2) la variazione: Flashcards

1
Q

sul variare di una lingua:

A

Una lingua varia. Nel tempo, nello spazio (ex. in Germania e in Italia), a seconda di come la usano i parlanti, a seconda delle situazioni in cui essi si trovano ecc.

Per studiare tale variazione è importante il concetto di variabile sociolinguistica: l’insieme di modi diversi che si possono usare per esprimere un concetto equipollente, per «dire la stessa cosa». Ciascuno di questi modi realizza una variante della variabile. Solitamente la variabile si presenta tra parentesi tonde.

‘La variabile (gli) in < figlia >’. > filia, figlia, fija (3 varianti di una variabile). (correlazione geografica, poichè le varie varianti dipendono spesso dalla regione da cui una persona viene).

variabile della realizzazione del pronome interrogativo neutro > ‘Che cosa ne so?; Cosa ne so?; Che ne so?’ (correlazione sociale)

I concetti di equivalenza semantica e identità di struttura vale per le variabili fonetiche; le varianti devono avere identità di significato contestuale e pragmatico se prendiamo in considerazioni altri livelli, come quelli sintattici.

È questo il caso delle seguenti frasi relative:

  • ragazza della quale ho conosciuto i genitori (+ norm)
  • la ragazza di cui ho conosciuto i genitori
  • la ragazza che ho conosciuto i suoi genitori/la ragazza che ne ho conosciuto i genitori
  • la ragazza che ho conosciuto i genitori ( - norm)

Solo se 4 frasi/termini hanno significato uguale ma forma diversa, sono analizzabili sociolinguisticamente.

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2
Q

variazione lessicale/onomasiologica:

A

Variazione lessicale o meglio onomasiologica: > diversi ‘nomi’ per designare la stessa ‘cosa’.

L’identità di struttura e anche l’equipollenza semantica può essere messa in crisi da questa variazione.

ingl. lift / elevator ‘ascensore’…

Formalità e informalità nella scelta del lessico (coraggio/fegato; andare/recarsi; toilette/bagno/cesso; …)

La problematica sta nel fatto che ‘cesso’ è diatraticamente basso, quindi vi è di fatto una differenza di significato (che è contro la teoria delle varianti, che dovrebbero essere equipollenti in significato).

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3
Q

variazione semantica/semasiologica:

A

Variazione semantica o semasiologica: anche qui il rapporto in gioco è sempre forma : significato, ma a una sola forma all’interno della stessa lingua corrispondono più significati che correlano con tratti extralingusitici (ex. ‘salvietta’ per indicare due oggetti linguistici diversi a seconda della regione).

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4
Q

i ‘vernicular universals’ e il ‘prestigio coperto’:

A

Esistono tratti linguistici non solo lessicali (anche morfologici, sintattici) che sono marcati come ‘sotto la norma/sotto lo standard’, cioè ‘sub-standard’, non solo in una lingua, ma in quasi tutte le lingue.

Si chiamano ‘vernacular universals’ > non solo in italiano sono ‘bassi’ o ‘informali’, ma lo sono interlinguisticamente.

ex.
* Semplificazione di nessi consonantici: ‘psicologa’ [pisi’kɔloga]
* Regolarizzazione di paradigmi morfologici: ‘soddisfiamo’ vs ‘soddisfacciamo’ (soddisfiamo è la versione regolarizzata/semplificata, poichè viene analogata al resto della coniugazione dei verbi in ‘-are’).
* Costruzioni sintetiche: ‘la ragazza che ne conosco il padre’
* Concordanza negativa (o negazione multipla): ‘He didn’t see nothing’
* Mancanza di accordo tra soggetto e verbo: ‘C’era i fascisti e i tedeschi’

Quando i vernacular universals sono in una lingua, non sempre in quella lingua esso è una forma bassa (ex. in arabo).
Però generalmente è così.

Queste varianti richiedono tutte minore impegno cognitivo e possono emergere in contesti nei quali i parlanti possono essere meno sorvegliati e accurati. Sono ‘più naturali’. Sono marcate sociolinguisticamente (in modo in buona parte arbitrario) come sub-standard.

Il motivo per cui determinate sono considerate ‘sub-standards’ è che tali varianti richiedono tutte minore impegno cognitivo e possono emergere in contesti nei quali i parlanti non sono vincolati.

ex.
la ragazza che le do il libro = substandard > l’impegno cognitivo è minore, poiché ‘che’ > introduce subordinata, ed è quello che ci serve sapere.

la ragazza cui do il libro = standard > l’impegno cognitivo per capire quali informazioni porti ‘cui’ è maggiore (cui = pron. rel., dativo).

