Giolitti Flashcards
Chi è Giovanni Giolitti?
Giovanni Giolitti è stato Ministro degli Interni e cinque volte Presidente del Consiglio dei ministri in Italia, appartenente alla Sinistra storica. Si dimise nel 1914, lasciando il governo ad Antonio Salandra.
Quali riforme politiche e sociali introdusse Giovanni Giolitti?
- Riduzione delle ore lavorative a 10 ore.
- Aumento dei salari operai.
- Introduzione di misure a tutela della maternità.
- Età minima per il lavoro fissata a 12 anni.
- Suffragio universale maschile nel 1912: diritto di voto ai maschi di almeno 30 anni o 21 anni con obblighi militari assolti.
Che cos’è il Patto Gentiloni e qual è la sua importanza nella politica italiana?
Il Patto Gentiloni fu un accordo stipulato nel 1913 tra i liberali di Giovanni Giolitti e l’Unione Elettorale Cattolica Italiana (UECI), presieduta da Vincenzo Ottorino Gentiloni. Questo accordo segnò l’ingresso ufficiale dei cattolici nella vita politica italiana, nonostante il divieto del papa (“non expedit”). I cattolici furono invitati a sostenere i candidati liberali in cambio di impegni politici su temi importanti per la Chiesa, come l’opposizione al divorzio e il sostegno alle scuole private cattoliche.
Come fu percepita la politica di Giolitti nelle diverse regioni italiane, Nord
Al Nord: Giolitti era considerato un politico democratico e aperto, attento alle esigenze dei lavoratori. Le sue riforme includevano la difesa del diritto di sciopero, la neutralità nei conflitti sociali, l’introduzione di leggi come la riduzione delle ore lavorative a 10 ore, il miglioramento dei salari operai, la protezione della maternità e l’innalzamento dell’età minima lavorativa a 12 anni. Nel 1912, introdusse il suffragio universale maschile per garantire maggiore rappresentanza ai socialisti e ai cattolici.
Come fu percepita la politica di Giolitti nelle diverse regioni italiane, Sud
Al Sud: Giolitti era visto come un politico corrotto e conservatore. Al Sud, il suo governo si basava sul clientelismo e sui brogli elettorali. Nonostante avesse statalizzato le ferrovie nel 1905, non attuò riforme tributarie significative né risolse la “questione meridionale”. Durante i disastri naturali, come il terremoto del 1908 a Messina e Reggio Calabria, i finanziamenti statali alimentarono la corruzione, mentre le proteste dei contadini furono duramente represse.
Perché Giovanni Giolitti fu soprannominato “il Ministro della Malavita”?
Giolitti fu definito “il Ministro della Malavita” dal deputato socialista Gaetano Salvemini per il suo uso sistematico di pratiche corrotte e clientelari, soprattutto nel Sud Italia. Giolitti otteneva consenso elettorale sfruttando la miseria delle popolazioni meridionali, reprimendo i comizi contrari al suo governo e arrestando sindacalisti. Inoltre, i fondi destinati alla ricostruzione dopo i disastri naturali, come l’eruzione del Vesuvio nel 1906 e il terremoto del 1908, furono spesso gestiti in modo clientelare, senza migliorare le condizioni delle popolazioni colpite.
Partito Socialista: Socialisti Riformisti vs. Massimalisti
- Socialisti Riformisti: Sostenitori di cambiamenti graduali attraverso iniziative politiche legali. Leader: Filippo Turati, Claudio Treves, Leonida Bissolati.
- Socialisti Massimalisti: Favorevoli alla rivoluzione violenta e contrari a compromessi con i governi borghesi. Leader: Costantino Lazzari, Benito Mussolini.
Cosa accadde al Congresso di Bologna del 1904 e a quello di Reggio Emilia del 1912?
1904: I massimalisti prevalsero, proclamando il primo sciopero generale nazionale.
1912: I massimalisti conquistarono nuovamente la leadership e Mussolini divenne direttore dell’Avanti!.
Perché l’Italia decise di dichiarare guerra alla Turchia per la Libia
L’Italia dichiarò guerra alla Turchia per la Libia per una combinazione di motivazioni politiche, economiche e strategiche:
Aumentare il prestigio internazionale dell’Italia:
L’obiettivo era consolidare la posizione dell’Italia tra le grandi potenze europee. L’espansione coloniale era vista come un mezzo per dimostrare forza e prestigio in un periodo in cui altre nazioni europee, come Francia, Gran Bretagna e Germania, stavano rafforzando i propri imperi.
Assecondare industriali e finanziatori:
I principali promotori della guerra furono gli industriali e i grandi finanzieri, tra cui il Banco di Roma, che aveva già interessi economici nella regione libica. La conquista avrebbe aperto nuove opportunità di investimento per le industrie italiane, in particolare nel settore delle costruzioni, dei trasporti e della finanza.
Conquistare nuove terre per l’emigrazione italiana:
La Libia era inizialmente considerata una possibile destinazione per l’emigrazione italiana, per alleviare la pressione demografica e fornire opportunità a contadini e lavoratori impoveriti. Tuttavia, questo obiettivo si rivelò irrealizzabile a causa delle condizioni poco favorevoli del territorio.
Aumentare il consenso dell’opinione pubblica:
La guerra fu vista anche come un modo per unire il paese attorno a un’impresa patriottica, guadagnando il favore sia dei nazionalisti che della popolazione in generale.
Quali furono le principali fasi della guerra italo-turca per la Libia?
Prima fase (1911):
L’Italia, con il tacito consenso della Francia, dichiarò guerra alla Turchia e avviò operazioni militari in Libia.
