LE FONTI DELL’ORDINAMENTO ITALIANO: STATO Flashcards
- COSTITUZIONE E LEGGI COSTITUZIONALI
La Costituzione della Repubblica italiana del 1948 rappresenta il vertice della gerarchia delle fonti dell’ordinamento italiano. Essa è quindi il fondamento di validità delle fonti primarie, di cui detta la disciplina. È una Costituzione rigida, il cui mutamento (chiamato tecnicamente revisione costituzionale) è soggetto a un procedimento particolare. Con lo stesso procedimento sono approvate anche le “altre” leggi costituzionali che la Costituzione stessa prevede per la sua integrazione. La Costituzione italiana predispone un PROCEDIMENTO di formazione della LEGGE COSTITUZIONALE che è una variazione del procedimento legislativo ordinario: mentre quest’ultimo prevede una sola deliberazione, a maggioranza relativa, di ciascuna Camera sullo stesso testo, seguita dalla promulgazione da parte del Presidente della Repubblica; il procedimento per le leggi costituzionali, prevede due deliberazioni
successive da parte di ciascuna Camera. In tutto vi saranno dunque quattro deliberazioni, sul medesimo testo:
1. La prima deliberazione è a maggioranza relativa: basta che i sì superino i no. Siccome in questa fase le Camere possono apportare al progetto di legge costituzionale qualsiasi emendamento (correzione), il progetto è destinato a viaggiare tra Camera e Senato (la c.d. navette) tante volte quante sono necessarie ad ottenere il voto favorevole di entrambe sul medesimo testo.
2. La seconda votazione può essere effettuata solo dopo che sia trascorso un intervallo di tre mesi dalla prima.
LIMITE “esplicito” alla REVISIONE DEL TESTO COSTITUZIONALE
Vi è almeno un LIMITE “esplicito” alla REVISIONE DEL TESTO COSTITUZIONALE, posto dall’art. 139: “la forma
repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. È prevalsa in Italia un’interpretazione estensiva tale da comprendere nella “forma repubblicana” non soltanto il carattere elettivo del Capo dello Stato, ma il principio della sovranità popolare, di cui l’elezione del Capo dello Stato è solo un’applicazione.
Perciò, nell’interpretazione che ha prevalso, l’art. 139 viene connesso con l’art. 1, cioè la “forma repubblicana” è considerata inscindibile dal carattere “democratico” della Repubblica e dall’appartenenza della sovranità al popolo.
Un’altra via per l’estensione e l’arricchimento dei limiti alla revisione costituzionale è stata elaborata sulla base dell’interpretazione di altre disposizioni costituzionali: l’ART. 2, che dichiara “inviolabili” i diritti dell’uomo; l’art. 5, dichiarando la Repubblica “una e indivisibile”, escluderebbe invece ogni ipotesi legale di divisione del paese.
- LEGGE FORMALE ORDINARIA E ATTI CON FORZA DI LEGGE
La legge formale è l’atto normativo che ha “forma” di legge perché prodotto dalla deliberazione delle Camere e promulgato dal presidente della Repubblica. Gli ATTI CON FORZA DI LEGGE sono invece atti normativi che non hanno la “forma” della legge ma sono equiparati alla legge formale ordinaria (perché il parlamento partecipa alla loro formazione): occupano la sua stessa posizione nella scala gerarchica, e perciò possono validamente abrogarla (hanno la stessa “forza attiva” della legge ordinaria) ed essere da essa e solo da essa abrogati (stessa “forza passiva”). Sono quindi fonti che possono sostituirsi alla legge. Leggi formali ordinarie e atti con forza di legge costituiscono insieme le FONTI PRIMARIE (od ordinarie), alle cui si contrappongono le FONTI SECONDARIE, poste ad un gradino inferiore.
- PROCEDIMENTO LEGISLATIVO
Il procedimento legislativo è una serie coordinata di atti rivolti ad uno stesso risultato finale: il risultato del
procedimento legislativo è la legge formale. Gli atti di cui si compone il procedimento legislativo sono:
→ INIZIATIVA LEGISLATIVA: la quale consiste nella presentazione di un progetto di legge ad una Camera.
