Capitolo 8 Flashcards

1
Q

GRANDE MAGAZZINO - DEFINIZIONE

A

Esercizio per il commercio al dettaglio, operante nel campo non alimentare, che dispone di una superficie di vendita superiore a 400 mq e di almeno 5 reparti distinti (oltre l’eventuale annesso reparto alimentare) ciascuno dei quali destinato alla vendita di articoli appartenenti a settori merceologici diversi e in massima parte di largo consumo.
La vendita è solitamente assistita

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2
Q

GM - CONTESTUALIZZAZIONE (QUANDO, DOVE, PERCHE’?)

A
  • Il grande magazzino è un formato distributivo nato in Francia e più precisamente a Parigi.
  • Con la proclamazione del Secondo Impero (1852-1870), Parigi torna ad essere il centro di importanti eventi economici, politici e culturali che la trasformano in una capitale internazionale.
  • Il processo di urbanizzazione trasforma la città in una metropoli
  • La borghesia esprime nuovi bisogni di consumo e cerca nuovi simboli di status.
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3
Q

GM - AU BON MARCHET

A

Nel 1852, Aristide Boucicaut, figlio di un cappellaio, fonda Au Bon Marché, il primo grande magazzino

  • Le vendite passano da 500.000 franchi nel 1852 a 5 milioni nel 1860, a 20 milioni nel 1870.
  • L’esperimento viene imitato a Parigi (Louvre, Samaritaine, Printemps)
  • Il GM rappresenta il primo esempio di big business nel retail

Boucicat creò un formato distributivo che si diffuse rapidamente:
• nell’Europa continentale negli anni ’70 dell’Ottocento
• negli Stati Uniti, dove Benjamin Altman fonda B. Altman & Co. a New York nel 1865; nel 1877 John Wanamaker fonda The Grand Depot a Philadelphia e Isaac Magnin, nello stesso anno, fonda I. Magnin a San Francisco
• in Giappone nei primi anni del Novecento.

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4
Q

GM IN ITALIA

A

I Magazzini Bocconi (1877):
All’inizio del 1900 sono presenti in 9 città italiane, hanno 3000 dipendenti e presentano una struttura articolata in 31 dipartimenti funzionali.

Anche vendite per corrispondenza

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5
Q

GM - CASO MARSHALL FIELD

A

CONTESTO

Domanda: 
• urbanizzazione
• aumento popolazione
• aumento redditi
• nuove classi sociali (ceto medio)
• nuovi modelli di consumo (in Europa più diversificati rispetto agli Stati Uniti)

Offerta:
Forte incremento della produzione industriale.
Globalizzazione dei mercati dei beni, sviluppo della grande impresa, negli Stati Uniti su scala maggiore che in Europa

L’elemento di raccordo fra domanda e offerta è rappresentato dalle innovazioni nel campo delle infrastrutture (ferrovie) e delle comunicazioni (telegrafo e telefono)

STRATEGIA
• Brand («reliable», «appealing», «fashionable»)
• Suddivisione in reparti («each department calls for specific skills»)
• Integrazione verticale («quick response», «higher quality»)
• Gestione magazzino («the quicker you sell, the higher the profits»)

INNOVAZIONI
• Ampiezza dell’assortimento
• Uso massiccio della pubblicità
• Ingresso libero
• Prezzi esposti
• Intrattenimento
• Reso merce
• Vetrine
• Catalogo di vendita per corrispondenza
• Svendite periodiche

NUOVO MODELLO DI BUSINESS
• Minimizzazione dei margini di profitto unitari/ Massimizzazione del volume di vendite

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6
Q

MAGAZZINO A PREZZO UNICO - IL 5¢ TABLE

A

The origins of 5 and 10 are rooted in the 5cent table, a counter on which a large variety of mercandise is displayed and put up for sale at a single and fixed price which is not marked on a label but it is written on a sign reading.
The idea to turn the 5 cent table into a new format came to Woolworth

I primi punti vendita sono a:

  • Utica (NY), 1878
  • Lancaste (Penn.), 1878
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7
Q

MAGAZZINO A P UNICO - RAPPORTO I/D

A

• Nel 1916, un addetto agli acquisti di Woolworth entrò in contatto con un produttore di chincaglieria. Vide un anello che gli piaceva. Disse al produttore che l’avrebbe venduto per 10 centesimi. Secondo il produttore se ne potevano vendere 5.400 all’anno a 50 centesimi ciascuno. L’addetto agli acquisti spiegò al produttore che intendeva fare un primo ordine di 750.000 anelli. Nel 1916 la catena di negozi Woolworth vendette 6 milioni del nuovo anello da 10 centesimi.

