Cap. 7 - Il pensiero dialettico Flashcards
Concretezza del soggetto
Il pensiero dialettico del XX secolo è critico delle categorie del razionalismo liberale, nella cui astrattezza individua debolezza teorica e contraddizioni irrisolte. L’individuo attorno a cui avrebbe dovuto ruotare la politica moderna è ridotto a nulla, e il soggetto non è più padrone dell’universale ma schiacciato da esso. Alla crisi dell’esperienza borghese contrappone analisi politiche orientate a permettere al soggetto storico reale di liberare la sua concretezza.
Idealismo liberale di Benedetto Croce
Croce intende affermare una concezione dialettica del liberalismo. Sostiene che la storia giunge a compimennto tramite l’aperto conflitto tra movimenti e gruppi politici. Secondo lui le contraddizioni non possono essere risolte definitivamente tramite la razionalità pianificatrice, e devono piuttosto essere interpretate come sviluppo dell’universale.
Croce identifica il suo pensiero come storicismo assoluto, sintetizzabile affermando che “la vita e la realtà è storia e nient’altro che storia”.
Dialettica dei distinti in Croce
Nella prima fase del suo pensiero, cerca di definire l’essenza della politica. Affianca alla nozione hegeliana di opposizione quella di distinzione. Questa è l’articolarsi per forme e gradi tra loro distinti delll’unità dello spirito (economia, etica, arte, filosofia), mentre l’opposizione si trova nel contesto di ciascun grado. Gli opposti si condizionano a vicenda, mentre i distinti si condizionano solo in base all’ordine della loro successione.
La sfera della politica in Croce
La politica fa parte della sfera economica dello spirito, che adempie al compito di ospitare l’individuale. A questa forma appartengono la scienza naturale, il diritto e lo Stato. La politica per croce è amorale (precede la vita morale e ne è indipendente).
La politica è forza, in quanto è un’azione funzionale al perseguimemto di un determinato scopo utile. Lo Stato è quindi concepito come Stato-potenza, cioè stato che persegue apertamente il proprio utile.
La distinzione tra politica e morale porta Croce ad annullare le distinzioni tra stato e governo, toglie rilevanza alle violazioni di organi di governo e dissolve la distinzione tra un fondamento coercitivo o consensuale dello Stato.
Lo stato non ricompone il pluralismo dialettico delle forze poltiche e ideali.
Seconda fase del pensiero crociano e antifascismo
Nella seconda fase del suo pensiero, più propriamente liberale, elabora una concezione di Stato come istituzione capce di incorporare i valori del progresso morale.
Nel liberalismo si realizza l’avvicinamento di morale e politica che va realizzata combinando forza e consenso; qui è motivato il suo antifascismo. Per C. il fascismo non è che una parentesi nella tradizione liberale, perché l’abbandono dei valori liberali distrugge la libertà.
Storia e libertà secondo Croce
La libertà non è solo la forza creatrice della storia ma anche il suo soggetto. La storia è concepita infatti come storia della libertà, in una sintesi di storia politica e culturale. Croce si ispira al concetto di religione della libertà per spiegare la polemica contro l’attivismo e gli ideali antirazionali (le ideologie, soprattuto di destra) che tendono a dissolvere il primato dell’eticità.
Liberismo e liberalismo in Croce
Non è possibile ricondurre la libertà a un principio economico, e questo porta Croce a differenziarsi dal liberismo economico e storico-istituzionale.
Sostiene inoltre che l’idea liberale può avere legami contingenti, ma nessun legame necessario e perpetuo con la proprietà privata.
La libertà ha se stessa come base morale, non implica il liberismo, ma ha bisogno di mezzi economici e politici. Quindi, secondo lui, il liberismo è solo una delle molteplici forme storiche che il liberalismo può assumere.
La categoria del vitale in Croce
La categoria dell’utile in Croce si trasforma nella categoria del vitale. Questo concetto indica la materia dell’intera vita dello spirito. Manifestazioni di vitalità sono ad esempio periodi di decadenza e di rinnovata barbarie, che seppur immorali non sono privi di razionalità. Croce distingue tra razionalita storica e razionalità morale, entrambe proprie dello spritito (che è l’unico attore della storia). Se però la storia fosse solo storia dello spirito non avrebbe senso parlare di ritorno alla barbarie. Però dopo l’esperienza della guerra a Croce appare evidente che la razionalità si esprime nella storia in modo travagliato, ed è costantemente insidiata da un negativo che vuole comportarsi come positivo. Non è più creazione ma piuttosto dis-creazione, che si esprime nella storia con fenomeni come il tolitarismo.
