Arendt Flashcards

1
Q

Le origini del totalitarismo

A

Arendt non individua un’origine economica né di classe al totalitarismo, ma politica. Questo le consente di costruire una definizione di totalitarismo che include sia il totalitarismo di destra sia quello di sinistra. Inoltre, il totalitarismo è un concetto nuovo, non riconducibile ai paradigmi politici tradizionali. Il totalitarismo si delinea come opposto allo stato, ma ne deriva.
L’opera è divisa in 3 parti:
- antisemitismo
- imperialismo
- totalitarismo

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Q

Antisemitismo

A

L’ebraismo è fin dall’inizio segno di contraddizione nello Stato moderno. Storicamente, gli ebrei sono stati costretti ad assimilarsi ma sono sempre stati percepiti come diversi, e sono diventati il capo espriatorio della crisi della società borghese da metà ‘800.

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3
Q

Imperialismo

A

Alla fine dell’800 lo Stato scelse la via dell’imperialismo per scaricare all’esterno l’aggravamento delle condizioni economiche. Lo Stato in questa occasione ha dimostrato di non essere capace di garantire ordine e stabilità e di doversi muovere, cioè di dover acquisire sempre più potere politico. Questo dinamismo aumenta quando la proiezione imperialistica si sposta verso l’Europa e si affermano i panmovimenti. Questo nazionalismo tribale nutre i ceti medio-bassi, che trovano gratificazione in presunte identità di sangue. Questi gruppi credono infatti che l’essenza naturale della politica sia la razza, da cui il formalismo istituzionale è molto lontano. Anziché tutelare le persone, lo Stato si trova costretto a fornire appartenzenza nazionale.

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4
Q

Totalitarismo

A

La causa scatenante del totalitarismo è la prima guerra mondiale, e in particolare il suo esito. Quello che emerge dal conflitto è la disintegrazione dello Stato liberale di diritto ottocentesco. Emerge il nucleo sociale delle masse in rivolta contro lo status quo. Le masse sono l’evidenza della carneficina della prima guerra mondiale, del sacrificio in trincea che non ha portato a nulla. Viene garantito il diritto di voto ma non cambiano le condizioni di vita, e le masse non si riconoscono nel sistema politico. La risposta è un attacco a quel sistema responsabile della condizione miserrima in cui queste masse vivono. Nell’arco temporale che separa le due guerre c’è la prima guerra civile europea, durante la quale soccombono le democrazie per cui si era combattuto. L’esito è l’uscita totalitaria, che accomuna quasi tutti gli stati europei alla fine degli anni ‘30.

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5
Q

Totalitarismo come organizzazione delle masse

A

Le masse sono un gruppo solo apparentemente, e per Arendt sono in realtà composte da uomini solitari, vicini ma privi di legami sociali attivi, vanno organizzati. E il totalitarismo è, in primo luogo, organizzazione delle masse.
Lo strumento di questo progetto è la propaganda, che crea un mondo fittizio in cui le persone vivono come fosse in quello reale. In linea con la modernità, ricrea un mondo nuovo ridefinisce la natura umana. Di fronte a una realtà insoddisfacente, offre una nuova idea di uomo connotato biologicamente dalla purezza del sangue.

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6
Q

Totalitarismo come opera di distruzione

A

Il totalitarismo è antitetico allo Stato perché dove lo Stato è stabilizzazione il totalitarismo è movimento e destabilizzazione perpetua. La mobilitazione delle masse è costante e indirizzata alla distruzione delle sue stesse istituzioni, nonché del nemico interno.
Questo nemico va eliminato tramite il terrore e la violenza, operati dagli apparati del regime.

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7
Q

Il nemico interno nel totalitarismo

A

Il nemico nei totalitarismi è connotato come nemico oggettivo, un nemico che è dannoso in quanto tale, solo perché esiste. Il nemico interno dei nazisti è tale per il suo sangue: l’ebraismo è una religione che si trasmette per linea matrilineare. L’oggettività di questo nemico è natuare, immutabile. Nello stalinismo il nemico è un nemico di classe, quindi il prodotto di una costruzione storico-sociale, però in entrambi i casil’obiettivo è l’annientamento. Dopo l’eliminazione di un nemico si passerà inevitabilmente a quello successivo, in un susseguirsi di distruzione che porta inevitabilmente verso la dissoluzione dell’intera società.

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8
Q

Struttura a cipolla

A

Il totalitarismo secondo Arendt ha una struttura a cipolla. Gli strati sono indipendenti tra loro, e tra uno strato e l’altro non c’è comunicazione. Le foglie guardano verso l’interno, non verso la realtà esterna, e sono orientate al centro dove si trova il duce, che proiettano.
Quella totalitaria è una società che ha nella sua essenza il destino di essere sfogliata come una cipolla pezzo dopo pezzo. Lo sterminio non aveva un punto di approdo, i gruppi nei campi sarebbero stati sostituiti da altri per proseguire la fabbricazione senza sosta di cadaveri e alimentare lo sterminio. La morte nei lager è la sintesi di tecnica, nichilismo e terrore che riduce gli uomini a cose inanimate.

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9
Q

Totalitarismo come origine di un’idea

A

Il totalismo per Arendt è ideologia, logica di un’idea. È un’idea che agisce nella realtà politica e nel farlo la distrugge. Arendt individua nel totalitarismo l’esasperazione e perversione di un movimento partito con Platone.
Nella filosofia occidentale si è da sempre mosso un processo di progressivo assorbimento dell’agire politico concreto nell’astrattezza di un’idea, di una teoria. Questo è l’esito della volontà di trasformare la politica da tecné a sapere scientificamente ordinabile. La politica diventa un’attività teoretica del pensiero, e non più un’azione che si dà in uno spazio pubblico (come dovrebbe invece essere).

