6) sociologia delle lingue: Flashcards

1
Q

cos’è la sociologia delle lingue:

A

Si occupa principalmente di indagare la posizione sociale delle lingue, principalmente osservandone status e funzione.

Lo status si riferisce agli usi cui una lingua può adempiere in una certa comunità (definito principalmente dalla legislatura).
La funzione agli usi cui effettivamente adempie.
L’italiano è la lingua nazionale italiana, e per questo funzione e status si sovrappongono.

Ex. il gaelico irlandese.
In Irlanda ci sono 2 lingue nazionali:
* l’inglese
* il gaelico irlandese

Il gaelico quindi è una lingua nazionale e viene quindi insegnato a scuola fino a un certo grado, le leggi sono scritte in quella lingua, per ogni indicazione vi è la scritta in gaelico.
Tuttavia, solo il 4% degli irlandesi parla l’irlandese, e sono poche le zone in cui è la L1.

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2
Q

gli ‘attributi’ delle lingue:

A

Per ottenere un certo status, la lingua deve avere determinate caratteristiche, dette attributi che hanno a che fare con:
1. la diffusione geografica (più la lingua è diffusa in una nazione, più aumenta il suo status)
2. i sistemi sociali e le istituzioni di riferimento
3. lo status giuridico e legale di quella lingua

Gli attributi consentono di individuare diversi tipi funzionali di lingua.

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3
Q

alcuni tipi funzionali:

A
  1. lingua pluricentrica: lingua che è lingua nazionale in più nazioni e che ha sviluppato varietà standard in parte diverse da nazione a nazione (ex. l’italiano, che in Svizzera ha sviluppato termini che in italiano esistono, ma hanno un altro significato. Oppure nascono parole in Svizzera ma che non si usano in italiano)
  2. lingua di lavoro: lingua usata in ambito ufficiale presso un determinato ente o una data organizzazione internazionale (6 nell’ONU: arabo, cinese, inglese, francese, russo, spagnolo) > scopo con cui era nato l’esperanto.
  3. lingua internazionale: adibita alla comunicazione fra Stati o istituzioni internazionali (oggi: l’inglese).
  4. lingua nazionale: lingua che è espressione di senso di appartenenza e di indentificazione nazionale della comunità che la usa (lingua come simbolo di una nazione, tipico ottocentesco)
  5. lingue (ufficiali) regionali: lingue ufficiali soltanto in alcune regioni o in alcuni territori di uno Stato (il basco in Spagna)
  6. lingue minoritarie: lingua usata da una comunità di parlanti che si trovi in una situazione di minoranza demografica all’interno di uno Stato.
  7. lingue vernacolari: lingua parlata in un paese da gruppi di parlanti nativi
  8. lingua franca: una lingua usata per la comunicazione di gruppi di parlanti nativi (cioè i parlanti di una lingua come L1) di lingue diverse (anche ‘lingue veicolare’ ; ex. le lingue del culto religioso come l’arabo per l’islam, il latino per il cattolicesimo etc.)
  9. lingue per elaborazione (ausbau-sprachen): lingua in grado di soddisfare tutte le esigenze legate ad attività socio-culturali o tecnico-scientifiche.
  10. lingue per distanziamento (abstand-sprachen): lingue che, in relazione ad un’altra, presentano caratteristiche tali da non poterla assimilare all’altra e non poterla quindi considerare un dialetto dal punto di vista teorico.

Possono esistere lingue con alto grado di Ausbau ma basso grado di Abstand rispetto alle altre varietà vicine. Un esempio è la relazione che lega tedesco e olandese: entrambe Ausbausprachen sono altamente intelligibili reciprocamente, quindi hanno basso grado di Abstand. Lo stesso vale per danese e svedese.

Il grado di Abstand tra emiliano-romagnolo e italiano è più alto o comunque simile a quello che lega italiano e francese, ma l’emiliano- romagnolo non gode di un alto grado di Ausbau.

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4
Q

cos’è una lingua pianificata:

A

lingua pianificata: lingua prima scritta e poi parlata (contrario delle lingue storico-naturali).

anche l’italiano standard ha un grado di pianificazione (ex. ciò che ha fatto Bembo). Esiste dunque un continuum dalle lingue pianificate alle lingue storico naturali più pure (quelle con meno pianificazione, come l’emiliano romagnolo).

