Cardiopatia ischemica pt. 1 Flashcards

1
Q

Definizione cardiopatia ischemica

A

La cardiopatia ischemica è il risultato di ridotto apporto di ossigeno al miocardio, che ne determina la sofferenza

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2
Q

Eziopatogenesi

A

> coronaropatia aterosclerotica (non sempre!)
spasmo coronarico
alterazioni del microcircolo
cause extracoronariche (es. tamponamento cardiaco)
embolia coronarica
coronartrite ostiale da arterite luetica
arterite coronarica in vasculite generalizzata
origine/decorso anomalo delle coronarie (congeniti)

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3
Q

Stenosi coronarica

A

Causa più frequente di IMA, specie da deposizione di placca aterosclerotica: per causare danno è necessario che determini una resistenza al flusso anche a riposo:

  1. se riduce il lume di < 50%, non causa una caduta di P a valle –> non si ha sofferenza miocardica anche durante max richiesta metabolica;
  2. se riduce il lume di > 50%, stimola la dilatazione dei vasi di resistenza, con una caduta di P a valle proporzionale all’entità dell’occlusione; maggiore è l’occlusione, maggiore la riduzione della riserva coronarica –> a riposo non si verifica ischemia;
  3. con stenosi > 80% si ha esaurimento della riserva coronarica con insufficienza a riposo (in assenza di circoli collaterali).

Inoltre:

  • L’ischemia interessa primariamente la regione subendocardica, più esposta alla P endocavitaria e quindi con maggiore MVO2;
  • C’è una variabilità della soglia ischemica, determinata da variazione del grado di riduzione del lume in risposta a modificazioni del tono vascolare (in genere determinate da fattori neurormonali e circoli collaterali), che possono aumentarne o ridurne momentaneamente il grado.
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4
Q

Vasi di conduttanza/capacitanza

A

Vasi che non offrono significativa resistenza al flusso

  1. Coronaria dx
  2. Coronaria sx -> circonflessa e discendente anteriore
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5
Q

Vasi di resistenza

A

Si vasodilatano/vasocostringono nella regolazione della resistenza al flusso. Sono:

  • Prearteriole (100-500 micron), si costringono o dilatano quando la PA aumenta o diminuisce, e il loro tono è influenzato da meccanismi neurormonali e endotelio-mediati;
  • Arteriole (<100 micron), sono la sede di regolazione metabolica del flusso e rispondono direttamente al consumo miocardico di O2, ovvero all’adenosina rilasciata, e a fattori neurormonali.
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6
Q

Coronaria dx territorio di irrorazione

A

Generalmente si ha dominanza destra (85%) –> la C. dx continua lungo il solco atrio-ventricolare dando rami postero-laterali.

  • Ventricolo dx
  • Porzione basale Vsx
  • 1/3 posteriore del setto interventricolare
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7
Q

Coronaria sx territorio di irrorazione

A

La coronaria sx stacca:
-> Discendente anteriore: parete anteriore + apice + 2/3 anteriori del setto interv.
-> Circonflessa: parte postero-laterale.
Dominanza sx nel 15-20% dei soggetti in cui la circonflessa si porta posteriormente nel solco AV a irrorare la porzione ventricolare infero-posteriore.

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8
Q

Meccanismo di vasodilatazione coronarica e concetto di riserva coronarica

A

La riserva coronarica è la capacità di incremento massimale al flusso in condizioni di aumentata richiesta metabolica di O2 da parte del miocardio.
I vasi coronarici non rispondono tanto della stimolazione nervosa quanto del rilascio di mediatori locali; in presenza di sforzo si ha ++ consumo di O2 –> consumo ATP –> rilascio di adenosina dai miocardiociti –> vasodilatazione (dei vasi di resistenza).

Altri fattori che contribuiscono alla vasodilatazione: NO endoteliale, catecolamine, sostanze vasoattive circolanti.

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9
Q

Eventi concomitanti e fattori di variabilità dell’ischemia derivante da stenosi coronarica

A
  1. Disfunzione del microcircolo coronarico (causa angina microvascolare)
  2. Spasmo coronarico, che è la vasocostrizione intensa di un segmento di uno o più vasi epicardici che in genere causa ischemia transmurale (causa angina vasospastica)
  3. Trombosi coronarica a seguito di eventi acuti di placca, che determinano un’attivazione della cascata coagulativa con la formazione di un trombo (causa SCA)

Le variazioni neurormonali, variazioni del tono dei v. di resistenza e circoli collaterali sono responsabili della variabilità della soglia ischemica.