Filosofia dell’atto, Giovanni Gentile
Cerca di oltrepassare il pensiero Hegeliano sviluppando un idealismo attualistico, il cui nucleo teorico è costituito dall’atto. Atto è il pensiero che pone se stesso, e che in questo processo si oggettiva dando luogo all’intera realtà. Si annulla la distanza tra reale e razionale, perché G. non teorizza nessun processo dialettico che si teorizza nella storia. La coincidenza di reale e razionale che si realizza in Hegel è per G. una sintesi già data che si manifesta nell’atto, unità a priori di soggetto e oggetto. Il soggetto sa che ogni realtà esterna, in quanto pensata da lui stesso, è identica alla sua vita spirituale.
L’attualità dello Stato in Gentile
Gentile sostiene che l’atto spirituale è sempre anche morale, realizzazione dello Spirito stesso e quindi libertà.
L’atto si concretizza come Stato, un individuale concreto, e quindi lo Stato non è esterno al soggetto ma attualità della medesima realtà (come lo sono anche famiglia e società civile, in quanto realizzazioni dello spirito).
Gentile super il liberalismo perchè le libertà individuali vengono assoevite nell’unica libertà con cui il soggetto si riconosce parte della realtà spitituale dello Stato.
Adesione al fascismo di Gentile
L’adesione al fascismo si spiega con il fatto che, coniugando la dialettica con l’esperienza risorgimentale, Gentile ha inteso porsi come l’ultimo teorico dello Stato nazionale unitario come Stato etico, ovvero lo Stato in cui si realizza pienamente e consapevolmente la libertà dell’atto. Lo stato etico non è garante delle libertà individuali ma realizzatore dell’unica libertà dello spirito.
La società per G. è intesa come comunità, totalità e insieme indifferenziato di tutti.
Gramsci e il marxismo italiano
Massimo esponente del marxismo italiano, vuole sottoporre a critica radicale il materialismo volgare alla base del revisionismo riformista e degli estremismi socialisti. Per lui il marxismo è una concezione dialettica della storia umana che individua la possibilità di un ordine nuovo nella capacità di agire trasformando situazioni e rapporti di forza.
Consigli di fabbrica per Gramsci
Dopo aver osservato la rivoluzione di ottobre, G. attribuisce ai Consigli operai di fabbrica la nuova istituzione della classe di produttori e la capacità di dirigere complessivamente la società. Per lui sono rognai della classe operaia nel suo complesso, e contemporaneamente modelli organizzativi capaci di assolvere alle esigenze produttive. Dopo il fallimento dell’occupazione delle fabbriche e il successivo affermasi del fascismo, subentra la consapevolezza che la rivoluzione deve affermarsi nel lungo periodo.
Strategia rivoluzionaria di Gramsci
G. insiste sulle differenze tra i paesi orientali e quelli occidentali. La rivoluzione di ottobre configura in occidente la necessità di una guerra di movimento, con una strategia rivoluzionaria più articoalta. Un attacco frontale non è sufficiente, e la solidità dello schieramento avversario urge una nuova centralità del Partito comunista rivoluzionario.
Organizzazione del lavoro in Gramsci
G. avanza l’esigenza di un organismo collettivo, il Partito comunista, capace di affrontare realisticamente il problema della transizione dalla vecchia alla nuova società. Sviluppa una concezione della produzione che prevede di replicare la razionalizzazione capitalista espressa dal taylorismo e dal fordismo. Il principio è quello di razionalissazione del lavoro basata sull’organizzazione del lavoratore collettivo capace di praticare un industrialismo senza capitalismo.
In italia questo compromesso si è rivelato impraticabile, e l’esito è stato il fascismo, risultato di una politica disegnata dai vertici della borghesia industriale che si è avvalsa dei ceti medi per opporsi alla lotta di classe.