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5
Q

il ‘dialetto’:

A

In relazione con lingua standard c’è la nozione di dialetto, un sistema linguistico subordinato a una lingua standard con cui è strettamente imparentato, in confronto alla quale ha minor diffusione areale (e demografica).
Ha storia (linguistica e non) e strutture linguistiche diverse dallo standard.

Plurali femminili:
Italiano morf. sostitutivi (donna/donne)
Lombardo morf. sottrattivo (dona/don)
Em.-Rom. sottrattivo per i sostantivi non mobili; sostitutivo per quelli mobili (gata/gati)

dove

sostantivo mobile = sost. che ha la stessa radice per maschile e femminile (ex. gatto/gatta).

re/regina, uomo/donna > sost. non mobile

Siamo in genere abituati a chiamare, nella vita di tutti i giorni ma anche in sociolinguistica, dialetto i dialetti primari d’Italia: varietà sorelle della lingua standard, con una comune origine – la madre, il latino – dalla quale si sono poi differenziate ciascuna parallelamente, già esistenti prima che lo standard fosse promosso a standard (bolognese, napoletano…).

Le varietà che si sviluppano dalla lingua comune si chiamano invece dialetti secondari; dialetti terziari quelli che si sviluppano dalla diffusione della lingua standard (questa distinzione è impervia). Nell’ambito della penisola italiana, sarebbero dialetti secondari e terziari gli italiani regionali.

dialetto secondario: varietà che si sviluppa da una lingua comune; in italia è difficile perchè la lingua comune è la lingua standard, e il processo di standardizzazione è molto lungo e diviso un po’ in 2 momenti, le due questioni della lingua (solo con la seconda si è di fronte alla lingua standard, poichè solo nella seconda vi era anche una sola nazione).

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6
Q

la griglia di Kloss:

A

E’ una griglia a 9 gradini, il più basso è 1 e il più alto è 9; i gradini ci dicono quanto è elaborata una varietà (quanto è ausbau una sprache).

Tale griglia si basa su argomenti (nel blu) e su gradi di istruzione.

Per avere anche un minimo grado di ausbau deve esserci un modo, condiviso o no (ma meglio se condivisa), di scrivere quella varietà (se la varietà non è mai stata scritta e non c’è quindi mai niente di pubblicato, essa non corrisponde nemmeno al gradino 1 dell’elaborazione).
Occorre cioè che si sia compiuto un percorso verso la standardizzazione, che avviene di solito lungo quattro fasi:
1. Selezione (di una varietà o di un approccio polinomico)
2. Codificazione (delle norme)
3. Implementazione (cioè diffusione e accettazione della norma)
4. Elaborazione (delle funzioni e dei domini di impiego della norma) SCIES
5. standardizzazione vera e propria

dove le prime 2 fasi sono fatte dai parlanti, mentre la terza fase (implementazione): eminentemente politica (ex. l’Emilia Romagna sovvenziona solo i libri scritti in emiliano romagnolo scritti in grafia polinomica, che quindi si rafforza).

cultura generale = scienze non dure (scienze dure = quelle della 3° colonna).

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7
Q

i requisiti della varietà standard: SEV:

A

La standardizzazione è il processo mediante il quale una varietà diventa standard; tale processo è strettamente legato all’elaborazione della varietà, cioè il grado di utilizzabilità di quella varietà in più campi possibili.

Oltre all’elaborazione e alla standardizzazione (cui requisito obbligatorio è che tale lingua possieda una scrittura, e quindi un sistema di realizzazione grafica ei testi), è importante anche la vitalità di una lingua.

  • La vitalità esterna (sociolinguistica) ha a che fare con gli usi della lingua nella società (particolarmente importante la trasmsissione intergenerazionale).
  • La vitalità interna ha a che fare con il mantenimento delle caratteristiche strutturali e semantico-lessicali della lingua.

Si può arrivare ad avere una lingua minacciata, o in pericolo di estinzione, o - infine - morta.