Cosa vuol dire che la marcatezza sociolinguistica arbitraria? Significa che non c’è niente di intrinseco o connaturato in questi elementi che li rende ‘meno buoni’ o ‘bassi’.
Non è quindi ovviamente una coincidenza che ad esempio la doppia negazione sia giudicata dalla stragrande maggioranza delle lingue come ‘bassa’, è il giudizio sociale che lo rende basso, ma non c’è nulla nella natura del tratto che lo rende tale.

È possibile che alcune varianti sub-standard godano di prestigio coperto (o nascosto): stigmatizzate apertamente dai membri della comunità, diventano prestigiose per alcuni gruppi sociali di quella stessa comunità.

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5
Q

variazione e mutamento:

A

Con variazione si intende la proprietà delle lingue di presentarsi in forme diverse nei comportamenti dei parlanti dal punto di vista sincronico.

Con mutamento, invece, si indicano i cambiamenti subiti dalle lingue nel tempo, diacronicamente.

I due concetti sono però molto legati tra loro, perché in pratica è lungo quattro fasi che si passa da occasionalismo a variazione a mutamento:
1. ‘nuova’ produzione linguistica di un parlate (occasionalismo)
2. affermazione della novità nel parlato di un parlante
3. diffusione ad altri parlanti (variazione)
4. adozione generalizzata della nuova forma (mutamento). Non sempre la variazione dà luogo al mutamento!

oadm

Possono esserci mutamenti dal basso e mutamenti dall’alto.

  1. I primi sono originati dai gradini più bassi della scala sociale nel parlato meno accurato e più spontaneo. Questi riguardano fatti di variazione di cui non c’è consapevolezza sociale o è bassa.
  2. I mutamenti dall’alto vengono perlopiù dalle classi sociali dominanti e interessano fatti di variazione per cui c’è consapevolezza sociale. Più in particolare, toccano tratti linguistici che godono di prestigio nella comunità.
    ovvero
    perchè ‘piuttosto che’ al posto di ‘o’? perchè è più lunga e quindi sembra più altolocata ( = consapevolezza sociale), nonstante sia originariamente sbagliata.

o ‘oppure’ che ad oggi significa ‘quindi/cioè’ (esplicativo), non nel suo significato originale, cioè disgiuntivo (‘ovvero’ nasce come = oppure).

Comunque sia, il mutamento avviene secondo un andamento ‘a S’.

L’andamento a S di un mutamento linguistico si può cogliere in certi casi attraverso la semplice indagine di differenze generazionali in sincronia.
Ne è un esempio la distribuzione della variabile (wh) nell’inglese del Canada.

Il diagramma raffigura le percentuali di occorrenza (y) e le otto classi di età (asse delle x).

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6
Q

società nella lingua:

A

Dal punto di vista sociale, in sociolinguistica sono importanti le variabili sociali indipendenti, cioè le classi di fenomeni e fatti sociali notevoli capaci di correlare significativamente con fatti linguistici e le varietà di lingua del parlante.

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7
Q

i mutamenti dal basso:

A

Sono mutamenti, quindi già avvenuti; li adoperiamo nel parlare, qui vediamo il confronto con ciò che trovavamo nelle grammatiche delle nostre scuole elementari e medie.

  1. averci in concorrenza con avere nel significato di ‘possedere beni materiali o presentare caratteriste psico-fisiche o morali’: ex. c’hai un euro, c’ho mal di testa.
  2. gli per loro e per le tutte le dativali:
    ex. gli ho detto di stare zitti, gli danno un regalo [a Monica]
  3. ‘Parlare che’, ‘dire che’; centrare ‘entrarci, avere a che fare’: … parla che ci sono scorie nucleari (da Radio 3); questo tema non c’entra e non deve centrare (entrarci)! c’entra > infinito sarebbe ‘entrarci’, ma poichè nel parlato non percepiamo gli apostrofi, sempre di più usiamo ‘centrare’.
  4. te (pronome pers. complemento) per tu (pronome pers. soggetto). dall’italiano di Firenze e Roma e dall’italiano centro-settentrionale.
    ex. io sto bene e te?; Sarai bravo te!; Quando te dici queste cose
  5. forme dell’italiano ‘de Roma’: cong. impf. per presente:
    ex Lo dicesse lui! (Santoro su Rai1);
    stare a+infinito per la perifr. progressiva: stavamo a giocare; che stai a dire?; ecc.
  6. forme dell’it. sett.: esclamativa parziale che+agg.: che bello!; escl. intera: che stanco che sono!; ecc.
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8
Q

un esempio di mutamento dal basso:

A

Il ‘ciclo di avere’ o ‘ci attualizzante

  • Ho la macchina / ho mangiato
  • (C’)ho la macchina / ho mangiato [+ sem./pragm.]
  • C’ho la macchina / ho mangiato [+ gramm.]