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8
Q

MAGAZZINO A P UNICO - PERCHE’ GLI USA

A

• Stili di consumo: “Woolworth stores were a fixture on Main Street nationwide, the sort of place where one could buy a pet turtle and a hair net and then enjoy a grilled cheese sandwich and some coleslaw at the lunch counter. It was the way that Americans shopped for generations (Brooks, N.R., Woolworth Los Angeles Times, July 18th,1997)

• L’ampio contesto economico e sociale è lo stesso dei grandi magazzini, ma si rivolgono alle fasce più basse e in rapida crescita dei segmenti di mercato che in genere includono immigrati e persone di colore (tra il 1892 e il 1954 la Ellis Island Immigration
Station registrò più di 12 milioni di persone; nel 1865, l’anno in cui fu abolita la schiavitù, gli schiavi erano quasi 4 milioni).

• Grandi imprese

  • 1913: headquarter di Woolwoth in NY; circa 700 negozi in US, Canada e UK
  • 1919: quota 1.000; il valore di Woolworth Corp. È stimato in $65 milioni (oggi $800 milioni)

Declino e cambiamento di Woolworth
Time, 7/28/1997
• “Last week, when Woolworth announced it was closing its 400 remaining F.W. Woolworth stores and laying off 9,200 people, it seemed that an American icon was being swept aside by the cruel winds of change.
• Yet Woolworth suffered not from forces beyond its control so much as from generations of five-and-dime management of the 118-year-old chain. In the ’60s the company was late in following its customers to malls, and its attempt at a discount chain, Woolco, lasted just 20 years. Similarly, in the early ’90s, Woolworth homed in on mall locations just as shoppers were abandoning mall shopping in droves.
• Current CEO Roger Farah will convert many sites to
FOOTLOCKER(S). Selling $100 Nikes is a much simpler - and more profitable—proposition”.

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9
Q

MAGAZZINO A P UNICO - ITALIA

A

Fra le due guerre nel sistema distributivo italiano si registrano alcuni cambiamenti importanti:

  • considerevole crescita numerica del commercio “tradizionale”
  • crescita della cooperazione di consumo
  • nascita del magazzino a prezzo unico che riflettono le caratteristiche del contesto socio-economico e istituzionale.

Contesto socio-economico italiano (1921):

  • La popolazione delle prime 5 città italiane (3.000.000) è uguale a quella di Parigi.
  • Il 27% della popolazione italiana è analfabeta.
  • Il 66% del reddito viene speso in consumi alimentari (17,7% nel 2016).

Contesto istituzionale italiano:
• Nel 1926 viene introdotta la “disciplina del commercio”, con l’obiettivo di regolamentare e pianificare lo sviluppo del sistema distributivo.
• Inizialmente gli esiti sono in linea con le aspettative.
• Successivamente, prevale la necessità di trasformare il commercio nel settore che assorbe disoccupazione.

I cambiamenti in Italia: il commercio “tradizionale”:
• Tra il 1921 e il 1951 alla crescita dell’occupazione nel settore distributivo concorrono soprattutto ambulanti e negozi in sede fissa (rispettivamente +200% e + 42%)

I cambiamenti in Italia: la cooperazione di consumo:
• L’inflazione pone lo Stato nella condizione di fornire appoggio alle cooperative di consumo (+159% 1917-21) come strumento di contenimento dei prezzi
• 1926: nascita dell’Ente nazionale fascista della cooperazione –> La cooperazione viene privata della sua autonomia.