Parametri di vitalità:
1. trasmissione intergenerazionale
2. numero assoluto di parlanti
3. proporzione di parlanti rispetto alla popolazione totale della comunità
4. perdita di domini d’impiego
5. uso di nuovi domini e nuovi media
6. materiali per l’educazione linguistica e l’alfabetizzazione
7. atteggiamenti e politiche linguistiche delle istituzioni
8. atteggiamenti dei parlanti nei confronti della loro lingua
9. ammontare e qualità della documentazione sulla lingua

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8
Q

l’eteroglossia:

A

eteroglossia: comunità che parla un’altra cosa rispetto alla lingua maggioritaria in un luogo > le lingue minoritarie

eteroglossia interna: comunità che parla un’altra cosa rispetto alla lingua maggioritaria in un luogo, ma una cosa che non viene da un altro luogo (ex. lo sloveno è un’eteroglossia esterna, mentre il tabarchino è un’eteroglossia interna, poiché viene nel sardo, che è lingua protetta).

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9
Q

le lingue minoritarie:

A

Le minoranze linguistiche (o comunità alloglotte) sono quelle comunità di parlanti che praticano una lingua minoritaria (=/= dalle lingue di immigrazione). L’Italia, sul suo territorio, ne riconosce 12 con la legge 482/1999:

Tedesco e dialetti tedeschi (walser, mòcheni, cimbri ecc.); francese; sloveno; ladino; friulano; francoprovenzale; occitano; catalano; sardo; croato; grico e grecanico; albanese.

Ma sarebbero lingue minoritarie anche i dialetti zingari o molti dialetti d’Italia. Vi sono inoltre eteroglossie interne (non riconosciute): il tabarchino a Calasetta e a Carloforte; i dialetti gallo-italici del Sud, ecc.

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10
Q

diaglossia:

A

Nella maggior parte dei casi, in Europa la situazione sociolinguisitica può essere chiamata situazione diaglossica. Ovvero esistono lingue/varietà diverse che conservano ruoli sociali differenti e gerarchizzati.

frecce = esistono fenomeni di convergenza o advenrgenza fra le varietà in gioco, in particolare, da ‘base dialects’ c’è una freccia che va in su e da standard una che va in giù (> l’italiano standard tende ad avvicinarsi e a prendere in sé dei tratti tipici degli italiani regionali, e i dialetti rurali (delle precise cittadine)

convergenza: si ha quando le due varietà coinvolte si avvicinano reciprocamente
l’italiano standard tende ad avvicinarsi e a prendere in sé dei tratti tipici degli italiani regionali

advergenza: solo una varietà si avvicina all’altra, non anche l’altra (ex. se solo i dialetti si avvicinassero allo standard, ma non il contrario).

Nel cono dello schema (> la situazione in Europa) osserviamo solo fenomeni di convergenza.

  • regionaletti: la koinè della regione (dialetti usati non solo nel punto preciso come i dialetti rurali, ma in tutta la regione). Per la situazione italiana, la koinè è la stessa cosa del regioletto (la koinè del greco antico ad esempio non c’entra nulla con la Grecia di oggi).
  • regional standards: italiani regionali (ex. quello che parla il prof è italiano, regionale piemontese, il modo in cui pronuncia in modo diverso di parole, alcuni termini).
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11
Q

‘copertura’:

A

con ‘copertura’ si intende il fatto che una lingua (minoritaria), nel territorio in cui è parlata, abbia una lingua strettamente imparentata con essa quale lingua di cultura e modello normativo di riferimento; in altre parole, che abbia ‘sopra di sè’, in quel territorio, una lingua ad essa strettamente imparentata che sia usata nella scuola e nell’amministrazione statale.

La lingua sovraordinata è detta ‘lingua tetto’.

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12
Q

la lingua tetto:

A

Una determinata lingua minoritaria può avere come lingua di cultura una lingua sovraordinata e imparentata che si prende a modello (ex. il francese della valle d’aosta ha chiaramente una lingua di cultura imparentata, il francese standard.)

Se le lingue parlate in italia, come il griko, non hanno l’italiano come lingua standard sovraordinata, sono dette ‘lingue senza tetto’ (i dialetti italiani sono invece ‘con tetto’, poiché hanno l’italiano come modello di riferimento. ex. il sardo).