NB: Tu hai un bel dir, tu, che non ci hai passione alcuna (Lorenzo de’ Medici)

cosa è successo?’ ‘c’ho vinto la lotteria’ > ‘c’ usato in modo ausiliario ; non si usa, quindi questo è un caso (caso elicito ; senza contesto) in cui ‘c’ non è ancora entrato nell’uso.

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9
Q

quando nascono questi fenomemi nell’italiano:

A

Nessuno di questi fenomeni è del tutto nuovo nell’italiano, quasi tutti datano molto indietro rispetto agli ultimi anni (ex. Lorenzo de’ Medici….).

Sono fenomeni che corrono sottotraccia nell’italiano, poichè per molti secoli era stato solo una lingua scritta, ma che ogni tanto emergono anche nello scritto, e che poi emergono prepotentemente quando l’italiano inizia ad essere parlato in modo diffuso (cioè nell’ultimo secolo).

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10
Q

mutamenti dall’alto:

A

Forme che sono nate nel ceto alto, e che sono finite a noi.

  1. Andare a + infinito’ per il presente di attualità o futuro imminente: il latte andrà a costare un euro e 20 centesimi (giornalista su Rai1) = ha a che fare con ciò che facciamo in questo preciso istante
  2. Ellissi di introduttori di subordinata; abbiamo una subordinata senza l’introduttore di subrdinata ex. ((se) fosse per lui… ; credevo (che) iniziasse oggi). > perchè, oltre a ‘se’ o ‘che’, marca di subordinazione è il congiuntivo, che nelle lingue romanze è adoperato come modo delle subordinate.
  3. Coordinazione di preposizioni: elenco delle associazioni ‘di e per’ gli immigrati ; di e per > nello scritto sarebbe ‘/’ ; è un modo per tradurre lo slash nel parlato
  4. anglismi: non solo anglismi lessicali, ma anche morfosintattici ; ‘la seconda montagna più alta’; ‘il sesto uragano atlantico più violento della storia’ (La Stampa 27.8.2011); anche ‘di sempre’
  5. piuttosto che disgiuntivo’ > ‘diffidate da chi vi dice ‘un cucciolo di chow-chow piuttosto che un cucciolo di carlino piuttosto che un cucciolo di schnauzer’ (esperta a Radio1 7.11.2011)
  6. Il quale etc. per complemento oggetto e soggetto di relative restrittive e non;
    esistono 2 tipi di relative: la ‘relativa restrittiva’ e la ‘relativa appositiva’;
    * la relativa restrittiva è una relativa che restringe il numero di possibili referenti della sua testa (cioè della parola da cui parte la relativa).
    ex. i bambini che hanno mangiato non possono fare il bagno (il numero di bambini che non possono farlo è ristretto dalla relativa).
    * la relativa appositiva aggiunge solo una cosa alla frase a cui appartengono (sono degli aggettivi).
    ex. i bambini che non hanno ancora mangiato possono fare il bagno

‘i quali’/’il quale’ ecc. potrebbero essere usati solo per le appositive, ma oggi è frequente e non solo sul soggetto, ma anche sul complemento oggetto (‘una società la quale non abbia alla base la trascendenza, non è degna di essere vissuta’).

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11
Q

esempio di mutamento dall’alto: il ‘piuttosto che’:

A

!! = congiunzioni disgiuntive semplici: (ex. ‘o fai i compiti o non esci’ (se fai i compiti esci)) > unico caso in cui si può usare ‘o’ davanti a entrambi i membri
congiunzioni disgiuntive additive: in quel ristorante possiamo mangiare pasta o pizza (può succedere di mangiare entrambe le cose).

Il pittusto che disgiuntivo sembra volersi sedere nel posto di ‘o/oppure’ sia in significato alternativo che in significato additivo.

Il ‘piuttosto che’ disgiuntivo è un fatto di rianalisi (si sbaglia a riconoscere i confini interni di una parola) e di grammaticalizzazione;

grammaticalizzazione = elementi linguistici che hanno significato pieno/lessicale, lo perdono e ne sviluppano uno (o più) grammaticale.

piuttosto = scrittura univerbata, ma vediamo tutti che all’interno vi sono 2 parole;
più
tosto = nell’italiano ottoscentesco, ‘veloce’

significato lessicale (e quindi significato originario) di ‘piuttosto che’ = più velocemente

‘Piuttosto che’ prende il significato di ‘oppure’ se il significato è irreale, non fattuale (cioè la frase non è reale, come può essere invece reale ‘Mario guarda la tv piuttosto che studiare’).

