1) introduzione alla sociolinguistica: Flashcards

1
Q

di cosa si occupa la sociolinguistica:

A

sottotitolo = ‘variazione’ (sincronica)

Come cambia la lingua sincronicamente? (non si parla di ‘mutamento’, cioè del cambiamento della lingua diacronico/temporale).

La sociolinguistica è un settore della linguistica che tratta
della correlazione tra fattori linguistici e determinati fattori sociali (ex. chi esibisce un determinato fattore linguistico a causa dell’età avanzata, del grado di istruzione)
dell’influenza che la società e i fatti sociali hanno riguardo ai fatti linguistici e delle conseguenze che questa influenza produce (il linguaggio di genere, il linguaggio inclusivo)
della funzione sociale che la lingua ha e delle azioni sociali che attraverso questa si svolgono (ex. con l’italiano

si può tenere una lezione universitaria, con il dialetto emiliano? si potrebbe tecnicamente fare, ma non lo si può fare per principio. Oppure l’italiano è la lingua che si adopera nelle situazioni formali, il dialetto no).

Si pone quindi il compito di descrivere cosa succede alle lingue e alle loro strutture quando le vediamo concretamente calate nelle comunità sociali che le usano.

Esistono però anche altre prospettive: se si considera come fondamentale per la comprensione e spiegazione di come sono fatte le lingue il fatto che le lingue non esistono ‘in vitro’, ma sono sempre calate negli usi di una società, allora la sociolinguistica tende a diventare essa stessa la linguistica tout court > non potrebbe nemmeno esistere una linguistica che non sia socialmente fondata.

Labov, uno dei primi esponenti della disciplina, sosteneva questa posizione.

Tuttavia, se si vede l’azione che la lingua svolge nei confronti della società, allora la sociolinguisica si configura piuttosto come un settore di confine a cavallo fra la linguistica e la sociologia.

La prospettiva che assumiamo noi però vede la sociolinguistica non come una sociologia che tiene conto dei fatti linguistici, ma come una linguistica che tiene conto dei fatto sociali.

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2
Q

il termine ‘sociolinguistica’:

A
  • 1931: in Italia compare l’aggettivo ‘social-linguistica
  • 1939: l’articolo ‘sociolinguistics in India’
  • 1951: l’aggettivo ‘sociolinguistic’ in un manuale di morfologia
  • 1952: il termine ‘sociolinguistics’ nell’articolo del filosofo americano H. C. Curie.
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3
Q

caratteristiche della sociolinguistica:

A
  • La sociolinguistica è una branca eminentemente sincronica, poiché le situazioni sociolinguistiche del passato non possono essere osservate e indagate direttamente (ma indirettamente sì! > si è recentemente inaugurato il secondo filone della sociolinguistica storica, che indaga le situazioni sociali e linguistiche all’interno di un certo territorio in una certa epoca).
    Anche facendo sociolinguistica storica, la si fa in modo sincronico.
  • La sociolinguistica opera prevalentemente nell’ambito della linguistica esterna, guarda cioè alla lingua considerando ciò che è esterno alla struttura ma rappresenta il contesto in cui vive (ex. i suoi scarti).
    Si oppone alla linguistica esterna la linguistica interna, che ha come oggetto la lingua come sistema e ne studia solo le caratteristiche strutturali.
  • La sociolinguistica ha un approccio spiccatamente funzionalista (la lingua è un manufatto culturale degli esseri umani, e si predilige vedere la lingua in uso, piuttosto che somministrare questionari da cui trarre le risposte), all’interno dell’opposizione, tipica delle scienze del linguaggio contemporanee, tra formalismo (come sarebbe l’approccio del questionario, ‘tu diresti je ne se pa e je ne pa?’) e funzionalismo (ascoltare la conversazione fra due parlanti e trarre se dicono je ne se pa o je ne pa).
    formalismo = le forme e le strutture sono autonome e indipendenti dalle loro funzioni e dall’uso dei parlanti; le nozioni e le categorie sono ben definite e discrete; è deduttivo; le generalizzazioni conferiscono al modello forte predittività.
    funzionalismo = forme e strutture sono condizionate dalla funzione; le nozioni e le categorie sono sfumate; è induttivo; la predittività del modello è più debole e di natura statistica
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4
Q

esempi scritti di lingua nella società: ‘Il Colombre’ di Buzzati:

