad immersione, è una macchina utile a sollevare le acque meteoriche o comunque le acque in eccesso per convogliarle nella fogna condominiale e da qui alla così detta fogna bianca pubblica.
  • Quanto alla natura condominiale della pompa sommersa – non espressamente menzionata dall’art. 1117 c.c. – la Corte di Cassazione (Cass. 21 marzo 2016 n. 5548) non ha mostrato dubbi, al di là della sua effettiva collocazione, allorquando la stessa svolga un funzione utile ad una parte comune dell’edificio (es. autorimessa, risultando parte integrante dell’impianto fognario: si veda Voce, Impianto fognario).
82
Q

Porta*

A
  • La porta è un’apertura praticata in un muro che consente il passaggio da un ambiente ad un altro.
  • In ambito condominiale è possibile distinguere porte di esclusiva proprietà (quelle che danno accesso alle unità immobiliari di proprietà esclusiva), da porte di proprietà comune.
  • Classici gli esempi dei portoni d’ingresso e delle porte che consentono l’accesso alle cantine o all’autorimessa.
  • La giurisprudenza è tendenzialmente orientata a considerare lecita l’apertura di nuove porte tra unità immobiliari e parti comuni (es. nell’androne, cfr. Cass. 14 novembre 2014 n. 24295), fermi restando i limiti di cui all’art. 1102 c.c. (si veda Voce, uso della cosa comune), ma nega la legittimità dell’apertura praticata tra due unità immobiliari ubicate in condòmini diversi, poiché riconosce nella stessa la costituzione di una servitù
    a carico del condominio, ossia di tutti gli altri condòmini (in tal senso, tra le varie, Cass. 05 marzo 2015 n. 4501).
  • Sono parte integrante delle porte, il telaio, i cardini, le ante e tutti gli elementi che connotano l’elemento materiale che s’installa sull’apertura praticata nel muro.
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Q

Portico*

A
  • Ambiente di passaggio, generalmente aperto al pubblico transito, che consente l’accesso all’edificio dalla pubblica via. Il portico è solitamente caratterizzato dall’affaccio diretto di locali destinati ad attività commerciale/artigianale.
  • I portici possono essere soggetti a servitù di pubblico passaggio al momento del
    rilascio del permesso di costruire, quindi con un atto ben definito, oppure tale servitù
    può sorgere in ragione della destinazione ab origine a quell’uso. Si parla in tal caso
    di dicatio ad patriam.
  • Nel caso di servitù di pubblico passaggio, l’ente comunale è competente al pagamento delle spese di illuminazione e manutenzione della pavimentazione dei portici (cfr. art. 40 legge n. 1150/42).
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Q

Portiere*

A
  • Il portiere di uno stabile è quella persona legata al condominio da un vincolo di dipendenza o collaborazione, cui sono affidate mansioni di pulizia e guardiania dello stabile.
  • L’attività di portierato si differenzia da quella di vigilanza privata
  • Tale figura è legata al condominio da un contratto di lavoro subordinato secondo le norme fissate in materia dal contratto collettivo nazionale di categoria
  • il periodo di prova ha durata bimestrale
  • obbligo di tenere aperto il portone per 11 ore giornaliere
  • l’orario di lavoro non può superare le 47 ore settimanali e le 30 ore settimanali per i rapporti professionali part-time
  • le ore prestate in eccedenza costituiscono lavoro straordinario
    un giorno di riposo a settimana, che solitamente coincide con la domenica
    – ferie annuali pari a giorni 26, ex art. 60 CCNL
    – permessi straordinari retribuiti non superiori ad 80 ore lavorative;
    – congedo matrimoniale retribuito per giorni 15
    – preavviso sino a tre mesi in caso di licenziamento escluso il licenziamento in tronco, ex art. 98 CCNL
    – alla cessazione del rapporto, certificato del compiuto servizio ex art. 99 CCNL.
  • Se donna, Per quanto concerne poi la maternità, Si prevedono il divieto di licenziamento dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno del bambino,
    il congedo per maternità due mesi prima e tre mesi dopo il parto e la possibilità di sei mesi di astensione dopo la nascita del bambino
  • In caso di comportamenti che costituiscono violazione del contratto, il portiere può essere sottoposto a provvedimenti disciplinari che, a seconda della gravità della mancanza, possono essere:
    – il rimprovero verbale o scritto
    – la multa
    – il licenziamento in tronco, ex art. 103 del contratto.
  • Le mansioni possono variare a seconda della tipologia contrattuale che le parti concordano di sottoscrivere. È dibattuto in dottrina e giurisprudenza quale sia la maggioranza necessaria per l’istituzione e la successiva soppressione del servizio di portierato oltre che dell’eventuale licenziamento del portiere.
  • In una pronuncia resa dal Tribunale di Torino si legge che “non costituisce innovazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 1120 c.c., l’istituzione del servizio di portierato in uno stabile altamente signorile e con locali già idonei all’espletamento di tale servizio; di conseguenza, la relativa delibera assembleare può essere assunta a maggioranza semplice” (Trib. Torino 16 marzo 1981, in Codici dell’edilizia, locazioni condominio, 445).
  • Deve ritenersi che, afferendo il servizio di portierato ad un servizio reso nell’interesse comune, esso possa essere istituto/soppresso a maggioranza assoluta(si veda Voce, Quorum deliberativi), così come il licenziamento del portiere possa essere deliberato con le medesime maggioranze a meno che non sia previsto un cambio di destinazione d’uso dell’alloggio del portiere nel qual caso occorrebbe una maggioranza qualificata.
  • L’eventuale sostituto deve essere designato da lui o avallato da lui se proposto dal condominio. In caso di morte per i 3 anni successivi l’alloggio dovrà rimanere a disposizione degli eventuali conviventi e per lo stesso periodo dovrà essere stipulato un contratto a tempo per il sostituto.