Si può parlare di lingua tetto solo se la copertura è sia su base socioculturale sia su base linguistica; ovvero, se la lingua socialmente e culturalmente dominante in un certo territorio è in relazione di stretta parentela genealogica con la lingua subordinata.

Vi sono ovviamente estensioni del concetto.

Nel caso di lingue minoritarie, è frequente che la copertura sia su base esclusivamente socioculturale.

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13
Q

tipologia dei repertori linguistici:

A

Repertorio: l’insieme di lingue (e delle varietà di queste lingue) disponibili a una certa comunità linguistica.

Appurato che il monolinguismo è una condizione quasi solo astratta, nel mondo si rilevano per lo più repertori plurilingui (bilingui o multilingui). Si può considerare il repertorio individuale, ma anche il repertorio sociale.

Se la regione intorno a Parigi può essere monolingue, sono plurilingui i repertori italiano e tedesco.

Repertori più complessi, sovraccarichi, si osservano invece in Camerun (Africa centrale) (con la presenza sul territorio della nazione di 14 lingue nazionali, 9 veicolari e 150 lingue indigene tribali) ma anche a Issime (con la compresenza di italiano, francese, walser, piemontese e francoprovenzale).

Le lingue dei repertori plurilingui non sono però sullo stesso piano quanto agli ambiti d’uso (detti anche domini). Alcune lingue sono obbligatoriamente o preferenzialmente usate per i domini alti, altre vengono destinate agli usi medi o bassi.

Molti repertori presentano una stratificazione delle lingue per diversi livelli sociali, determinati dal prestigio di cui la lingua fruisce.

A = gradino riservato alle lingue degli usi alti
B = gradino riservato alle lingue degli usi bassi

Un repertorio può poi essere comunitario o individuale.

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14
Q

tipologia dei repertori linguistici: tipi di repertori bilingui:

A

Tipi di bilinguismo (tipi di repertori bilingui, in cui vi è compresenza di 2 o più lingue):
* endogeno (o endocomunitario) > quando la compresenza di più lingue è dovuta alla tradizione
* esogeno (o esocomunitario) > quando la compresenza di più lingue nella comunità è dovuta alle immigrazioni
.
* monocomunitario(ex. Valle d’Aosta, Lussemburgo) > bilinguismo che si osserva in quelle comunità che hanno in media 2 lingue a persona
* bicomunitario (Alto Adige)> bilinguismo che si osserva in quei luoghi in cui sono presenti 2 comunità, una che parla come lingua madre il tedesco e l’altra che parla l’italiano.
.
* bilinguismo di diritto > quello scritto nella legge (ex. in Svizzera, in Irlanda)
* bilinguismo di fatto > quello osservato in Italia, con i dialetti italo-romanzi.
E’ bilinguismo di diritto osservando però solo la Sardegna, poiché il sardo è nella legge 4182 (?).
il bilinguismo di diritto solitamente implica quello di fatto, ma non viceversa

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15
Q

tipologia dei repertori linguistii: tipi funzionali di repertorio:

A
  • Nel bilinguismo sociale vi sono due lingue (per elaborazione e per distanziamento) non differenziate funzionalmente, NON gerarchizzate in alcun modo
    ex.
    Montreal
    A. francese/inlgese
    B. francese/inglese
    le lingue sono equipollenti (per questo nessuna ha la maiuscola), non sono gerarchizzate in domini bassi e alti.
  • Nella diglossia (!! = diverso da ‘diaglossia’) le due lingue presenti sul territorio sono relativamente lontane sul piano strutturale (sono Abstandsprachen), ma solo 1 è Ausbausprache. Solo quest’ultima ha prestigiosa tradizione letteraria, viene appresa durante la scolarizzazione (e quindi non durante la socializzazione primaria), usata esclusivamente nel parlato formale, con l’altra relegata agli usi informali.
    ex.
    Sardegna
    A. italiano (standard)
    B. sardo (Almeno fino a inizio ‘900)
    ex. 2
    Svizzera tedesca
    A. tedesco standard
    B. Schwyzertütsch
  • Nella dilalia pur essendo indubbia la differenziazione delle lingue in gioco la varietà alta può essere usata senza problemi anche nella conversazione informale
    Emilia Romagna
    A. italiano (standard)
    B. italiano/emiliano-romagnolo
  • nel bidialettismo (polidialettismo o dialettia sociale) coesistono del repertorio due varietà della stessa lingua (non due lingue diverse).
    Possono essere impiegate anche negli stessi domini pur essendo gerarchizzate (al contrario del bilinguismo sociale), con la varietà bassa generalmente usata nella conversazione ordinaria, senza essere soggetta a tentativi di promozione a varietà alta.
    ex.
    Toscana
    A. italiano standard/toscano
    B. italiano standard/TOSCANO
    ex. 2
    Inghilterra
    A. inglese oxfordiano, varietà locale di inglese
    B. inglese oxfordiano, varietà locale di inglese
  • Nella diacrolettìa si ha un repertorio simile alla dilalia, con la varietà alta e quella bassa usate insieme solo negli usi alti, e la varietà locale che resta la lingua più appropriata per gli usi informali.
    ex.
    Galizia
    A. spagnolo e galiziano
    B. galiziano
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16
Q

