PANGEA Flashcards
Cosa è Pangea
Nasce nel 2002 come Onlus ed è una organizzazione indipendente che lavora e agisce per far
rispettare e sviluppare i diritti umani in Italia e nel mondo. Si è sempre impegnata per l’avanzamento
dei diritti delle Donne e della Pace nel mondo al fine di promuovere donne che provengono da zone
di conflitto a crescere nel loro attivismo per le altre donne e per promuovere la Pace e la sicurezza
nei loro Paesi. Inoltre, Pangea lavora per il sostegno delle donne nelle zone di conflitto, per sostenere
il loro processo di empowerment e di uscita anche dalla condizione di vittime di violenza che
purtroppo aumenta nei momenti di conflitto.
PARTE 1 - la risoluzione 1325
Parte 1
La risoluzione 1325 approvata il 31 ottobre 2000 riconosce il ruolo delle donne prima e dopo i conflitti.
* effetto sproporzionato dei conflitti sulle donne
* il coinvolgimento delle donne è fondamentale per prevenire, risolvere e nel processo di pace
* adottare misure speciali per proteggere le donne da forme di violenza - fornisce una
piattaforma per la società civile per chiedere responsabilità ai propri governi
Introduzione
È più facile includere ed ascoltare donne che appartengono a una élite ben formata rispetto a coloro
che vengono da percorsi impervi. Purtroppo, le donne delle élite non sempre hanno un interesse
attivo.
L’aumento delle migrazioni e linguaggi d’odio hanno reso più difficoltosa l’applicazione della
risoluzione ONU.
Gli stati devono prioritariamente: prevenire e contrastare le violazioni più basiche della vita e dei
diritti umani, come il diritto all’integrità psico fisica e facilitare i percorsi di mediazione e integrazione
interculturale.
Le donne devono assumere una prospettiva di genere interculturale, favorire l’incontro tra donne
diverse per raggiungere gli obiettivi comuni di tutela dei diritti umani e del conseguimento della
risoluzione 1325.
Il collegamento della risoluzione 1325 e seguenti con il quadro normativo onusiano (RELATIVO O APPARTENENTE ALL’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE) dei diritti
umani è fondamentale essere accolte da persone sensibili e formate ad una accoglienza
interculturale di genere, ovvero non neutra, perché il portato di una donna differisce da quella di un
uomo. Inoltre, dovrebbero avere anche la possibilità di conoscere la cultura del Paese ospitante, i
servizi di cui dispone, diritti e doveri.
Quali sono i temi emergenti dell’agenda Donne Pace e Sicurezza?
I temi emergenti dell’agenda Donne Pace e Sicurezza
* Tratta di esseri umani
* Estremismo violento e terrorismo
* Aumento del numero di rifugiati e di sfollati interni
* L’impatto del cambiamento climatico
* Pandemie sanitarie
* Importante impegno di uomini e ragazzi
La sorellanza per la Pace, reti di solidarietà nel mondo delle donne passando dai bisogni e le
aspirazioni quotidiane ai documenti internazionali che dovrebbero tutelarli
Donne vittime possono diventare soggetti attivi, grazie soprattutto al loro portato di esperienze. Allo
stesso tempo lo stato deve coinvolgere e deve limitare il suo contributo ai conflitti, limitando cioè la
vendita di armi. Dare strumenti di formazione e inclusione alle donne.
Cosa chiede Pangea?
- Lo sviluppo di servizi per i/le richiedenti asilo, che offrano un supporto sensibile al genere di
appartenenza e che soddisfino le loro particolari esigenze. - Formazione sulle cause e le conseguenze della violenza basata sul genere in un’ottica
interculturale e sul traffico delle persone e lo sfruttamento sessuale e lavorativo a: - operatori dell’accoglienza
- richiedenti asilo e rifugiati
- operatori sanitari
- L’attuazione dell’art. 60 della Convenzione di Istanbul, in particolare favorire in tutta Italia la
possibilità di fare richiesta d’asilo a causa della violenza basata sul genere subita per
determinare lo status di rifugiata. - L’attuazione dell’art. 61: obbligo di rispettare il principio di non-respingimento delle vittime di
violenza basata sul genere che potrebbero essere oggetto di persecuzione in caso di
rimpatrio. - Un intervento incisivo che prevenga i discorsi e i linguaggi dell’odio, che colpiscono
sproporzionatamente le donne. - Fare valutazioni complete e trasparenti dell’impatto che l’abuso di armi leggere e di piccolo
calibro, che l’Italia esporta, ha sulle donne.