INFORTUNI SUL LAVORO
- il responsabile è l’amministratore che deve conservare un registro infortuni

  • Se 1 solo dipendente
    • se prima del 1997
      • basta mandare una comunicazione scritta esaustiva sui rischi del lavoro
    • se dopo il 1997
      • il portiere deve frequentare un corso sulla sicurezza sul posto di lavoro a spese del condominio (La formazione deve essere attuata ogni volta che il portiere viene assunto, quando cambia mansioni e quando vengono introdotte nuove attrezzature di lavoro, nuove tecnologie, nuove sostanze e preparati pericolosi).
      • l’amministratore dovrà segnalare tramite raccomandata i pericoli connessi all’uso di sostanze pericolose (per esempio ammoniaca pura per le pulizie, ecc.), nonché le procedure previste per il pronto soccorso, la prevenzione incendi e l’evacuazione dal posto di lavoro.
  • se 2 o più dipendenti:
  • occorre eleggere un RLS (rappresentante dei lavoratori per la sicurezza)che dvorà frequentare un corso di 32 ore e un RSSP (resposanbile servizio prevenzione e protezione)
  • Se il servizio viene fornito da una società esterna diventano obblighi della società
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Q

Portineria*

A
  • Per portineria deve intendersi il locale o l’insieme dei locali nei quali si svolge una parte del lavoro del portiere.
  • I locali destinati all’attività di portierato sono annoverati tra quelli di proprietà comune (art. 1117 n. 2 c.c.), ma è possibile che gli stessi siano di proprietà esclusiva con specifico vincolo di destinazione d’uso.
  • In assenza di locali destinati alla portineria, è ben possibile che sia allestito nell’androne o in altro luogo comune, atto ad ospitare una postazione per il portiere.
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Q

Portone di ingresso*

A
  • Il portone è definito come porta di notevoli dimensioni, solitamente posta nel luogo di accesso ad un edificio.
  • Il portone è parte comune ai sensi dell’art. 1117 c.c.
  • Nel caso in cui l’edificio in condominio abbia più portoni d’ingresso, le spese per la loro manutenzione – come la loro proprietà (si veda Voce, Condominio parziale) – sono a carico dei soli condòmini che ne traggono utilità (art. 1123, terzo comma, c.c.).
  • Rispetto alle unità immobiliari aventi esclusivo accesso autonomo rispetto al portone d’ingresso, la giurisprudenza ha affermato che anche i loro proprietari “debbono concorrere alle spese di manutenzione inerenti all’androne ed alle scale (nella specie: portone, moquette e passatoia dell’ingresso, nonché illuminazione dei servizi comuni) in quanto costituiscono elementi necessari per la configurazione stessa del fabbricato ed in quanto rappresentano strumenti indispensabili per il godimento e la conservazione delle strutture di copertura, cui tutti i condomini sono tenuti per la salvaguardia della proprietà individuale e per la sicurezza dei terzi” (App. Milano 3 luglio 1992).
  • Tale affermazione va comunque valutata alla luce delle risultanze dei titoli, ben potendo essere ivi contenuta una riserva di proprietà del portone a favore di uno o più condòmini (in tal senso Cass. 15 giugno 1998 n. 5948).
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Q

Pozzo luce*

A
  • Il pozzo luce, al pari del cavedio, della chiostrina, della vannella (si vedano Voci relative) è un cortile di piccole o piccolissime dimensioni che ha la funzione di dare luce ed aria ad ambienti secondari delle unità immobiliari che vi si affacciano.
  • Data questa funzione, è parte comune in tutta la sua interezza, pur non essendo espressamente menzionato nell’art. 1117 del codice civile.
88
Q

Ringhiera*

A
  • Elemento di una costruzione finalizzato a costituire una barriera contro le cadute.
  • Le ringhiere possono essere parte di un balcone, elementi verticali di un lastrico solare, oppure del vano scale.
  • L’altezza delle ringhiere in relazione a balconi, terrazze e scale è disciplinata dal decreto ministeriale n. 236 del 1989. Rispetto a balconi e terrazze, è l’art. 8 a specificarlo “il parapetto deve avere una altezza minima di 100 cm ed essere inattraversabile da una sfera di 10 cm di diametro” (art. 8.1.8.).
  • Il parapetto delle scale “che costituisce la difesa verso il vuoto deve avere un’altezza minima di 1,00 m ed essere inattraversabile da una sfera di diametro di cm 10” (art.
    8. 1.10).
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Q

Ripostiglio*

A
  • Il ripostiglio è un vano accessorio di un’abitazione necessario o comunque funzionale all’utilizzazione dei vani principali della suddetta unità immobiliare (in tal senso art. 46 d.p.r. n. 1142/1949).
  • Il ripostiglio condominiale, ossia quel vano avente funzione di piccolo deposito a servizio di tutte le unità immobiliari o comunque a servizio delle esigenze connesse all’uso delle parti comuni (es. deposito attrezzi portiere, ecc.), è considerato un bene comune censibile (si veda Voce, Bene comune censibile), come tale soggetto a specifico accatastamento con attribuzione di autonoma rendita catastale.
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Q

Sala riunioni*

A
  • È l’unità immobiliare destinata ad ospitare lo svolgimento delle assemblee condominiali o comunque all’uso in conformità alla sua destinazione per attività d’interesse comune e, nel limite di cui all’art. 1102 c.c. (si veda Voce, uso della cosa comune), all’utilizzo a fini personali.
  • Le forme di utilizzazione differenti da quella principale (sala riunioni) devono comunque essere compatibili con la struttura del vano. In quanto suscettibili di autonoma capacità reddituale – secondo l’opinione unanimemente diffusa – le sale riunioni devono essere inserite tra i beni comuni censibili.
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Q