le variabili:

A

Qualunque fattore dotato di rilevanza sociale e qualunque variabile sociale possono riflettersi sulla lingua.

Le variabili sociali non vanno confuse con la nozione di variabile sociolinguistica come unità minima della variazione.

Le principal variabili sociali sono:
1. la stratificazione sociale
2. appartenenza di gruppo sociale
3. età
4. sesso e genere
5. collocazione spaziale
6. luogo di abitazione e provenienza.

E’ diventato un potenziale fattore di differenze linguistiche anche il fatto di essere utenti del web, a sua volta interconnesso con molte delle variabili sociali indipendenti che esamineremo.

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17
Q

variabili: la stratificazione sociale:

A

La differenziazione tradizionale in classe come alta borghesia, piccola borghesia, ceto operaio, proletariato… ha perso consistenza, con un generale rimescolamento della popolazione.

Fra i fattori per definire la posizione dei parlanti nella stratificazione sociale che possono essere presi in considerazione, i principali sono di tre tipi.
* criteri economici (ex. le sfere di occupazione)
* criteri educativi (ex. il grado di istruzione)
* criteri antropologico-culturali (ex. l’appartenere a un gruppo etnico)

Le varietà di una lingua sviluppate da parlanti non nativi di quella lingua vengono solitamente designate con il termine di ‘interlingue’.

Un insieme di interlingue individuali di immigrati di comune origine può essere ritenuta una varietà etnica quando abbia caratteristiche linguistiche particolari che rivelino un legame con un determinato gruppo che la utilizza regolarmente e vi si riconosce.

18
Q

‘gruppo sociale’ e ‘socioletti’:

A

gruppo sociale’ è una nozione meno problematica di quella di ‘classe sociale’, ma spesso generica e a volte vaga.

Presuppone solitamente un comune stanziamento territoriale, quindi concrete possibilità di interazioni fra gli individui, e implica una condivisione di esperienze, valori e aspettative, nonchè l’esistenza di norme esplicite e implicite di comportamento.

Varietà di lingua che siano espressione di un particolare gruppo sociale si possono chiamare ‘socioletti’ (ex. i gerghi).

Il comportamento linguistico dei parlanti può cambiare, anche molto sensibilmente a seconda che ci si rivolga a membri del gruppo di appartenenza e a persone esterne al gruppo (modello di comportamento ‘in-group’ opposto al modello ‘out-group’).

19
Q

gerghi:

A

Un caso tipico di varietà di gruppo e sottocodice è dato dai ‘gerghi’. = linguaggio formato su trasformazioni convenzionali delle parole di una lingua o di uno o più dialetti, con inserzioni di elementi lessicali esotici o di nuovo conio (ex. il ‘verlan’).

Solitamente la sintassi è quella della lingua ospite, cioè la lingua su cui il gergo si innesta.

Non vanno confusi i gerghi con i linguaggi settoriali, ricchi di una terminologia più o meno specifica e usati in ambienti o da categorie sociali particolari.