I cambiamenti in Italia: il magazzino a prezzo unico UPIM (1928):
• Umberto Brustio, amministratore delegato Rinascente, scopre il magazzino a prezzo unico nel 1927 durante un viaggio in Germania
• Il 21 ottobre 1928 si apre il primo negozio a Verona
• Tra il 1930 e il 1940 le filiali UPIM passano da 14 a 36, i negozi Rinascente da 19 a 5
• Nel 1933 il bilancio Rinascente chiude in perdita
• 1934: fusione UPIM - Rinascente
• nel 1940 i profitti ammontano a 8.000.000 di lire.

Il magazzino a prezzo unico - UPIM (1928):
• Scala di prezzi limitata
• Limitazione assortimento
• Contenimento delle spese di pubblicità e dei costi di gestione
• Riduzione della gamma dei servizi offerti
• Semplificazione organizzativa

Standard (1931):
• Sulla scia dei primi successi di UPIM i fratelli Monzino, ex dipendenti Rinascente, fondano un magazzino a prezzo unico concorrente.
• Nel 1941 UPIM e Standa raggiungono un accordo sul numero di filiali di nuova apertura che riflette le nuove restrizioni legislative (1938) e le difficili condizioni del mercato

Quote di mercato in Italia nel 1938:

  • Negozi tradizionali –> 91%
  • Ambulanti –> 4,3%
  • Cooperative –> 3,1%
  • Grande magazzini, Catene –> 0,8%
  • Altro –> 0.8%
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10
Q

SUPERMERCATO ALIMENTARE - ORIGINI

A

L’idea del libero servizio nasce negli USA (Piggly Wiggly Store, Memphis, 1916) così come il nome supermarket (anni ‘30).
Fondato da Clarence Saunders (1881-1953), un addetto di un negozio alimentare di Memphis.

Piggly Wiggly:
Nel 1923 i negozi Piggly Wiggly sono 1.268 e vendono merci per oltre $100 milioni. Piggly Wiggly è all’epoca una delle più grandi imprese distributive americane

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11
Q

SUPERMERCATO ALIMENTARE - DIFFUSIONE IN EUROPA

A
  • Occorre attendere gli anni ‘30 perchè il self service nella distribuzione alimentare si diffonda in Europa: la sua diffusione è una reazione alla grande depressione, più che l’adozione di un formato distributivo sviluppato altrove.
  • Il modello americano arriva in Europa dopo la seconda guerra mondiale.
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12
Q

SUPERMERCATO ALIMENTARE - DIFFUSIONE IN ITALIA

A

A favore:
• Piano Marshall (ERP)
• Miracolo economico

A sfavore
• Utilizzo aiuti finanziari in impieghi “improduttivi”
• Struttura del sistema distributivo
• Composizione della spesa per consumi

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13
Q

SUPERMERCATO ALIMENTARE - ERP

A
  • A differenza di quanto era avvenuto dopo la prima guerra mondiale, gli aiuti americani sono non solo finanziari.
  • Obiettivo1: rimettere in moto l’economia reale.
  • Obiettivo2: “americanizzare”
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14
Q

SUPERMERCATO ALIMENTARE - MIRACOLO ECONOMICO

A

Il miracolo economico 1958-1963:

Il miracolo economico non è un fenomeno solo italiano. Negli anni ’50, le economie europee vivono, seppure in misura e intensità diversa, una “golden age”.
La “golden age” italiana si manifesta più tardi, rispetto ad altri Paesi, ma con tassi di crescita più elevati. In pochi anni, l’Italia si trasforma da paese
prevalentemente agricolo a potenza industriale.

Cifre:
•+46,9%: salari 1953-61
•+84%: crescita media della produttività industriale 1953-61
•+78,3%: reddito lordo 1950-61
•+59,8%: consumi 1950-61
•+16,1%: incremento medio annuo esportazioni 1959-63

ERP in Italia - Impieghi “improduttivi”:
• Nel 1949 quando venne presentato il Country Study dell’Erp sull’Italia al Congresso americano, il suo estensore Paul Hoffmann non lesinava dure critiche sul modo con cui venivano gestiti i fondi Erp, in
quanto il governo italiano ne aveva impiegato una quota per rafforzare le riserve valutarie
• Luigi Einaudi, dal Quirinale, rispose che,
diversamente, «il soccorso americano sarebbe passato come acqua fresca sull’economia italiana, lasciando solo un risultato di temporanea elemosina addormentatrice».