Mappatura dei servizi di accoglienza per donne rifugiate e richiedenti asilo
COSA È LO SPRAR E QUALE METODOLOGIA
Mappatura dei servizi di accoglienza per donne rifugiate e richiedenti asilo, le migliori
pratiche e i bisogni formativi degli e delle operatrici nella regione Toscana (nb. segue in Parte
2)
Cos’è uno SPRAR, il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati
Premessa alla ricerca: uno sguardo d’insieme
Il presente lavoro di mappatura mira a fornire dei dati e degli strumenti di analisi su come donne
rifugiate e richiedenti asilo vengono accolte nel nostro paese, sulla capacità degli operatori del
sistema di accoglienza di coglierne le vulnerabilità e supportarle nel modo migliore. La ricerca mira
al raggiungimento di una raccolta dati disaggregata per genere sul sistema Sprar. Perché la
Toscana: da sempre una regione più sensibile ai temi dell’immigrazione, negli ultimi anni ha
registrato cambiamenti nelle amministrazioni comunali che si ripercuotono sull’offerta di servizi ai
rifugiati e richiedenti asilo (che sono peggiorati). Dato che non è la prima regione per numero di
accolti permette uno studio in profondità.
Metodologia
Interviste quantitative per la raccolta dati rispetto agli Sprar (quante donne). Interviste qualitative a
operatori per individuare le problematiche interne. Studio guarda solo a Sprar con maggioranza di
donne perché le cooperative che li gestiscono ne gestiscono anche con presenza di maschi e perché
in quelli dove ci sono solo le donne si manifestano i problemi con più forza.
Parte 2
Contesto e quadro normativo
L’Italia ha registrato un incremento nei flussi migratori via mare dal 2011 al 2017, dovuto alle
primavere arabe e alla situazione di incertezza nel Nord Africa, oltre che alla crisi siriana. Dall’estate
del 2017 in poi, a seguito degli accordi tra l’allora Ministro degli Interni Minniti con la Libia, si è
verificata una diminuzione degli arrivi in Italia che continua tuttora.
Il numero dei posti nel sistema Sprar appare ancora inadeguato alla richiesta Nel 2016 solo il 15%
dei richiedenti asilo in Italia era riuscito ad accedere al sistema Sprar.
Il Decreto Sicurezza (Decreto Legge n.113/2018) ha modificato il sistema Sprar, trasformandolo in
Siproimi- Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non
accompagnati. L’articolo 12 del Decreto Sicurezza è quello che di fatto ridisegna il sistema di
protezione
per richiedenti asilo e rifugiati. Con la nuova legge, i Comuni potranno accogliere solo minori non
accompagnati e titolari di protezione internazionale, cui si affiancano i titolari di permesso di
soggiorno “speciali” per motivi umanitari. I richiedenti asilo che già stanno beneficiando dello Sprar
potranno usufruirne fino alla scadenza del progetto in corso, già finanziato. Gli altri potranno essere
accolti solamente nei CAS, oltre che nella prima accoglienza. Ad oggi, oltre il 70% delle persone che
hanno presentato la richiesta di protezione è ancora ospitato nei CAS. I rapporti tra i due circuiti
sono importanti e i cambiamenti al sistema dei CAS introdotti dal Decreto Sicurezza hanno avuto
conseguenze anche sul sistema Sprar.
Un’altra importante conseguenza del Decreto Sicurezza sull’accoglienza nel sistema Sprar è stata
l’abolizione della protezione umanitaria che è stata sostituita dalla “protezione speciale” per motivi
poco prevedibili che rientrano nello status di rifugiato e nella protezione sussidiaria, permesso che
comunque non dà diritto all’accoglienza. Il permesso per casi speciali lascia prive di tutele le donne
con bambini che hanno subito torture e detenzione in Libia, oltre a chi non vedrebbe garantita la
propria dignità umana nei propri paesi di origine. Ciò implica lasciare fuori dall’accoglienza una
grande fetta di popolazione migrante e spingerla nella clandestinità e nella marginalità sociale. I
detentori di protezione umanitaria rappresentano infatti il 30% delle presenze all’interno del sistema
di accoglienza italiano e il 42,5% di quelle nei progetti Sprar, cifra che rende l’idea dello
stravolgimento operato dal Decreto Sicurezza.