20
Q

fattori demografici: età:

A

tempo apparente: studio del comportamento simultaneo, in sincronia, delle diverse fasce generazionali, come in un certo modo corrispondente all’evoluzione lungo l’asse del tempo, in diacronia (tempo reale) del fenomeno studiato.

gruppo dei pari = è prevalentemente usato in relazione agli adolescenti.
In sociolinguistica, sembra dimostrato che il modello costituito dagli usi linguistici dei pari prevalga su quello della famiglia e dei genitori, nell’influenzare il comportamento linguistico in età adolescenziale e postadolescenziale.

Esiste una lingua dei giovani, una varietà caratterizzata non solo dalla classe di età dei parlanti, ma anche dall’appartenenza di questi a uno specifico gruppo sociale e dalla situazione comunicativa in cui tipicamente viene impiegata.

Non si riesce invece a parlare di una varietà di lingua propria degli anziani.

21
Q

usi linguistici di uomini e donne:

A
  • le donne risultano, in generale e a parità di altre condizioni, più sensibili degli uomini al modello di prestigio e più attente ad evitare forme stigmatizzate; tendono quindi ad usare più degli uomini varianti alte e meno degli uomini varianti basse.

paradosso di genere:
quando si hanno variabili sociolinguistiche ‘stabili’, gli uomini usano più forme instabili che non le donne (quindi le donne sono, come abbiamo accennato, più sensibili alle forme di prestigio).
Dall’altro lato, nel caso di mutamenti dall’alto le donne li accolgono più degli uomini, nel caso di mutamenti dal basso spesso sono le donne a essere innovatrici.
> le donne mostrano meno deviazioni dalla norma linguistica quando le deviazioni sono apertamente censurate, mentre deviano più degli uomini quando le innovazioni non sono censurate.

uindi

22
Q

il ‘punto linguistico’:

A

è l’unità minima socio-geograficamente rilevante dal punto di vista della geografia linguistica e della sociolinguistica.

23
Q

i fenomeni di decadimento di lingua:

A
  • language attrition: riduzione di competenza
  • perdita di lingua: si hanno così dei ‘semiparlanti’ della lingua, che la possiedono solo parzialmente e la utilizzano per frammenti
24
Q

language crossing:

A

è l’impiego occasionale da parte di un parlante di una varietà di lingua ‘altra’, non facente parte del suo repertorio consuetudinario.

Il fenomeno è comune in Italia (ex. un ragazzo milanese che imita la pronuncia napolenata parlando di canzoni napoletane).

25
Q

superdiversità:

A

l’enorme ammontare di diversità socioculturali e linguistiche che si ha oggi in molti ambienti urbani e che dà luogo a pratiche comunicative innovative e formazione di nuove varietà continuamente notevoli.

26
Q

polylanguaging:

A

l’uso nel discorso da parte dei parlanti di forme o tratti provenienti da più lingue diverse anche quando di queste lingue i parlanti non hanno effettiva padronanza, ma conosconolo solo alcune espressioni (il concetto si oppone a quello di ‘multilinguismo’, che implica l’effettiva competenza di più sistemi linguistici).

polylanguaging = uso nel discorso di più lingue diverse, anche senza conoscerle
language crossing = non uso in un discorso, ma uso molto occasionale

27
Q

fattori situazionali:

A
  • accomodamento: il processo mediante il quale i partecipanti a un’interazione verbale adattano vari aspetti della loro produzione linguistica modificandola sotto l’influenza di parlare degli interlocutori

i fattori che intervengono nel costruire una situazione comunicativa sono:
* campo = attività svolta nella situazione e dall’insieme delle esperienze, delle azioni e degli argomenti in essa compresi.
* tenore = i ruoli sociali e comunicativi reciproci assunti e messi in atto dai partecipanti all’interazione comunicativa
* modo = il mezzo o canale fisico

il dominio:
* il dominio è la costellazione di situazioni sociali riferite a una medesima sfera di esperienza e di attività (ex. la famiglia, la scuola, il lavoro, la politica, il turismo…)
tipo interessante è il Netspeak, cioè la varietà di lingua tipica della comunicazione nel web.

28
Q

il prestigio e lo stigma:

A
  • prestigio = la valutazione sociale positiva
  • stigma = contrario di ‘prestigio’ ; la sanzione sociale negativa
29
Q

rete sociale:

A

il correttivo e integrazione, se non come sostituto, della stratificazione per classi sociali (come si è detto, spesso difficilmente maneggiabili).