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10
Q

Doppio prodotto

A

FC x PA sistolica

è un indice affidabile e misurabile clinicamente dell’MVO2 (Myocardial Volume Oxygen)

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11
Q

Conseguenze dell’ischemia: alterazioni metaboliche

A
  • Normalmente il miocardio processa acidi grassi; in seguito a ipoafflusso si attivano invece meccanismi di glicolisi aerobia;
  • aumento della produzione di acido lattico e abbassamento del pH intracellulare;
  • diminuzione dello scambio ionico con aumento di Ca2+ intracellulare;
  • il Ca2+ deprime la capacità mitocondriale di produrre ATP;
  • produzione di ROS.

Se di breve durata (20-30 min) l’ischemia causa alterazioni reversibili del metabolismo; se >30 min provoca danno irreversibile che va incontro a necrosi.

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12
Q

Adattamenti all’ischemia: precondizionamento ischemico

A

Un miocardio sottoposto a eventi ischemici transitori sviluppa maggior resistenza al danno ischemico nelle 2-24/72h dopo l’ischemia (precondizionamento ischemico precoce o tardivo).
Probabili meccanismi coinvolti sono :
> la liberazione di adenosina durante l’ischemia precondizionante;
> l’attivazione dei canali ATP-dipendenti del K+ su membrana e mitocondri.

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13
Q

Conseguenze dell’ischemia: alterazioni (meccaniche) della funzione sistolica

A

La funzione contrattile è depressa, con riduzione della GC, della portata cardiaca e della FEVSn e tre possibili scenari di danno:

  1. Ischemia che interessa 20-25% della massa Vsn –> evidenza clinica di scompenso;
  2. alterazione/rottura dei muscoli papillari –> insufficienza mitralica acuta che dà sintomi di scompenso anche con area ischemica limitata;
  3. Necrosi miocardica –> disfunzione persistente dell’area interessata; maggiore l’area di necrosi, maggiore la disfunzione contrattile permanente.
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14
Q

Cardiomiopatia post-ischemica

A

Compromissione di contrattilità che consegue a una serie di episodi ischemici che portano alla perdita di piccole aree di tessuto e a riparazione cicatriziale (miocardiosclerosi). Due ipotesi di danno cellulare:
Hp 1. Necrosi miocardica conseguente all’ischemia;
Hp 2. Apoptosi miocardica della porzione di tessuto ipossica (in questo caso non c’è infiammazione).

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15
Q

Stunning/Hybernation miocardico

A

Stunning: rallentamento del recupero contrattile dopo l’ischemia (ore o giorni per recuperare).
Hybernation: ipocontrattilità dovuta a una riduzione cronica di flusso ematico, che determina una riduzione del fabbisogno miocardico di ossigeno, permettendone la sopravvivenza in condizioni di ridotto apporto di O2.

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16
Q

Conseguenze dell’ischemia: alterazioni (meccaniche) della funzione diastolica

A

L’ischemia compromette la capacità di rilasciamento ventricolare –> prolungamento del periodo di rilasciamento isovolumetrico, con rallentamento della riduzione di P nella fase iniziale della diastole. L’aumento della P diastolica contribuisce alla congestione venosa a monte.

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17
Q

Conseguenze dell’ischemia: alterazioni elettriche del tratto ST

A

[L’IMA è caratterizzata da modificazioni del tratto ST, spiegate da 2 teorie:

  1. Teoria sistolica: rallentamento di ascesa (fase 0) e riduzione di ampiezza (fasi 2-3) del Pd’A in sistole: c’è una differenza di potenziale tra tessuto sano e ischemico che genera un flusso di corrente diretto verso il t. ischemico;
  2. Teoria diastolica: ripolarizzazione incompleta del t. ischemico, con potenziale a riposo - 70 mv (invece di - 90) –> flusso corrente in diastole diretto verso il tessuto sano.]