Sbarra automatica*

A
  • Dispositivo atto a regolamentare l’accesso ad un’area d’uso comune, solitamente un parcheggio.
  • Qualora si tratti di sbarra alimentata elettricamente, alla sua installazione deve seguire rilascio della certificazione di conformità ex d.m. n. 37 del 2008 (si veda
    Voce, Dichiarazione di conformità).
  • La decisione concernente l’installazione di una sbarra non è considerata innovazione (si veda Voce, Innovazioni).
  • Come chiarito in più occasioni dalla giurisprudenza “la
    chiusura di un’area di accesso al fabbricato condominiale con un cancello o con un sbarra comandati elettricamente e con consegna del congegno di apertura e di chiusura ai proprietari delle singole unità immobiliari, rientra nei poteri dell’assemblea dei condomini, attenendo all’uso della cosa comune ed alla sua regolamentazione, senza sopprimere o limitare le facoltà
    di godimento dei condomini e non incorre, pertanto, nel divieto stabilito dall’art. 1120, comma 2 , c.c. per le innovazioni pregiudizievoli delle facoltà di godimento dei condomini, non incidendo sull’essenza del ben comune, né alterandone la funzione o la destinazione” (Cass. 28 agosto 1992 n. 9999, in senso conf. Cass. 23 febbraio 2015 n. 3509).
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Q

Scale*

A
  • Struttura coeva ed incorporata nell’edificio o apposta successivamente (es. scale
    d’emergenza) avente la funzione di consentire l’accesso alle unità immobiliari dislocate
    nei vari piani di cui si compone l’edificio.
  • Quanto alla considerazione delle scale dal punto di vista giuridico, la Corte di
    Cassazione ha avuto modo di specificare che “le scale — oggetto di proprietà comune a norma dell’art. 1117 n. 1 c.c., se il contrario non risulta dal titolo — comprendono l’intera
    relativa «cassa», di cui costituiscono componenti essenziali ed inscindibili le murature che la delimitano, assolvano o meno le stesse, in tutto o in parte, anche la funzione di pareti delle unità immobiliari di proprietà esclusiva cui si accede tramite le scale stesse” (così Cass. 7 maggio 1997, n. 3968).
  • Le spese delle scale dovrebbero essere ripartite 50% millessimi, 50% in funzione del piano e quindi del godimento delle stesse (Art. 1124).
  • Nella realtà potrebbe non venir fatto in quanto già nella ripartizione millesimale si tiene conto dell’altezza della proprietà esclusiva. A questo punto è opportuno, qualora non già precedentemente deliberato, far scegliere in ambito assembleare.
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Q

Scannafosso*

A
  • Si tratta di un manufatto consistente nella scavazione attorno ad un edificio con il precipuo scopo di preservarlo dall’umidità.
  • In termini attuali lo scannafosso è per lo più sostituito dalle così dette intercapedini (si veda Voce, Intercapedine). Lo scannafosso al pari delle intercapedini dev’essere considerato parte comune, ove avente la stessa funzione per l’intero edificio.
  • La realizzazione di uno scannafosso, ove non esistente, è da considerarsi opera innovativa (si veda Voce, Innovazioni), perché rappresenta un opus novum.
  • In quanto finalizzata a migliorare la salubrità degli edifici, la deliberazione della realizzazione di uno scannafosso può essere adottata con le maggioranze previste dall’art. 1120, secondo comma, c.c.
    (maggioranza presenti all’assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio, si veda Voce, Innovazioni).
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Q

Servoscala*

A
  • Il servoscala è un dispositivo che serve per il superamento delle barriere architettoniche in un edificio.
  • Il decreto ministeriale n. 236 del 1989 definisce, tecnicamente, il servoscala come
    quell’apparecchiatura atta a consentire, “in alternativa ad un ascensore o rampa inclinata, il superamento di un dislivello a persone con ridotta o impedita capacità motoria” (4.1.13 d.m. n. 236/89).
  • Sebbene sia più usuale che il servoscala in un edificio in condominio sia installato a spese e cura della persona direttamente interessata al suo utilizzo, in ragione di impellenti necessità o comunque del disinteresse del condominio (si veda art. 2 l. n. 13/89), è possibile che la decisione concernente la sua installazione sia deliberata dall’assemblea (si vedano Voci, Innovazioni e Innovazioni gravose o voluttuarie).
95
Q

Siepe*

A
  • La siepe è una barriera formata da alberi o arbusti atta a proteggere una determinata proprietà, ad esempio per ragioni di riservatezza, oppure utilizzata per mere ragioni
    ornamentali (es. siepi basse nei così detti giardini all’italiana).
  • Le siepi insistenti nei giardini e spazi comuni devono essere considerate anch’esse beni comuni.
  • La piantumazione di siepi deve avvenire nel rispetto delle norme dettate dal codice civile e di quelle previste dai regolamenti ed usi locali.
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Q

Solaio interpiano*

A
  • Struttura piana posta all’interno degli edifici avente la funzione di dividere i vari piani dello stesso.
  • Il solaio ha anche la funzione di sostegno dei muri tramezzi presenti ad ogni singolo piano nelle unità immobiliari di proprietà esclusiva, come anche nelle parti comuni.
  • Il solaio interpiano tra unità immobiliari di proprietà esclusiva è in comproprietà tra i titolari delle stesse che si divideranno le spese di manutenzione in parti uguali (art. 1125 c.c., si veda Voce, Criteri legali di ripartizione), in particolare “restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto”;
  • Quello a servizio delle parti comuni è a tutti gli effetti parte condominiale. Se il solaio interpiano è piano di calpestio di una parte comune e copertura di una o più unità immobiliari di proprietà esclusiva ai fini delle spese di manutenzione si fa sempre riferimento all’art. 1125 c.c.
  • È escluso dall’ambito di applicazione dell’art. 1125 c.c. il caso di spese conseguenti a danni addebitabili ad una sola delle parti interessate.
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Q

