Schmitt, Kelsen Flashcards

1
Q

Questione della tecnica

A

Nel XX secolo la tecnica assume un’esistenza autonoma. Diventa un fine in sé, si trasforma in un soggetto personale ed è una vera e propria manifestazione del dominio.
Il rapporto strumentale tra soggetto e oggetto si evolve, e la recnica assume il comando politico nella società borghese. L’uomo è asservito ai tempi e alle necessità della tecnica, la scienza e la ragione diventano impotenza. L’uomo non ha più obiettivi umanistici. L’individualismo moderno ha in realtà prodotto una società massificata e spersonalizzata, in cui l’intellettuale non è più libero.

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2
Q

Principali obiettivi polemici di Schmitt e sintesi del suo pensiero

A

Di formazione giurista, produce una critica del liberalismo: mettendo in discussione l’origine individualista dello stato e il giusnaturalismo.
Critica anche il giuspositivismo tedesco, secondo cui la politica è riducibile al sistema delle norme (di cui Kelsen è esponente).
La usa posizione è sintetizzabile nella frase “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”. Ritrova l’origine del politico nell’assenza di ordine razionale, nell’eccezione (mancanza di norma, disordine). La normalità delle cose è l’eccezione, e la norma ( =capacità giuridica dello stato) è l’eccezione. Allo stato di natura c’è il disordine e e la capacità di produrre norme è un’eccezione.

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3
Q

2 tipi di dittature

A

Distingue 2 tipi di dittature:
- dittatura commissaria: la dittatura classica
- dittatura sovrana: dittatura moderna; decisione di un’autorità concreta e personale di creare un ordinamento razionale a partire da una radicale mancanza di ordine.
es. di dittatura sovrana sono il sovrano di Hobbes, il proletariato di Marx e Lenin, Sorel.

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4
Q

Politica secondo Schmitt

A

Gli esempi di dittatura sovrana mostrano che la politica non è un calcolo razionale ma è un atto creativo. Data una situazione di disordine, creano l’ordine dal nulla.
Questo atto creativo è per Schmitt la decisione, l’Entscheidung. La decisione politica per eccellenza è la decisione sul caso di eccezione (la guerra). La sovranità decisionistica è l’unica che si sa confrontare direttamente con l’eccezione, e quindi l’unico modo per creare un ordine politico.

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5
Q

Il concetto di politico

A

L’altra cosa che Schmitt critica nella sua analisi è che l’origine della politica non è lo Stato.
Il concetto di stato presuppone infatti quello di politico, che è all’origine. Lo Stato è una delle forme che il politico assume e nel quale non si eaurisce.
Il politico è il principio che permette di distinguere tra amico e nemico, con l’accezione di hostis pubblico. L’hostis è il nemico della guerra, che nella modernità può essere solo un altro stato.

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6
Q

Politica e politico

A

La distinzione amico-nemico è all’origine di dello stato, quindi della politica, e lo orienta. Il politico è conflittuale, la politica fa riferimento a un’architettura costituzionale. Per via della sua origine, la politica è sempre polemica.
Per quanto riguarda i rapporti internazionali, Schmitt riconosce che la guerra è una funzione della politica e che un mondo senza conflitto è irrealistico.
Anche le posizioni universalistiche come il pacifismo sono polemiche, perché delegittimano l’avversario ( = chi non è pacifista) in nome dell’umanità.
Nella politica interna il politico si manifesta come guerra civile. Per fronteggiare il politico serve quindi una costante viginlanza che escluda il potenziale nemico interno, e l’ordine interno è orientato dal conflitto.

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7
Q

La costituzione nella teoria giuspositivista

A

Secondo la teoria giuspositivista alla base di uno stato c’è una norma, la costituzione. Questa norma è originaria, la normalità è l’esistenza della norma. Ci possono essere dei casi di eccezione, come la guerra, in cui le norme vanno in crisi.

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8
Q

La costituzione per Schmitt

A

Schmitt ha una concezione radicalmente opposta a quella giuspositivista. Nella normalità c’è la guerra, e la norma è un’eccezione frutto di una decisone. La norma derivata dalla decisione è l’esito della trasformazione storico-politica. Come l’opera divina, il miracolo, avviene e cambia radicalmente il corso della storia.
La concezione Schmittiana si oppone alla giuridicazione della politica, ed è per questo che anziché di Stato lui parla di Verfassung, costituzione materiale.
La costituzione non è semplicemente una carta, ma è l’unità politica concreta di un popolo che decide di darsi una forma, e così facendo manifesta il proprio potere costituente. La decisione originaria è la fonte di legittimità nell’esercizio del potere.

(!!) Per Schmitt, a differenza di Kelsen, NON è il diritto che determina la legittimità di un provvedimento, ma è la decisione politica originaria.

