K LOBULARE INFILTRANTE Flashcards

1
Q

EPIDEMIOLOGIA

A

è il secondo tumore maligno della mammella in ordine di frequenza e si può ma-
nifestare o come area di addensamento o raramente con delle microcalcificazioni. È costituito da ele-
menti cellulari piccoli che tendono a disporsi a fila indiana (infiltrazione a fila indiana, più raramente
infiltra tutta la massa).

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2
Q

MANIFESTAZIONI K LOBULARE INFILTRANTE

A

addensamento, raramente microcalcificazioni, spesso multifocale e multicentrico e nel 6 -28% dei casi è bilaterale

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3
Q

PROGNOSI K LOBULARE

A

La prognosi è legata all’invasività del tumore (se il tumore ha superato o meno la membrana basale), all’istotipo (duttale o lobulare), ai recettori (importanti per la terapia) e alle dimensioni, infatti c’è una stretta correlazione tra le dimensioni e le metastasi linfonodali: si osserva che i tumori con dimensioni inferiori a 1 cm hanno linfonodi negativi nel 98,3% dei casi, mentre all’aumentare delle dimensioni l’interessamento linfonodale aumenta.

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4
Q

COME SI VALUTA LA CRESCITA DEL TUMORE E LA SUA SIGNIFICAITIVTà

A

AGLI ESAMI STRUMENTALI Valutando i tempi di accrescimento, si calcola che ci vogliono circa 8 anni perché un tumore raggiunga 1 cm
di diametro, questo vuol dire che se il medico non vede una lesione, perché di piccole dimensioni, alla mam-
mografia o con un altro esame strumentale, questa stessa lesione avrà dimensioni maggiori dopo qualche
anno, ma comunque sarà sempre piccola, per questo motivo è bene eseguire la mammografia ogni 12‐24
mesi e per questo motivo hanno tanta importanza le campagne di screening, che sono dei programmi attivi
di prevenzione secondaria.

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5
Q

RISCHIO ASSOCIATO A RECIDIVE TUMORE DELLA MAMMELLA

A

Da ricordare che donne che hanno già avuto un k della mammella hanno un rischio superiore rispetto alla popolazione generale di ripresentare un k nella mammella omo o contro laterale (curiosità: questo rischio non è legato in nessun modo alla gravidanza, per cui donne che hanno avuto k mammario, a differenza di quanto si pensava in passato, possono avere gravidanze senza la paura di aumentare il rischio di un nuovo k più di quanto non sia già aumentato).

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6
Q

CLINICA LESIONI K MAMMARIO

A

Clinicamente le lesioni si possono presentare con:
▪ noduli palpabili che possono determinare un’evidente tumefazione;
▪ retrazione cutanea;
▪ malattia di Paget: alterazione simil flogistica della pelle del capezzolo, molto simile ad un eczema (quindi
caratterizzata da rossore e desquamazione cutanea), ma in realtà causata da un tumore duttale infil-
trante della mammella;
▪ talvolta, comprimendo la ghiandola si assiste alla fuoriuscita dal capezzolo di una secrezione, che può
essere bianca lattiginosa o, nei casi più eclatanti, di tipo ematico;
▪ altre volte si può manifestare con tumefazione in regione ascellare, solitamente senza dolore (infatti il
dolore si ha solitamente in corso di infiammazione) e dolore osseo, a causa di una lesione metastatica
soprattutto nelle ossa lunga;
▪ ‐ i carcinomi infiltranti più grandi possono essere aderenti alla parete toracica o possono causare retra-
zione della cute e i vasi linfatici possono essere talmente infiltrati da bloccare il locale drenaggio della
cute, causando linfedema e ispessimento cutaneo con aspetto a buccia d’arancia.

Generalmente il carcinoma mammario si presenta clinicamente come una formazione nodulare di diametro
variabile, di consistenza dura, a margini irregolari, generalmente fisso ai piani superficiali (cute, derma e sot-
tocute) e profondi (muscoli e parete toracica).