Nel linguaggio tecnico i progetti di legge si chiamano disegni di legge se presentati dal Governo o proposte di legge negli altri casi. In ogni caso, un progetto di legge consta di due parti:
- Il testo dell’articolato che il proponente sottopone all’esame della Camera;
- La relazione che accompagna l’articolato e che ne illustra gli scopi e le caratteristiche.
L’iniziativa legislativa è riservata ad alcuni soggetti indicati dalla Costituzione: Iniziativa governativa (Governo); parlamentare (ogni deputato e senatore); popolare (50.000 elettori); regionale (Consigli regionali); del CNEL.
→ deliberazione legislativa/APPROVAZIONE DELLE LEGGI: Un progetto di legge prima di essere discusso dalla Camera deve passare per la commissione permanente competente e per l’assemblea (detta anche “aula”).
In relazione alle diverse funzioni che svolgono la commissione e l’aula, si distinguono tre procedimenti principali:
A) Procedimento ordinario (per commissione referente): si svolge attraverso l’esame del progetto di legge da parte della commissione competente, che svolge in tal caso il suo lavoro in sede referente; e conseguente trasmissione del progetto di legge all’Assemblea (o Aula) che procede a tre letture successive del progetto di legge. Dove la terza
lettura, consiste nell’approvazione finale dell’intero testo della legge.
B) Procedimento per commissione deliberante (o legislativa): ereditata dal fascismo: consente alla commissione, che svolge in tal caso il suo lavoro in sede deliberante, di assorbire tutte le fasi del procedimento di approvazione, sostituendo l’Aula (assemblea): in pratica la commissione esaurisce tutte e tre le “letture” senza che il progetto di legge debba essere discusso e votato dall’assemblea.
C) Procedimento per commissione redigente (o misto) non previsto dalla Cost. ma dai regolamenti parlamentari, è una via di mezzo dei due. Esso, in pratica, attribuisce la discussione della proposta di legge in commissione e riservando all’aula/assemblea (senato o camera) l’approvazione finale.
→ PROMULGAZIONE DELLA LEGGE: conclusa la fase dell’approvazione, la legge è perfetta, ma non ancora
efficace (cioè produttiva di effetti giuridici). L’efficacia è data dalla promulgazione da parte del Presidente
della Repubblica. Questa è la terza fase detta “integrativa dell’efficacia”.
Il PRESIDENTE della Repubblica svolge un controllo formale (il testo approvato dalle due Camere deve essere identico) e sostanziale: egli, infatti, ha il POTERE DI RINVIARE LA LEGGE alle Camere, con un messaggio motivato.
Il Presidente può disporre il rinvio della legge per motivi di illegittimità costituzionale, mentre non lo può fare per motivi politici, cioè contestando le scelte politiche che il Parlamento ha compiuto.
Alla promulgazione segue la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. Per l’entrata in vigore è necessario il decorso di un determinato tempo: “le leggi entrano in vigore il 15° giorno successivo alla loro pubblicazione”. Si dice che una volta trascorso tale periodo di “vacatio legis” si ha una presunzione di conoscere la legge.
LEGGI RINFORZATE E FONTI ATIPICHE
Non tutte le leggi sono eguali. Rispetto alla legge ordinaria, quella “tipo”, normale, alcune leggi si discostano per il meccanismo della riserva di legge rinforzata per procedimento: la Costituzione ha cioè previsto che per disciplinare una determinata materia sia necessario seguire procedimenti particolari di formazione della legge, più complessi di quello ordinario (C.D. LEGGI RINFORZATE). Altre leggi si allontanano dal “tipo” per alcune peculiarità legate alla
propria forza attiva o passiva: non avendo la stessa forza delle altre leggi ordinarie (C.D. LEGGI ATIPICHE).
Quindi, per “FONTI ATIPICHE” si intendono quegli atti che non rientrano interamente nel “tipo” della legge ordinaria perché, pur avendo la stessa “forma” della legge, hanno una posizione particolare nel sistema delle fonti per quanto riguarda la loro “forza”.