Proprietà strutturali importanti di una rete sociale sono la ‘densità’ e la ‘molteplicità’.

  • La densità è data dalla quantità di legami diretti effettivi in rapporto alla quantità totale di legami diretti possibili.
  • La molteplicità è invece data dalla quantità di legami multipli in rapporto alla quantità totale di legami.

Reti a maglie strette (dense e molteplici) sono in genere conservative, reti a maglie larghe (poco dense e poco molteplici) innovative.

30
Q

comunità di pratica:

A

= gruppo di individui che si trovano a svolgere assieme una particolare attività con un determinato scopo, in quanto condividono un mestiere, una professione o un’occupazione, o sono impegnati insieme a raggiungere un obiettivo (ex. una classe scolastica, una squadra di calcio…)

31
Q

lo ‘stile’:

A

è un insieme di preferenze e scelte nella gamma delle risorse linguistiche a disposizione nello spazio linguistico individuale (ma il termine ‘stile’ è in realtà polisemico).

In linea di massima, viene contrapposto al concetto di ‘varietà’, che non è incentrata sul parlante quanto sul sistema linguistico.

32
Q

essenzialismo e costruttivismo:

A
  • essenzialismo/funzionalismo: presuppone che le categorie della struttura sociale esistano di per sè, prima dei e indipendentemente dai parlanti e dal loro ‘lavoro’ di rappresentazione e costruzione di identità, e si riflettano nella lingua e nella struttura dei comportamenti linguistici.
    La società non crea la lingua, ma la influenza molto.
  • costruttivismo: la struttura sociale è creata e mantenuta dalla lingua (la lingua crea la società)
  • decostruzionismo: mostra la fallacia di nozioni formatesi secondo categorizzazioni astratte, ogni validità su concetti classici della sociolingustica: le lingue tradizionalmente riconosciute (italiano, inglese…) non sarebbero altro che artefatti socioculturali fortemente condizionati dall’ideologia che li ha prodotti. > la società crea la lingua.

+ formalismo: la lingua esiste indipendentemente dalla società in cui si sviluppa

33
Q

codice elaborato e codice ristretto:

A
  • elaborato: basato su una collocazione personale dell’individuo nella società e propria del ceto medio
  • ristretto: basato su una collocazione posizionale e propria dei ceti bassi
34
Q

il valore economico delle lingue:

A

una persona che deteiene certe competenze è ipso dicto più produttiva che se non le avesse.
Sapere una lingua significa saper fare qualcosa, percui essa costituisce un valore, una risorsa misurabile economicamente.

Ex. in Svizzera sapere l’inglese o una delle due lingue nazionali diversa dalla propria portano a un tasso di remunerazione più alto sul mecato del lavoro.

35
Q

lo standard:

A

una lingua standard è una lingua che ha una varietà standard, dove con varietà standard si intende una varietà di lingua che dispone di una norma esplicitamente codificata e che vale come modello di riferimento riconosciuto per l’uso corretto della lingua.

La varietà standard di una lingua ha infatti anche un importante valore simbolico, di identificazione unitaria.

Alcuni attributi che consentono di definire la nozione di standard sono:
* codificato
* sovraregionale
* elaborato (adatto cioè a tutti gli usi e a tutti i domini di impiego di una lingua)
* di prestigio
* invariante (lo standard è uniforme, non prevede la scelta di regole diverse da quelle codificate normativamente, non conosce variazione interna)
* stabile e al tempo stesso flessibile (ciò che è standard in una data lingua è fissato stabilmente in sincronia ma può essere soggetto a cambiamenti in diacronia)
* scritto (esiste principalmente in forma scritta ; in alcune realtà addirittura non esiste uno standard ufficiale per il parlato. ex le due varietà di standard scritto norvegese)

36
Q

il contatto linguistico:

A

la compresenza di due o più lingue nel repertorio linguistico di una comunità o di un individuo, o in un certo territorio, dà luogo a una situazione di ‘contatto linguistico’;
due lingue sono in contatto quando sono padroneggiate entrambe in qualche misura da uno o più parlanti e quando le loro strutture sono esposte all’azione dell’una sull’altra.