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7
Q

DIAGNOSI

A

per fare diagnosi è necessario seguire un protocollo diagnostico.
✓ anamnesi: che deve essere eseguita in maniera accurata.
✓ esame obiettivo: deve essere eseguito analizzando in prima istanza l’aspetto esterno della mammella,
infatti spesso all’osservazione, magari facendo sollevare le braccia, è possibile individuare una tumefa-
zione o un avvallamento, successivamente con la palpazione bisogna analizzare le caratteristiche della
ghiandola. La palpazione viene eseguita con la mano, singola o doppia, a piatto nei vari quadranti (che
sono cinque: quattro spicchi e uno centrale).
✓ indagini di laboratorio: con la ricerca dei biomarcatori CEA(generico), Ca 15.3 (specifico per il k della
mammella, è una spia del tumore che serve non soltanto per la diagnosi ma anche per il monitoraggio
postoperatorio).
✓ ecografia: è utile perché semplice e poco costoso, però non riesce ad individuare bene alcune lesioni.
✓ mammografia: esame complementare all’ecografia (cioè sono due esami che devono essere sempre ese‐
guiti insieme, perché ciò che non vede l’ecografia lo può vedere la mammografia e viceversa), utilizzato
in prima istanza.
✓ RM: può essere utilizzato per integrare le informazioni di mammografia e ecografia.
✓ biopsia mammaria, con esame citologico o istologico.
Vedi la diagnosi in dettaglio nel paragrafo “approccio diagnostico terapeutico al nodulo mammario”.

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8
Q

CHIRURGIA I

A

In presenza di un k lobulare la strategia terapeutica consigliata è la semplice sorveglianza (follow‐up) nel
tempo, con l’esecuzione di ripetuti esami clinici, mammografici ed ecografici, in modo tale da individuare il k
invasivo in fase precoce. In queste pazienti non va eseguita una mastectomia (a meno che la paziente lo
richieda perché molto ansiosa e non affronterebbe con serenità il follow‐up), perché si è visto che questa
metodica non comporta una riduzione della mortalità rispetto alla semplice sorveglianza, infatti 3 pazienti su
4 non svilupperanno mai un k invasivo.
In presenza di una paziente con CDIS si possono attuare tre diverse strategie terapeutiche: la mastectomia,
l’escissione o l’escissione associata a radioterapia. Il tumore unicentrico multifocale (con foci ad una distanza
inferiore di 1cm), può essere invece trattato con intervento conservativo, detto quadrantectomia. In pre-
senza di un carcinoma infiltrante è sempre necessario intervenire chirurgicamente. La strategia terapeutica
da adottare può essere: di tipo demolitivo (mastectomia radicale) o conservativo (tumorectomia o quadran-
tectomia) a seconda che si asporti o si conservi parte della ghiandola (ma è comunque un intervento demo-
litivo). La mastectomia a sua volta si può distinguere in mastectomia nipple sparing e mastectomia skin spa-
ring, a seconda che sia o meno risparmiato il complesso areola‐capezzolo. Quando si asporta il tessuto sot‐
tostante l’areola mammaria, si può verificare una perdita di consistenza e funzionalità del capezzolo; per
evitare che ciò succeda è necessario lasciare un po’ di ghiandola al di sotto dell’areola, che dovrà quindi
essere irradiata. È proprio in questo caso che è utile la IORT.
Alla chirurgia si deve associare la linfadenectomia, di primo, secondo o terzo livello (i linfonodi ascellari di I
livello sono quelli dell’ascella inferiore, laterali rispetto al margine laterale del muscolo piccolo pettorale,
quelli di II livello sono quelli dell’ascella media, situati tra i margini mediale e laterale del muscolo piccolo
pettorale e linfonodi interpettorali, e quelli di III livello sono quelli dell’apice dell’ascella, mediali rispetto al
margine mediale del muscolo piccolo pettorale compresi quelli indicati come sottoclavicolari, infraclavicolari
o apicali) o, se si effettua la tecnica del linfonodo sentinella, si asporta, almeno inizialmente, un solo linfo-
nodo.

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Perfectly
9
Q
A
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