A

I tratti linguistici che scartano da ciò che ci aspettiamo:
* è lingua scritta poiché vediamo la punteggiatura, le maiuscole
Spesso la punteggiatura in realtà non va a mimare il parlato, ma deriva da una tradizione letteraria (ex. l’ultima riga presenta una serie di virgole che però nel parlato non ci percepiscono, poiché non facciamo una pausa elencando quelle parole nel parlato).
* la virgola prima della ‘e’ congiunzione
* il passato remoto, che non useremo mai nella vita di tutti i giorni
è italiano ‘normale’, che ci aspetteremmo di trovare in un romanzo del ‘900.

Abbiamo difficoltà a trovare fenomeni linguistici che ci colpiscono, sono più che altro fenomeni grafici a stranirci.

> italiano ‘normale’

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5
Q

esempi scritti di lingua nella società: ‘Siamo poi gente delicata’ di Paolo Nori:

A

Paolo Nori tenta di mimare nello scritto il parlato. Vi sono tanti scarti della norma:
1. ‘che son venuto via’ (in cui sono andato via)
2. mima forme del nord italia che tendono a far cadere la vocale (‘son’)
3. che polivalente
4. ‘noi la nostra testa come funziona’ = spostamento all’inizio del tema
5. punto davanti alla ‘e’, non andrebbe usato
6. tema libero = tema posto all’inizio senza collegamenti

> italiano colloquiale ma con tratti settentrionali.

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6
Q

esempi scritti di lingua nella società: ‘Jack frusciante è uscito dal gruppo’ di Brizzi:

A
  • mima un parlato agitato > da qui lo scrittore non pone interpunzioni
  • perché se scrivessimo così nella tesi sarebbe sbagliato? Perché parliamo di due varietà diverse della stessa lingua.
  • Commistione di registri (lingua parlata con un termine di registro alto, come ‘purchè’ alla fine, o ‘struggimento’.) > per stupire il lettore
  • inserzione di marche discorsive tipiche del parlato, come ‘okay’ in un discorso non diretto, o ‘kazzo’ con la ‘k’.
  • ‘parlando fitto’, al posto di ‘fittamente’ (influenza dialettale).

> italiano colloquiale con tratti giovanili

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7
Q

esempi scritti di lingua nella società: ‘La Malora’ di Fenoglio:

A
  • scarti piemontesi
  • me e te = al posto di tu ed io (le forme dialettali tendono a ridurre a una forma sola le due forme ‘io’ e ‘me’, ‘tu’ e ‘te’). > questo scarto però è praticamente entrato nell’italiano neostandard.
  • bei al posto di ‘begli’ > riduzione del paradigma dell’aggettivo ‘bello’ su base analogica (il paradigma di ‘bello’ in italiano standard è bello, belle, bella, allomorfia per il maschile plurale, poiché davanti a certe consonanti e vocali si usa la forma ‘bei’ e davanti ad altre ‘begli’).
  • Fenoglio registra i fenomeni che sentiva, fenomeni che solo anni dopo i linguisti avrebbero riconosciuto.
  • che = funge da secondo introduttore di subordinata (doppio complementatore > c’è una congiunzione che introduce una subordinata, (mentre) e in questa varietà di italiano si trova una seconda congiunzione, ‘che’)
  • stava in Alba = al posto di ‘stava ad Alba’ ; (per Asti ed Alba i piemontesi usano ‘andare in’)
  • neh = per ‘vero che…’ (interrogativa retorica > presuppone una risposta positiva)
    ‘diede una voce’ = dare un ordine
  • servente = cameriera (servente = calco dal piemontese puro ‘serventa’)
  • t’arrangia lo stomaco = calco dal piemontese, significa ‘mettere a posto la pancia’
  • già che = antifrasi (frase che vuol dire il contrario di ciò che significherebbe letteralmente) che vuol dire ‘non è vero che’
  • disse duro mio nonno = ‘duro’ usato avverbialmente, in questo caso si fa prendendo l’aggettivo maschile corrispondente.
    la vecchia s’intestava = la vecchia si interstardiva
    italiano incolto (lo scrittore non è incolto, ma fa finta di esserlo), con tratti settentrionali