Le donne nel sistema Sprar
Le donne rappresentano il 52% della popolazione straniera residente in Italia e il 13,3% delle
persone che arrivano sulle nostre coste. La presenza delle donne nel sistema Sprar è andata
aumentando dal 2016. Gli attori dell’accoglienza e dei servizi anti-tratta descrivono l’aumento
dell’utenza nigeriana femminile un flusso ormai inarrestabile. Le donne che vengono inserite nei
progetti di accoglienza Sprar sono giovanissime. (solo il 5,1% aveva più di 40 anni).
L’alta incidenza di richiedenti asilo e permessi per protezione umanitaria tra le donne, risultano di
estrema importanza se si considera che il Decreto Sicurezza elimina il permesso di soggiorno per
motivi umanitari, oltre ad escludere dalla seconda accoglienza e richiedenti asilo. Il permesso per
“casi speciali”, che per molte donne ha sostituito quello umanitario, ha durata di un solo anno e
permette l’accesso ai servizi assistenziali, allo studio o al lavoro subordinato e autonomo, fatti salvi
i requisiti minimi di età.
Alla scadenza, questo permesso di soggiorno può essere solamente convertito in permesso di
soggiorno per motivi di lavoro, sia subordinato che autonomo, o per motivi di studio, ma non può
essere rinnovato.
Per le donne vittime di tratta risulta ancora più problematico. Sebbene il loro status sia regolato
dall’articolo 18 comma 3 bis D.Lgs. 286/98, la crescita esponenziale delle donne vittime di tratta in
arrivo in Italia, ha fatto sì che molte di loro si inseriscono nel flusso dei richiedenti asilo e protezione
internazionale, con un conseguente intersecarsi dei due fenomeni.
Molte di queste donne avevano quindi potuto usufruire della protezione umanitaria, che, a differenza
del permesso per casi speciali, aveva durata variabile dai sei mesi ai due anni e poteva essere poi
rinnovato. In seguito al Decreto Sicurezza, molte giovani donne vittime di tratta, detentrici della
protezione umanitaria, non avevano più diritto a rimanere nei CAS e ad accedere al sistema Sprar.
Infine, la riduzione del tempo di permanenza nei progetti Sprar da un anno a sei mesi ha
ulteriormente indebolito la possibilità di potersi integrare nella società italiana con gli strumenti
necessari e la capacità di poter vivere autonomamente in un sistema sempre più discriminante.
(multipla discriminazione per il fatto di essere donne, migranti e povere. Per le donne nigeriane si
aggiunge inoltre lo stigma della prostituzione.)
Mappatura della seconda accoglienza in Toscana
La seconda accoglienza in Toscana ha mostrato un sistema di gestione molto complicato per chi vi
si approccia per la prima volta. Difficile capire chi sia l’ente e la persona responsabile per ogni
progetto, con la conseguenza che
l’individuazione dei vari responsabili e i relativi contatti ha rappresentato una parte consistente della
prima parte della ricerca. Vi è scarsa presenza di donne nei progetti Sprar, solamente 17 progetti
accolgono donne e un solo progetto è esclusivamente riservato a donne.
L’accoglienza delle donne è molto più impegnativa rispetto a quella degli uomini singoli, sia nella
fase della permanenza nello Sprar sia per quella successiva di inserimento lavorativo. Soprattutto
per i nuclei familiari, l’ente locale è cosciente che dovrà fornire una serie di servizi quali asili nido,
assistenza sociale, assistenza medica e case popolari in una fase successiva, che non sono
necessari nel caso di uomini singoli. Si registrano tuttavia alcuni casi in controtendenza. Emerge
quindi una prima differenza tra comuni popolosi con servizi sovraccarichi e comuni piccoli con una
popolazione in calo. Le donne ospitate negli Sprar quelle nigeriane rappresentano il 41,5% del totale,
in prevalenza provenienti dalla tratta.
In generale, tutti gli operatori sono d’accordo che l’abolizione della protezione umanitaria ha creato
molto disagio sociale e aumentato la clandestinità, considerando che chi non ha il permesso di
soggiorno non ha neanche accesso ad un dormitorio, e finisce dunque a dormire per strada.
