Cardiopatia ischemica pt. 1 Flashcards
Definizione cardiopatia ischemica
La cardiopatia ischemica è il risultato di ridotto apporto di ossigeno al miocardio, che ne determina la sofferenza
Eziopatogenesi
> coronaropatia aterosclerotica (non sempre!)
spasmo coronarico
alterazioni del microcircolo
cause extracoronariche (es. tamponamento cardiaco)
embolia coronarica
coronartrite ostiale da arterite luetica
arterite coronarica in vasculite generalizzata
origine/decorso anomalo delle coronarie (congeniti)
Stenosi coronarica
Causa più frequente di IMA, specie da deposizione di placca aterosclerotica: per causare danno è necessario che determini una resistenza al flusso anche a riposo:
- se riduce il lume di < 50%, non causa una caduta di P a valle –> non si ha sofferenza miocardica anche durante max richiesta metabolica;
- se riduce il lume di > 50%, stimola la dilatazione dei vasi di resistenza, con una caduta di P a valle proporzionale all’entità dell’occlusione; maggiore è l’occlusione, maggiore la riduzione della riserva coronarica –> a riposo non si verifica ischemia;
- con stenosi > 80% si ha esaurimento della riserva coronarica con insufficienza a riposo (in assenza di circoli collaterali).
Inoltre:
- L’ischemia interessa primariamente la regione subendocardica, più esposta alla P endocavitaria e quindi con maggiore MVO2;
- C’è una variabilità della soglia ischemica, determinata da variazione del grado di riduzione del lume in risposta a modificazioni del tono vascolare (in genere determinate da fattori neurormonali e circoli collaterali), che possono aumentarne o ridurne momentaneamente il grado.
Vasi di conduttanza/capacitanza
Vasi che non offrono significativa resistenza al flusso
- Coronaria dx
- Coronaria sx -> circonflessa e discendente anteriore
Vasi di resistenza
Si vasodilatano/vasocostringono nella regolazione della resistenza al flusso. Sono:
- Prearteriole (100-500 micron), si costringono o dilatano quando la PA aumenta o diminuisce, e il loro tono è influenzato da meccanismi neurormonali e endotelio-mediati;
- Arteriole (<100 micron), sono la sede di regolazione metabolica del flusso e rispondono direttamente al consumo miocardico di O2, ovvero all’adenosina rilasciata, e a fattori neurormonali.
Coronaria dx territorio di irrorazione
Generalmente si ha dominanza destra (85%) –> la C. dx continua lungo il solco atrio-ventricolare dando rami postero-laterali.
- Ventricolo dx
- Porzione basale Vsx
- 1/3 posteriore del setto interventricolare
Coronaria sx territorio di irrorazione
La coronaria sx stacca:
-> Discendente anteriore: parete anteriore + apice + 2/3 anteriori del setto interv.
-> Circonflessa: parte postero-laterale.
Dominanza sx nel 15-20% dei soggetti in cui la circonflessa si porta posteriormente nel solco AV a irrorare la porzione ventricolare infero-posteriore.
Meccanismo di vasodilatazione coronarica e concetto di riserva coronarica
La riserva coronarica è la capacità di incremento massimale al flusso in condizioni di aumentata richiesta metabolica di O2 da parte del miocardio.
I vasi coronarici non rispondono tanto della stimolazione nervosa quanto del rilascio di mediatori locali; in presenza di sforzo si ha ++ consumo di O2 –> consumo ATP –> rilascio di adenosina dai miocardiociti –> vasodilatazione (dei vasi di resistenza).
Altri fattori che contribuiscono alla vasodilatazione: NO endoteliale, catecolamine, sostanze vasoattive circolanti.
Eventi concomitanti e fattori di variabilità dell’ischemia derivante da stenosi coronarica
- Disfunzione del microcircolo coronarico (causa angina microvascolare)
- Spasmo coronarico, che è la vasocostrizione intensa di un segmento di uno o più vasi epicardici che in genere causa ischemia transmurale (causa angina vasospastica)
- Trombosi coronarica a seguito di eventi acuti di placca, che determinano un’attivazione della cascata coagulativa con la formazione di un trombo (causa SCA)
Le variazioni neurormonali, variazioni del tono dei v. di resistenza e circoli collaterali sono responsabili della variabilità della soglia ischemica.