Sottoscala*

A
  • Il sottoscala è quella parte di edificio che si estende tra il piano di calpestio e la rampa delle scale.
  • Solitamente il così detto sottoscala è presente al piano terreno ed ai piani interrati, ma non si può a priori escludere l’esistenza di sottoscala anche ai piani intermedi.
  • Il sottoscala anche se non elencata nel 1117 è ritenuta comune per presunzione
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Q

Sottosuolo*

A
  • Il sottosuolo “è costituito dallo spazio sottostante il suolo ed esistente in profondità; esso, ancorché non espressamente menzionato dall’art. 1117 c.c., va considerato di proprietà comune in mancanza di un titolo, che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei
    condomini, avuto riguardo alla funzione di sostegno che contribuisce a svolgere per la stabilità del fabbricato (Cass. 24 ottobre 2006, n. 22835; Cass. 9 marzo 2006, n. 5085; Cass. 28 aprile 2004, n. 8119; Cass. 11 novembre 1986, n. 6587)” (Cass. 15 febbraio 2008, n. 3854).
  • Stante la natura condominiale del sottosuolo, la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittima l’escavazione del sottosuolo da parte di un condomino cui segua l’apprensione di quella porzione di terreno (Cass. 5 giugno 2015, la n. 11667).
99
Q

Sottotetto*

A
  • Il sottotetto di un edificio è quel vano compreso tra il tetto, ossia la copertura dello
    stabile, ed il solaio dell’ultimo piano.
  • La natura condominiale del sottotetto è stata lungamente dibattuta. L’art. 1117 n. 2
    del codice civile specifica che il sottotetto è parte comune, salvo diversa disposizione
    del titolo, quando per le caratteristiche strutturali e funzionali, è destinato all’uso
    comune.
  • La giurisprudenza ha specificato che “ove trattisi di vano destinato esclusivamente a servire da protezione dell’appartamento dell’ultimo piano esso ne costituisce pertinenza e deve perciò considerarsi di proprietà esclusiva del proprietario dell’ultimo piano, mentre va annoverato tra le parti comuni se è utilizzabile, anche solo potenzialmente, per gli usi comuni, dovendosi in tal caso applicare la presunzione di comunione prevista dalla norma citata, la quale opera ogni volta che nel silenzio del titolo il bene sia suscettibile, per le sue caratteristiche, di utilizzazione da
    parte di tutti i proprietari esclusivi” (Cass. 19 dicembre 2002, n. 18091 in senso conf.
    Trib. Milano 16 agosto 2007 e C.D.S. 14 settembre 2005 n. 4744). La presenza, ad
    esempio, di impianti o parti d’impianto destinati all’uso comune nel vano sottotetto è
    sicuramente indice della sua natura condominiale.
  • Quasi tutte le regioni hanno emesso normative in merito al recupero del sottotetto, con lo scopo di limitare l’eccessiva espansione delle città e ovviare alla mancanza d nuovi spazi edificabili nei centri abitati.
  • Il recupero dei sottotetti è realtà in tutto il territorio nazionale ma, in base alla Regione in cui ci troviamo, possono variare le opzioni a disposizione.
  • Cambiare la destinazione d’uso dei locali, come trasformare un sottotetto in mansarda ad uso abitativo, richiede comunque la presentazione di un progetto al Comune di residenza al quale chiedere anche le dovute autorizzazioni.
100
Q

Stenditoio*

A
  • Locale destinato a stendere o asciugare panni.
  • L’art. 1117 n. 2 c.c. indica gli stenditoi quali locali comuni, salvo diversa indicazione del titolo.
  • Il locale stenditoio può essere specificamente previsto al momento della costruzione dell’edificio/costituzione del condominio (in tal caso è necessario uno specifico accatastamento quale bene comune censibile, si veda Voce relativa), oppure può essere creato in spazi non specificamente destinati a tale uso. Si pensi, ad esempio al sottotetto comune (Cass. 22 aprile 1986 n.
    2824, si veda Voce, Sottotetto)
101
Q

Strada*

A
  • L’art. 2 del codice della strada (d.lgs n. 285/1992) definisce, ai propri fini, la strada come “l’area ad uso pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali”.
  • In ambito condominiale non vi sono molte differenze, ma semplicemente non si può parlare di uso pubblico, quanto piuttosto di uso privato finalizzato all’accesso alle unità immobiliari, nonché all’uscita dalle stesse.
  • La strada condominiale può essere utilizzata solamente dai proprietari/utilizzatori delle unità immobiliari, nonché dai proprietari dei fondi aventi servitù di passaggio sulla stessa ed eventualmente dai visitatori (parenti, clienti, ecc.) dei condòmini.
  • La natura condominiale della strada, non espressamente menzionata dall’art. 1117 c.c. non può che essere esclusa da una diversa indicazione del titolo allorquando la stessa svolga le funzioni appena menzionate.
  • Resta ferma la possibilità di gravare la strada di una servitù per uso pubblico.
  • Il codice della strada trova applicazione rispetto alle strade condominiali solamente se queste sono destinate all’uso pubblico, ovverosia ad un numero indeterminato ed indiscriminato di persone (TAR Puglia Sez. II 24 marzo 1994, n. 491).
  • Quanto alla copertura assicurativa in relazione ai sinistri su strade private, è necessario operare una distinzione tra:
    a) i rapporti tra l’assicurato che ha causato il sinistro e l’assicurazione, rispetto ai quali vale quanto previsto nel contratto;
    b) il danneggiato e l’assicurazione, in quanto l’azione diretta verso di essa in ragione delle norme sull’assicurazione obbligatoria pare sussistere solamente se la strada era aperta all’uso pubblico o comunque fosse equiparabile a tali aree (ad. es. Cass. 15 aprile 1996 n. 3538).
  • Nei casi di strade ad uso esclusivamente condominiale, la pubblica autorità non ha alcuna competenza a sanzionare comportamenti contrari al codice della strada, quali ad esempio, sanzioni e rimozioni forzate. La competenza in merito alle sanzioni è esercitabile dall’assemblea (si veda Voce, Multe condominiali), mentre per la rimozione è necessario un provvedimento giurisdizionale, non prevedendo la legge simili poteri di
    autotutela in capo al condominio.
102
Q