L’incertezza e il senso di precarietà degli operatori/operatrici riguardano anche la potenziale perdita
del loro posto di lavoro. La riduzione dei posti di lavoro è già un dato di fatto per quelle cooperative
che gestiscono anche i CAS, la cui chiusura annunciata continua ad essere rimandata.
Inoltre, la situazione socio-politica del paese rende l’integrazione dei beneficiari sempre più difficile.
Problematiche delle donne beneficiarie
La maggioranza delle donne accolte negli Sprar visitati proviene dalla Nigeria, presentano tutte
violenza stratificata e elementi molto simili tra loro. La riduzione del tempo di permanenza negli Sprar
a sei mesi non aiuta affatto a creare un rapporto di fiducia tra le operatrici e queste donne così
segnate dalle esperienze terribili che hanno vissuto. Ci sono molte organizzazioni specializzate in
tratta, ma non vi è nessun obbligo per l’ente attuatore di riferire le beneficiarie a tali strutture, né per
legge è richiesto che nell’equipe vi sia una figura professionale specializzata in tratta. Tuttavia, tutti
i soggetti intervistati che ospitano donne provenienti dalla tratta, si sono attivati con associazioni
specializzate. La tratta e tutti i problemi legati ad essa sembrano quindi assumere un’importanza
prioritaria nel lavoro con le beneficiarie dei progetti Sprar, proprio per i cambiamenti menzionati nella
provenienza delle beneficiarie e nella prevalenza di donne sole nigeriane. A questi cambiamenti non
sembra però aver fatto seguito un adeguamento della formazione e delle
competenze delle operatrici, che ammettono di sentirsi spesso inadeguate di fronte a situazioni così
complesse.
Problematiche specifiche all’appartenenza di genere rilevate
Per quanto riguarda i nuclei familiari, le problematiche che emergono con maggior forza sono la
violenza domestica e, soprattutto, i ruoli familiari che identificano le donne come mogli e madri e
sono da ostacolo ad un processo di autonomia e integrazione (casi di violenza domestica si segue
la procedura del codice rosa).
Per quanto riguarda le concezioni diverse dei ruoli familiari, per le operatrici si pone il difficile compito
di agire tra il rispetto di una cultura diversa e il lavoro di ricerca di autonomia per le donne.
Nei casi in cui le donne abbiano lasciato i figli nei propri paesi di origine, soffrono molto per la
lontananza e l’impossibilità di vederli. Altri problemi legati alla maternità sono le diverse modalità di
vivere la gravidanza e di partorire qui in Italia, situazioni dove ancora una volta emergono le
differenze culturali.
Vi è la difficoltà nella convivenza forzata sia tra nuclei familiari diversi che tra donne sole, difficoltà
che spesso esplode in aggressività e in alcuni casi addirittura in risse violente. (una volta ottenuti i
documenti e regolarizzata la loro posizione, le donne diventano molto più calme e i problemi di
aggressività all’interno degli alloggi sparivano).
In alcuni contesti le donne beneficiarie non rispettano il lavoro delle operatrici e in alcuni casi sono
dovuti intervenire operatori uomini per risolvere la situazione. In altri casi invece, sono i beneficiari
uomini a non rispettare le operatrici.Questo dipende molto dall’esperienza delle operatrici stesse
che, se ben formate, riescono ad evitare che si creino situazioni di forte incomprensione e non
rispetto. In altri casi invece si manifesta l’effetto contrario, ossia gli uomini singoli si fidano più delle
operatrici donne perché sentono che possono aiutarli maggiormente. Tuttavia, ci sono temi che gli
uomini non affronterebbero mai con le operatrici donne, quali le questioni legate alla sessualità.
Il problema di molestie e violenze nei confronti delle operatrici, sembra essere minimizzato nelle
interviste, giustificato come qualcosa di normale in contesti culturali diversi e in condizioni di
convivenze forzate tra soli uomini. Alcune operatrici rilevano maggiori difficoltà nei rapporti con la
popolazione locale, piuttosto che con gli uomini ospiti dei progetti.
Le persone omosessuali e trans soffrono molto nel sistema dell’accoglienza, in situazioni di
convivenza con soli uomini. Secondo altri operatori, le persone
omosessuali soffrono più nel processo di integrazione successivo alla permanenza nello Sprar,
dovendo confrontarsi con una società omofoba e dovendosi scontrare con una forte discriminazione
durante la ricerca di un lavoro.
Riguardo alla formazione.