> italiano incolto settentrionale

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8
Q

esempi scritti di lingua nella società: pizzino di Bernardo Provenzano:

A

pizzino = foglietto con cui Provenzano faceva circolare in carcere

  • sovraestensione di un pronome atono (clitico = si appoggia su un’altra parola perchè non ha accento) di terza persona neutra > ‘ci’ qui si riferisce a una terza persona plurale, non a una prima persona plurale (a noi).
  • ci sono andati mali = impiego avverbiale di un aggettivo? o iscrizione di come si pronuncia ‘male’ nel dialetto meridionale.
  • riconoscende/ricompenza = come verrebbero pronunciate ‘riconoscente’ e ‘ricompensa’
  • volessi = al posto di ‘vorrei’ (nel sud italia spesso il congiuntivo fa le veci del condizionale, poichè tali varietà non hanno sviluppato il condizionale, ma hanno mantenuto la tradizionale latina).
  • mammano = a mano a mano
  • è = e
  • và = va
  • che cià di bisogno = di cui ha bisogno

Il livello di istruzione dello scrivente è probabilmente basso (variazione diatopica) ; se conosciamo la persona che ha scritto questo pizzino, scopriamo che è vero.

> italiano incolto meridionale

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9
Q

esempi parlati di lingua nella società: ‘la terra trema’ di Visconti:

A
  • questo oggetto linguistico è in dialetto siciliano
  • sappiamo che non è italiano, ma una varietà, perchè chi non è siciliano non può capire cosa dice l’attrice

> siciliano = non fa parte dell’architettura dell’italiano, poichè, al contrario di con gli oggetti linguistici precedenti, non può comprenderli chiunque parli italiano.
Il siciliano si parla in Italia, ma non è italiano.

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10
Q

esempi parlati di lingua nella società: Gomorra:

A

riascoltando molte volte, potremmo fare la trascrizione in IPA, ma non riusciremmo a capire cosa hanno detto i personaggi
> campano

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11
Q

esempi parlati di lingua nella società: video del Museo Egizio di Torino:

A

piemontese

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12
Q

esempi parlati di lingua nella società: Zerocalcare:

A

italiano colloquiale romano (/con tratti romani)

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13
Q

le sottobranche della sociolinguistica:

A
  1. Sociolinguistica percezionale: assume come punto di partenza la percezione che i parlanti hanno dell’ambiente linguistico in cui vivono e le rappresentazioni che ne vengono conseguentemente
  2. Sociolinguistica cognitiva: indaga le strategie secondo cui il significato dell’attività linguistica e quello con cui le parole vengono usate si modificano in relazione con la composizione socio-demografica della società
  3. Sociofonetica: esamina la funzione comunicativa di diverse pronunce, esaminando come la variazione fonetica dia luogo a categorizzazioni e venga valutata e processata soggettivamente e cognitivamente
  4. Ecolinguistica: a cavallo tra linguistica e antropologia, indaga i fatti sociolinguistici nel contesto più ampio dell’ambiente sociale, culturale e fisico biologico in cui le lingue nascono, vivono, si sviluppano e muoiono
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14
Q

rudimenti: la lingua:

A

Lingua: ogni sistema linguistico distinto da altri per caratteristiche fonetico-fonologiche, morfologiche, sintattiche, lessicali e usato oggi o nel passato da un certo gruppo di individui.

Lingua, in questi termini, propri della linguistica interna, è un concetto assoluto che riposa, o dovrebbe riposare, su criteri come la mutua intelligibilità o la distanza strutturale.

Quand’è che le differenze sono tali per cui si può dire ‘sono due lingue diverse, non solo due modi diversi di parlare la stessa lingua’.