A seconda del tipo di ischemia:
> nell’ischemia SUBENDOCARDICA, il vettore di corrente si dirige dal tessuto sano subepicardico al t. ischemico; viene rilevato dall’elettrodo + toracico un vettore di lesione in allontanamento –> ST slivellato negativo.
> nell’ischemia TRANSMURALE, un elettrodo posto sulla parete toracica sarà più a stretto contatto con l’area ischemica subepicardica; ne consegue un vettore di lesione diretto verso l’elettrodo esplorante –> ST slivellato positivo.

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18
Q

Conseguenze dell’ischemia: alterazioni elettriche - onda T

A

Sono occasionali in fase acuta e più frequenti in ischemia cronica/dopo risoluzione dello slivellamento ST; rappresentano anomalie di ripolarizzazione dei ventricoli, spesso legate al prolungamento della fase 3 del Pd’A. La regione ischemica rimane negativa più a lungo delle aree non ischemiche, generando un vettore diretto da area ischemica (-) a t. sano (+), generando un’onda T negativa nelle proiezioni dei vettori posizionati sull’area ischemica.

Also:

  • in cronico hai una negativizzazione generalizzata dell’onda T per ritardo di ripolarizzazione dell’area ischemica (prolungamento della fase 3 di ripolarizzazione);
  • in acuto occasionali onde T “a tenda” (particolarmente alte, appuntite) indicano invece ischemia subendocardica localizzata.
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19
Q

Conseguenze dell’ischemia: alterazioni elettriche - onda Q di necrosi

A

Sono rilevabili nelle derivazioni prospicienti la necrosi TRANSMURALE. L’elettrodo di depolarizzazione è normalmente diretto dall’endocardio all’epicardio, mentre in caso di necrosi transmurale i vettori diretti verso l’esterno vengono meno, mentre persistono quelli che “fuggono”dall’area ischemica.
Criteri di patologicità dell’onda Q (se di entità ridotta è infatti fisiologica):
1. durata >= 0.04 sec
2. profondità >= 25% dell’onda R
3. presenza di uncinature

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20
Q

Meccanismi del dolore ischemico cardiaco

A
  • adenosina: attraverso i recettori di membrana A2 del muscolo liscio arteriolare stimola la vasodilatazione, attraverso A1 sulle c. nervose afferenti cardiache manda lo stimolo algogeno;
  • ioni K+, H+ (?)
  • bradichinina
  • stimoli meccanici legati all’edema e aumento di P interstiziale, con stimolazione di fibre dolorifiche
  • -> le fibre afferenti simpatiche terminano a livello delle corna dorsali del midollo spinale, da qui (superando la modulazione negativa da parte di interneuroni - “gate control”) trasmettono al talamo e alla corteccia temporo-parietale. Inoltre i secondi neuroni midollari ricevono anche fibre che veicolano segnali dalla superficie metamerica corrispondente, e trasmettono lo stimolo dolorifico a livello cutaneo.

[la trasmissione del dolore a livello centrale è incerta:
>teoria della specificità: esistono fibre algogene dedicate
>teoria dell’intensità: esistono fibre polimodali eccitate a seconda di stimoli che superano una certa soglia]

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21
Q

Caratteristiche del dolore ischemico cardiaco

A
  • qualità del dolore: oppressivo/costrittivo, con inizio e cessazione graduali, non influenzato dagli atti respiratori/posizione/pressione sul torace;
  • localizzazione: retrosternale;
  • irradiazione: sup. ulnare del braccio sx, collo, spalle;
  • fattori precipitanti: esercizio fisico, stress, esposizione a temperature rigide, pasti, attività sessuale, crisi ipertensive;
  • durata: da 1-10 min con dolore anginoso a 20-30 min con dolore infartuale;
  • risposta a nitrati sublinguali: efficaci nell’angina, non sul dolore infartuale.
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22
Q

Classificazione fisiopatologica e clinica dell’angina

A

> PRIMARIA: si verifica a riposo in seguito a primaria riduzione di flusso coronarico (spasmo coronarico, trombosi transitoria o entrambi)
SECONDARIA: insorge secondariamente a un aumento di richiesta metabolica (sforzo), che eccede la possibilità di aumento di flusso (stenosi nei vasi epicardici, alterazione del microcircolo…)

> MISTA: inquadramento clinico corrispondente a una combinazione di fattori causanti angina primaria e secondaria