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9
Q

Analisi di Schmitt della costituzione di Weimar

A

Weimar è il frutto della decisione del popolo tedesco, che cerca di combinare i principi dello stato liberale e quelli democratici in una nuova forma di stato, quello liberal-democratico. In particolare la prima parte, riguardante l’organizzazione dei poteri dello Stato tedesco, gli pare ispirata ai principi liberali. La seconda, sui diritti e doveri del cittadino, a quelli democratici.
Weimar è inoltre l’opposizione del popolo tedesco al bolscevismo.
Schmitt osserva l’evoluzione di Weimar e constata che, nonostante fosse sul piano teorico la costituzione perfetta, non funziona. Questo è dovuto al fatto che la decisione iniziale non è stata presa efficacemente (Schmitt ritiene sia però espressa nella seconda parte della costituzione, visto che la prima non funziona) e i principi liberali non funzionano abbastanza bene. Il risultato è una guerra civile strisciante, che sposta il consenso elettorale verso le estreme.

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10
Q

La dittatura commissaria del presidente

A

La soluzione che Schmitt offre davanti a questo fallimento è l’impugnazione dell’art. 48, che consente al presidente della repubblica di emanare decreti con valore di legge in casi eccezionali. Bisognerebbe quindi mettere in campo una dittatura commissaria del presidente affinché egli tuteli la democrazia mettendo al bando le aree estreme del parlamento.

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11
Q

L’ordine concreto

A

Schmitt diventa il giurista del Reich, e nei primi anni tenta un giustificazione del nazismo rielaborando il suo pensiero in termini di una teoria dell’ordine concreto, che vuole sostituire in normativismo e il decisionismo. Teorizza che la norma non è astratta né universale, e neanche frutto della decisione. È piuttosto prodotta dal corpo della nazione, costituito da cittadini uguali non giuridicamente, ma sulla base dell’omogeneità della razziale.
Questo approccio giustifica una discriminazione severa e l’individuazione di un nemico interno da annientare, perché con la sua mera presenza erode l’omogeneità e unità della nazione.

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12
Q

Il grande spazio

A

Teoria che sostituisce gli Stati con un ‘ordine concreto internazionale’. Gli imperi sono concepiti come grandi spazi, e implicano l’idea che ogni popolo (nella sua unità razziale) debba potersi espandere in un grande spazio che è il suo spazio vitale.

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13
Q

Terra e mare

A

In quest’opera Schmitt ricostruisce la storia delle relazioni internazionali dividendo gli ordinamenti politici in potenze terrestre e potenze marittime.
Le potenze terrestri sono Stati e Imperi, capaci di ordinare lo spazio terrestre e collocati in un territorio.
Le potenze marittime sono quelle che, andando per mare, non conoscono limiti e confini. Non percepiscono il mondo come striato, diviso, ma come una tabula rasa senza limiti né confini, da percorrere in nome della libertà e del commercio. Tra le potenze marittime, Schmitt annovera l’Inghilterra.

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14
Q

Nomos

A

Dopo la guerra, Schmitt torna a riflettere sulle potenze marittime e terrestri, ed elabora la teoria del nomos. Il termine nomos, in greco “legge” viene tradotto come diritto.
In questa teoria, Schmitt concepisce il susseguirsi di epoche storiche come il susseguirsi di nomoi.
L’origine del diritto non è l’idea né la giustizia, ma è il modo in cui un qualsiasi ordinamento giuridico si rapporta alla terra. In altri termini è il modo fondamentale di suddivisione dello spazio, la combinazione di ordinamento e localizzazione.
Il diritto è definito quindi come unità di ordinamento e di localizzazione.

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15
Q

L’orientamento di un territorio

A

Per comprendere un ordinamento bisogna partire dal suo nomos, il suo diritto. L’ordinamento è un taglio, si delinea un territorio sui cui imporre un diritto e nel farlo lo si orienta. L’orientamento è un concetto polemico perché nel creare un confine si crea una distinzione tra dentro e fuori (es. barbari vs Greci).

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16
Q

Lo Jus publiucum europeaum

A

La differenziazione polemica che segna l’età moderna è quella tra europei e non europei. Gli europei hanno il cosiddetto jus publicum europeaum, un ordine fondato sul reciproco riconoscimento degli Stati. Lo jus publicum inizia con il sistema di Westfalia nel 1648 e arriva fino alla prima guerra mondiale. Di fatto ultimo grande evento dello jus publicum è fine ‘800 spartizione del Congo.
Con la modernità politica si delinea il justus hostis, il nemico giusto, che è lo Stato. La guerra è legittima se fatta con il nemico legittimo e secondo il diritto di guerra.
Verso l’esterno, non giuridificato secondo le forme riconosciute dagli europei, c’è una guerra di conquista illimitata, senza regole.

17
Q

Le linee della rivoluzione spaziale moderna

A

- Raya, 1945: linea globale in sud America, divide il continente tra le proprietà di Spagna e Portogallo.
- Amity lines: linee dell’ostilità franco-inglese. Una di queste linee è in nord America al confine del Quebec. Altre saranno tracciate nella conquista del continente africano.
- Linea dell’emisfero occidentale: nel 1823 con la dottrina Morrow (allora presidente degli Stati Uniti, sostiene che del continente americano si ne occupano gli americani). Viene tracciata nelle acque americane della costa est. Scardina completamente lo jus publicum, perché è una linea che non differenzia, ma si presenta come linea della libertà universale. L’universalismo americano viene imposto come orientamento della terra stessa, mettendo fine alla pratica di orientamento e localizzazione. Si afferma la politica internazionale della Società delle Naizoni, per cui: tutti possono avere uno stato e tutti gli stati sono uguali tra loro.