Suolo*

A
  • La definizione di suolo in relazione alle parti comuni dell’edificio, tra le quali esso è espressamente menzionato (art. 1117 n. 1 c.c.), è stata fornita dalla giurisprudenza.
  • La Corte di Cassazione, in più occasioni, ha affermato che “il “suolo su cui sorge l’edificio” attribuito, a norma dell’art. 1117 c.c., n. 1, in proprietà comune ai condomini, è costituito dalla porzione di terreno sulla quale poggia l’intero edificio e, quindi, la parte infima di esso (Cass., Sez. 2^, 22 marzo 1996, n. 2496).
  • Il suolo non è configurato dalla superficie a livello del piano di campagna, ma dalla porzione di terreno su cui viene ad insistere l’intero fabbricato e, più specificamente, dalla parte inferiore di esso (secondo una accezione diversa da quella di cui all’art. 840 c.c., che si riferisce alla sola superficie esposta all’aria): con la
    conseguenza che i condomini sono comproprietari non della superficie a livello di piano di campagna la quale, normalmente, a causa dello sbancamento e della costruzione del fabbricato, è venuta a mancare - bensì del tratto di terreno sito in profondità, sottostante cioè al piano di campagna del fabbricato, sulla quale posano le fondamenta della costruzione (Cass. 28 aprile 2004, n. 8119; Cass. 19 dicembre 2002, n. 18091; Cass. 26 gennaio
    2000, n. 855; Cass. 24 agosto 1998, n. 8346)” (Cass. 15 febbraio 2008, n. 3854).
103
Q

Terrazza / Terrazza a livello*

A
  • La terrazza di copertura dell’edificio è nella sostanza un lastrico solare dotato di balaustre che ne consente l’utilizzo in sicurezza.
  • Ove in proprietà comune, le spese di manutenzione di questa parte di edificio sono a carico di tutti i condòmini secondo i millesimi di proprietà, salvo diverso accordo.
  • Se in proprietà/uso esclusivo, le spese devono essere ripartite in ragione di quanto previsto dall’art. 1126 c.c. ossia per un terzo a carico del proprietario/utilizzatore esclusivo ed i restanti due terzi secondo i millesimi di proprietà tra i proprietari delle unità immobiliari da questa coperte.
  • Stessa disciplina per il così detto terrazzo a livello, che rappresenta una superficie posta ad un piano intermedio e quasi sempre in uso/proprietà esclusiva.
104
Q

Tetto*

A
  • Il tetto è la copertura dell’edificio. Si distingue dal lastrico in quanto, a differenza di
    quest’ultimo, il tetto è inclinato.
  • Il tetto solitamente ha più facce e viene definito a spiovente ed è completato dalle tegole che possono essere di diverso materiale e forma.
  • Nel tetto sono presenti una linea di colmo, che corrisponde con l’altezza massima riscontrabile nel punto di unione delle due facce, e una linea di gronda, corrispondente al punto più basso, ossia al punto d’intersezione delle facce con la base orizzontale sottesa.
  • Il tetto ha sicuramente natura condominiale, ma anche in relazione ad esso, il titolo può riservarne la proprietà ad uno o più condòmini.
  • Come è stato efficacemente evidenziato in seno alla giurisprudenza di merito e di legittimità, “allorquando il tetto di un edificio in condominio è di proprietà esclusiva di uno dei partecipanti alla comunione, le spese di manutenzione del tetto stesso possono ripartirsi tra tutti i condomini con i criteri di cui all’art. 1126 c.c., come stabilito per i lastrici solari di uso esclusivo, salvo il caso in cui le dette spese siano poste a carico del proprietario esclusivo del tetto in base a una specifica ed espressa pattuizione, non potendosi altrimenti presumere che quest’ultimo, per il solo fatto di essersi riservata la proprietà esclusiva, abbia inteso assicurare la copertura ai proprietari delle unità immobiliari sottostanti, con esonero dei medesimi da ogni concorso nelle spese di manutenzione del tetto (cfr. Cassazione civile , sez. II, 30 gennaio 1985, n. 532; Cassazione civile , sez. II, 9 giugno 1961, n. 1338)” (Trib. Salerno 17 aprile 2008). A determinate condizioni (assenza di pericoli per sicurezza e stabilità, nonché mancanza di alterazioni del decoro), il tetto è modificabile, ad esempio, per la creazione di abbaini (si veda Voce, Abbaino).
  • Diverso il caso della creazione di una terrazza, anche solamente in una parte del tetto, in quanto la stessa comporterebbe l’attrazione nella sfera di esclusiva disponibilità di un condomino di una parte comune; per simili operazioni è sempre necessario il consenso di tutti i partecipanti al condominio.
  • La trasformazione del tetto in lastrico comune, invece, è un’innovazione (si veda Voce, Innovazioni).
105
Q

Travi portanti*

A
  • La trave è un elemento strutturale di un edificio che, al pari dei pilastri, serve a consentire la sua stabilità e lo scarico dei pesi.
  • Prima dell’entrata in vigore della legge di modifica della disciplina del condominio, le travi portanti non erano menzionate tra le parti comuni. Era stata la giurisprudenza a certificarne la natura condominiale (Cass. 18 gennaio 2005 n. 962).
  • L’art. 1117 c.c. ha spazzato via ogni dubbio menzionando espressamente le travi portanti tra i beni comuni.
106
Q