2019: metodo computazionale per valutare le differenze strutturali delle lingue usato su 5000 lingue.
Calcola la distanza e butta fuori un numero: più basso il numero più diciamo ce è la stessa lingua, e viceversa.
Lingue molto diverse (ex. italiano e giapponese) arrivano a 90 come distanza. Guardando uno studio sui dialetti nordici italiani, vediamo che sul 51 non c’è nessun oggetto linguistico, probabilmente 51 è il limite sopra al quale siamo davanti a lingue diverse (Ex. napoletano e emiliano).

Non vi è quindi una vera e propria differenza ciò che noi chiamiamo ‘lingua’ e ‘dialetto’.

L’italiano è a sè, poichè ha livelli di distanza alti rispetto ai dialetti dello studio.

Lingua: gamma di varietà intercomprensibili (oltre una certa soglia)

Quale? Quando, cioè, siamo di fronte a due lingue diverse?

italiano > lingua sovraordinata a una serie di dialetti (sociolinguisticiamente parlando)

La lingua è una gamma di varietà intercomprensibili (oltre una certa soglia)

Haugen: Dove si pone l’asticella per determinare se due oggetti linguistici sono due lingue diverse o se sono varietà? C’è il metodo della comprensione o incomprensione reciproca, ma in mezzo c’è una zona grigia di semi-comprensibilità, come giudichiamo gli oggetti che cadono in quella zona?

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15
Q

rudimenti: il dialetto:

A

Se invece si prende il punto di vista della linguistica esterna la lingua diventa un concetto relativo, relazionabile ed opposto a quello di dialetto.

La lingua, in questo senso, è un sistema linguistico sovraordinato ad altri sistemi che sono parlati nella stessa comunità e destinato, in questa comunità, almeno agli usi ‘alti’.

I sistemi subordinati sono invece in genere i dialetti. Dialetto è quindi una lingua socialmente ‘bassa’.

Il dialetto è ‘polisemico’, poichè possiede definizioni diverse a seconda della branca linguistica in cui viene analizzato:
1. in ling. (teorica) > dialetto = modo particolare di parlare (= varietà) una lingua.
2. in socioling. > dialetto = sistema linguistico a sé stante circoscritto geograficamente e socioculturalmente, subordinato a un altro sistema linguistico e quindi limitato funzionalmente

Il problema è che un’etichetta polisemica per un linguaggio specialistico come può essere per la linguistica diventa problematica, poiché potrebbe nascere la questione > **esistono dialetti di dialetti? **(ex. il bolognese è un dialetto del dialetto emiliano-romagnolo?).

Linguisticamente invece, l’emiliano romagnolo è una varietà di italiano, mentre il bolognese è un dialetto dell’emiliano romagnolo, varietà di italiano. Napoletano > dialetto del campano, campano > lingua, varietà della lingua italiana.

Ma quella di italiano è un’etichetta confusionaria.

Nello schema che mostra la ramificazione delle lingue derivanti dal latino, dal punto di visto teorico, i colori diversi sono lingue diverse.
colori più chiari > varietà del colore più scuro.

Come ogni lingua, anche un dialetto conosce variazione interna.

E sopattutto, un’altra accezione di ‘dialetto’ indentifica infatti una varietà che risulti dalla differenziazione geografica e sociale di una certa lingua per effetto della diffusione di questa in un territorio (ex. l’inglese americano, varietà alla quale, in ambito anglosassone, ci si riferisce col termine ‘dialects’).

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16
Q

rudimenti: le varietà:

A

Come termine generico per designare tutte le diverse forme in cui si realizzano le lingue si adopera varietà.

Le varietà di lingua rappresentano le diverse attualizzazioni, ognuna distinta per alcuni tratti dalle altre, in cui si manifesta concretamente il sistema della lingua nei suoi impieghi presso una comunità.

17
Q

rudimenti: comunità linguistica:

A

Per comunità linguistica si intende l’insieme di parlanti che condividono determinati aspetti relativi alla lingua: una comunità sociale che condivide caratteristiche linguistiche.