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23
Q

Caratteristiche dell’angina (che determinano il tipo di dolore): criteri descrittivi

A
  1. da freddo (vasocostrizione coronarica, + PA)
  2. postprandiale, di solito indica malattia coronarica grave
  3. da stress
  4. da decubito –> aumento del lavoro cardiaco per ++ precarico in clinostatismo
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24
Q

Caratteristiche dell’angina ad alto rischio (instabile)

A
  1. Angina di recente insorgenza (< 4w);
  2. in crescendo, ovvero riduzione della soglia ischemica in angina da sforzo, che si presenta con sforzi sempre più lievi;
  3. che inizia a manifestarsi a riposo, episodi ricorrenti/di durata protratta/scarsamente responsiva ai nitrati sublinguali;
  4. inoltre vi rientra l’angina postinfartuale (in corso di IM subacuto)
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25
Q

Diff. angina stabile-instabile (classificazione clinica)

A

È una valutazione prognostica basata sulla stabilità del quadro clinico nel tempo:

  • Stabile: persistenza degli attacchi anginosi da almeno 2 mesi, costante nel tempo;
  • Instabile: più frequentemente porta a IMA; recente peggioramento del quadro anginoso, comparsa di angina a riposo, riduzione della risposta ai nitrati sublinguali.
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26
Q

Angina: sintomi associati

A
  • dispnea: da aumento della congestione a monte del ventricolo sx, con ischemia che altera la funzione diastolica o sistolica;
  • astenia: riduzione transitoria della funzione sistolica con ipoperfusione muscolare
  • palpitazioni: disturbi del ritrmo conseguenti all’instabilità elettrica; cardiopalmo, sincopi, lipotimie
27
Q

Ischemia miocardica silente, cos’è e perché succede

A

Ischemia che si manifesta con alterazioni di ST in assenza di sintomi. Il pz può:

  1. non avere mai manifestato sintomi dell’ischemia;
  2. aver avuto episodi ischemici sintomatici in precedeza.

Il 75% degli episodi di TIA è asintomatico (misurazione Holter). Ipotesi alla base delle due possibili condizioni del pz.:

  1. che chi è sempre asintomatico abbia una soglia del dolore cardiaco più alta (+ produzione di endorfine);
  2. che chi è saltuariamente asintomatico lo è per episodi ischemici più gravi (marcato slivellamento ST).

Non c’è rischio aumentato di IMA di un gruppo rispetto all’altro. In questi pz si richiede frequente monitoraggio Holter e sottoposizione a ECG sotto sforzo.

28
Q

Cardiopatia coronarica cronica, possibili presentazioni cliniche

A

> angina cronica stabile
angina microvascolare
angina variante
cardiomiopatia dilatativa postischemica

29
Q

Cardiopatia coronarica acuta, possibili presentazioni cliniche

A

> senza sopraslivellamento ST
con sopraslivellamento ST
morte improvvisa coronarica

30
Q

Classificazione eziologica di angina

A

Associazione di fattori causali:

  1. Stabile: stenosi + disfunzione microvascolare
  2. Instabile: stenosi + trombosi + disfunzione microvascolare
  3. Microvascolare: disfunzione microvascolare
  4. Variante: spasmo occlusivo
31
Q

Angina cronica stabile, definizione e fisiopatologia

A

angina presente da almeno 2 mesi con alternanza stabile di episodi, tipicamente a seguito di sforzo fisico, stress o crisi ipertensive. L’eliminazione del fattore scatenante risolve i sintomi. I sintomi sono stabili nel tempo.

Fisiopatologia:

  • stenosi, tipicamente da placca con riduzione del lume > 50%;
  • se associata a spasmo rende la stenosi più significativa in maniera transitoria.
  • (La modificazione del microcircolo, le variazioni del tono vasale, la presenza di stenosi dinamiche sono responsabili della variabilità della soglia anginosa)
32
Q

Comparsa di sintomi di angina stabile; quando e come è classificata

A

Seguono una distribuzione circadiana, dipendente da aumento del tono adrenergico: più frequenti al mattino tra le 6 le 10, con secondo picco nelle ore pomeridiane.

