Cap. 7 - Il pensiero dialettico Flashcards

1
Q

Concretezza del soggetto

A

Il pensiero dialettico del XX secolo è critico delle categorie del razionalismo liberale, nella cui astrattezza individua debolezza teorica e contraddizioni irrisolte. L’individuo attorno a cui avrebbe dovuto ruotare la politica moderna è ridotto a nulla, e il soggetto non è più padrone dell’universale ma schiacciato da esso. Alla crisi dell’esperienza borghese contrappone analisi politiche orientate a permettere al soggetto storico reale di liberare la sua concretezza.

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2
Q

Idealismo liberale di Benedetto Croce

A

Croce intende affermare una concezione dialettica del liberalismo. Sostiene che la storia giunge a compimennto tramite l’aperto conflitto tra movimenti e gruppi politici. Secondo lui le contraddizioni non possono essere risolte definitivamente tramite la razionalità pianificatrice, e devono piuttosto essere interpretate come sviluppo dell’universale.
Croce identifica il suo pensiero come storicismo assoluto, sintetizzabile affermando che “la vita e la realtà è storia e nient’altro che storia”.

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3
Q

Dialettica dei distinti in Croce

A

Nella prima fase del suo pensiero, cerca di definire l’essenza della politica. Affianca alla nozione hegeliana di opposizione quella di distinzione. Questa è l’articolarsi per forme e gradi tra loro distinti delll’unità dello spirito (economia, etica, arte, filosofia), mentre l’opposizione si trova nel contesto di ciascun grado. Gli opposti si condizionano a vicenda, mentre i distinti si condizionano solo in base all’ordine della loro successione.

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4
Q

La sfera della politica in Croce

A

La politica fa parte della sfera economica dello spirito, che adempie al compito di ospitare l’individuale. A questa forma appartengono la scienza naturale, il diritto e lo Stato. La politica per croce è amorale (precede la vita morale e ne è indipendente).
La politica è forza, in quanto è un’azione funzionale al perseguimemto di un determinato scopo utile. Lo Stato è quindi concepito come Stato-potenza, cioè stato che persegue apertamente il proprio utile.
La distinzione tra politica e morale porta Croce ad annullare le distinzioni tra stato e governo, toglie rilevanza alle violazioni di organi di governo e dissolve la distinzione tra un fondamento coercitivo o consensuale dello Stato.
Lo stato non ricompone il pluralismo dialettico delle forze poltiche e ideali.

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5
Q

Seconda fase del pensiero crociano e antifascismo

A

Nella seconda fase del suo pensiero, più propriamente liberale, elabora una concezione di Stato come istituzione capce di incorporare i valori del progresso morale.
Nel liberalismo si realizza l’avvicinamento di morale e politica che va realizzata combinando forza e consenso; qui è motivato il suo antifascismo. Per C. il fascismo non è che una parentesi nella tradizione liberale, perché l’abbandono dei valori liberali distrugge la libertà.

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6
Q

Storia e libertà secondo Croce

A

La libertà non è solo la forza creatrice della storia ma anche il suo soggetto. La storia è concepita infatti come storia della libertà, in una sintesi di storia politica e culturale. Croce si ispira al concetto di religione della libertà per spiegare la polemica contro l’attivismo e gli ideali antirazionali (le ideologie, soprattuto di destra) che tendono a dissolvere il primato dell’eticità.

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7
Q

Liberismo e liberalismo in Croce

A

Non è possibile ricondurre la libertà a un principio economico, e questo porta Croce a differenziarsi dal liberismo economico e storico-istituzionale.
Sostiene inoltre che l’idea liberale può avere legami contingenti, ma nessun legame necessario e perpetuo con la proprietà privata.
La libertà ha se stessa come base morale, non implica il liberismo, ma ha bisogno di mezzi economici e politici. Quindi, secondo lui, il liberismo è solo una delle molteplici forme storiche che il liberalismo può assumere.

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8
Q

La categoria del vitale in Croce

A

La categoria dell’utile in Croce si trasforma nella categoria del vitale. Questo concetto indica la materia dell’intera vita dello spirito. Manifestazioni di vitalità sono ad esempio periodi di decadenza e di rinnovata barbarie, che seppur immorali non sono privi di razionalità. Croce distingue tra razionalita storica e razionalità morale, entrambe proprie dello spritito (che è l’unico attore della storia). Se però la storia fosse solo storia dello spirito non avrebbe senso parlare di ritorno alla barbarie. Però dopo l’esperienza della guerra a Croce appare evidente che la razionalità si esprime nella storia in modo travagliato, ed è costantemente insidiata da un negativo che vuole comportarsi come positivo. Non è più creazione ma piuttosto dis-creazione, che si esprime nella storia con fenomeni come il tolitarismo.