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10
Q

Vita Activa

A

Arendt osserva che la vita è divisa in 2 campi:
- vita contemplativa: capacità di pensare e riflettere, capacità che il soggetto ha in solitudine
- vita activa: vita del fare
Il problema è che la vita contemplativa è sempre stata pensata come l’essenza della vita umana, e la vita activa è stata progressivamente svalutata.

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11
Q

Le 3 categorie dell’agire umano

A

- Animal laborans: il lavoro inteso come azione necessaria per soddisfare le necessità biologiche
- Homo faber: l’uomo che ha imparato a produrre le cose, e costruisce il mondo artificiale.
Il problema per Arendt è che l’uomo si è fermato a questo punto, vede le strutture che ha prodotto oggettivate e non va oltre.
- Zoon Politikon: l’agire inteso come agire insieme, si dà nello spazio pubblico e si crea uno spazio comune che si costituisce nell’in-between, lo spazio comune della politica. Un deliberare comune, a cui associa l’immagine della polis.

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12
Q

La polis

A

Nel mondo greco la polis (sfera pubblica) è distinta dall’oikos (sfera privata). Nella prima si svolge la vita in comune, che non é neutrale né artificiale ma è la libertà. L’oikos è invece il luogo dove ha luogo l’associazione naturale e la produzione per soddisfare le necessità. La sfera pubblica è caratterizzata dal potere inteso come potenzialità dell’agire comune. È il modo di comunicare in un contesto di pluralità e l’azione che produce innovazione.

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13
Q

Politica come apertura di spazi di libertà

A

La connotazione di politica e potere che Arent propone in Vita Activa vuole essere distaccata dalla violenza. È una politica intesa come apertura di spazi di libertà. Non difesa, sicurezza, rassicurazione, ma apertura di spazi di comunicazione, deliberazione e discorso. Fa il tentativo di pensare la democrazia fuori dallo stato, lavora sull’azione comune plurale che genera, che è un evento di nascita.

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14
Q

L’annientamento della sfera pubblica

A

L’annientamento della sfera pubblica può avvenire in più modi, primo dei quali è la costrizione fisica del tiranno. Una delle dinamiche usate dal tiranno è la svalutazione dell’agire e deliberare comune a fronte della vita contemplativa, da cui dipende la pretesa dei filosofi di governare la città.
La politica è un’azione pragmatica, che è evidente nella civiltà romana. Dopo il crollo dell’impero romano dalla storia è scomparsa la sfera pubblica e si ha assistito al ritiro nella privatezza dell’animo.

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15
Q

L’organizzazione della società moderna

A

L’età moderna è caratterizzata dall’alienazione del soggetto dal mondo. Il soggetto si è trovato sempre più spaesato e allo stesso tempo sempre più teso a ridurre l’esperienza a formule scientifiche (matematizzazione del reale), la teoria ha vinto sulla pratica e l’uomo vive nell’artificio.
Allo stesso tempo, si è formata anche una sfera sociale dominata dal lavoro, che esce dall’oikos e va a costruire lo spazio pubblico. Una società dominata dal lavoro è una società dominata dalle necessità dell’animal laborans. Una società di questo tipo è una società al servizio della tecnica prodotta dall’homo faber. L’azione comune plurale è stata soppiantata dalla teoria e dall’ossesione per l’unità, e la società è concepita come una macchina in cui l’unica azione possibile è l’obbedienza agli ordini.

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16
Q

Il male banale

A

Il concetto di male radicale, individuato dalla religione cristiana come il diavolo, si manifesta secondo molti nello sterminio. In “La banalità del male” Arendt affianca a questo concetto quello di male banale.
Le comunità ebraiche hanno infatti sempre rivendicato l’eccezionalità dello sterminio, rifiutandosi di compararlo a tutti gli altri fenomeni. Arendt si reca a Gerusalemme convinta di vedere un uomo eccezionale, invece trova un uomo normale. Non trova il demonio, non ha nessuna eccezionalità ma è un uomo banale e insulso, di cui non ti accorgi. Eichmann è un individuo isolato in una catena di comando, non ha relazioni con altro. Esegue meccanicamente un comando senza chiedersi che cosa stia facendo, ma si limita ad obbedire.

17
Q

Sulla rivoluzione

A

Arendt compie una riflessione in cui elabora una distinzione tra la rivoluzione russa e quella americana sulla base del diverso rapporto che hanno avuto con la necessità. La rivoluzione ha cercato di sottrarsi alla nozione di necessità e di presentarsi come atto collettivo che apre uno spazio di libertà. Non c’è solo un desiderio di liberazione (≠ libertà), ma il vero e proprio desiderio di libertà, inteso come agire liberamente in uno spazio nuovo. Le altre rivoluzioni hanno voluto porsi come atti finalizzati alla costruzione di uno Stato.
La rivoluzione è il tentativo anche violento di instaurare qualcosa di nuovo, un’azione di libertà.

18
Q

Capacità di giudizio

A

Se la politica è agire libero e plurale, a orientarla deve essere il criterio di una deliberazione responsabile. Grazie a questa, ciascun uomo riconosce se stesso e le sue azione come atti che hanno conseguenze alle quali non ci si può sottrarre appellandosi a necessità storiche o a ordini superiori.