Quando ‘piuttosto che’ viene usato come ‘invece di’, ha significato preferenziale (cioè c’è un’opzione che si preferisce rispetto all’altra ; ‘Mario guarda la tv piuttosto che studiare’).
Il significato preferenziale del ‘piuttosto che’ che intende ‘invece di’ viene meno quindi in una frase che non è reale, fattuale. ex. ‘abbiamo il galletto con le patate piuttosto che la grigliata piuttosto che le polpette…)

Da qui, il significato disgiuntivo è stato assunto anche nelle frasi reali e fattuali (> 2° grammaticalizzazione).

Una volta aperta la porta della grammatica, la parola perde il suo significato lessicale ed è potenzialmente soggetta a più grammaticalizzazioni.

Quasi mai è possibile che si torni indietro nel passo di grammaticalizzazione e che si riprenda il significato originale.

  1. 1° grammaticalizzazione: + rianalisi
    da ‘piuttosto che’ = velocemente > ‘piuttosto che’ = invece di
    A causa di impieghi che in costruzione potevano dare l’idea che si trattasse di una preferenza, invece che di una modalità di azione (cioè velocemente) (queste situazioni si chiamano ‘contesti ponte’), ha preso questo significato.

significato 1 > contesto ponte > significato 2

  1. 2° grammaticalizzazione:
    da ‘piuttosto che’ = invece di > ‘piuttosto che’ = oppure

significato 2 > contesto ponte > significato 3

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12
Q

l’errore in sociolinguistica:

A

scritta sul muro ‘Ilaria ti amo seilunica cosa al mondo che non possa fare a meno’

‘sono fortunato perché non c’è niente che ho bisogno’

‘La ragazza che gli ho dato il libro’

‘Il ragazzo che ne conosco il padre/il ragazzo che conosco suo padre’

‘Ho sentito delle cose che al limite non avevo fatto caso’

’(… dove…)’

Si tratta di errori? Secondo la crusca sì, ma dal punto di vista sociolinguistico:
tipi di errori:
* errore di comunicazione (dire ‘vino’ al posto di ‘acqua’ > crea problemi di comunicazione)
* la forma prodotta da un numero di parlanti molto piccolo e generalmente sotto la media di istruzione; sono errori che minano la possibilità di promozione sociale (almeno nel passato, ad oggi non necessariamente).
ex. esempio scritta sul muro
addirittura qui abbiamo un incrocio di registri (il ‘che’ al posto di ‘di cui’ insieme al congiuntivo ‘possa’ che non era necessario nella frase).

il che è errore? oppure non ha casi in cui si vede nella lingua di tutti i giorni? nella lingua formale no, ma nella lingua di tutti i giorni (cioè nel parlato) questo tipo di che è frequente anche in persone istruite.

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13
Q

la variabile (th) a New York:

A

La variabile ha come variante standard [θ̼] (ex. ‘with’) e come varianti substandard [t] e [tθ̼].

Le ordinate rappresentano le percentuali di occorrenza, mentre le ascisse i contesti situazionali (ex. parlato, lettura…).

Le 5 linee rappresentano i diversi strati sociali (alto = lower class, basso = upper middle class).

Si nota che c’è più variabilità linguistica nel parlato delle classi inferiori.

Una variabile come (th) che è sensibile sia alla variazione sociale che a quella situazionale è detta ‘contrassegno’.

Una variabile che rappresenta una variabile sensibile alla variazione sociale ma non alla variazione situazionale è detta ‘indicator’.

Viceversa, > ‘stereotipo’.

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14
Q

principi di equivalenza:

A

i principi esprimono le caratteristiche che devono possedere le varianti di una stessa variabile perchè di variabile sociolinguistica si possa effettivamente parlare.
1. l’uso alternativo delle varianti di una variabile non deve causare cambiamenti di significato
2. l’uso alternativo delle varianti non deve comportare cambiamenti di struttura (cioè come si scrive la parola in esame).

La nozione di variabile sociolinguistica è stata concepita inizialmente per dare conto di fenomeni di variazione a livello fonologico.

L’estensione del concetto di variabile a fenomeni di livelli d’analisi superiori porta però alla parziale riconsiderazione dei due principi; (due costrutti, se non identici strutturalmente, sono varianti di una stessa variabile se svolgono la stessa funzione grammaticale).