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9
Q

Filosofia dell’atto, Giovanni Gentile

A

Cerca di oltrepassare il pensiero Hegeliano sviluppando un idealismo attualistico, il cui nucleo teorico è costituito dall’atto. Atto è il pensiero che pone se stesso, e che in questo processo si oggettiva dando luogo all’intera realtà. Si annulla la distanza tra reale e razionale, perché G. non teorizza nessun processo dialettico che si teorizza nella storia. La coincidenza di reale e razionale che si realizza in Hegel è per G. una sintesi già data che si manifesta nell’atto, unità a priori di soggetto e oggetto. Il soggetto sa che ogni realtà esterna, in quanto pensata da lui stesso, è identica alla sua vita spirituale.

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10
Q

L’attualità dello Stato in Gentile

A

Gentile sostiene che l’atto spirituale è sempre anche morale, realizzazione dello Spirito stesso e quindi libertà.
L’atto si concretizza come Stato, un individuale concreto, e quindi lo Stato non è esterno al soggetto ma attualità della medesima realtà (come lo sono anche famiglia e società civile, in quanto realizzazioni dello spirito).
Gentile super il liberalismo perchè le libertà individuali vengono assoevite nell’unica libertà con cui il soggetto si riconosce parte della realtà spitituale dello Stato.

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11
Q

Adesione al fascismo di Gentile

A

L’adesione al fascismo si spiega con il fatto che, coniugando la dialettica con l’esperienza risorgimentale, Gentile ha inteso porsi come l’ultimo teorico dello Stato nazionale unitario come Stato etico, ovvero lo Stato in cui si realizza pienamente e consapevolmente la libertà dell’atto. Lo stato etico non è garante delle libertà individuali ma realizzatore dell’unica libertà dello spirito.
La società per G. è intesa come comunità, totalità e insieme indifferenziato di tutti.

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12
Q

Gramsci e il marxismo italiano

A

Massimo esponente del marxismo italiano, vuole sottoporre a critica radicale il materialismo volgare alla base del revisionismo riformista e degli estremismi socialisti. Per lui il marxismo è una concezione dialettica della storia umana che individua la possibilità di un ordine nuovo nella capacità di agire trasformando situazioni e rapporti di forza.

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13
Q

Consigli di fabbrica per Gramsci

A

Dopo aver osservato la rivoluzione di ottobre, G. attribuisce ai Consigli operai di fabbrica la nuova istituzione della classe di produttori e la capacità di dirigere complessivamente la società. Per lui sono rognai della classe operaia nel suo complesso, e contemporaneamente modelli organizzativi capaci di assolvere alle esigenze produttive. Dopo il fallimento dell’occupazione delle fabbriche e il successivo affermasi del fascismo, subentra la consapevolezza che la rivoluzione deve affermarsi nel lungo periodo.

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14
Q

Strategia rivoluzionaria di Gramsci

A

G. insiste sulle differenze tra i paesi orientali e quelli occidentali. La rivoluzione di ottobre configura in occidente la necessità di una guerra di movimento, con una strategia rivoluzionaria più articoalta. Un attacco frontale non è sufficiente, e la solidità dello schieramento avversario urge una nuova centralità del Partito comunista rivoluzionario.

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15
Q

Organizzazione del lavoro in Gramsci

A

G. avanza l’esigenza di un organismo collettivo, il Partito comunista, capace di affrontare realisticamente il problema della transizione dalla vecchia alla nuova società. Sviluppa una concezione della produzione che prevede di replicare la razionalizzazione capitalista espressa dal taylorismo e dal fordismo. Il principio è quello di razionalissazione del lavoro basata sull’organizzazione del lavoratore collettivo capace di praticare un industrialismo senza capitalismo.
In italia questo compromesso si è rivelato impraticabile, e l’esito è stato il fascismo, risultato di una politica disegnata dai vertici della borghesia industriale che si è avvalsa dei ceti medi per opporsi alla lotta di classe.

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16
Q

La società civile in Gramsci

A

G. rivede il concetto marxista di società civile, per lui la società civile abbraccia tutto il complesso delle relazioni ideologico-culturali. Mentre per Marx il ruolo chiave è ricoperto dalla struttura, in Gramsci è centrale proprio la società civile. Questo perché il potere non si esercita solo con la forza ma anche con l’egemonia, cioè la capacità di direzione ideale nei confronti delle altre classi che rende le ideologie strumenti di influenza autonomi. L’obiettivo del partito deve essere acquisire egemonia, ed elaborare una visione del mondo valida per tutti.
Lo storico deficit di capacità egemonica borghese in italia si è mostrato già con la questione meridionale, e l’incapacita dei borghesi settentrionali di portare a termine la lotta al feudalesimo.