Doppio prodotto
FC x PA sistolica
è un indice affidabile e misurabile clinicamente dell’MVO2 (Myocardial Volume Oxygen)
Conseguenze dell’ischemia: alterazioni metaboliche
- Normalmente il miocardio processa acidi grassi; in seguito a ipoafflusso si attivano invece meccanismi di glicolisi aerobia;
- aumento della produzione di acido lattico e abbassamento del pH intracellulare;
- diminuzione dello scambio ionico con aumento di Ca2+ intracellulare;
- il Ca2+ deprime la capacità mitocondriale di produrre ATP;
- produzione di ROS.
Se di breve durata (20-30 min) l’ischemia causa alterazioni reversibili del metabolismo; se >30 min provoca danno irreversibile che va incontro a necrosi.
Adattamenti all’ischemia: precondizionamento ischemico
Un miocardio sottoposto a eventi ischemici transitori sviluppa maggior resistenza al danno ischemico nelle 2-24/72h dopo l’ischemia (precondizionamento ischemico precoce o tardivo).
Probabili meccanismi coinvolti sono :
> la liberazione di adenosina durante l’ischemia precondizionante;
> l’attivazione dei canali ATP-dipendenti del K+ su membrana e mitocondri.
Conseguenze dell’ischemia: alterazioni (meccaniche) della funzione sistolica
La funzione contrattile è depressa, con riduzione della GC, della portata cardiaca e della FEVSn e tre possibili scenari di danno:
- Ischemia che interessa 20-25% della massa Vsn –> evidenza clinica di scompenso;
- alterazione/rottura dei muscoli papillari –> insufficienza mitralica acuta che dà sintomi di scompenso anche con area ischemica limitata;
- Necrosi miocardica –> disfunzione persistente dell’area interessata; maggiore l’area di necrosi, maggiore la disfunzione contrattile permanente.
Cardiomiopatia post-ischemica
Compromissione di contrattilità che consegue a una serie di episodi ischemici che portano alla perdita di piccole aree di tessuto e a riparazione cicatriziale (miocardiosclerosi). Due ipotesi di danno cellulare:
Hp 1. Necrosi miocardica conseguente all’ischemia;
Hp 2. Apoptosi miocardica della porzione di tessuto ipossica (in questo caso non c’è infiammazione).
Stunning/Hybernation miocardico
Stunning: rallentamento del recupero contrattile dopo l’ischemia (ore o giorni per recuperare).
Hybernation: ipocontrattilità dovuta a una riduzione cronica di flusso ematico, che determina una riduzione del fabbisogno miocardico di ossigeno, permettendone la sopravvivenza in condizioni di ridotto apporto di O2.
Conseguenze dell’ischemia: alterazioni (meccaniche) della funzione diastolica
L’ischemia compromette la capacità di rilasciamento ventricolare –> prolungamento del periodo di rilasciamento isovolumetrico, con rallentamento della riduzione di P nella fase iniziale della diastole. L’aumento della P diastolica contribuisce alla congestione venosa a monte.
Conseguenze dell’ischemia: alterazioni elettriche del tratto ST
[L’IMA è caratterizzata da modificazioni del tratto ST, spiegate da 2 teorie:
- Teoria sistolica: rallentamento di ascesa (fase 0) e riduzione di ampiezza (fasi 2-3) del Pd’A in sistole: c’è una differenza di potenziale tra tessuto sano e ischemico che genera un flusso di corrente diretto verso il t. ischemico;
- Teoria diastolica: ripolarizzazione incompleta del t. ischemico, con potenziale a riposo - 70 mv (invece di - 90) –> flusso corrente in diastole diretto verso il tessuto sano.]
A seconda del tipo di ischemia:
> nell’ischemia SUBENDOCARDICA, il vettore di corrente si dirige dal tessuto sano subepicardico al t. ischemico; viene rilevato dall’elettrodo + toracico un vettore di lesione in allontanamento –> ST slivellato negativo.
> nell’ischemia TRANSMURALE, un elettrodo posto sulla parete toracica sarà più a stretto contatto con l’area ischemica subepicardica; ne consegue un vettore di lesione diretto verso l’elettrodo esplorante –> ST slivellato positivo.
Conseguenze dell’ischemia: alterazioni elettriche - onda T
Sono occasionali in fase acuta e più frequenti in ischemia cronica/dopo risoluzione dello slivellamento ST; rappresentano anomalie di ripolarizzazione dei ventricoli, spesso legate al prolungamento della fase 3 del Pd’A. La regione ischemica rimane negativa più a lungo delle aree non ischemiche, generando un vettore diretto da area ischemica (-) a t. sano (+), generando un’onda T negativa nelle proiezioni dei vettori posizionati sull’area ischemica.
