1) introduzione alla sociolinguistica: Flashcards
di cosa si occupa la sociolinguistica:
sottotitolo = ‘variazione’ (sincronica)
Come cambia la lingua sincronicamente? (non si parla di ‘mutamento’, cioè del cambiamento della lingua diacronico/temporale).
La sociolinguistica è un settore della linguistica che tratta
della correlazione tra fattori linguistici e determinati fattori sociali (ex. chi esibisce un determinato fattore linguistico a causa dell’età avanzata, del grado di istruzione)
dell’influenza che la società e i fatti sociali hanno riguardo ai fatti linguistici e delle conseguenze che questa influenza produce (il linguaggio di genere, il linguaggio inclusivo)
della funzione sociale che la lingua ha e delle azioni sociali che attraverso questa si svolgono (ex. con l’italiano
si può tenere una lezione universitaria, con il dialetto emiliano? si potrebbe tecnicamente fare, ma non lo si può fare per principio. Oppure l’italiano è la lingua che si adopera nelle situazioni formali, il dialetto no).
Si pone quindi il compito di descrivere cosa succede alle lingue e alle loro strutture quando le vediamo concretamente calate nelle comunità sociali che le usano.
Esistono però anche altre prospettive: se si considera come fondamentale per la comprensione e spiegazione di come sono fatte le lingue il fatto che le lingue non esistono ‘in vitro’, ma sono sempre calate negli usi di una società, allora la sociolinguistica tende a diventare essa stessa la linguistica tout court > non potrebbe nemmeno esistere una linguistica che non sia socialmente fondata.
Labov, uno dei primi esponenti della disciplina, sosteneva questa posizione.
Tuttavia, se si vede l’azione che la lingua svolge nei confronti della società, allora la sociolinguisica si configura piuttosto come un settore di confine a cavallo fra la linguistica e la sociologia.
La prospettiva che assumiamo noi però vede la sociolinguistica non come una sociologia che tiene conto dei fatti linguistici, ma come una linguistica che tiene conto dei fatto sociali.
il termine ‘sociolinguistica’:
- 1931: in Italia compare l’aggettivo ‘social-linguistica’
- 1939: l’articolo ‘sociolinguistics in India’
- 1951: l’aggettivo ‘sociolinguistic’ in un manuale di morfologia
- 1952: il termine ‘sociolinguistics’ nell’articolo del filosofo americano H. C. Curie.
caratteristiche della sociolinguistica:
- La sociolinguistica è una branca eminentemente sincronica, poiché le situazioni sociolinguistiche del passato non possono essere osservate e indagate direttamente (ma indirettamente sì! > si è recentemente inaugurato il secondo filone della sociolinguistica storica, che indaga le situazioni sociali e linguistiche all’interno di un certo territorio in una certa epoca).
Anche facendo sociolinguistica storica, la si fa in modo sincronico. - La sociolinguistica opera prevalentemente nell’ambito della linguistica esterna, guarda cioè alla lingua considerando ciò che è esterno alla struttura ma rappresenta il contesto in cui vive (ex. i suoi scarti).
Si oppone alla linguistica esterna la linguistica interna, che ha come oggetto la lingua come sistema e ne studia solo le caratteristiche strutturali. - La sociolinguistica ha un approccio spiccatamente funzionalista (la lingua è un manufatto culturale degli esseri umani, e si predilige vedere la lingua in uso, piuttosto che somministrare questionari da cui trarre le risposte), all’interno dell’opposizione, tipica delle scienze del linguaggio contemporanee, tra formalismo (come sarebbe l’approccio del questionario, ‘tu diresti je ne se pa e je ne pa?’) e funzionalismo (ascoltare la conversazione fra due parlanti e trarre se dicono je ne se pa o je ne pa).
formalismo = le forme e le strutture sono autonome e indipendenti dalle loro funzioni e dall’uso dei parlanti; le nozioni e le categorie sono ben definite e discrete; è deduttivo; le generalizzazioni conferiscono al modello forte predittività.
funzionalismo = forme e strutture sono condizionate dalla funzione; le nozioni e le categorie sono sfumate; è induttivo; la predittività del modello è più debole e di natura statistica
esempi scritti di lingua nella società: ‘Il Colombre’ di Buzzati:
I tratti linguistici che scartano da ciò che ci aspettiamo:
* è lingua scritta poiché vediamo la punteggiatura, le maiuscole…
Spesso la punteggiatura in realtà non va a mimare il parlato, ma deriva da una tradizione letteraria (ex. l’ultima riga presenta una serie di virgole che però nel parlato non ci percepiscono, poiché non facciamo una pausa elencando quelle parole nel parlato).
* la virgola prima della ‘e’ congiunzione
* il passato remoto, che non useremo mai nella vita di tutti i giorni
è italiano ‘normale’, che ci aspetteremmo di trovare in un romanzo del ‘900.
Abbiamo difficoltà a trovare fenomeni linguistici che ci colpiscono, sono più che altro fenomeni grafici a stranirci.
