Comportamento prosociale, aggressivo e antisociale Flashcards
Cos’è il comportamento prosociale?
Il comportamento prosociale, inteso come azione volontaria volta a beneficiare gli altri, può essere motivato da diversi fattori. Tra questi, vi sono il senso di dovere morale, la reciprocità, il bisogno di autostima o riconoscimento, il desiderio di condivisione e l’empatia. Essi contribuiscono a guidare le persone verso azioni prosociali, caratterizzate dalla volontà di fare del bene agli altri e dalla libera scelta di farlo.
Come si può definire l’aggressività?
L’aggressività è un comportamento sociale intenzionale che può essere motivato sia consciamente che inconsciamente, manifestandosi in diverse forme, inclusa quella distruttiva e offensiva. Le funzioni comprendono l’aggressività difensiva, offensiva, predatoria, reattiva e proattiva, quest’ultima divisa in aggressività strumentale e bullismo. L’aggressività può essere rivolta verso altri o verso sé stessi, manifestandosi attraverso violenza fisica, verbale o psicologica, inclusi comportamenti autolesionistici che possono essere diretti o indiretti.
Quali sono gli stili e il comportamento secondo Bjorkvist e Moffitt?
Secondo Bjorkvist, gli stili aggressivi fisico, verbale diretto e verbale indiretto emergono in sequenza durante lo sviluppo, con i bambini che privilegiano l’aggressione fisica e le femmine che utilizzano forme più sofisticate di aggressività verbale. Le forme indirette permettono agli aggressori di evitare la scoperta, riducendo le possibili reazioni negative. Loeber nota che, sebbene ci sia una certa stabilità nel comportamento aggressivo nel tempo, vi sono anche casi di cambiamenti nel corso dello sviluppo. Moffitt distingue tra comportamento antisociale occasionale, tipico dell’adolescenza, e quello cronicizzato, che persiste nel tempo e si manifesta soprattutto negli individui con un passato di comportamenti aggressivi.
Cos’è il comportamento aggressivo secondo le neuroscienze?
Le neuroscienze hanno osservato che il comportamento aggressivo è regolato da specifiche regioni cerebrali, ossia il sistema limbico, l’ipotalamo, il lobo temporale mediale, l’amigdala e la corteccia frontale orbitale. Le tendenze aggressive e antisociali sono influenzate da fattori genetici e ambientali, che hanno reciproca influenza. La costituzione genetica determina alcuni fattori che possono contribuire alla probabilità che un individuo possa manifestare comportamenti aggressivi.
Cos’è l’aggressività secondo l’etologia?
Nell’etologia, l’aggressività è vista come un istinto primario, ereditato per favorire l’adattamento della specie e finalizzato alla sopravvivenza, incluse la difesa del territorio e la protezione della prole. Gli etologi considerano l’aggressività come un programma comportamentale geneticamente determinato, funzionale alla soddisfazione di obiettivi primari come mangiare e accoppiarsi. Si manifesta come aggressività intra- o interspecifica, utilizzata per difendere territori, accedere a risorse e organizzare gerarchie sociali, contribuendo alla selezione genetica. Pur ineliminabile, può essere resa meno distruttiva attraverso il reindirizzamento. Secondo Lorenz, l’apprendimento è fondato su programmi genetici, attivando moduli comportamentali essenziali alla conservazione individuale, comune a tutti gli animali.
Cos’è l’aggressività per i comportamentisti?
Per i comportamentisti, la risposta aggressiva può essere appresa in modo condizionato con appositi stimoli, oppure in modo operante con l’utilizzo di rinforzi, anche in specie naturalmente poco aggressive. Le componenti genetiche possono essere indebolite o esacerbate a seconda dell’apprendimento accaduto nell’ambiente di sviluppo. Secondo la scuola comportamentista, l’aggressività sarebbe indotta nell’individuo e nella società perché e finché risulta vantaggiosa, fungendo da rinforzo.
Cos’è l’aggressività per Morris?
Secondo Morris, il vero scopo biologico dell’aggressività intra-specifica sarebbe di sottomettere l’avversario o metterlo in fuga, e non ucciderlo. In entrambi i casi, lo scontro si risolve. L’aggressività inter-specifica sarebbe invece funzionale alla selezione genetica, in quanto il predatore elimina gli esemplari più deboli della specie predata.
Cos’è l’aggressività per Eibl-Eibesfeldt
Eibl-Eibesfeldt condusse degli studi su topi cresciuti in isolamento, e che quindi non avevano mai potuto osservare alcun comportamento aggressivo. L’inserimento di un altro soggetto nell’ambiente elicitava l’aggressione da parte dell’animale cresciuto in isolamento. Questo dimostrerebbe che il fenomeno sia innato e non appreso.