Also:
- in cronico hai una negativizzazione generalizzata dell’onda T per ritardo di ripolarizzazione dell’area ischemica (prolungamento della fase 3 di ripolarizzazione);
- in acuto occasionali onde T “a tenda” (particolarmente alte, appuntite) indicano invece ischemia subendocardica localizzata.
Conseguenze dell’ischemia: alterazioni elettriche - onda Q di necrosi
Sono rilevabili nelle derivazioni prospicienti la necrosi TRANSMURALE. L’elettrodo di depolarizzazione è normalmente diretto dall’endocardio all’epicardio, mentre in caso di necrosi transmurale i vettori diretti verso l’esterno vengono meno, mentre persistono quelli che “fuggono”dall’area ischemica.
Criteri di patologicità dell’onda Q (se di entità ridotta è infatti fisiologica):
1. durata >= 0.04 sec
2. profondità >= 25% dell’onda R
3. presenza di uncinature
Meccanismi del dolore ischemico cardiaco
- adenosina: attraverso i recettori di membrana A2 del muscolo liscio arteriolare stimola la vasodilatazione, attraverso A1 sulle c. nervose afferenti cardiache manda lo stimolo algogeno;
- ioni K+, H+ (?)
- bradichinina
- stimoli meccanici legati all’edema e aumento di P interstiziale, con stimolazione di fibre dolorifiche
- -> le fibre afferenti simpatiche terminano a livello delle corna dorsali del midollo spinale, da qui (superando la modulazione negativa da parte di interneuroni - “gate control”) trasmettono al talamo e alla corteccia temporo-parietale. Inoltre i secondi neuroni midollari ricevono anche fibre che veicolano segnali dalla superficie metamerica corrispondente, e trasmettono lo stimolo dolorifico a livello cutaneo.
[la trasmissione del dolore a livello centrale è incerta:
>teoria della specificità: esistono fibre algogene dedicate
>teoria dell’intensità: esistono fibre polimodali eccitate a seconda di stimoli che superano una certa soglia]
Caratteristiche del dolore ischemico cardiaco
- qualità del dolore: oppressivo/costrittivo, con inizio e cessazione graduali, non influenzato dagli atti respiratori/posizione/pressione sul torace;
- localizzazione: retrosternale;
- irradiazione: sup. ulnare del braccio sx, collo, spalle;
- fattori precipitanti: esercizio fisico, stress, esposizione a temperature rigide, pasti, attività sessuale, crisi ipertensive;
- durata: da 1-10 min con dolore anginoso a 20-30 min con dolore infartuale;
- risposta a nitrati sublinguali: efficaci nell’angina, non sul dolore infartuale.
Classificazione fisiopatologica e clinica dell’angina
> PRIMARIA: si verifica a riposo in seguito a primaria riduzione di flusso coronarico (spasmo coronarico, trombosi transitoria o entrambi)
SECONDARIA: insorge secondariamente a un aumento di richiesta metabolica (sforzo), che eccede la possibilità di aumento di flusso (stenosi nei vasi epicardici, alterazione del microcircolo…)
> MISTA: inquadramento clinico corrispondente a una combinazione di fattori causanti angina primaria e secondaria
Caratteristiche dell’angina (che determinano il tipo di dolore): criteri descrittivi
- da freddo (vasocostrizione coronarica, + PA)
- postprandiale, di solito indica malattia coronarica grave
- da stress
- da decubito –> aumento del lavoro cardiaco per ++ precarico in clinostatismo
Caratteristiche dell’angina ad alto rischio (instabile)
- Angina di recente insorgenza (< 4w);
- in crescendo, ovvero riduzione della soglia ischemica in angina da sforzo, che si presenta con sforzi sempre più lievi;
- che inizia a manifestarsi a riposo, episodi ricorrenti/di durata protratta/scarsamente responsiva ai nitrati sublinguali;
- inoltre vi rientra l’angina postinfartuale (in corso di IM subacuto)
Diff. angina stabile-instabile (classificazione clinica)
È una valutazione prognostica basata sulla stabilità del quadro clinico nel tempo:
- Stabile: persistenza degli attacchi anginosi da almeno 2 mesi, costante nel tempo;
- Instabile: più frequentemente porta a IMA; recente peggioramento del quadro anginoso, comparsa di angina a riposo, riduzione della risposta ai nitrati sublinguali.