Approfondendo, se si pone l’accento sulla delimitazione geografica, la comunità linguistica è l’insieme delle persone che parlano la stessa lingua entro i confini di una nazione.

Se invece si pone l’accento sugli atteggiamenti linguistici: sono una comunità linguistica i parlanti che condividono una serie di atteggiamenti sociali nei confronti della lingua, o anche parlanti che manifestano adesione a un insieme di norme condivise, che si manifestano in tipi di comportamento valutativo nei confronti della lingua e in schemi di variazione uniformi comuni ai parlanti stessi (Labov).

Per Gumperz, la comunità linguistica è un insieme di individui caratterizzato da interazione regolare e frequente, con grosse differenze di uso linguistico rispetto ad altri sistemi; per Hymes la comunità è tale se condivide regole per interpretare il parlare.

Vi sono in sostanza criteri definitori esterni e oggettivi (entità socio- geografica, lingua) e criteri interni soggettivi (atteggiamenti, sentimenti di appartenenza e di autoidentificazione).

18
Q

un esempio di studio sociolinguistico:

A

La stratificazione sociale di /r/ (vibrante alveolare) nei centri commerciali della città di New York (Labov 1972).
Labov si era reso conto che chi viveva a New York produceva diversamente il fonema /r/ a seconda del loro strato sociale. Siamo agli albori della sociolinguistica. > le diverse pronuncia che sente, non sono come si pensava al tempo casuali, ma sono dovute a qualcosa.

vede che sulla free press (giornale gratuito, disponibile a tutti) ci saranno pubblicità per un target, sul new york times (giornale a pagamento) le pubblicità saranno per un altro target.
per intervistare persone di diversi strati sociali, guarda le pubblicità dei supermercati/centri commerciali sui vari giornali, e così capisce che i clienti saranno per Saks saranno più abbienti, per Macy’s saranno classe media e per Klein saranno meno abbienti.

  • Presenza/assenza di [r] in posizione postvocalica (car, four, fourth ecc.)
  • Se due gruppi di newyorkesi sono valutabili per stratificazione sociale, allora l’ordine sarà lo stesso del loro uso di [r]
  • Commessi di centri commerciali di Manhattan di Saks 5th Avenue; Macy’s e S. Klein.
  • Chiedere informazioni per un particolare reparto, quello situato sul fourth floor (o «Che piano è questo?») e una ripetizione della risposta.
    prima risposta del commesso = non sorvegliata, quando viene chiesto di ripeterla = il commesso scandisce meglio la risposta (risposte enfatiche).

Nota così che vi sono 4 possibili realizzazioni della /r/ in posizione postvocalica >
1° = quella che ci si aspetta da qualcuno in università
2° = schwa,
3° = [V:] > suono allungato
4° = completo dileguo, non c’è allungamento, come se il fonema non ci fosse.

Quattro realizzazioni diverse della stessa variabile > 4 varianti (concrete);

variabile = qualsiasi punto del sistema lingua (morfologicamente, fonologicamente…) che può prevedere realizzazioni diverse ma che abbiano lo stesso identico significato.

Le realizzazioni sono perfettamente equipollenti. A cosa è dovuta però la diversità delle realizzazioni?

Una volta annotate le risposte e i centri commerciali in cui sono state rilevate, i dati sono stati organizzati in grafici.

La middle class, su 125 intervistati, meno della metà produce il suono più ‘altolocato’ ([r] o [ɹ]).

seconda grafico: prima domanda e seconda domanda (in cui la risposta viene scandita, quindi ci si aspettano più [r] o [ɹ]).

I grafici ci dicono che effettivamente esiste una correlazione sociale fra l’impiego o l’assenza del fonema /r/.

Da questo esperimento deriva tutta la sociolinguistica che studieremo in questo corso.

corpora = grosse raccolte di testi (testi = anche conversazioni, fra informanti o fra informante e intervistatore) usate per studi/indagini linguistiche.