La CCS (Canadian Cardiovascular Society) divide l'entità della sintomatologia in 4 gradi:
I. Angina che compare per sforzi intensi e prolungati
II. Lieve limitazione delle attività abituali
III. Marcata limitazione delle attività abituali
IV. Sintomi a riposo
33
Q

DDX angina stabile

A
  • con prolasso della mitrale: soffio a “grido di gabbiano”, ecocardio
  • CMP ipertrofica: E.O. e ecocardio
  • Disturbi neuromuscolari: dolore localizzato diversamente, non correlato allo sforzo, esacerbato dai movimenti e dalla digitopressione toracica
  • Disturbi GI: con esofagite e ernia iatale si ha più spesso dolore urente, associato a condizione postprandiale, clinostatica, aumenta con piegamento in avanti. Diagnosi empirica con antiacidi
  • disturbi psichici
34
Q

Angina stabile, E.O.

A

Debbase inutile, ma aiuta a individuare predisposizione a malattia coronarica (segni di sindrome metabolica e ipercolesterolemia), nonché a fare DDx.

  • Durante l’attacco, talora si osserva impulso precordiale sistolico se c’è un’ischemia importante che determina discinesia ventricolare sx.
  • Eventuale comparsa di III/IV tono o soffio da insuff. AV se la necrosi successiva all’ischemia ha causato disfunzione dei mm. papillari.
  • Dispnea e rumori umidi alle basi polmonari se ad essere interessata è una cospicua zona di miocardio; scompaiono con la risoluzione dell’ischemia.
35
Q

Probabilità clinica pre-test

A

è una valutazione che si fa per stabilire la probabilità che il pz stia avendo angina se presenta sintomatologia dolorosa stabile in petto, sulla base di:
- età,
- sesso
- tipo di angina (tipica, atipica, dolore non anginoso).
Se la probabilità super l’85% la diagnosi è certa, al di sotto del 15% si esclude, nel mezzo si fa ECG sotto sforzo.

36
Q

Esami diagnostici di angina

A

ECG: gold standard.
1. ECG da sforzo: con cicloergometro o tappeto rotante, aumenta l’entità delle anomalie osservabili a riposo. Importante valutare a quale carico di lavoro corrisponde la comparsa delle alterazioni e quanto ci mettono a tornare in condizione basale (>5 min – ischemia grave). Può essere falso negativo nelle ischemie posteriori/postero-laterali.
- Se positivo bisogna fare ddx con a. microvascolare con CORONAROGRAFIA.
- Se non è informativo a causa di:
> BBS, preeccitazione o ipertrofia ventricolare sinistra che mascherano i segni di ischemia;
> non è effettuabile;
> si ottengono risultati incerti;
Si procede con altre valutazioni.

  1. Holter: aiuta nel momento in cui ECG dubbio/sus falso negativo. Mostra sottoslivellamento ST >= 1mm per almeno 1 min.
    - Se non informativo si fanno stress-test ecocardiografico o scintigrafico.

[Altri riscontri:

  1. Esami di lab: i fattori di rischio di eventi coronarici riscontrabili possono essere profilo glicemico e lipidico alterati, anemia, ipertiroidismo;
  2. Rx torace (esame di routine): evt. dilatazione arco aortico (con ipertensione/valvulopatia associata), stasi polmonare, calcificazioni coronariche;
  3. Stress test scintigrafico (sotto sforzo o con adenosina/dipiridamolo) con 99Tecnezio sestamibi, somministrato e.v. all’acme del test, con 2 acquisizioni: subito + dopo 3-4h. Le zone ischemiche sono ipocaptanti nella prima acquisizione, isocaptanti a riposo (se non c’è normalizzazione l’area è necrotica pregressa);
  4. Stress test ecocardiografico: mostra ipo/a/discinesia nell’area ischemica, importante verificarne normalizzazione. Più specifico, meno costoso della scintigrafia, ma operatore-dipendente
  5. Cateterismo cardiaco: non vede vasi < 0.5 mm;
  6. TC coronarica multistrato.]
37
Q

Qual è l’alternativa al test da sforzo?