LA LEGGE DI DELEGA E DECRETO LEGISLATIVO DELEGATO
La LEGGE DI DELEGA è la legge con cui le Camere possono attribuire al Governo l’esercizio del proprio potere legislativo. Il DECRETO LEGISLATIVO (chiamato ANCHE DECRETO DELEGATO) è il conseguente atto con forza di legge emanato dal Governo in esercizio della delega conferitagli dalla legge.
La delega di funzioni legislative al Governo è un’eccezione alla regola generale, stabilita dall’art. 70 Costituzione, per cui la funzione legislativa è esercitata dal Parlamento. L’art. 76 Costituzione delimita il potere di delega, fissando alcuni vincoli, il cui mancato rispetto costituisce un vizio di illegittimità costituzionale della legge stessa e dei decreti
delegati emanati in forza di essa. Innanzitutto, la delega può essere conferita soltanto al Governo esclusivamente con legge formale; inoltre la legge di delega deve contenere delle indicazioni minime, i cd. contenuti necessari:
Quindi della funzione delegata si deve restringere:
- l’ambito tematico, indicando un oggetto definito, spetta al Parlamento decidere se l’oggetto sia più o meno esteso.
- l’ambito temporale, indicando un tempo limitato entro il quale il decreto deve essere emanato.
- l’ambito della discrezionalità del Governo, indicando i principi e criteri direttivi che servono da guida per l’esercizio del potere delegato. La determinazione degli interessi da soddisfare e degli scopi da perseguire resta quindi una competenza riservata al Parlamento.
Il potere esecutivo (Governo) esercita le proprie funzioni attraverso la forma del decreto.
L’emanazione del DECRETO LEGISLATIVO (DELEGATO) deve avvenire entro il termine stabilito dalla legge di
delegazione, mentre, scaduto il termine, viene meno ogni potere del Governo di deliberare le norme delegate.
Emanato il decreto il potere delegato è comunque esaurito. Il decreto legislativo deve essere:
1. conforme a quanto stabilito nella legge di delega;
2. esso, pur avendo forza di legge, non può modificare la legge di delega, perché è da essa che deriva lo stesso potere delegato.
La trasgressione di una qualsiasi norme posta nelle disposizioni di delega si traduce nella illegittimità della norma violatrice. Nel caso in cui sia la stessa legge di delega ad essere illegittima, se il decreto legislativo viene egualmente emanato, l’illegittimità della legge di delega si riflette sul decreto legislativo, che risulta illegittimo anch’esso (illegittimità derivata).
Attraverso la legge delega, il Parlamento può anche conferire al Governo l’autorizzazione a emanare una serie di norme a completamento di un decreto legislativo (DELEGHE ACCESSORIE). Tali norme, che sono emanate successivamente al decreto legislativo, possono essere: d’attuazione; di coordinamento; transitorie (dirette, queste ultime, a disciplinare la fase di transizione tra la disciplina vecchia e quella nuova). Un particolare caso di delega accessoria è quella che autorizza il Governo a coordinare le leggi esistenti in una certa materia, raccogliendole in un TESTO UNICO.
DECRETO-LEGGE
Il DECRETO-LEGGE è un atto con forza di legge che il Governo può adottare “in casi straordinari di necessità e urgenza”. Il decreto-legge deve essere deliberato dal Consiglio dei ministri, emanato dal Presidente della Repubblica e immediatamente pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Esso deve essere pubblicato “con la denominazione di decreto-legge e con l’indicazione nel preambolo, delle circostanze straordinarie di necessità e di urgenza che ne
giustificano l’adozione”. Il decreto legge ha un’immediata efficacia e pertanto è subito vincolante da quando viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Tuttavia, si tratta di un’efficacia provvisoria e limitata temporalmente a 60 giorni.