> italiano ‘normale’
esempi scritti di lingua nella società: ‘Siamo poi gente delicata’ di Paolo Nori:
Paolo Nori tenta di mimare nello scritto il parlato. Vi sono tanti scarti della norma:
1. ‘che son venuto via’ (in cui sono andato via)
2. mima forme del nord italia che tendono a far cadere la vocale (‘son’)
3. che polivalente
4. ‘noi la nostra testa come funziona’ = spostamento all’inizio del tema
5. punto davanti alla ‘e’, non andrebbe usato
6. tema libero = tema posto all’inizio senza collegamenti
> italiano colloquiale ma con tratti settentrionali.
esempi scritti di lingua nella società: ‘Jack frusciante è uscito dal gruppo’ di Brizzi:
- mima un parlato agitato > da qui lo scrittore non pone interpunzioni
- perché se scrivessimo così nella tesi sarebbe sbagliato? Perché parliamo di due varietà diverse della stessa lingua.
- Commistione di registri (lingua parlata con un termine di registro alto, come ‘purchè’ alla fine, o ‘struggimento’.) > per stupire il lettore
- inserzione di marche discorsive tipiche del parlato, come ‘okay’ in un discorso non diretto, o ‘kazzo’ con la ‘k’.
- ‘parlando fitto’, al posto di ‘fittamente’ (influenza dialettale).
> italiano colloquiale con tratti giovanili
esempi scritti di lingua nella società: ‘La Malora’ di Fenoglio:
- scarti piemontesi
- me e te = al posto di tu ed io (le forme dialettali tendono a ridurre a una forma sola le due forme ‘io’ e ‘me’, ‘tu’ e ‘te’). > questo scarto però è praticamente entrato nell’italiano neostandard.
- bei al posto di ‘begli’ > riduzione del paradigma dell’aggettivo ‘bello’ su base analogica (il paradigma di ‘bello’ in italiano standard è bello, belle, bella, allomorfia per il maschile plurale, poiché davanti a certe consonanti e vocali si usa la forma ‘bei’ e davanti ad altre ‘begli’).
- Fenoglio registra i fenomeni che sentiva, fenomeni che solo anni dopo i linguisti avrebbero riconosciuto.
- che = funge da secondo introduttore di subordinata (doppio complementatore > c’è una congiunzione che introduce una subordinata, (mentre) e in questa varietà di italiano si trova una seconda congiunzione, ‘che’)
- stava in Alba = al posto di ‘stava ad Alba’ ; (per Asti ed Alba i piemontesi usano ‘andare in’)
- neh = per ‘vero che…’ (interrogativa retorica > presuppone una risposta positiva)
‘diede una voce’ = dare un ordine - servente = cameriera (servente = calco dal piemontese puro ‘serventa’)
- t’arrangia lo stomaco = calco dal piemontese, significa ‘mettere a posto la pancia’
- già che = antifrasi (frase che vuol dire il contrario di ciò che significherebbe letteralmente) che vuol dire ‘non è vero che’
- disse duro mio nonno = ‘duro’ usato avverbialmente, in questo caso si fa prendendo l’aggettivo maschile corrispondente.
la vecchia s’intestava = la vecchia si interstardiva
italiano incolto (lo scrittore non è incolto, ma fa finta di esserlo), con tratti settentrionali
> italiano incolto settentrionale
esempi scritti di lingua nella società: pizzino di Bernardo Provenzano:
pizzino = foglietto con cui Provenzano faceva circolare in carcere
- sovraestensione di un pronome atono (clitico = si appoggia su un’altra parola perchè non ha accento) di terza persona neutra > ‘ci’ qui si riferisce a una terza persona plurale, non a una prima persona plurale (a noi).
- ci sono andati mali = impiego avverbiale di un aggettivo? o iscrizione di come si pronuncia ‘male’ nel dialetto meridionale.
- riconoscende/ricompenza = come verrebbero pronunciate ‘riconoscente’ e ‘ricompensa’
- volessi = al posto di ‘vorrei’ (nel sud italia spesso il congiuntivo fa le veci del condizionale, poichè tali varietà non hanno sviluppato il condizionale, ma hanno mantenuto la tradizionale latina).
- mammano = a mano a mano
- è = e
- và = va
- che cià di bisogno = di cui ha bisogno
Il livello di istruzione dello scrivente è probabilmente basso (variazione diatopica) ; se conosciamo la persona che ha scritto questo pizzino, scopriamo che è vero.
> italiano incolto meridionale
esempi parlati di lingua nella società: ‘la terra trema’ di Visconti:
- questo oggetto linguistico è in dialetto siciliano
- sappiamo che non è italiano, ma una varietà, perchè chi non è siciliano non può capire cosa dice l’attrice
> siciliano = non fa parte dell’architettura dell’italiano, poichè, al contrario di con gli oggetti linguistici precedenti, non può comprenderli chiunque parli italiano.