17
Q

Lukàcs e la dialettica

A

I punti chiave della sua teoria sono i concetti di totalità concreta, identità tra soggetto-oggetto nella prassi sociale, di coscienza di classe e di reificazione, che sono veri e propri strumenti filosofici funzionali.
Solo il metodio dialettico è adatto a comprendere il sociale, e solo il proletariato vede la società per intero. Al contrario, la coscienza borghese vede la società come insieme di fenomeni isolati in settori conoscitivi.

18
Q

Conoscienza di classe e della storia in Lucàcks

A

La conoscenza non contraddittoria della realtà è conoscibile solamente per il proletariato, perché la borghesia è intrinecamente tragica e contraddittoria. Il filone reazionario è secondo L. la risposta della borghesia alle proprei contraddizioni e alla sfida della lotta di classe. La classe operaia ha la capacità di conoscere la totalità sociale di cui è manifestazione più autentica, conoscemdo se stessa conosce il tutto.
La conoscenza non è disinteressata, il proletariato conosce il capitalismo per superaarlo. Per Luckàs quindi la dialettica non va applicata alla natura ma alla storia e all’economia.

19
Q

Scuola di Francoforte

A

Gruppo sorto nel ‘24. La prima generazione si impegna in una revisione del marxismo che cerca di interpretare la trasformazione dello Stato, da borghese a totalitario, e del capitalismo dalla sua fase liberale-concorrenziale a quella democratica di massa e monopolistica.

20
Q

Valenza rivoluzionaria del Marxismo in Marcuse

A

Afferma il ruolo specifico della filosofia nella ricerca della concretezza. Teoricamente autonoma, la filosofia è quindi una scienza pratica che agisce direttamente sull’esistenza umana.
Solo recuperando il pensiero di Hegel, il marxismo può riaffermarsi sul piano filosofico e come teoria e prassi dell’azione rivoluzionaria. Contro questa razionalità concreta è solo la borghesia.

21
Q

Fascismo e capitalismo di Stato in Marcuse

A

Marcuse sostiene che non esiste un capitalismo di stato differenziato radicalmente dal capitalismo classico, e che il fasicmo non è che il sistema borghese portato alle sue estreme conseguenze.
Quindi per M. il mondo borghese non produce forme politiche nuove, ma solo deformazione di quelle vecchie. La transizione tra un’economia liberista e una autoritaria è comunque una transizione organica tra due capitalismi.

22
Q

Neumann, Nazismo come Behemoth

A

Neumann descrive il regime nazista come Behemoth, cioè come mostro che al contrario del Leviatano è attraversato da disordine e conflitto. Il totalitarismo è espressione di un complesso di interessi economici borghesi così confliggenti e contraddittori che possono essere tenuti insieme solo dalla violenza.

23
Q

Capitalismo di Stato in Pollock e Horkeimer

A

Per Pollock e Horkheimer il capitalismo di stato esiste e coincide con lo Stato autoritaio. Secondo H. la fine della libera concorrenza segna l’affermazione di una totalità di dominio in cui non ci sono più ambiti sociali distinti. Il concetto di dominio implica che l’alienazione dell’uomo non sia dovuta solo allo sfruttamento capitalistico ma al convergere del principio di organizzazione con quello di produzione. L’incorporazione autoritaria delle masse nelle strutture economica e politiche è fa sì che si chiudano gli spazi di emancipazione.
Nel tardo capitalismo piuttosto che con modalità totalitarie il dominio si manifesta attraverso la manipolazione psicologica e culturare, attravero processi di mercificazione.

24
Q

Dialettica dell’illuminismo

A

Adorno e Horkheimer unificano tutta la sroria dell’occidente in una critica radicael dell’illuminismo. La ragione è da sempre potere, dominio. La ragione è stata storicamente apprezzata per le promesse di liberazione ma criticata per la sua origine e struttura, che ottengono obiettivi opposti a quelli che si prefigura.
La ragione offre un’immagine di sé come antitetica del mito, anche se secondo gli autori vi è una forma di complicità segreta. Il mito è una forma di superamento della magia. Il mito per gli autori è già illuministico, in quanto inizia già a eliminare la paura e questo lo rende logos. Con la ragione poi inizia il processo di razionalizzazione del mondo da parte del soggetto che vuole ridurre l’oggetto in concetto. La ragione ha in sé un elemento strumentale, violenza, unità forzata e perdita di ciò che non è razionalizzabile. L’illuminismo si libera quindi del mito ma rimane la paura davanti alla natura, perché ripropone l’originaria potenza minacciosa dell’oggetto.