19
Q

rudimenti: il repertorio linguistico:

A

La comunità linguistica è il luogo dove si incontrano e coesistono nei fatti diverse lingue (nella definizione linguistico-interna) (Se anche esistesse una comunità parlante solo inglese, non ci sarebbe mai un’unica varietà di inglese!!!).

L’insieme delle lingue e delle varietà coesistenti in una comunità linguistica prende il nome di repertorio linguistico. In altre parole, il repertorio è l’insieme delle risorse linguistiche possedute dai membri di una comunità.

La nozione di repertorio può comunque anche essere impiegata in relazione al singolo parlante.

Noi ci occuperemo di repertori comunitari, ma in realtà la nozione di repertorio può anche essere applicata a un singolo parlante (le lingue, le varietà di lingue che conosce una persona).

Il repertorio monolingue probabilmente è solo teoria, cioè non esiste oggi (e in passato si pensa nemmeno) una persona che conosce solo una varietà di lingua.

In italia la situazione è complessa > repertori complessi.

20
Q

rudimenti: ‘alto’ e ‘basso’:

A

Le varietà non sono solo geografiche in Italia, ma anche sociali, che si sviluppano in un continuum i cui estremi sono ‘colto’ e ‘incolto’.

num 1: varietà più colta
num 11: varietà meno colta

Tale continuum si situa sull’asse diastratico della lingua, che ha cioè a che fare con la stratificazione sociale dei parlanti.

Ogni colonna corrisponde a una variabile, punti della frase che possono avere realizzazioni diverse senza cambiare significato.

variante/varietà/variazione = singola realizzazione concreta della variabile (la variabile è il covid, le varianti sono le diverse realizzazioni di covid > la variabile è il significato di ‘to know’, le varianti sono il modo in cui possiamo dirlo in italiano).
> le varianti sono semanticamente equipollenti = non cambia il significato delle frasi.
Variabile = astratta
variante = realizzazione concreta

  • Alto si usa oggi in sociolinguistica per indicare gli usi dotati di prestigio, formali, colti, standard, pubblici.
  • Il termine è opposto a basso, ma questi due poli opposti sono posti su una scala gradata, su un continuum, sul quale si passa dal polo alto al polo basso attraverso stadi intermedi e poco differenziati l’uno dall’altro, benché i poli opposti appena nominati siano chiaramente differenziati
    (esempio di continuum = il modo in cu si passa dalla frase ‘non sono affatto a conoscenza di che cosa sia stato loro detto’ > ‘so mica che cosa ci han det’o’ attraverso piccoli e marginali cambiamenti di struttura.
21
Q

esempio di continuum:

A
  1. prima variabile da sinistra = variabile della negazione di frase non marcata (secondo lo schema Berruto vi sono due variabili > ‘no’ e 0; la negazione con 0 è realizzabile sono se vi è un rafforzativo dopo.).
  2. affatto e mica = 3° variabile, sul rafforzativo della negazione
  3. che cosa, cosa, cosa che = 5° variabile; pronome neutro di interrogativa indiretta
  4. sia stato, abbiano, abbian, gli han, ci han = variabile su congiuntivo o indicativo (varianti lessicali sull’ausiliare essere o avere)
  5. loro, gli, ci = varianti della variabile della realizzazione del pronome atono 3° pp. Di solito in italiabo nei modi finiti (escluso l’imperativo) i pronomi si mettono davanti al verbo. Loro è un eccezione e va dopo il verbo. ‘Gli’ e ‘ci’ seguono la regola.
  6. detto, det’o = 8° variabile; come si realizzavano (negli anni dello studio, anni 80) nelle varietà dell’italiano le geminate (al nord > det’o). E’ una variabile di tipo fonetico.
  7. Il passaggio da una varietà all’altra (ex. da 1 a 2) è quasi impercettibile > da passiva ad attiva; abbiano > abbian (quando siamo davanti a verbi leggeri/ausiliari davanti a verbi che iniziano con consonante, è come al nord che nel parlato cada la vocale finale).
  8. Fra 5 e 6 si segna più il confine fra varietà alta/probabilmente scritta e varietà bassa/probabilmente parlata.
  9. La 11 sembra la produzione di una persona veneta e scarta molto verso il basso (‘cosa che’ è spesso introduttore di interrogative indirette in veneto).
22
Q

sociolinguistica, sincronia e diacronia:

A

La sociolinguistica si basa sull’osservazione di come si presentano le cose sotto gli occhi di chi le osserva, nella contemporaneità e fa quindi parte della linguistica sincronica.