Composizione della spesa per consumi:

  1. Nel 1948 in Italia circolavano 300.000 automobili; nel 1971 10 milioni.
  2. All’inizio degli anni ’50 meno dell’8% delle abitazioni aveva energia elettrica, acqua e servizi igienici. Dieci anni dopo, il 30%.
  3. Nel 1958, il 13% delle famiglie possedeva un frigorifero; nel 1965 oltre la metà.

Reazioni:
• Il sistema distributivo rispose alle mutate condizioni macroeconomiche con la moltiplicazione dei punti di vendita tradizionali e la nascita di un nuovo canale distributivo: il supermercato alimentare

Nel 1951: 917.000 pdv e supermercati 0;
nel 1961: 1.085.000 pdv e supermercati 284

Il supermercato in Italia:
In Italia il supermercato nasce attraverso:
• Filiazione del grande magazzino (SMA) o del magazzino a prezzo unico (STANDA)
• Evoluzione della cooperazione
• Trasferimento e adattamento del modello americano (1957)

Il secolo americano:
“Fate in modo che le vostre idee e la vostra fantasia si diffondano per il mondo intero e, forti della convinzione che gli Americani siano chiamati a portare libertà, giustizia e umanità ovunque vadano, andate all’estero a vendere beni che giovino alla comodità e alla felicità degli altri popoli, convertendoli ai principi sui quali si fonda l’America”
Discorso del presidente Wilson a Detroit in occasione del Congresso dei Venditori, 10 luglio 1916

Trasferimento del modello americano:
• L’idea di introdurre il supermercato in Europa fu dell’International Basic Economy Corporation (IBEC), fondata da Nelson A. Rockefeller (1908-1979) nel 1947.
• Obiettivo IBEC: “to show how the private enterprise is beneficial for overall social and economic progress”.
• Strategia IBEC: “to build the ‘basic economies’ of developing countries, hoping to encourage nationals in those countries to establish competitive businesses”
• Quale era l’idea di supermercato della IBEC?

Caratteristiche del supermercato americano:
• Dimensioni
• Scelte localizzative
• Ampiezza e profondità dell’assortimento
• Maturità del consumatore
• Segmentazione dell’offerta
• American way of living, American way of buying

Caso “Esselunga”:
• Nel 1957 IBEC crea una joint venture con soci italiani rappresentanti di dinastie imprenditoriali italiane.
• Il modello americano viene a contatto con le caratteristiche sociali, economiche, culturali e istituzionali del contesto italiano.
• Nasce Supermarkets Italiani
• Caratteristiche del contesto italiano: Stili di vita:
Penn Fruit, 1958 –> “…Few people use their cars to go to work. They can’t afford them as we do at home. Women do not drive in Italy. I do not know of a two car garage family in Milan, except my own and
one of our partners”.
Potere d’acquisto: “… We have been approached a few times why our stores were not more decorative… We decided to follow a pretty plain pattern for two reasons: One was we saved a lot of dough. Secondly, we do not feel that we would so
completely capture the masses if our stores looked like Penn Fruits or Steinberg’s. I think that putting decorations would hurt us tremendously with the low income people here”
Italian business “culture” –>“…Their idea of honesty here does not run with ours. They think that they would be considered stupid if theydidn’t cheat you if they had an opportunity. A man who cheats his taxes is looked up to. A person that doesn’t is stupid. It is hard for me to think this way”.
• Problemi incontrati nell’applicazione del modello americano in Italia e soluzioni:
Burocrazia –> “…This is a country in which even an American can become confused… We have been waiting and working with the city hall to get the license to sell. It has been voted and then everyone seems to have disappeared… Every time we turn around we must buy some stamps or pay some tax. This is the most taxing place I have ever seen. Everything must be written on legal paper in which you stand in line to buy. But we all love it”
Fornitori –> We cannot survive buying from these creedy manufacturers who have too high operation costs, who tell us what we must sell their products for, who have no qualit control. Some of the largest pasta people have a cost of distribution of 23% from the door of their plant.
• Caratteristiche del supermercato alimentare italiano