25
Q

Repressione delle passioni

A

La contraddittorietà della ragione si manifesta anche nel fatto che razionalizzare la natura implica un soggetto in grado di applicare la stessa razionalizzazione anche alla propria natura, rinunciando alla ricerca del paicere. La repressione delle passioni necessaria alla produzione del dominio si esprime in 2 figure:
- Odisseo, il borghese che fonda la proria identità facendosi legare sull’albero della nave per ascoltare le sirene (le potenze della natura, di cui ha paura ma di cui vuole essere testimone della riconciliazione soggetto-natura) – il lavoratore/rematore, invece, non le può ascoltare
- Sade, che porta alla luce il lato oscuro dell’illuminismo. Per Sade la natura è una dimensione infernale in cui il male, la violenza, etc. si manifestano come naturali e quindi la loro riproduzione è legittimata.

Per gli autori Sade è la dimostrazioe che l’illuminismo può esistere solo sulla base di pulsioni deviate, che sono il risultato dell’oppressione millenaria a cui è stata sottoposta la natura umana per piegarla al dominio. L’esito storico di queste pulsioni è l’antisemitismo.

26
Q

Il concetto di totalità

A

Il dominio si manifesta come totaltià filosofica, psicologica, sociale, economica, e costituisce il Falso perché è l’orizzonte millenario della violenza che determina storia, istituzioni e forme culturali. Il totlaitarismo è l’esito inevitabile di questa logica di dominio.
La filosofia e il fattore politico sono fattori strutturali per spiegare la nascita e riproduzione del dominio, ma lo è anche la psicologia, e in particolare la psicoanalisi freudiana.
I francofortesi elaborano a questo riguardo il concetto di autorità, che serve a definire la presenza del dominio anche in assenza di coercizione fisica. Attraverso la mediazione della famiglia che la società trasmette quei tratti della personalità autoritaria che portano il soggetto ad obbedire.

27
Q

Teoria critica

A

Nel complesso le loro posizioni manifestano un disagio terminale davanti alla crisi dell’ordine moderno. Realizzano una teoria critica capace di affrontare il dominio in ogni sua manifestazione, e di promuovere la liberazione da questo. Cercano di criticare la ragione occidentale senza cadere nell’irrazionalismo o nel cattivo romanticismo, vogliono smascherare la volontà di potenza che la costituisce senza ricadere nell’eterno ritorno.

28
Q

La violenza in Benjamin

A

Uno dei temi centrali nell’opera di Benjamin è la violenza. L’ascesa legittima di Hitler e Mussolini mostra che la violenza non viene fermata dalla politica, ma anzi ne fa parte.
Nel contesto violento tra le due guerre, Benjamin elabora una concezione non pacifica del diritto. Il diritto pacifica perché conserva e istituzionalizza la violenza da cui nasce, che rimane latente in tutte le istituzioni dello Stato. Il diritto un contratto che istituzionalizza la violenza, ed evidenza storica di ciò è la costituzione.
Il potere costituente è un potere violento, e le sua condensazione nella costituzione conserva i rapporti di forza.

29
Q

Il concetto di storia in Benjamin

A

Per Benjamin la storia è storia della violenza: le successioni di forme/organizzazioni di potere sono le diverse configurazioni che di volta in volta il potere assume nell’istituzionalizzare la violenza. La rappresentazione dei vinti è assente dalla storia, c’è solo la narrazioen dei vincitori.
Per Benjamin sono gli uomini i giudici della storia, non è (come in Hegel) la storia ad fare da tribunale del mondo.

30
Q

La liberazione in Benjamin

A

Alla violenza insita nello Stato, Benjamin contrappone la giustizia. Benjamin immagina una redenzione immediata a seguito dell’intervento che assume tratti messianici, fortemente influenzati dalla tradizione ebraica.
La liberazione dalla violenza nella società può essere compiuta solo dall’originale violenza divina, imminentemente rivolunzaria. L’irruzione di Dio nel tempo umano provoca una rottura che ferma il tempo e ferma la storia.

31
Q

Il tempo-ora in Benjamin

A

Il tempo storico viene interrotto, e viene sostituito da una nuova concezione di tempo, che metta in evidenza la discontinuità con la storia.
Il nuovo tempo è il tempo-ora, un’esperienza del tempo tempo in cui l’utopia può irrompere in ogni momento. Questa utopia è stata trasmessa di epoca in epoca nella tradizione deivinti, e in ogni istante può prigionare l’energia rivoluzionaria.
I vinti devono quindi interrompere il tempo, smettere di pensare alla venuta del messia come un evento legato a un futuro indeterminato, ma come a un evento imminente. La rivoluzione viene dagli ultimi, che non devono cercare di instaurare un nuovo dominio ma piuttosto determinare la fine della storia.