Il siciliano si parla in Italia, ma non è italiano.
esempi parlati di lingua nella società: Gomorra:
riascoltando molte volte, potremmo fare la trascrizione in IPA, ma non riusciremmo a capire cosa hanno detto i personaggi
> campano
esempi parlati di lingua nella società: video del Museo Egizio di Torino:
piemontese
esempi parlati di lingua nella società: Zerocalcare:
italiano colloquiale romano (/con tratti romani)
le sottobranche della sociolinguistica:
- Sociolinguistica percezionale: assume come punto di partenza la percezione che i parlanti hanno dell’ambiente linguistico in cui vivono e le rappresentazioni che ne vengono conseguentemente
- Sociolinguistica cognitiva: indaga le strategie secondo cui il significato dell’attività linguistica e quello con cui le parole vengono usate si modificano in relazione con la composizione socio-demografica della società
- Sociofonetica: esamina la funzione comunicativa di diverse pronunce, esaminando come la variazione fonetica dia luogo a categorizzazioni e venga valutata e processata soggettivamente e cognitivamente
- Ecolinguistica: a cavallo tra linguistica e antropologia, indaga i fatti sociolinguistici nel contesto più ampio dell’ambiente sociale, culturale e fisico biologico in cui le lingue nascono, vivono, si sviluppano e muoiono
rudimenti: la lingua:
Lingua: ogni sistema linguistico distinto da altri per caratteristiche fonetico-fonologiche, morfologiche, sintattiche, lessicali e usato oggi o nel passato da un certo gruppo di individui.
Lingua, in questi termini, propri della linguistica interna, è un concetto assoluto che riposa, o dovrebbe riposare, su criteri come la mutua intelligibilità o la distanza strutturale.
Quand’è che le differenze sono tali per cui si può dire ‘sono due lingue diverse, non solo due modi diversi di parlare la stessa lingua’.
2019: metodo computazionale per valutare le differenze strutturali delle lingue usato su 5000 lingue.
Calcola la distanza e butta fuori un numero: più basso il numero più diciamo ce è la stessa lingua, e viceversa.
Lingue molto diverse (ex. italiano e giapponese) arrivano a 90 come distanza. Guardando uno studio sui dialetti nordici italiani, vediamo che sul 51 non c’è nessun oggetto linguistico, probabilmente 51 è il limite sopra al quale siamo davanti a lingue diverse (Ex. napoletano e emiliano).
Non vi è quindi una vera e propria differenza ciò che noi chiamiamo ‘lingua’ e ‘dialetto’.
L’italiano è a sè, poichè ha livelli di distanza alti rispetto ai dialetti dello studio.
Lingua: gamma di varietà intercomprensibili (oltre una certa soglia)
Quale? Quando, cioè, siamo di fronte a due lingue diverse?
italiano > lingua sovraordinata a una serie di dialetti (sociolinguisticiamente parlando)
La lingua è una gamma di varietà intercomprensibili (oltre una certa soglia)
Haugen: Dove si pone l’asticella per determinare se due oggetti linguistici sono due lingue diverse o se sono varietà? C’è il metodo della comprensione o incomprensione reciproca, ma in mezzo c’è una zona grigia di semi-comprensibilità, come giudichiamo gli oggetti che cadono in quella zona?
rudimenti: il dialetto:
Se invece si prende il punto di vista della linguistica esterna la lingua diventa un concetto relativo, relazionabile ed opposto a quello di dialetto.
La lingua, in questo senso, è un sistema linguistico sovraordinato ad altri sistemi che sono parlati nella stessa comunità e destinato, in questa comunità, almeno agli usi ‘alti’.
I sistemi subordinati sono invece in genere i dialetti. Dialetto è quindi una lingua socialmente ‘bassa’.
Il dialetto è ‘polisemico’, poichè possiede definizioni diverse a seconda della branca linguistica in cui viene analizzato:
1. in ling. (teorica) > dialetto = modo particolare di parlare (= varietà) una lingua.
2. in socioling. > dialetto = sistema linguistico a sé stante circoscritto geograficamente e socioculturalmente, subordinato a un altro sistema linguistico e quindi limitato funzionalmente
Il problema è che un’etichetta polisemica per un linguaggio specialistico come può essere per la linguistica diventa problematica, poiché potrebbe nascere la questione > **esistono dialetti di dialetti? **(ex. il bolognese è un dialetto del dialetto emiliano-romagnolo?).
Linguisticamente invece, l’emiliano romagnolo è una varietà di italiano, mentre il bolognese è un dialetto dell’emiliano romagnolo, varietà di italiano. Napoletano > dialetto del campano, campano > lingua, varietà della lingua italiana.
Ma quella di italiano è un’etichetta confusionaria.
Nello schema che mostra la ramificazione delle lingue derivanti dal latino, dal punto di visto teorico, i colori diversi sono lingue diverse.
colori più chiari > varietà del colore più scuro.
Come ogni lingua, anche un dialetto conosce variazione interna.
E sopattutto, un’altra accezione di ‘dialetto’ indentifica infatti una varietà che risulti dalla differenziazione geografica e sociale di una certa lingua per effetto della diffusione di questa in un territorio (ex. l’inglese americano, varietà alla quale, in ambito anglosassone, ci si riferisce col termine ‘dialects’).