A

Stress test farmacologico con dobutamina –> aumenta consumo O2 miocardico

38
Q

Algoritmo diagnostico angina

A
  1. E.O, clinical pre-test probabilities;
  2. ECG da sforzo, se ineffettivo Holter;
  3. Scintigrafia/ecocardio con stress test;
  4. Coronarografia (per rivascolarizzazione).
39
Q

Rivascolarizzazione: quando si fa e quali possibilità di intervento

A

Da considerare in caso in caso di refrattarietà al trattamento farmacologico (sintomatico), alterata contrazione, ampie zone di miocardio ischemico.

Due metodi:

  1. Percutanea, si gonfia palloncino all’apice di un catetere in corrispondenza della stenosi con posizionamento stent (evt. medicato, con farmaci a lento rilascio). Riduzione recidiva a 10% a 6 mesi. Per 1-12 mesi post-intervento si fa cardioaspirina + Clopidogrel.
  2. Bypass aorto-coronarico: preferibilmente arterioso (minor rischio di trombosi a lungo termine rispetto al venoso); in pz. con controindicazioni alla percutanea + concomitanza di condizioni quali: stenosi del tronco comune della coronaria sx, malattia multivasale con ridotta funzionalità Vsn, occlusione della discendente anteriore sx.
40
Q

Angina variante di Prinzmetal

A
  1. Si verifica esclusivamente/prevalentemente a riposo;
  2. Si associa a SOPRAslivellamento ST;
  3. Dovuta a spasmo occlusivo/subocclusivo di un segmento coronarico (raramente multivasale o diffuso).
41
Q

RF angina variante di Prinzmetal

A
  • Uso di cocaina, sumatriptan, 5-FU;

- fumo + contraccettivi.

42
Q

Dx angina di Prinzmetal

A
  1. Clinica: episodi di 2-10 min senza cause scatenanti apparenti, talora con recidiva a breve termine; possono mostrare un pattern circadiano. In alcuni pz osserviamo l’alternanza di fasi fredde (senza episodi) e fasi calde.
    [2. Conferma con ECG sotto sforzo: sopraslivellamento ST da 1 a 20+ mm, oppure pseudonormalizzazione onde T (onda T positiva).]
  2. Holter++;
  3. Coronarografia: test provocativo di spasmo coronarico con ergonovina (e.v./intracoronarica), Ach (intracoronarica) o iperventilazione.

Ddx con angina classica:

  • preservata tolleranza allo sforzo (perché non c’è stenosi, dipende esclusivamente dal vasospasmo che è imprevedibile) –> spesso ECG da sforzo è negativo
  • si presenta come angina notturna con autorisoluzione
  • cluster di episodi
43
Q

Terapia angina di Prinzmetal

A
  • nitrati sublinguali in acuto
  • Ca-antagonisti in profilassi (DH o non-DH) con variabilità di risposta (da 200mg fino a 1 g/die con nDHP)
  • se non c’è risposta a Ca-ant aggiungere nitrati in cronico (12h al giorno)
  • se refrattarietà alla terapia: stent
  • se rischio morte improvvisa: impianto defibrillatore
44
Q

Cardiomiopatia dilatativa post-ischemica definizione

A

CMD più frequente nei paesi occidentali, può risultare da un episodio infartuale importante o piccoli infarti multipli, mentre in altri casi non c’è evidenza di pregressi infarti e in questo caso si ipotizza danno ischemico cronico con necrosi focale e fenomeni necro/apoptotici

45
Q

Sintomi e segni CMD-PI

A
  • disfunzione Vsn: dispnea da sforzo o parossistica notturna, astenia;
  • comparsa di edemi declivi
  • all’auscultazione III tono, I tono ridotto, soffio da insuff mitralica
  • coronarografia: di solito mostra malattia coronarica multivasale
46
Q

Valutazione e prognosi di pz. con CMD-PI

A
è importante stabilire l'area di miocardio sano con:
- scintigrafia, 
- RM cardiaca,
- eco-stress con dobutamina,
- PET (gold standard).
La prognosi è peggiore dei pz. con CM ischemica cronica because:
> comparsa di aritmie
> trombosi
> embolia.

Il flusso coronarico può essere ripristinato con rivascolarizzazione determinando un miglioramento della prognosi.

47
Q

Terapia CMD-PI

A

analoga a quella di angina post-infarto (b- blocc e ACEi), con l’aggiunta di:
- antialdosteronici se la funzione renale è conservata;
- digossina + DOACs in pz. con fibrillazione atriale;
- amiodarone come antiaritmico di scelta.
Frequentemente c’è l’indicazione all’impianto di un ICD o pacemaker oppure alla rivascolarizzazione.