Utenze condominiali*

A
  • Con il termine utenza si fa generalmente riferimento alla condizione della persona (l’utente) che usufruisce di un bene o un servizio.
  • In ambito condominiale è sicuramente possibile parlare di utenze comuni in relazione a tutti quei beni e servizi rispetto ai quali l’amministratore funge da controparte del fornitore, quale legale rappresentante del condominio.
107
Q

Vanella*

A
  • Al pari di pozzo luce, chiostrina e cavedio (si vedano Voci relative), la vanella è “un
    cortile di piccole o di piccolissime dimensioni, che serve prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (bagni, gabinetti, disimpegni, servizi etc.)” (Cass. 7 aprile 2000, n. 4350).
108
Q

Vestiboli*

A
  • Il vestibolo, termine utilizzato per lo più con specifico riferimento alle abitazioni
    antiche, altro non è che un androne, ossia un ambiente di passaggio interposto tra il
    portone d’ingresso e le scale o altri ambienti condominiali e/o direttamente di proprietà
    esclusiva (si veda Voce, Androne).
109
Q

Volume tecnico*

A
  • Sono volumi tecnici “ai fini della esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, i volumi strettamente necessari a contenere ed a con sentire l’accesso di quelle parti degli impianti tecnici (idrico, termico, elevatorio, televisivo, di parafulmine, di ventilazione, ecc) che non possono per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare luogo entro il corpo dell’edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche” (così Circolare del Ministero dei Lavori pubblici n. 2474 del 31 gennaio 1973).
  • Sulla falsariga della definizioni di matrice ministeriale, il Consiglio di Stato ha affermato che con la locuzione “volume tecnico si fa riferimento a quelle opere edilizie
    completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnicofunzionali della costruzione stessa.
  • Si tratta in particolare di impianti necessari per l’utilizzo dell’abitazione che non possono essere ubicati all’interno di questa, connessi alla condotta idrica, termica, ascensore ecc., mentre va escluso che possa parlarsi di volumi tecnici al di fuori di tale ambito, al fine di negare rilevanza giuridica ai volumi comunque esistenti nella realtà fisica” (C.d.S. 4 maggio 2010, n. 2565).
110
Q

Vespaio*

A
  • In termini prettamente tecnici, nel campo delle costruzioni edilizie, il vespaio altro non è che un sistema di isolamento del terreno (o dello scantinato) di un edificio, dall’umidità del suolo, che può realizzarsi in vari modi, tutti basati sul principio della circolazione dell’aria.
  • Scopo principale è quindi quello di salvaguardare la struttura da possibili infiltrazioni di acqua e dall’eventuale umidità di risalita.
  • Se non specificatamente indicato negli atti di vendita, l’intercapedine tra il piano di posa delle fondazioni e la superficie del piano terra, in altri termini il cd. vespaio esistente tra suolo e pavimento, appartiene a tutti i condomini, assolvendo la funzione di aerazione e coibentazione del fabbricato.
111
Q

Impianto elettrico*

A
  • L’impianto elettrico condominiale è destinato all’illuminazione delle parti comuni ed al funzionamento degli impianti di proprietà comune come l’ascensore, il bruciatore della centrale termica, l’autoclave, il funzionamento del citofono, dell’apriporta, della centralina T.V. ed altri possibili accessori o apparecchiature di sicurezza.
  • Ai sensi dell’art. 1117 del cod. civ., l’impianto elettrico è da considerarsi un impianto comune a tutti i condomini, salvo titolo contrario.
  • Per gli impianti elettrici civili il progetto è obbligatorio quando la potenza impegnata supera i 6 Kw e, per le singole utenze domestiche di unità abitative, quando la superficie supera i 400 mq..
  • Nell’ambito condominiale rientra, quindi, tutto quello che riguarda le parti comuni, l’ascensore, l’autoclave, l’illuminazione, la centrale termica per i quali, normalmente, si superano i 6 Kw. Per gli impianti preesistenti all’entrata in vigore della legge n. 37/08, l’amministratore deve accertarsi che essi abbiano i requisiti di conformità’ richiesti dalla legge.
112
Q

Realizzazione di opere personali su proprietà comuni*

A
  • L’ art. 1120 stabilisce che sono vietate le innovazioni che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.
113
Q

Canna fumaria*

A
  • La canna fumaria è una tubazione realizzata in materiali vari, e serve a veicolare i fumi che vengono prodotti da un edificio, fino a portarli all’esterno.
  • Può appartenere a tutti i condòmini e quindi essere ad uso di tutti fino alla derivazione della proprietà esclusiva (ripartizione su tabella di proprietà) , ma può anche essere di proprietà esclusiva di un solo condòmino (o un piccolo gruppo di condòmini) e quindi non appartenere più all’intero condominio.
  • E’ possibile proseguire con l’installazione di una canna fumaria anche se gli altri condòmini non sono d’accordo. L’unico vincolo consiste nel rispettare buone caratteristiche tecniche ( almeno 3 metri di distanza dalla finestra del vicino, mantenere la sicurezza e la stabilità dell’edificio), rispettare il decoro architettonico e se se la canna fumaria va installata sul tetto del condominio, bisognerà valutare se questa installazione sottrae lastrico solare o una parte di esso alla possibilità di utilizzo da parte degli altri condòmini.
  • Per la canna fumaria di una centrale termica così come per le canne fumarie collettive vige l’obbligo di scaricare i fumi di combustione sopra il tetto dell’edificio ad una quota di sbocco calcolata secondo la normativa tecnica in materia.
114
Q