Cos’è l’aggressività per Wilson
Wilson sostiene che i comportamenti aggressivi, specie i più complessi, vengono sì appresi, ma che l’essere umano è geneticamente predisposto a tale tipo di apprendimento. La cultura invece, secondo Wilson, modella e sancisce l’esercizio dell’aggressività all’interno del gruppo sociale. All’interno del comportamento aggressivo rientrerebbero almeno sette categorie motivazionali: difesa e conquista territoriale, dominanza gerarchica, accoppiamento, il termine dello svezzamento, la predazione, la difesa, l’affermazione di principi morali/imposizione autoritaria. Nessuna di queste categorie è un istinto generalizzato, e ognuna può aggiungersi, cambiare o essere eliminata in una singola specie nel corso della sua evoluzione genetica.
Parla delle condotte aggressive intra-specifiche nell’uomo
Le condotte aggressive nell’uomo, simili a quelle dei primati ma con distinzioni peculiari, mostrano una gamma di risposte e comportamenti che variano a seconda delle circostanze. L’aggressività umana può essere attivata anche in assenza di stimoli esterni, con individui che percepiscono conflitti in situazioni neutre. Le teorie sull’origine dell’aggressività divergono: alcuni sostengono fattori innati, mentre altri ambientalisti ritengono che sia acquisita. Tra le teorie ambientaliste, alcune indicano la frustrazione come causa, mentre altre attribuiscono l’aggressività all’apprendimento sociale.
Come si può definire la frustrazione?
La frustrazione, derivante dall’incapacità di soddisfare un bisogno essenziale a causa di un ostacolo esterno, può generare una risposta aggressiva sproporzionata, anche se non risolutiva. Tale reazione non è l’unica possibile né inevitabile, ma può diventare prevalente se rinforzata da successi nel superare la sfida e dall’approvazione sociale. Berkowitz ha evidenziato che oltre alla frustrazione, l’interpretazione della situazione svolge un ruolo nella causa dei comportamenti aggressivi.
Parla dell’aggressività secondo la teoria dell’apprendimento sociale
Secondo la teoria dell’apprendimento sociale, l’aggressività è acquisita tramite l’osservazione e l’imitazione di modelli aggressivi presenti nell’ambiente familiare, tra amici, a scuola e nei media. Inizialmente, si osservano comportamenti aggressivi negli altri e poi si imita il modello appreso, influenzando il proprio comportamento in diverse circostanze. La psicologia sociale evidenzia la mentalità di gruppo, dove i membri possono agire in modi non tipici dell’individuo, attribuendo le azioni al gruppo anziché a sé stessi, fenomeno noto come diffusione della responsabilità, che può compromettere la coesione del gruppo.
Parla dell’aggressività secondo Freud
Freud originariamente associava l’aggressività alla pulsione sessuale, considerandola parte dell’atto sessuale stesso, con sadismo come sua espressione estrema. In seguito, reinterpretò l’aggressività come una pulsione dell’Io per l’autoconservazione anziché un impulso intrinseco al male. Infine, avanzò l’idea di due pulsioni fondamentali: la pulsione di vita (Eros) e la pulsione di morte (Thanatos), quest’ultima manifestandosi sia esternamente, come distruttività, sia internamente, come autodistruzione, lasciando all’individuo la scelta di indirizzarla verso sé stesso o gli altri.
Cos’è l’aggressività secondo Winnicott
Secondo Winnicott, l’aggressività è una forza vitale presente fin dalla nascita, influenzata dal contesto ambientale. In un ambiente favorevole, questa energia può integrarsi positivamente nella personalità. Tuttavia, in un ambiente ostile, può manifestarsi in comportamenti lesivi o antisociali. Il ruolo materno è cruciale: una risposta materna adeguata include la capacità di separarsi gradualmente dal bambino, permettendogli di sperimentare la frustrazione e sviluppare un senso di sicurezza e tolleranza alla frustrazione.
Parla dell’aggressività secondo Fromm
Fromm distingue due tipi di aggressione nell’uomo: la prima, condivisa con gli animali, è difensiva e serve alla sopravvivenza individuale e della specie. Questa forma di aggressione è biologicamente adattiva e cessa quando la minaccia scompare. Il secondo tipo, chiamato “aggressione maligna” da Fromm, è specifico della specie umana, caratterizzato dalla crudeltà e dalla distruttività, senza uno scopo razionale e non biologicamente adattivo. Questo tipo di aggressione può portare piacere o gratificazione ed è peculiare dell’uomo.