Difatti, il decreto legge deve essere convertito dal Parlamento entro 60 giorni, scaduti i quali esso perde efficacia e non ha più alcun valore. La conversione viene fatta dal Parlamento con una legge che “recepisce” il contenuto del decreto legge: si chiama LEGGE DI CONVERSIONE e si limita a riproporre il testo originario del decreto legge, eventualmente con modifiche. Anche se il decreto subentra in momento di urgenza e necessità, questo non significa
che il Parlamento debba mettere da parte il suo ruolo legislativo: nessuna norma vieta alle Camere di apportare delle modifiche al testo in sede di conversione. Sono ammessi EMENDAMENTI (modifica, più o meno estesa, di un testo normativo) modificativi, soppressivi e aggiuntivi che andranno a confluire nell’unico articolo della legge di conversione. Unico limite alla possibilità di apporre modifiche è che gli emendamenti presentati da deputati e senatori devono essere coerenti con gli argomenti del decreto; non sono valide le modifiche che vanno “fuori tema”
differenza tra DECRETO-LEGGE e DECRETO LEGISLATIVO
Quindi possiamo dire che la differenza tra DECRETO-LEGGE e DECRETO LEGISLATIVO, è che: mentre il primo è un atto emanato dal Governo in casi di necessità e urgenza che entro 60 giorni, però, deve essere convertito in legge dal Parlamento tramite legge di conversione; il secondo, è emanato sempre dal Governo, ma su delega del Parlamento,
il quale emette una legge delega diretta al Governo: nella quale vengono stabiliti i criteri, i limiti (anche temporali) e l’oggetto del decreto legislativo da emanare, il Governo poi approva il decreto legislativo seguendo le disposizioni della legge delega. Si tratta praticamente di un percorso inverso rispetto a quanto visto per il decreto legge.
I DECRETI-LEGGE, se NON CONVERTITI
I DECRETI-LEGGE, se NON CONVERTITI in legge entro 60 giorni, “perdono efficacia sin dall’inizio”.
Della mancata conversione per decorrenza del termine o del rifiuto di conversione da parte del Parlamento, viene data notizia immediata in Gazzetta ufficiale. La perdita di efficacia del decreto-legge è chiamata “DECADENZA”, essa travolge tutti gli effetti prodotti dal decreto-legge. La situazione che si crea è paradossale: quando il decreto entra in vigore, esso è pienamente efficace e va applicato; ma se decade, tutto ciò che si è compiuto in forza di esso è come
se fosse stato compiuto senza una base legale, arbitrariamente. Tutti gli effetti prodotti vanno dunque eliminati.
L’art. 77 Cost. appresta due strumenti attraversi i quali è possibile trovare una soluzione:
- La C.D. LEGGE DI SANATORIA degli effetti del decreto-legge decaduto. Si tratta di una legge riservata alle Camere con cui si possono “regolare… i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti”. Ovviamente, attraverso questo strumento, è il parlamento a risolvere il nostro problema.
- L’altro strumento è individuabile in questo inciso dell’art. 77.2: “… il GOVERNO ADOTTA, SOTTO SUA
RESPONSABILITÀ, PROVVEDIMENTI PROVVISORI…”. La responsabilità di cui si parla non è solo quella politica.
Si tratta invece di responsabilità giuridica, nei suoi vari tipi:
a) penale: i ministri rispondono singolarmente degli eventuali reati commessi con l’emanazione del decreto-legge;
b) civile: i ministri rispondono solidamente degli eventuali danni prodotti ai terzi.
c) amministrativo-contabile: i ministri che hanno espresso voto favorevole al decreto-legge rispondono solidamente degli eventuali danni prodotti allo Stato (c.d. danno erariale). - Altro strumento era la REITERAZIONE (RIPETIZIONE) DEL DECRETO-LEGGE: alla scadenza dei 60gg. il
Governo emana un nuovo d.l. che riproduce il precedente, quello scaduto, sanandolo. Soltanto la sentenza n.360/1996 della Corte costituzionale ha posto fine alla prassi della reiterazione dei D.L. non convertiti, dichiarandola illegittima per violazione dell’art.77, in quanto altera la natura provvisoria della decretazione d’urgenza, toglie valore al carattere straordinario dei requisiti della necessità e dell’urgenza.