Risparmio Energetico impianto riscaldamento centralizzato*

A
  • A partire dal 2016 la normativa D.Lgs. 102/2014 ogni impone ad ogni proprietario l’installazione di valvole termostatiche su ogni termosifone interno alla casa che permette di variare in maniera molto semplice la temperatura che può essere diversa anche da un locale all’altro migliorando la gestione dei consumi e ottenendo un risparmi in quanto permettono di pagare solo il consumo effettivo.
  • ATTENZIONE: non tutte le caldaie sono compatibili con le valvole termostatiche.
  • Alcune, soprattutto quelle più datate, necessitano di interventi. In tale circostanza i condòmini possono riunirsi in assemblea e decidere se conviene renderle compatibili oppure sostituire l’intera caldaia con una di nuova generazione (beneficiando tra l’altro delle
    relative detrazioni fiscali).
  • L’agevolazione fiscale consiste quindi in detrazioni dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) o dall’Ires (Imposta sul reddito delle società) fino anche al 70% ed è concessa quando si eseguono interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti.
  • In particolare, le detrazioni sono riconosciute se le spese sono state sostenute per:
  • la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento;
  • il miglioramento termico dell’edificio (coibentazioni, pavimenti, finestre comprensive di infissi);
  • l’installazione di pannelli solari;
  • la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale.
  • Le condizioni richieste dalla norma per usufruire delle maggiori detrazioni devono essere asseverate da professionisti abilitati attraverso l’attestazione della prestazione energetica degli edifici (APE). L’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) effettua controlli, anche a campione, su queste attestazioni.
  • Per beneficiare dell’agevolazione fiscale è necessario essere in possesso dei seguenti documenti:
    1) Asseverazione da parte di un tecnico abilitato, che consente di dimostrare che l’intervento realizzato è conforme ai requisiti tecnici richiesti.
    2) Attestato di prestazione energetica (APE) finalizzato ad acquisire i dati relativi all’efficienza energetica dell’edificio.
    3) Scheda informativa relativa agli interventi realizzati, redatta secondo lo schema riportato nell’allegato E o F del decreto attuativo (D.M. 19 febbraio 2007).
    La scheda deve contenere: i dati identificativi del soggetto che ha sostenuto le spese e dell’edificio su cui i lavori sono stati eseguiti, la tipologia di intervento eseguito e il risparmio di energia che ne è conseguito, nonché il relativo costo, specificando l’importo per le spese professionali e quello utilizzato per il calcolo della detrazione.
115
Q

Ascensore - installazione e manutenzione*

A
  • Il DPR di riferimento per l’ascensore in condominio e non è il 162/99 con riferimento alla nuova direttiva 2014/3/UE.
  • Le ultime modifiche al 162/99 sono state apportate dal DPR 23/2017.
  • Gli step legati all’impianto ascensore dalla progettazione alla manutenzione sono:
  • Progettazione
  • Costruzione
  • Installazione
  • Collaudo
  • Valutazione e Dichiarazione CE di conformità (l’installatore si assume la responsabilità e lo dichiara conforme - il certificato contiene (nome e indirizzo dell’installatore – descrizione dell’ascensore, designazione del tipo o della serie, numero
    di serie ed ubicazione – anno di installazione – tutte le disposizioni, in particolare le norme armonizzate, alle quali si attiene l’ascensore).
  • Contratto con ditta di Manutenzione e ON (organo notificato)
  • Messa in esercizio (l’amm. entro 10 gg dalla data del rilascio della dichiarazione di conformità deve inviare al comune una comunicazione riportante tutti i dati dell’impianto e dei manutentori. Entro 30 gg il comune assegnerà la matricola che verrà apposto all’interno della cabina dell’ascensore)
  • Manutenzioni periodiche (tutta la vita dell’ascensore - ogni ascensore deve avere un libretto)
  • Verifiche periodiche (tutta la vita dell’ascensore)
  • Modifiche costruttive, in caso di esito negativo di verifiche o incidenti
  • Verifiche straordinarie ( in caso di esito negativo di un controllo di un organismo notificato - in caso di incidenti - in caso di modifiche importanti all’impianto)
  • E’ obbligo dell’amministratore affidare la manutenzione ad una società abilitata che dovrà:
  • Verificare periodicamente il regolare funzionamento dei dispositivi meccanici, idraulici ed elettrici
  • Verificare lo stato di conservazione delle funi
  • Provvedere alla lubrificazione e pulizia delle parti
  • Effettuare la verifica semestrale obbligatoria
  • Promuovere tempestivamente la riparazione o sostituzione delle parti rotte
  • In caso di pericolo fermare l’impianto
  • Inoltre l’amm. deve far effettuare delle verifiche periodiche ogni 2 anni ai soggetti abilitati che potrebbero essere gli organismi notificati, l’asl, l’arpa o l’ispettorato del lavoro.
  • Tale soggetto, a seguito della verifica, rilascia il verbale all’amm. e alla ditta incaricata e qualora l’esito fosse negativo lo comunicherà all’ufficio comunale competente perchè possa prendere i relativi provvedimenti.
  • Tutti gli impianti realizzati dopo il 1999 sono tenuti ad avere all’interno della cabina un dispositivo di telesoccorso che permetta una comunicazione vocale bidirezionale con una società che fornisce il pronto intervento. Per rendere funzionale questo servizio è obbligatorio tenere attiva una linea telefonica (spesso non è così). L’ON potrebbero controllare se esiste una linea, se è attiva e se effettivamente si ottengono delle risposte alle chiamate.
  • Occorre effettuare una verifica straordinaria nel caso in cui si ottenga un esito negativo ad un verbale di verifica da parte di un ON, o a seguito di un incidente anche se non in grave o in caso di necessità di apportare modifiche costruttive non previste dalla manutenzione ordinaria.
  • obblighi dell’amministratore:
  • comunicare al Comune competente la messa in esercizio di un ascensore
  • custodire il libretto di immatricolazione e aggiornare lo stesso dopo le varie verifiche di controllo
  • esporre in ogni supporto del carico una targa indicante il soggetto deputato ad eseguire i controlli periodici, il nominativo dell’installatore, del fabbricante, nonché il numero di fabbricazione, il numero di matricola, la portata complessiva in chilogrammi e il numero massimo di persone che può sostenere
  • far attuare i controlli nelle scadenze periodiche previste
  • far effettuare periodicamente la manutenzione ordinaria
  • controllare regolarmente la sicurezza dell’impianto
  • fermare l’impianto nel caso in cui risulti pericoloso.
116
Q