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15
Q

regole variabili:

A

Il comportamento di una variabile, o meglio la realizzazione di una data variante di quella variabile, può anche essere espresso mediante la formulazione di una regola, che è detta regola variabile.

La regola descrive dunque un pattern di variazione.

Le regole variabili presentano un certo umero di nodi problematici.
Ad esempio, esse erano concepite come valide per i membri di una certa comunità linguistica; anzi, secondo gli studiosi variazionisti, è proprio la condivisione di una data regola variabile a definire i confini di una certa comunità.

Tuttavia, una comunità linguistica è tipicamente eterogenea.
L’applicazione di una certa regola variabile sarà da verificare più in dettagli rispetto alle diverse comunità.

Alla rappresentazione con diagrammi cartesiani e alla formulazione di regole, tuttavia, si tende ormai a preferire un’analisi multivariata con relativa sistemazione dei dati in forma di tabella.

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16
Q

scale di implicazione:

A

Ad esempio, vediamo la tabella rappresentante il continuum post-creolo giamaicano;

sulle colonne abbiamo alcune variabili sociolinguistiche, ciascuna delle quali realizzata o con la variante inglese (+) o con la variante creola (-).

Implicazione = se la è realizzata variante inglese della variabile F (dh), allora è realizzata la variante inglese della variabile E (th); se è realizzata la variante inglese della variabile E (th), allora è realizzata la variante inglese della variabile D (child).

A garantire la validità di una scala di implicazione è sufficiente un indice di scalabilità, cioè una percentuale di celle non devianti, pari al 90%.

si parla di scale di implicazione per quanto rigurarda le vda, ma anche per quanto riguarda il processo di sviluppo delle lingue creole.

17
Q

modello di variazione laboviano:

A
  • Nel modello laboviano l’individuo, cioè il parlante nativo di quella lingua, ha competenza di una sola grammatica, che quindi contiene al suo interno la variabilità.
  • Secondo l’approccio generativista invece, la variazione è data dalla scelta fra regole diverse, ciascuna delle quali realizzata categoricamente, laddove la scelta fra regole diverse corrisponde alla scelta fra grammatiche diverse.
18
Q

principi e parametri:

A
  • principi = proprietà universali condivise da tutte le lingue del mondo
  • parametri = danno conto della variazione fra lingue diverse; ovvero, del perchè e di come lingue diverse presentino proprietà strutturali differenti
19
Q

il ‘parlato trasmesso’:

A

L’opposizione tradizionale fra modo parlato e modo scritto di uso della lingua è in realtà un continuum, dato da una zona intermedia fra parlato tipico e scritto tipico, il ‘parlato trasmesso’; esso è la lingua quotidianamente rappresentata nella televisione e in radio.

20
Q

la ‘varietà di lingua’:

A

è una varietà di lingua ogni elemento costitutivo di un repertorio linguistico di una comunità, distinta da altre varietà del repertorio sulla base di differenze.

è un termine generico per designare tutte le diverse forme in cui si realizzano le lingue si adopera varietà. Le varietà di lingua rappresentano le diverse attualizzazioni, ognuna distinta per alcuni tratti dalle altre, in cui si manifesta concretamente il sistema della lingua nei suoi impieghi presso una comunità.

Sono varietà di lingua tanto la varietà alta e la varietà bassa del repertorio (italiano e dialetto), quanto, a un secondo livello, le diverse realizzazioni di queste due lingue presso differenti classi sociali di utenti e di usi: la varietà di italiano di parlanti colti, la varietà di italiano usata nel parlato informale, la varietà di dialetto del centro urbano, la varietà di dialetto nelle campagne…

Con un’accezione più ‘stretta’, una varietà di lingua è definita da un insieme di tratti linguistici - ossia di varianti di variabili sociolinguistiche - che tendono a co-occorrere (cioè a comparire insieme) in dipendenza da certi fattori extralinguistici.

Dal punto di vista sociolinguistico, e intendendo varietà in senso stretto, una lingua è costituita da una somma di varietà; è data cioè dalla somma dei tratti linguistici comuni a tutte le sue varietà più i tratti linguistici specifici di singole varietà ( = diasistema, cioè la lingua costituita da un sistem comune e da sottosistemi parziali di singole varietà).

21
Q

architettura della lingua:

A

è una sintsesi dei rapporti che intercorrono fra le dimensioni di variazione e della gamma di varietà di lingua a cui questi danno luogo > è un continuum, cioè uno spazio di variazione che non presenta reali interruzioni al suo interno, lungo la quale si collocano varietà di lingua.