ALTRI DECRETI CON FORZA DI LEGGE
Sebbene il decreto-legge e il decreto legislativo delegato siano i due principali atti con forza di legge, esistono nel nostro ordinamento ALTRI due DECRETI CON FORZA DI LEGGE che occupano quella posizione nella gerarchia delle fonti, il cui fondamento si trova, rispettivamente:
1. nell’art. 78 Cost.: l’ipotesi più rilevante è quella di conferimento del potere legislativo, che si giustifica con la necessità di interventi rapidi e snelli i quali sarebbero preclusi (negati) al Parlamento a causa della sua struttura. Questa delega è obbligatoria. La Costituzione prevede che, a seguito della deliberazione parlamentare dello Stato di guerra, dichiarato dal Capo dello Stato, “le camere conferiscano al governo i poteri necessari” (artt. 78 e 87). Con il termine “guerra” il costituente ha avuto riguardo solo ai conflitti extranazionali che si instaurano tra stati, sono quindi esclusi i fenomeni di turbamento sociale interno.
Ricordiamo che la Costituzione “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (ART. 11): tuttavia la guerra, quella difensiva, resta una possibile necessità.”
2. negli Statuti delle Regioni ad autonomia speciale: gli statuti delle Regioni speciali, prevedono che
all’attuazione dello Statuto e trasferimento delle funzioni, degli uffici e del personale dello Stato alla Regione stessa si provveda con un particolare tipo di atto: si tratta di un decreto legislativo, emanato dal Presidente della Repubblica. Sono atti con forza di legge, a cui è attribuita una competenza specifica e riservata: la loro emanazione avviene senza una delega legislativa del Parlamento.
REGOLAMENTI PARLAMENTARI (E DI ALTRI ORGANI COSTITUZIONALI)
Il REGOLAMENTO PARLAMENTARE è l’atto cui l’art. 64 Cost. riserva la disciplina dell’organizzazione e del
funzionamento di ciascuna Camera, con particolare riferimento al procedimento legislativo (art. 72 Cost.).
Nonostante il nome “regolamento” che essi portano per tradizione, i regolamenti parlamentari sono fonti primarie, inferiori soltanto alla Costituzione e dotate di un ambito di competenza riservato: attraverso essi si manifesta l’autonomia che caratterizza le Camere, in quanto organi costituzionali, e la loro indipendenza (che deve essere assicurata rispetto agli altri poteri dello Stato e anche dell’altra Camera).
Ma i regolamenti delle Camere non hanno relazioni con le altre fonti primarie, se non quella di reciproca esclusione. Il rapporto fra legge e regolamenti parlamentari può essere costruito su quello della separazione delle competenze
dal quale ne consegue che i regolamenti parlamentari, come abbiamo già detto, sono subordinati solo alla Costituzione. La legge che penetrasse nell’ambito di competenza riservato ai regolamenti, così come il regolamento che lo travalicasse, sarebbero illegittimi. (VEDERE CAPITOLO 4 PERCORSO I)
IL REFERENDUM ABROGATIVO COME FONTE
Il REFERENDUM è la richiesta fatta al corpo elettorale di esprimersi direttamente su una determinata questione.
Esso è dunque uno strumento di democrazia diretta, una delle “forme” che la Cost. prevede, in cui il popolo esercita la “sua” sovranità, senza l’interposizione di rappresentanti.
Il REFERENDUM ABROGATIVO è una forma di legislazione “negativa”, nel senso che serve solo a togliere le disposizioni di legge, non anche ad aggiungerne di nuove. Questo è vero, ma non toglie al referendum abrogativo la possibilità di essere uno strumento di creazione di nuove norme: sottraendo singole parole dalle disposizioni scritte dal legislatore, o singole proposizioni dal testo legislativo, si producono significati diversi da quelli originali, cioè
norme nuove. Si parla in questo caso di referendum manipolativo.