Epilogo:
• 1960: IBEC vende la propria partecipazione ai soci italiani
• 1961: apertura punto vendita a Firenze
• La proprietà di Esselunga è per ora ancora della famiglia Caprotti; l’impresa controlla il 9% del mercato italiano (grocery)

Nuovi scenari: associazionismo distributivo:
• Lo sviluppo della grande distribuzione ha provocato in tutta Europa reazioni di difesa del commercio accomunate da una crescente tendenza all’associazionismo che si è manifestata nella costituzione o nel consolidamento di unioni volontarie e gruppi d’acquisto

Unioni volontarie e gruppi d’acquisto:
• U.V.: associazioni fra grossisti e dettaglianti. Il primo esempio si riscontra negli Stati Uniti (1916). L’idea viene ripresa in Olanda da M. Van Well, fondatore della Spar (1932)
• G.d.A: Associazioni (cooperative o consorzi) di dettaglianti nate in Europa – i primi in Svizzera e in Germania - alla fine dell’Ottocento

Rapporto I/D Italia, 1950-70:
• Obiettivo dell’industria è raggiungere il maggior numero di consumatori
• Obiettivo della moltitudine di piccoli negozi al dettaglio è sopravvivere
• Il ruolo di channel leader è assunto dall’impresa industriale
• Il rapporto industria distribuzione è “cooperativo”

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15
Q

RAPPORTO I/D IN ITALIA - 1945-70: PREMESSE

A

Caratteristiche strutturali del sistema distributivo italiano: “mercantilizzazione”:
• Al 1861 l’economia italiana era arretrata dal punto di vista industriale.
• Dal punto di vista commerciale, invece, l’economia italiana era contraddistinta da un elevato grado di “mercantilizzazione” dovuto alla numerosità degli insediamenti urbani e alla specializzazione dell’agricoltura

Caratteristiche strutturali del sistema distributivo italiano: “mancanza di complementarietà”:
• L’analogia delle strutture economiche delle economie regionali - ovvero, la “mancanza di complementarietà” – e l’inadeguatezza del sistema
infrastrutturale inibiscono lo sviluppo del sistema distributivo su scala nazionale

Caratteristiche strutturali del sistema distributivo italiano: La preistoria del rapporto I/D nella prima metà del Novecento:
• il settore distributivo è ben lontano dall’essere “moderno”
• il settore manifatturiero non può ancora dirsi del tutto industrializzato
• l’anello di congiunzione è il grossista

Rapporto industria distribuzione: periodizzazione:
Relativamente alla seconda metà del ‘900 la storia del rapporto I/D può essere suddivisa in periodi che riflettono particolari “condizioni”:
• di contesto (economico, istituzionale, sociale)
• distributive
• industriali
Il modo in cui esse si sono manifestate e combinate ha generato differenti tipi di rapporto I/D

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16
Q

RAPPORTO I/D IN ITALIA - 1950-70

A

Il contesto:
• macroeconomico: crescita in assenza (o quasi) di inflazione
• industriale: grandi imprese verticalmente integrate
• distributivo: persistenza di una struttura distributiva polverizzata; nascita del supermercato.