La formazione sulle tematiche di genere e sull’emersione della violenza basata sul genere non è
qualcosa di sistematico e obbligatorio per gli operatori e operatrici dei progetti Sprar, né per le
persone ospitate, che siano donne o uomini. Emerge quindi un quadro variegato e diseguale anche
tra realtà molto vicine. Le attività più comuni risultano essere incontri con i medici dei consultori su
salute sessuale e riproduttiva, con esiti più o meno positivi. è emersa anche la mancanza di una
comunicazione in rete tra i vari progetti Sprar, sia per la presa in carico di situazioni più delicate, sia
per aggiornamenti e confronti.
Buone prassi
Durante la mappatura sono emerse realtà che, a dispetto di una mancanza di formazione strutturata
e sistematica, sono riuscite a portare avanti attività di formazione anche notevoli. Si tratta
principalmente dei tre comuni della Garfagnana: Fabbriche di Vergemoli, Borgo Mozzano e
Gallicano (Lucca), gestiti dalla cooperativa Odissea. Hanno in comune la presenza di responsabili
e operatrici giovani, dinamiche e particolarmente interessate alle tematiche di genere.
Fabbriche di Vergemoli, Borgo Mozzano e Gallicano
La cooperativa Odissea, che gestisce questi tre progetti, inoltre ha un’equipe etno-clinica che può
essere contattata a richiesta dalla struttura (antropologa, psicologa, mediatrice culturale). Il nodo
fondamentale delle formazioni con le beneficiarie e i beneficiari sia la partecipazione, molto difficile
far sì che questa partecipazione rimanga costante nel tempo. Buone prassi si riscontrano nei casi di
equipe multidisciplinari, in cui le operatrici risultano essere molto preparate grazie ad una formazione
precedente all’arrivo nel progetto.
Riguardo ai bisogni formativi
Tutti gli enti intervistati si sono detti interessati a ricevere una formazione su tematiche di genere in
un’ottica interculturale.
la formazione rivolta ai beneficiari e alle beneficiarie risulta invece più controversa. Per alcuni, non
è necessaria perché una volta formati gli operatori, le ricadute sarebbero immediatamente anche
sui beneficiari; per altri, non sarebbe un modo efficiente di usare le risorse visto che gli ospiti dei
progetti Sprar rimangono al loro interno solo per sei mesi; per altri ancora non sarebbe opportuna e
non sono convinti che i beneficiari reagirebbero bene. In altri casi altre problematiche rendono
necessario dare priorità ad altri tipi di formazione. La quasi totale assenza di formazione, anche
basica, con i beneficiari uomini, dovuta ad una errata convinzione che le tematiche di genere
riguardino esclusivamente le donne. Sul territorio toscano vi sono molte realtà che già operano su
tali temi e che potrebbero essere utilizzate in maniera più sistematica per creare una rete di supporto
e di formazione sulle tematiche della violenza di genere e della tratta.
Conclusioni
La migrazione femminile in Italia sta cambiando. Ciò rende necessario fornire strumenti di
apprendimento, conoscenza e informazione per chi opera nel sistema dell’accoglienza. È necessaria
una formazione di base e continuativa di chi lavora a stretto contatto con queste donne. È necessario
che le donne, sebbene portino con sé un vissuto di violenze multidimensionale, non siano
considerate solamente vittime, ma persone resilienti, con risorse e spesso competenze. È
fondamentale che siano riconosciute come potenziali agenti di cambiamento, nelle loro vite
personali, così come nella società.
Parte 3
Cosa è cambiato con le modifiche normative sui permessi di soggiorno con le loro
implicazioni e successivamente l’accoglienza nel 2018?
Ultimi anni → drammatico ritorno al passato per donne (italiane e straniere). Per straniere a causa
dell’emanazione di decreti sicurezza D.L.gs. 113 del 2018, poi convertito in legge, e quello bis.
!!!!!(ARTICOLO PRECEDENTE A NUOVO DECRETO IMMIGRAZIONE approvato dal Consiglio dei
Ministri nel 2020, che ristabilisce la protezione umanitaria per i richiedenti asilo e il sistema di
accoglienza ex SPRAR diventato poi SIPROIMI)!!!!!
Nota:
* SPRAR = Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati
* SIPROIMI = Sistema di Protezione per titolari di protezione internazionale e per minori
stranieri non accompagnati
!!(Spiegazione e storia dei vari acronimi = https://www.retesai.it/la-storia/)!!