propedeutica Flashcards
latino e indoeuropeo:
il latino è una lingua indoeuropea, come lo sono anche il greco e altre lingue europee e asiatiche.
L’indoeuropeo è inteso come la lingua comune parlata fra Europa e Asia tra il 4° e il 3° millennio a.C..
Grazie alle migrazioni da parte delle tribù parlanti, l’indoeuropeo ha soppiantato ovunque le lingue indigene (parlate prima dell’indoeuropeo), che hanno però ovviamente avuto influsso di sostrato > differenziazione in una serie di lingue (fra cui il latino).
In particolare, il latino è ‘figlia’ del greco, poichè lo stesso alfabeto latino sembra derivare da un alfabeto greco occidentale (quello di Cuma), ma attraverso l’influsso etrusco (in epoca storica, il latino confinava a est e sud con l’osco, a nordo con l’estrusco (etrusco=quasi certamente non indoeuropeo!)), anche a seguito della monarchia etrusca a Roma (Tarquini).
le fasi del latino (differenze diacroniche):
- latino preletterario: fino al 3° sec. a.C.
- latino arcaico: da Livio Andronico (240 a.C.= sua prima rappresentazione) all’inizio del 1° sec. a.C. (età di Silla).
- latino classico: durante l’età di Cesare e Cicerone (1° sec. a.C.).
- latino augusteo: 0-14 d.C. (fino alla morte di Augusto).»_space; Tito Livio
- latino imperiale: 1-2 d.C. (fino alla morte di Marco Aurelio = 180 d.C.), caratterizzato dal progressivo divergere di una lingua letteraria e di una lingua parlata.
- latino cristiano: attestato negli scrittori cristiani a partire dalla fine del 2° sec. d.C. (volgarismi, semitismi)
- tardolatino: fino agli ultimi secoli (5-6° sec. d.C.).
gli strati del latino (differenze sincroniche):
Se prendiamo uno strato qualunque del latino in generalmente qualunque fase, lo vedremo composto da diversi strati/livelli linguistici:
1. la lingua letteraria.
2. le lingue tecniche delle varie arti e attività (quella agricola, militare, giuridica…).
3. la lingua d’uso (la lingua media, quella della conversazione e della corrispondenza).
4. il latino volgare, che ci dà un’idea del latino parlato (quella dell’‘Appendix Probi’, del ‘Satyricon’ di Petronio).
!!: la lingua letteraria era a sua volta diversificata nei vari generi letterari; la diversificazione era realizzata attraverso l’uso dei sinonimi.
Il confine fra le diverse connotazioni che i termini potevano avere era più sentito di quanto o sia in italiano (ex. ‘gladius‘=termine usuale per dire ‘spada ; ‘ensis‘=termine poetico per dire ‘spada’).
Ovviamente i diversi strati non erano completamente stagni, ma c’era un continuo ricambio fra di loro. Tuttavia, nel complesso, le differenze erano nette.
Il solco fra lingua letteraria e lingua parlata si approfondisce sempre più in epoca imperiale, quando il latino era ormai parlato in un immenso territorio da moltissimi popoli, che lasciavano tracce della loro lingua originaria. Quindi mentre il latino letterario rimaneva generalmente lo stesso, quello palrato se ne differenziava sempre più.
il latino dopo Roma:
Dopo la caduta di Roma, la Chiesa fece del latino la lingua liturgica dell’occidente. Tuttavia, man mano il latino venne schiacciato da mutamenti sia interni che esterni (i punti di maggior cedimento furono la sintassi (sov»svo) e il lessico).
I primi documenti romanzi risalgono all’8° sec. d.C.
Carlo Magno tenta di salvaguardare l’importanza del latino, abbracciando la Chiesa ed elevandolo a lingua dotta.
L’Umanesimo parve segnare la rivalsa del latino, data la sua riscoperta da parte degli intellettuali, ma quest’idea andò a cadere dopo la Riforma Protestante, che spezza l’unità religiosa, e l’affermazione dei nazionalismi a spesa dell’idea imperiale.
Il latino continuò a essere il veicolo della scienza (opere di Copernico), ma con l’avvento del romanticismo (anticlassicismo) il latino cessa di avere un ruolo attivo.
cos’è l’infisso nasale:
L’infisso nasale è quella -n- (o -m-) che troviamo nella radice dei verbi; essa serviva originariamente a indicare il dinamismo (incompiuto) del processo verbale (e perciò era propria dell’infectum, essendo il perfectum statico per sua natura).
In latino questo valore si è conservato solo nella coppia cubo/cumbo (‘sto sdraiato’ - ‘mi sdraio), infatti l’infisso nasale è potuto passare per analogia al perfectum e al participio perfetto (iungo, iunxi inuctus ; finxi, punctus).
‘desinenza zero’:
E’ detto ‘desinenza zero’ il caso come il nominativo ‘timor’/’dolor’ (timore), a cui manca una desinenza (infatti il paradigma continua come ‘timoris, timori, timorem, timor, timore).