  • Obiettivo dell’industria è raggiungere il maggior numero di consumatori
  • Obiettivo della moltitudine di piccoli negozi al dettaglio è sopravvivere
  • Il ruolo di channel leader è assunto dall’impresa industriale
  • Il rapporto industria distribuzione è “cooperativo”.
Un esempio: Lavazza
Produzione giornaliera (tonnellate):
• 1949: 15.000
• 1954: 25.000 
• 1965: 80.000
• 1967: 100.000
17
Q

RAPPORTO I/D IN ITALIA - 1970-META’ ANNI ‘80

A
Il contesto:
• macroeconomico: inflazione
• industriale: de-verticalizzazione
• distributivo: crescita del potere contrattuale della grande distribuzione
• legislativo: legge 426/71

Contesto industriale: deverticalizzazione nel decennio 1971-1980:
• il numero di addetti occupati nel settore manifatturiero cresce del 12% rispetto al 17.6% del decennio precedente
• l’occupazione diminuisce nelle aziende con più di 1.000 addetti (-9.7%)
• l’occupazione ristagna nelle aziende con un numero di addetti compreso tra 50 e 500 e tra 500 e 1.000.

Contesto distributivo: La crescita del potere contrattuale della grande distribuzione è dovuta a:
• modernizzazione dei servizi distributivi
• nuovi comportamenti d’acquisto
• acquisti speculativi
• sviluppo delle imprese moderne sostenuto dall’ampiezza degli assortimenti

Contesto legislativo:
• L.426/71 ART.11: “Al fine di favorire una più razionale evoluzione dell’apparato distributivo, i comuni procedono alla formazione di un piano di sviluppo e di adeguamento della rete di vendita, sentito il parere di apposita commissione …
• … il piano, nel rispetto delle previsioni urbanistiche, tende ad assicurare la migliore funzionalità e produttività del servizio da rendere al consumatore e il maggior possibile equilibrio tra installazioni commerciali a posto fisso e la presumibile capacità di domanda della popolazione stabilmente residente e fluttuante, tenuto conto anche delle funzioni svolte dall’ambulantato e da altre forme di distribuzione in uso”.

• Art. 12:
“Per il rilascio di nuove autorizzazioni il piano determina, eventualmente anche con riferimento a singole zone, il limite massimo in termini di superficie globale, separatamente per settori merceologici, della rete di vendita per generi di largo e generale consumo in modo da promuovere, anche con l’adozione di tecniche moderne, lo sviluppo e la produttività del sistema e da assicurare il rispetto della libera concorrenza nonché un adeguato equilibrio tra le varie forme distributive”

Contesto legislativo: obiettivi ed effetti:
Obiettivi:
• Allocare la domanda aggiuntiva alla distribuzione moderna e incentivare la trasformazione di quella tradizionale…
• … ma la crisi economica erose la domanda aggiuntiva
Effetti:
• Occorre attendere la fine degli anni ‘80 perché il formato ipermercato decolli (quasi).
• Eccezioni: Maxistanda (1971), Città Mercato
(1972).

L’ipermercato in Italia:
In Francia sono stati aperti 33 ipermercati nel 1981, 29 nel 1982 e 21 nel 1983, che si sono aggiunti alle oltre 400 imprese di grandi dimensioni entrate in funzione fino al 1980. In Italia, in quindici anni, ne sono sorti 21. L’ipermercato più importante italiano ha una superficie corrispondente a quella media di un identico punto di vendita di una città del centro della Francia.
Come si spiega questo ritardo? Il discorso ha radici lontane perché si ricollega alla legge del 1971.
Secondo alcuni studiosi del settore distributivo due concetti sbagliati sarebbero alla base della legislazione vigente: quello che concepisce l’attività commerciale come servizio pubblico e quello tenacemente aggrappato all’idea dell’equilibrio tra domanda e offerta di servizio, per cui si può avere nuova offerta, cioè nuovi impianti distributivi, solo se cresce la domanda”.

Rapporto I/D: 1970-metà anni ‘80:
• Il ruolo di channel leader è ancora dell’impresa industriale
• Il rapporto industria distribuzione da “cooperativo” diventa “competitivo”

18
Q

RAPPORTO I/D IN ITALIA - GLI ULTIMI ANNI DEL ‘900

A
  • Miglioramento della congiuntura economica (dalla seconda metà degli anni ‘80)
  • Nuova configurazione qualitativa dei modelli e degli stili di consumo