48
Q

Perché l’ischemia interessa primariamente la regione subendocardica?

A
  1. Gli strati subendocardici sono maggiormente esposti alla P diastolica endocavitaria, che tende a contrastare il flusso determinato dalla P endoluminale;
  2. La P diastolica endocavitaria determina un MVO2 delle cellule subendocardiche più elevato, a causa della maggiore tensione di parete.
49
Q

Obiettivi terapeutici nel trattamento dell’angina

A
  1. Migliorare la qualità della vita, riducendo i sintomi anginosi,
    - riducendo il MVO2,
    - dilatando le coronarie,
    - riducendo la percezione del dolore,
    - usando farmaci che non abbiano effetti emodinamici quando il pz. ha complicanze (es. bradicardico).
  2. Migliorare la prognosi, tramite miglioramento dello stile di vita e farmaci.
50
Q

Farmaci che riducono il consumo miocardico di O2

A

Riduzione della contrattilità:

  1. Beta-bloccanti: interagiscono con i recettori b-1 (via cAMP-PKA, coinvolta nel rilascio di Ca2+ dal reticolo sarcoplasmatico)
  2. Ca2+-antagonisti non-DHP

Riduzione della FC:

  1. Ca2+ antagonisti non-DHP: riducono la frequenza di scarica del NSA;
  2. Beta-bloccanti;
  3. Ivabradina (derivato del verapamil): riduce la FC senza agire sulla contrattilità
51
Q

Farmaci che dilatano le coronarie migliorando la perfusione

A
  1. Ca-antagonisti, meglio DHP;
  2. Nitrati: solo in evento acuto, danno assuefazione e non sono efficaci sul lungo termine;
  3. Beta-bloccanti di terza generazione (Nebivololo): interagiscono con beta3 a livello delle cellule endoteliali, che causa attivazione della NOS.
  4. Nicorandil, non in commercio in italia: nitrato + attivatore dei canali K ATPasici, attiva il precondizionamento.

Non usiamo altri beta-bloccanti per la loro azione su b2, che blocca la contrazione del mm. liscio interagendo con la via della MLCK e impedendo la vasodilatazione.

52
Q

Farmaci senza effetti emodinamici

A

Vengono somministrati quando le condizioni del pz. non consentono l’uso di farmaci con effetto emodinamico (es. se il pz è bradicardico o ipoteso), o quando non si ottiene una buona risposta.

  1. Ranolazina: agisce sulla corrente tardiva del sodio impedendo il sovraccarico di Na intracellulare e allo stesso tempo quello del Ca2+;
  2. Trimetazidina: inibitore parziale della beta-ossidazione, incoraggia la glicolisi velocizzando il metabolismo miocardico.
53
Q

Farmaci analgesici

A
  1. Xantine: principalmente antiasmatici, sono antiadenosinici e agiscono contro l’effetto algico dell’adenosina quando questo è sproporzionato rispetto all’entità dell’ischemia.
54
Q

Schema terapeutico angina stabile, farmaci che migliorano qualità di vita

A

Sono utilizzati soprattutto farmaci che riducono il consumo di ossigeno, a meno che:

  1. non ci sia segno di stenosi coronarica –> uso vasodilatatori;
  2. si vogliano evitare gli effetti emodinamici –> ranolazina, trimetazidina
  3. uso di farmaci che migliorano la prognosi

[Quindi a seconda del paziente, se ho bisogno di:
> riduzione di contrattilità e FC: b1-ant o Ca2+-ant non DHP (o Ivabradina per ridurre FC selettivamente)
> vasodilatazione: Ca2+-ant DHP, b-bloccanti di 3a (Nebivololo)
> evitare effetti emodinamici (es. pz. bradicardico): ranolazina, trimetazidina
> aggiunta di farmaci analgesici: xantine]

55
Q

Farmaci che migliorano la prognosi

A
  1. Aspirina (se c’è intolleranza Clopidogrel); effetti coll. può causare sanguinamenti (es. intestinale)
  2. statine: target LDL <70, restrittivo perché i pz. sono a rischio elevato;
  3. ACEi, in caso di ipertensione, insuff. cardiaca, disfunzione ventricolare;
  4. B-bloccanti: migliorano la prognosi solo con pregresso infarto o scompenso.
56
Q