18
Q

Il diritto internazionale universalistico come ideologia marittima

A

La pretesa che il diritto internazionale sia universalistico e indifferanziato corrisponde secondo Schmitt a un’ideologia liberale tipicamente anglosassone, e quindi marittima. La guerra marittima è illimitata per definizione, e la guerra aerea ne è l’estensione.
Si afferma un nuovo modo di fare la guerra (che per Schmitt ne è la fine), intesa come prosecuzione della politica con altri mezzi. Prima era un atto di sovranità, ora è considerata un crimine a meno che non sia di difesa.
La guerra d’ora in poi è legittimata solo come atto di polizia internazionale, non è più un atto politico ma amministrativo.
La guerra di aggressione non è più regolamentata dalla politica ma è un atto di ostilità assoluta: viene fatta contro chi ritieni fuori dall’umanità, fuori dal consesso internazionale. L’esito è una criminalizzazione del nemico che sposta la guerra fuori dalle logiche della politica.

19
Q

La teoria del partigiano

A

Il mondo ha perduto il proprio nomos, questa tendenza all’unità è fonte di disorientamento. Se l’unità si realizzasse davvero sarebbe la fine della politica.
A questo si contrappone la figura del partigiano, teorizzata sotto l’influenza della guerra in Vietnam. Il partigiano è tellurico, irregolare e capace di ostilità reale. È una figura intrinsecamente di parte, un homo novus che sta sulla terra, si aiuta con la essa e in essa si nasconde.

20
Q

Il nuovo nomos

A

Secondo Schmitt siamo alle soglie di un nuovo nomos, l’ordine dei grandi spazi. Questi spazi sono orientati da egemonie valoriali e modalità di lotta politica contrapposte. Questa teoria è mossa dalla convinzione che la terra non può rimanere disorientata, il politico non può morire. C’è sempre bisogno di un orientamento polemico. Anche detta teoria degli imperi, idea dell’egemonia dell’“impero” europeo.

21
Q

La critica alla sovranità dello Stato in Kelsen

A

La prima guerra mondiale è stato uno scoppio di potenza degli stati sovrani europei, che ha portato alla carneficina. La guerra è il punto di partenza della polemica di Kelsen, che mette in discussione il concetto di potere sovrano e in particolare gli elementi assoluti. È infatti l’assolutezza che permette alla sovranità di avere eccessi.
In opposizione Kelsen propone la sovranità costituzionale, cioè la dottrina della sovranità limitata. Quello proposto da Kelsen è un sistema monistico, che riconduce la politica all’interno delle procedure dell’ordinamento.

22
Q

La costituzione Kelseniana

A

La Costituzione è intesa come grundnorm, norma di base che da validità all’intero ordinamento giuridico dello stato. La costituzione viene sottratta alla maggioranza parlamentare e all’esecutivo. È una norma straordinaria che può limitare il potere sovrano dello Stato. È custode di se stessa, ma garantisce anche il principio maggioritario minoritario, cioé che la minoranza di oggi possa diventare la maggioranza di domani.

23
Q

Il parlamento in Kelsen

A

La democrazia viene pensata come democrazia parlamentare, che è la forma migliore e più alta di compromesso politico. Per compromesso politico si intende la capacità di portare a mediazione e conciliazione il pluralismo conflittuale dei valori.
Il parlamento è il luogo del compromesso politico e pacificazione politica dei conflitti sociali.
La sfera sociale, che precede quella politica, è attraversata da conflitti e divisioni, e perché questi non degenerino in una guerra civile, immagina la sfera giuridico-statuale come la sfera capace di ricomporli. Perché questo avvenga, tutti devono potersi riconoscere nei valori della costituzione e devono essere rappresentati nel sistema politico.

24
Q

Il principio di maggioranza

A

Lo Stato è pensato da Kelsen come una democrazia parlamentare a sistema proporzionale puro. La democrazia è il regime degli uguali e dei liberi, e la scelta della maggioranza come criterio decisionale è derivabile proprio dal principio di libertà. Ne è in effetti la migliore approssimazione, perché permette al numero maggiore possibile di persone di realizzare la propria volontà, quindi di fatto di essere libere.

25
Q

La dottrina pura del diritto

A

Kelsen è anche il teorico della dottrina pura del diritto, e cioè di una concezione del diritto spoliticizzata e priva di assunti ideologici.
La giustificazione del diritto funziona se c’è un ordinamento coercitivo che ha effetti su un territorio e una durata continua nel tempo. In altri termini, l’ordinamento giuridico può essere definito tale solo se fa il suo lavoro.
Lo Stato, secondo Kelsen, è un ordinamento che ha raggiunto un certo grado di centralizzazione. Ogni ordinamento che ha questa caratteristica viene definito Stato, e la dottrina pura del diritto si limita a riconoscerne la legittimità (e quella delle sue leggi) senza problematizzare sul fatto che sia giusto o sbagliato.