  • contatto orizzontale: quando le lingue sono comparabili sul piano del prestigio e dell’importanza socioeconomica e culturale
  • contatto verticale: quando una delle due lingue ha prestigio maggiore ed è socio-economicamente e culturalmente dominante rispetto all’altra o alle altre

il contatto può poi essere duraturo o circoscritto a un tempo limitato.

il contatto fra una lingua fonte e una lingua ricevente porta a innovazioni quali calchi strutturali, prestiti, interferenze, commutazioni di codice (ex. alternanza di codice, code-mixing, ibridismi).

Vi è un dibattito sulla possibilità di riconoscere universalmente punti strutturali in cui può verificarsi il passaggio da una lingua a un’altra e punti in cui questo non è ammesso.

Una teoria è che nel contatto fra più lingue una di queste (lingua matrice) determini sempre la strutturazione linguistica del messaggio.

Nel caso della commutazione di codice il passaggio da una lingua all’altra non è obbligatorio, ma una scelta.

Quando l’uso di entrambe le lingue diventa obbligatorio > fused lect

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Q

lingue di contatto:

A
  • lingue miste: si dividono in un caso in cui la grammatica proviene da una lingua e il lessico in generale dall’altra, e il caso in cui le due lingue di partenza contribuiscono netrambe sia a una che all’altro (ex. la media lengua in Ecuador, la cui grammatica deriva dal quechua e il lessico dallo spagnolo).
  • pidgin: nasce per adempiere alla comunicazione fra gruppi di parlanti con due lingue materne diverse (ex. in situazioni coloniali o migratorie), e funziona quindi da lingua franca. E’ un sistema semplificato, non ha parlanti nativi (ex. il Tok Pisin in Papa Nuoa Guinea)
  • creolo: un pidgin può diventare lingua creola quando assume parlanti nativi e grammatica e lessico diventano più elaborati (l’haitiano).

L’esito estremo del contatto linguistico è la morte di una lingua, in cui una perde progressivamente domini e fasce di impiego.

Tale processo è detto anche ‘sostituzione di lingua’, che porta quindi a una competenza via via ridotta (decadimento linguistico).

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Q

la koinè:

A

i processi di koineizzazione sono caratterizzati da convergenza orizzontale; questi avvengono tipicamente o tra varietà diverse di una lingua di immigrazione in centri abitati di rapida urbanizzazione o in città di nuova formazione.

La fase iniziale è caratterizzata dalla mescolanza caotica di tratti linguistici provenienti da varietà differenti, a cui segue una fase di livellamento.

Un processo di koineizzazione può anche sfociare nell’emergenza di una ‘nuova’ varietà di lingua, costituita da tratti linguistici di più varietà; > koinè.

Un esempio è il Ticino, dove la comunicazione tra parlanti di dialetti ticinesi diversi si caratterizza per la rinuncia a tratti vernicolari più marcati.

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Q

pianificazione linguistica:

A

La posizione sociale di una lingua può essere soggetta a interventi programmati volti a modificare i rapporti gerarchici fra le lingue compresenti in un territorio.

ex.
la rivitalizzazione di lingua.

dal punto di vista operativo, le operazioni di pianificazione sono:
1. il corpus planning (interviene sulla forma interna)
2. lo status planning (consiste nella regolamentazione normativa dei diritti linguistici di una popolazione, e quindi nella promozione sociale di quella lingua)

La pianificazione linguistica può anche mirare alla riduzione del plurilinguismo, irrobustendo la capacità di penetrazione di una lingua dominante, o più in generale promuovendo la diffusione di una lingua a scapito di un’altra.

Ex. in Tibet, dopo l’integrazione del paese alla Repubblica Popolare Cinese come regione autonoma della Cina sono state messe in atto iniziative per la propagazione del cinese a scapito del tibetano, pur entrambe lingue ufficiali della regione.

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Q

il paesaggio linguistico:

A

l’analisi del paesaggio linguistico consiste nella presenza visuale, visivamente coglibile, delle lingue nella società e nel paesaggio di un dato territorio: in scritte, insegne, avvisi, cartelli indicatori, nei manifesti e nelle pubblicità