Angina microvascolare

A

È causata da disfunzione dei piccoli vasi coronarici di resistenza. Caratterizzata da:

  1. Esclusivamente/prevalentemente da sforzo;
  2. Sottoslivellamento ST sotto sforzo;
  3. Coronarografia normale.

Può presentare caratteri di aspecificità come
> durata prolungata del dolore dopo interruzione dello sforzo
> lenta/incostante risposta a nitrati sublinguali (aiuta ddx con stenosi: somministrazione preventiva di nitrati e poi test da sforzo).

57
Q

epidemiologia angina microvascolare

A

interessa il 50% dei pz. che si sottopongono a coronarografia per angina da sforzo, di cui il 70% donne. Frequente in donne in menopausa, tanto che la terapia ormonale sostitutiva si è vista associata a miglioramento dei sintomi

58
Q

Storia angina microvascolare

A

1959, inizialmente chiamata sindrome X perché era incerta l’ischemia miocardica come meccanismo patogenetico; questa viene dimostrata misurando, in un trial con controllo contro valvulopatie, i marker di danno da riperfuzione (lipoperossidazione) invece che diretto ischemico:
- in pz. con sindrome X durante pacing atriale
- in pz. con stenosi coronarica
con misurazione tramite cateterismo dei seni coronarici. Emerge che questi pz. hanno livelli aumentati di lipoperossidi&raquo_space; danno ischemico confermato.

59
Q

angina microvascolare, meccanismi patogenetici

A
  1. Riduzione della riserva coronarica
  2. Spasmo del microcircolo oppure ostruzione (sulla base del meccanismo prevalente si imposta terapia)
  3. Danno lipoperossidativo da riperfusione che aggrava i meccanismi alla base e porta a ischemia
  4. “Cuore sensibile”: Suscettibilità aumentata al dolore viscerale
60
Q

Cause possibili di disfunzione vascolare

A

→ Anomalie della funzione adrenergica
→ Deficit della produzione dell’EDRF (fattore di rilasciamento vascolare endotelio-derivato)
→ Aumento del rilascio di endotelina-1 a livello coronarico
→ Aumento dell’attività dello scambiatore Na+/H+ di membrana
→ Aumentata insulino-resistenza
→ Aumento dello stato infiammatorio
→ Nelle donne deficit ormonale estrogenico

61
Q

Manifestazioni cliniche

A
  • dolore con sede e irradiazione tipica, ma durata prolungata (30-120 minuti) dopo sforzo + segni di “cuore sensibile”
  • colpisce maggiormente donne in menopausa
62
Q

Diagnosi

A
  • ECG da sforzo con sottoslivellamento ST
  • evt. ripeto ECG con somministrazione di nitrati –> se ST non migliora fortemente indicativo di microv.
  • Per ddx con riduzione di riserva coronarica da stenosi coronarica: Ecocardiografia da sforzo/con stress test farmacologico –> normale (non ci sono modificazioni di contrattilità cardiaca perché la porzione di tessuto coinvolta è esigua)
  • Per ddx con angina vasospastica: Coronarografia dopo somministrazione di Ach –> normale (risoluzione max. 0.5 cm)
  • Evidenza di cuore sensibile: percezione del catetere nelle arterie, dolore all’iniezione di mdc

Esami diagnostici specifici non effettuati normalmente in clinica:

  • Scintigrafia miocardica da sforzo;
  • Doppler intravascolare coronarico/TC PET scan/RM/ecoDoppler transtoracico: mostrano alterazioni da perfusione in risposta a stimoli vasodilatatori (dipiridamolo, pacing, Ach) e vasocostrittori (iperventilazione)
63
Q

Terapia angina microvascolare

A
  1. Se c’è stenosi:
    - b-blocc, Ca2+ ant nDHP, ivabradina
    - Ranolazina
  2. Se c’è spasmo: vasodilatatori
    - ca-ant
    - nitrati
    - nicorandil
    - inibitori della Rho-chinasi
  3. per l’aumentata percezione dolorifica
    - xantine
    - terapia estrogenica in menopausa