Impianti Elettrici comuni*

A
  • Sono considerati impianti elettrici gli impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere, gli impianti radiotelevisivi, le antenne, gli impianti elettronici in genere (i sistemi di allarme, antintrusione, videosorveglianza, controllo accessi, ecc. ) nonchè gli impianti di autoproduzione di energia elettrica con potenza fino a 20 kW (tipo i pannelli fotovoltaici, eolici ecc) nei quali almeno una parte dell’energia prodotta viene utilizzata ad uso e consumo dell’autoproduttore.
  • Anche gli impianti all’esterno degli edifici e quelli luminosi pubblicitari rientrano nel campo di applicazione del decreto se collegati, anche solo funzionalmente, agli impianti interni
  • Come ogni altro impianto, per gli impianti elettrici condominiali l’art. 3 del Decreto Ministeriale n. 37/2008 specifica che l’impianto deve essere realizzato da un’impresa abilitata, quindi iscritta nell’apposito Registro della Camera di Commercio, sulla base di un progetto redatto da un tecnico qualificato.
  • L’impianto di terra condominiale è unico, e vi devono essere collegate anche le tubazioni di gas e acqua che entrano nell’edificio, le tubazioni del riscaldamento centralizzato e, se possibile, i ferri delle fondazioni in cemento armato.
  • In ambito di elettricità ci sono norme di riferimento precise e sempre aggiornate, in particolare quelle emesse da UNI (Ente Italiano di Unificazione) e CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano) oltre a quelle di altri enti a livello europeo; il problema è farle rispettare.
  • I rischi di natura elettrica per contatto con parti in tensione possono essere:
  • Contatto diretto: contatto di persone con parti attive.
  • Contatto indiretto: contatto di persone con una massa in tensione per un guasto.
  • Gli impianti elettrici nelle unità immobiliari ad uso abitativo realizzati PRIMA del 13/03/90 si considerano adeguati se dotati di protezione contro i contatti indiretti o protezione con interruttore differenziale avente corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA
  • In un edificio civile gli impianti elettrici dei singoli condomini e dei servizi condominiali devono essere protetti da interruttori differenziali (i salvavita) pari a 30mA (milliampere) nei locali ad uso abitativo.
  • Poiché una carenza nell’impianto elettrico di una singola unità immobiliare può creare rischi anche nelle parti comuni, il registro di anagrafica condominiale dovrebbe contenere la dichiarazione di conformità o di rispondenza di ciascuna unità immobiliare e non solo delle parti comuni.
  • Se l’amministratore ordina lavori sugli impianti, come rifacimenti, modifiche o adeguamenti che comportino l’obbligo della stesura di un progetto, è compito del progettista elaborare il progetto e dell’installatore realizzare un impianto a “regola d’arte”.
  • Al termine dei lavori l’installatore deve rilasciare la “dichiarazione di conformità”, un documento importante che attesta l’esecuzione dei lavori secondo la regola dell’arte e che solleva l’amministratore da ogni responsabilità.
  • Esiste un obbligo di protezione dell’impianto di antenna contro i fulmini.
  • Per gli impianti di automazione di porte, cancelli e barriere, l’installatore deve essere abilitato come previsto dal decreto, ma non deve rilasciare nessuna dichiarazione di conformità sul prodotto, in quanto coperta dalla marcatura CE del costruttore, mentre deve rilasciare dichiarazione di conformità sull’installazione;
  • Al termine dei lavori, l’impresa installatrice deve rilasciare al committente la dichiarazione di conformità (DICO) degli impianti realizzati. Con tale dichiarazione l’installatore attesta di aver realizzato l’impianto in modo conforme alla regola dell’arte, avendo in particolare:
  • rispettato il progetto;
  • seguito la normativa tecnica vigente;
  • installato componenti e materiali idonei;
  • controllato l’impianto ai fini della sicurezza e della funzionalità.
  • Per mettere nelle condizioni il proprietario di eseguire le misure necessarie per conservare le caratteristiche di sicurezza dell’impianto, l’impresa installatrice deve rilasciare al committente la documentazione necessaria contenente le istruzioni per l’uso e la manutenzione.
  • La sanzione amministrativa da euro 100,00 a euro 1.000,00 viene applicata nei seguenti casi:
  • all’installatore per mancato o irregolare rilascio della DICO;
  • al professionista iscritto all’albo o al responsabile tecnico dell’impresa abilitata, per il rilascio irregolare della DIRI.
  • Per tutte le altre violazioni previste dal decreto si applica una sanzione amministrativa da euro 1.000,00 a euro 10.000,00 (esempio: il proprietario o committente che affida ad una impresa installatrice non abilitata i lavori diversi dalla manutenzione ordinaria, o al libero professionista per la redazione di progetti non conformi alle norme relative alla sicurezza degli impianti, ecc.).
  • Se dalla mancanza di manutenzione ne deriva un incidente, si configura la responsabilità per colpa, cioè per non aver agito con diligenza, prudenza e perizia in capo all’ammnistratore.