‘vocale tematica’:
La vocale tematica è la vocale che termina il tema (tema=ciò che rimane della parola una volta tolta la desinenza.
ex. in ‘timere’»_space; time-»_space; ‘e’ è la vocale tematica.
‘preverbi’:
preverbi: i prefissi messi prima di un tema verbale (Ex. ‘ex-timescere’ ‘ex-agitare’).
motivi per cui spesso radice, tema e suffissi non sempre sono ben riconoscibili:
- per le modificazioni fonetiche dovute all’apofonia latina (ex. concutere < com-quat-i-se)
- per l’alterazione della vocale in sillaba finale (timidus < tim-id-o-s)
- per la caduta della consonante finale
- per la sincope (posno < po-sin-o)
- per l’assenza dei suffissi tematici o della desinenza (Ex. nella 2° pers. dell’imperativo presente ‘tim-ē’ si ha il puro tema verbale dell’infectum, con desinenza zero rispetto alla 2° pers. plur. ‘tim-ē-te’).
anomalie della flessione nominale: genitivo singolare in -ās dei temi in -ā-:
Alcuni (pochi) nomi con tema in -ā- (comunemente detti appartenenti alla 1° decl.) possiedono il genitivo in -as (Ex. ‘pater familias’).
Si tratta del genitivo singolare indoeuropeo dei temi in -ā-, sopravvissuto in latino come residuo di una norma più antica.
Ad oggi i nomi che lo possiedono hanno generalmente funzione di arcaismi solenni.
anomalie della flessione nominale: il genitivo plurale in -um dei temi in -o/e-
Il confronto col greco mostra che la forma -um <-om è quella originaria del genitivo plurale, e quella in -ōrum<-osom è analogica del genitivo plurale dei temi in -a- (lupōrum come rosārum).
Non si deve quindi parlare di ‘genitivo sincopato’, perchè la sincope non affetta le vocali lunghe!
ex.
deus, deum
vir, virum
anomalie della flessione nominale: il vocativo di ‘deus’
Fin dall’età di Augusto non si incontra nessuna forma che valga come vocativo di ‘deus’; a partire da Orazio appare ‘dive’ (in realtà vocativo di ‘divus’), altre volte viene usata la forma del nominativo come vocativo (‘o deus!’).
La mancanza del vocativo di deus si spiegherebbe col fatto che gli antichi, in quanto politeisti, si rivolgevano alla singola divinita con il suo nome (ex. Minerva, Marte etc), mentre usavano normalmente il vocativo plurale ‘dī’.
Tuttavia questa spiegazione non è del tutto convincente poichè esiste ed è spesso usato il vocativo femminile ‘dea’.
anomalie della flessione nominale: i plurali eterogenei dei temi in -o/e-:
Il caso classico è il doppio nominativo plurale loci/loca (che ad oggi hanno assunto il significato rispettivamente figurato (ex. ‘i luoghi di un libro’) e letterale).
In realtà in origine il primo caso era quello di un plurale singolativo (distingue), nel secondo di un plurale collettivo (ammassa). Questa opposizione rimane viva in qualche passo del latino arcaico.
Lo stesso accade in italiano con ‘frutti/frutta’ ‘membri/membra’ ‘muri/mura’.
anomalie della flessione nominale: vis, sus, bos:
- ‘vis’ (forza) è un nome difettivo per genitivo e dativo singolare; per il genitivo autori diversi propongono versioni diverse (ex. vis, roboris, altri danno prova attraverso perifrasi che non esiste forma genitiva).
Il suppletivismo ‘vis, roboris’ (e ‘robori’ al dativo sing.) usato oggi al posto del genitivo sing. è in realtà non totalmente corretto: vis e robur indicano due concetti leggermente diversi:
-vis: forza in movimento, generalmente animata, e quindi che può agire in bene e in male.
-robur: letteralmente ‘legno della rovere’ e in senso figurato la ‘forza statica/inanimata’, che sostiene e resiste.
- ‘sūs, suis’ (maiale) è un raro tema in -ou- della 3° decl.; ha una doppia forma del dativo/ablativo plurale: sūbus, suibus. La seconda deriva dall’analogia con gli altri nomi tema in -i della 3° decl.
- bōs, bovis (bue) è un raro tema in -ou- della 3° decl. (boum);
-nei casi obliqui > bou-is etc.
-la forma ‘boum’ del genitivo plurale è analogica ( < bouum < ‘bouom’).
-originariamente al dativo/ablativo plurale dava ‘bou-bus’ > ‘bubus’. Abbiamo anche la forma ‘bōbus’, dall’influsso del nominativo ‘bōs’. In molti casi le due forme vengono usate indistintamente.
classificazione verbale: verbi tematici e verbi atematici:
I verbi latini possono essere raggruppati in 2 categorie:
* verbi tematici: verbi con una vocale di collegamento fra la radice e la desinenza (ex. leg-e-re, am-a-re)
* verbi atematici: sono nettamente inferiori in latino rispetto ai verbi tematici; verbi in cui manca la vocale di collegamento e la desinenza si unisce direttamente alla radice (Ex. fer-re, es-se).