Le situazioni sociolinguistiche del passato non sono attingibili all’osservazione e all’indagine diretta, e non possono essere studiate mediante l’analisi dei comportamenti messi concretamente in atto in una situazione reale, così come si fa comunemente in sociolinguistica.

Vi sono però tentativi di studiare indirettamente secondo una prospettiva sociolinguistica le testimonianze del passato, applicando categorie e principi sociolinguistici con cautela e le modifiche necessarie > sociolinguistica storica/diacronica, che cerca di ricostruire le condizioni sociolinguistiche di un’area in un determinato periodo storico.

23
Q

opposizioni: interna ed esterna:

A

La sociolinguistica si caratterizza anche per una serie di opposizioni fondamentali:
* linguistica interna = volta a studiare le caratteristiche strutturali della lingua.
* linguistica esterna = guarda alla lingua nei termini di tutto ciò che è esterno alla sua struttura ma rappresenta il contesto in cui essa vive.

La sociolinguistica opera prevalentemente secondo la visuale della linguistica esterna.

24
Q

opposizioni: orientalismo formale e funzionale:

A
  • formalismo: consepisce la lingua come uno strumento che riflette il pensiero e costituisce un sistema autonomo , organizzato secondo principi propri che lo distinguonoda qualunque altra capacità cognitiva umana
  • funzionalismo: concepisce la lingua essenzialmente come uno strumento di comunicazione, adattato ai bisogni degli utenti > il contesto influenza la lingua > per studiarla si preferisce vedere la lingua in uso, piuttosto che somministrare questionari da cui trarre le risposte

Per il formalismo, le forme e le strutture della lingua sono autonome, indipendenti dalla funzione; la grammatica è indipendnte dall’uso e dai parlanti e le regolo sono di carattere deduttivo.

Al contrario, peril funzionalismo le forme e le strutture della lingua sono determinate, o condizionate, dalla funzione; la grammatica e atteggiata in relazione ai caratteri e alle esigenze dell’uso e dei parlanti.

25
Q

opposizioni: micro e macro-sociolinguistica:

A
  • microsociolinguistica: è lo studio di piccoli gruppi di parlanti o di singoli individui
  • macrosociolinguistica: è lo studio di fenomeni di ogni livello su gruppi ampi di parlanti
26
Q

opposizioni: correlazionale e interpretativa:

A
  • correlazionale: si occupa delle correlazioni fra lingua e società assumendo gli aspetti o fattori sociali come variabili indipendenti, che agiscono sui fatti linguistici.
  • interpretativa/percezionale/costruttivista: pone l’accento sull’interpretazione di quello che fanno o intendono fare i parlanti.
    Secondo questa visuale, la lingua in qualche misura crea essa stessa la società.
27
Q

il repertorio italiano:

A

Il repertorio italiano (della comunità linguistica italiana nel suo complesso) è costituito dalle lingue e varieta di lingua usate dai cittadini italiani: l’italiano con le sue varietà, i dialetto italo-romanzi ciascuno con le sue varietà, le lingue e parlate minoritarie con le loro varietà (vi sono quindi presenti più di 30 sistemi linguistici diversi).

Ogni sottocomunità geografica della macrocomunità italiana ha il proprio repertorio.

Dei diversi volgari romanzi parlati in Italia sin dal Medioevo, uno di questi, il fiorentino, venne progressivamente ad acquisire prestigio fino ad essere codificato come italiano standard (prendendo a modello la varietà letteraria trecentesca, il toscano scritto della classe colta di Firenze).

I dialetti italo-romanzi hanno una certa distanza strutturale dall’italiano, non solo nel lessico e nella fonetica ma anche in morfologia e sintassi.