Nonostante la superiorità numerica (100.000 soldati italiani), la resistenza araba, sostenuta dall’Impero Ottomano, rese le operazioni molto difficili.
Seconda fase (1912):
L’Italia cambiò strategia e dichiarò guerra direttamente all’Impero Ottomano, approfittando della sua debolezza interna.
Occupò alcune isole del Dodecaneso per intimidire i turchi.
Dopo incursioni militari nello stretto dei Dardanelli, l’Impero Ottomano accettò di firmare il Trattato di Losanna (1912), con il quale la Turchia cedette formalmente la Libia all’Italia.
Quali furono le conseguenze della guerra in Libia?
Conseguenze economiche:
La guerra comportò spese ingenti per l’Italia, con un impatto significativo sul bilancio statale.
Nonostante le aspettative, la Libia si rivelò una delusione economica: il territorio era arido, privo di risorse minerarie e inadatto all’emigrazione italiana.
Benefici limitati:
Solo alcune banche (come il Banco di Roma), gli armatori e l’industria militare ottennero profitti significativi dall’impresa coloniale.
Per molti anni, l’Italia riuscì a controllare solo la fascia costiera libica, mentre l’entroterra rimase ostile a causa della resistenza araba.
Implicazioni politiche:
L’impresa contribuì a rafforzare i movimenti nazionalisti in Italia e alimentò il mito del colonialismo come strumento di grandezza nazionale.
Tuttavia, non riuscì a creare un vero consenso politico duraturo e alimentò critiche sulla gestione del conflitto e sulle sue reali motivazioni.
Conseguenze future:
L’occupazione della Libia si protrasse fino al fascismo, che completò la conquista con dure repressioni delle popolazioni arabe nel 1927.
Le isole del Dodecaneso, conquistate durante il conflitto, rimasero sotto controllo italiano fino al 1947.
Quali furono le caratteristiche principali del decollo industriale in Italia?
Il decollo industriale in Italia avvenne principalmente tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, concentrandosi nel cosiddetto “Triangolo industriale” formato da Milano, Torino e Genova.
Settori trainanti:
Industria siderurgica, elettrica e meccanica: Marchi come Fiat, Alfa Romeo e Lancia divennero simboli dello sviluppo industriale italiano.
Industria tessile: Soprattutto nel settore del cotone, con un’importante crescita economica e occupazionale.
Cause del decollo:
Commesse statali: Lo Stato incentivò l’industria con ordini e investimenti, soprattutto in settori strategici come quello militare.
Protezionismo: Furono introdotte alte tariffe doganali per proteggere i prodotti italiani dalla concorrenza straniera, favorendo l’industria del Nord ma penalizzando il Sud, che perse mercati per le sue esportazioni di olio, vino e agrumi.
Banche miste: Istituti bancari come il Banco di Roma e le banche tedesche fornirono capitale alle industrie, agevolando lo sviluppo del settore industriale.
Quali furono gli effetti del decollo industriale sull’Italia?
Conseguenze positive:
Sviluppo urbano: Le città industriali crebbero rapidamente, arricchendosi di infrastrutture come illuminazione pubblica, trasporti, acqua corrente e gas.
Miglioramento dell’igiene pubblica: I nuovi servizi pubblici portarono benefici sanitari e una riduzione di alcune malattie legate alla povertà.
Conseguenze negative:
Urbanesimo e affollamento: La concentrazione di operai nelle città del Nord provocò problemi di sovrappopolamento e peggioramento delle condizioni di vita. Molti vivevano in abitazioni senza riscaldamento né servizi igienici adeguati.
Condizioni lavorative disumane: Lunghi orari di lavoro, basse retribuzioni e scarsa sicurezza sul lavoro caratterizzavano le fabbriche dell’epoca.
Aumento dell’alcolismo: Le difficoltà economiche e sociali contribuirono alla diffusione dell’alcolismo, soprattutto tra gli operai e i contadini.
Quali furono le fasi e le caratteristiche principali dell’emigrazione italiana?
L’emigrazione italiana fu una risposta alla crisi economica e alle difficoltà sociali, articolandosi in quattro fasi principali:
1876-1900 (Prima fase):
Tipologia: Migrazione individuale.
Destinazioni: Principalmente dall’Italia settentrionale verso l’Europa e il Sud America.
1900-1914 (Seconda fase):
Tipologia: Grande emigrazione, soprattutto dalle regioni meridionali.
Numeri: Circa 9 milioni di italiani emigrarono, con il 45% diretto verso gli Stati Uniti.
Motivi: Povertà, mancanza di terre e opportunità migliori all’estero.
1915-1940 (Terza fase):
Riduzione dell’emigrazione: Dovuta a leggi restrittive nei paesi di destinazione (ad esempio negli USA), al razzismo e alla crisi economica del 1929.
Influenza del fascismo: Il regime fascista scoraggiò l’emigrazione, vedendola come una perdita di forza lavoro per l’Italia.
1945 e oltre (Quarta fase):
Dopo la Seconda Guerra Mondiale: L’emigrazione riprese, ma con destinazioni diverse.
Destinazioni: Principalmente verso l’Europa (Germania e Francia), mentre calò verso l’America Latina.
Motivi: Problemi economici e politici, come la disoccupazione e le difficoltà della ricostruzione post-bellica.
Conseguenze dell’emigrazione:
Rimesse economiche: Gli emigranti inviavano denaro alle famiglie rimaste in Italia, sostenendo indirettamente l’economia nazionale.
Impatto sociale: La migrazione comportò un forte sradicamento culturale e la nascita di comunità italiane all’estero.