Il referendum abrogativo richiede un procedimento lungo e difficile, esso può essere proposto da 500.000 elettori o da cinque Consigli regionali. Le richieste vanno depositate tra il 1° gennaio e il 30 settembre di ciascun anno:
1. Presso la Cassazione si costituisce l’Ufficio centrale per il referendum che esamina le richieste per giudicarne la conformità alla legge.
2. I quesiti dichiarati legittimi vengono tramessi alla Corte costituzionale per il giudizio di ammissibilità. Il parametro di giudizio della Corte costituzionale è la Costituzione: si prevede infatti che alcune materie (leggi tributarie e bilancio ecc.) siano escluse dal referendum.
3. Se la Corte dichiara ammissibile il referendum, il P.d.R. deve fissare il giorno della votazione, dove gli elettori troveranno sulla propria scheda: “volete che sia abrogata…” e si può votare “sì” o “no”.
4. L’ufficio centrale accerta che alla votazione abbia preso parte la maggioranza degli aventi diritto al voto e, proclama il risultato del referendum.
5. Se il risultato è favorevole all’abrogazione, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto, “dichiara” l’avvenuta abrogazione della legge, dell’atto e della disposizione. Il D.P.R. è pubblicato immediatamente in Gazzetta ufficiale e l’abrogazione ha effetto dal giorno successivo alla data di pubblicazione.
REGOLAMENTI DELL’ESECUTIVO
Vi sono REGOLAMENTI espressione dell’organizzazione delle Camere, che hanno una posizione particolare nel sistema delle fonti, garantite dalla Costituzione stessa. Esistono regolamenti delle Regioni e degli enti locali e i Regolamenti della Comunità europea. Esistono, poi, i REGOLAMENTI AMMINISTRATIVI che sono atti sostanzialmente legislativi ma formalmente amministrativi e si dividono in:
a) regolamenti dell’esecutivo che sono atti normativi spesso complessi, sono emanati dagli organi dell’esecutivo [infatti hanno sempre la “forma” del decreto] Questi sono suddivisi a loro volta in:
-regolamenti governativi -regolamenti ministeriali o interministeriali.
b) regolamenti regionali
c) regolamenti degli enti locali
Il PROCEDIMENTO di emanazione dei regolamenti governativi è diverso da quello dei regolamenti ministeriali:
→ I PRIMI (REGOLAMENTI GOVERNATIVI) vengono emanati con decreto del Presidente della Repubblica.
Vi sono diverse tipologie di regolamento governativo:
1. Regolamenti di esecuzione delle leggi: sono regolamenti che il Governo adotta quando avverta la necessità di emanare norme che assicurino l’operatività della legge, dei decreti con forza di legge e i regolamenti UE.
2. Regolamento d’attuazione: essi sono emanati per “l’attuazione e l’integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio”. La legge deve dettare almeno i principi della materia, lasciando al regolamento la disciplina di dettaglio.
3. Regolamenti indipendenti: sono emanati nelle “materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge.
→ I regolamenti ministeriali, adottati nelle materie di competenza di un singolo ministro, sono invece emanati dal ministro (hanno quindi la forma del decreto ministeriale: d.m.); con lo stesso procedimento, ma con decreto interministeriale sono invece emanati i regolamenti che riguardano materie di competenza di più ministri.
Delegificazione e deregolamentazione
Vi sono poi regolamenti c.d. “delegati” o “autorizzati”, la cui funzione è di produrre la c.d. “delegificazione”.
Per DELEGIFICAZIONE si intende generalmente lo spostamento della disciplina di una determinata materia dal rango legislativo al rango regolamentare: la delegificazione investe, quindi, il rapporto tra la potestà normativa primaria e la potestà normativa secondaria e, quindi, in ultima analisi, la gerarchia delle fonti (Fonti del diritto) e, da un punto di vista sostanziale, i rapporti tra Parlamento e Governo.
La DEREGOLAMENTAZIONE punta invece ad una drastica riduzione dell’insieme delle regole che imbrigliano (frenano) l’attività dei privati in un certo settore, nella convinzione che, senza l’oppressione di “lacci e lacciuoli”, l’iniziativa privata e il mercato possano finalmente riespandersi, con tutti i conseguenti effetti benefici.