Gli effetti quantitativi:
• Negli anni ‘80 la quota di mercato dei punti di vendita moderni passa dal 26% al 56% a scapito dei punti di vendita al dettaglio tradizionali
• Il numero dei supermercati cresce in un decennio (1986-95) da 2.559 a 5.419.
• Ha inizio una progressiva differenziazione dell’offerta commerciale con l’apertura di un numero crescente di ipermercati (da 44 a 262)

Gli effetti qualitativi: La “rivoluzione” commerciale:
• Il sistema distributivo ridimensiona/perde la funzione di assorbimento della disoccupazione
• L’occupazione nel commercio diminuisce nonostante aumenti nel terziario
• La grande distribuzione detta il prezzo

Il rapporto industria/distribuzione:
• Il cambiamento quantitativo e qualitativo del sistema distributivo è stato all’origine dello spostamento della leadership di canale dall’industria alla grande distribuzione.
• Il rapporto è diventato “co-opetitivo”
• Nasce un nuovo formato

Il modello americano:
il centro commerciale
• “In America sono come grandi astronavi spaziali in cui si può entrare e trovare tutto ciò di cui si ha bisogno, dai cibi ai vestiti, dalla banca al cinema. Si chiamano e sono il futuro della grande distribuzione che dagli Usa si sono diffusi in Europa, (anche in Italia) conquistando spazi sempre più ampi al piccolo commercio al dettaglio”

Centro Commerciale: L’ideatore:
• Nel 1943 la rivista americana Architectural Forum progettò di pubblicare un numero speciale sul tema “how shopping can be made more inviting” nell’anno 194x. Il progetto presentato da Victor Gruen fu bocciato

Centro Commerciale: Le caratteristiche originarie:
• Collocazione nelle periferie urbane
• Introversione
• Shopping mall = shopping town

In Italia:il centro commerciale Giotto di Padova (1984): “Nel 1984 il Consorzio commercianti del centro di Padova presenta un progetto e la domanda per realizzare un centro commerciale polifunzionale sull’ area ex Alfa Romeo ed ex Morassuti. Il Comune approvò il progetto per la parte edilizia e
ottenne il nulla osta regionale per la parte commerciale. Il progetto prevedeva l’occupazione di 250 persone, tra le quali 70 ex dipendenti della Morassuti, e il ‘ritiro’ di varie licenze commerciali esistenti”.

In Italia: il centro commerciale Gambaro di Padova (1986):
• Gambaro si era mosso nella stessa direzione nel 1980 quando aveva acquistato una superficie di 60mila mq. Nel 1986 l’impresa di Mestre presenta la domanda per il suo ipermercato integrato su 30mila mq, ma la Regione nega l’autorizzazione: l’aveva già concessa al Consorzio (il piano regionale prevedeva per Padova est una sola struttura commerciale di queste dimensioni) che a sua volta aveva fatto valere la domanda del 1984 e aveva ritirato varie licenze commerciali tradizionali, mentre Gambaro si era impegnato a farlo solo a nulla osta ottenuto.

1989: Giotto vs. Gambaro:
“Il Tar Veneto ha bloccato quello che doveva essere il centro commerciale più grande d’Italia. E’ il Centro Giotto di Padova che avrebbe ospitato una serie di negozi “shop in the shop” oltre ad un Brico center e una Città mercato della Rinascente. Il provvedimento chiude il cantiere a lavori avanzati e congela un immobile del valore di 30 miliardi”

Legge 114/98 (Legge Bersani):
• No licenze commerciali per gli esercizi fino a 300 mq.
• 14 tabelle merceologiche sostituite da 2 settori: alimentare e non alimentare
• Soppressione del Registro Esercenti del Commercio (Rec)
• Autorizzazione dei Comuni per i negozi di superficie compresa tra i 300 ed i 2000 mq.
• Parere vincolante delle Regioni per i negozi di superfice superiori ai 2000 metri quadrati
• Liberalizzazione “graduale”

The past is a prologue to the future:
“Retailing has always been an evolving field. We should not be surprised or distressed when certain types of retailing fall into disfavor and others emerge to replace them. Rather, we need to see how and why specific retailing institutions and practices have evolved and where they are headed – and adapt strategies accordingly. As the adage goes, ‘The past is a prologue to the
future’