Cap 5 Inchiesta campionaria pt1 Flashcards
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L’inchiesta campionaria nella ricerca sociale
Nell’ambito della ricerca sociale, l’inchiesta campionaria è un metodo fondamentale per comprendere fenomeni sia individuali che collettivi.
Per raccogliere informazioni, possiamo osservare direttamente o interrogare i soggetti coinvolti.
Mentre l’osservazione permette di studiare comportamenti manifesti, l’interrogazione è essenziale per esplorare motivazioni, atteggiamenti, credenze, sentimenti, percezioni e aspettative.
La strategia di raccogliere informazioni interrogando direttamente i soggetti coinvolti nei fenomeni sociali studiati può variare notevolmente.
L’inchiesta campionaria si basa su un processo di interrogazione degli individui oggetto della ricerca, che appartengono a un campione rappresentativo e sono intervistati mediante una procedura standardizzata, con lo scopo di studiare le relazioni tra le variabili.
Analizziamo i cinque elementi principali di questa definizione.
L’inchiesta campionaria implica la formulazione di domande, solitamente orali, poste direttamente agli individui oggetto della ricerca.
L’interrogazione deve avvenire attraverso una procedura standardizzata, dove a tutti i soggetti vengono poste le stesse domande nella stessa formulazione.
Per analizzare i dati con tecniche statistiche, anche le risposte devono essere standardizzate e organizzate secondo uno schema di classificazione comune.
Questo produce la matrice-dati, che è la base per tutte le elaborazioni statistiche successive.
In questa matrice, le righe rappresentano i casi, le colonne le variabili, ogni cella contiene il valore assunto da una variabile su un caso specifico.
L’inchiesta campionaria mira a studiare le relazioni tra variabili, a differenza del sondaggio, che è un’indagine esplorativa per accertare l’esistenza e la consistenza di un fenomeno.
L’inchiesta campionaria va oltre, indagando sulle origini, intende verificare empiricamente delle ipotesi.
Si distingue dal sondaggio per la problematica teorica riguardo la sua strutturazione, per l’approfondimento dei temi trattati e per il tipo di analisi condotta sui dati, che include correlazioni, modelli causali e tecniche di analisi multivariata.
Infine, è importante distinguere l’inchiesta campionaria dall’intervista qualitativa.
L’interrogazione di un individuo include una domanda e una risposta, entrambe possono essere standardizzate o formulate liberamente.
Nell’intervista standardizzata, le domande sono uguali per tutti e le risposte sono limitate a opzioni prestabilite, mentre nell’intervista aperta, le risposte possono essere formulate liberamente dall’intervistato.
Inoltre se la domanda non è standardizzata, il tutto porta a tre diversi strumenti di rilevazione: il questionario, dove sia la domanda sia la risposta sono standardizzate; l’intervista strutturata, dove la domanda è standardizzata ma la risposta è libera; è l’intervista libera, dove né la domanda né la risposta sono standardizzate.
L’espressione “inchiesta campionaria”, usata per descrivere la ricerca condotta tramite questionario, corrisponde al termine inglese “survey”.
L’inchiesta campionaria è la tecnica di rilevazione più diffusa e nota nella ricerca sociologica, spesso occupando uno spazio significativo nei manuali di ricerca sociale e talvolta venendo considerata sinonimo della ricerca sociale stessa.
La storia dell’inchiesta campionaria nella ricerca sociale è antica, con esempi di applicazione da parte di Marx e Weber.
Il miglioramento significativo nelle tecniche di inchiesta avvenne con l’introduzione del concetto di rappresentatività e delle procedure di campionamento.
Questo principio sostiene che non è necessario studiare un’intera popolazione per conoscere la distribuzione di certe variabili, ma che uno studio su un campione selezionato può produrre risultati accurati.
Infine, lo sviluppo dei computer e la diffusione del telefono hanno dato un forte impulso all’inchiesta campionaria, permettendo ai ricercatori di trattare grandi quantità di dati rapidamente e riducendo drasticamente i costi delle interviste, facilitando così la diffusione di questa tecnica.
La standardizzazione ovvero l’invarianza dello stimolo
I problemi fondamentali di fronte ai quali si trova il ricercatore che ha deciso di conoscere la realtà interrogando gli stessi attori sociali sono in ultima analisi riconducibili alle distinzioni di fondo («ontologiche», «epistemologiche» e «metodologiche) che separano e contrappongono i paradigmi basilari della ricerca sociale:
la contrapposizione fra l’approccio che si riconduce alla tradizione positivista (pur nelle sue declinazioni neoe post-) e l’approccio che si ispira all’atto del Verstehen e che abbiamo chiamato «interpretativo».
Due dilemmi in particolare sembrano rilevanti e discriminanti.
Approccio oggettivista e l’approccio costruttivista
2.1. Approccio oggettivista contro approccio costruttivista
Il dibattito tra l’approccio oggettivista e quello costruttivista nella ricerca sociale riguarda: la natura della realtà e la conoscenza che ne possiamo avere.
Da un lato, l’approccio oggettivista sostiene che la realtà sociale esiste indipendentemente dal ricercatore e può essere compresa in modo oggettivo, simile all’osservazione nelle scienze naturali.
Dall’altro, l’approccio costruttivista afferma che la realtà sociale è influenzata dall’interazione tra il ricercatore e il soggetto studiato, e quindi la conoscenza che ne deriva è costruita da questo processo interattivo.
Nell’inchiesta campionaria, questo dilemma si manifesta nel rapporto tra intervistato e intervistatore.
L’approccio oggettivista richiede un rapporto impersonale e asettico per non alterare l’oggetto di studio, mentre l’approccio costruttivista riconosce l’inevitabile interazione e partecipazione del ricercatore nella produzione delle risposte.
Nonostante i codici di comportamento sviluppati per mantenere la neutralità, l’interazione è vista come un elemento intrinseco e necessario del processo conoscitivo.
In definitiva, il rapporto tra intervistato e intervistatore non è solo di osservazione ma diventa un’interazione attiva che contribuisce alla costruzione della conoscenza.
Approccio uniformista contro approccio individualista
Il secondo dilemma nella ricerca sociale confronta le visioni uniformista e individualista.
La visione uniformista afferma l’esistenza di regolarità empiriche nei fenomeni sociali e nei comportamenti umani, che possono essere classificati e standardizzati.
Al contrario, la visione individualista enfatizza l’importanza delle differenze tra individui, la singolarità di ogni persona e la necessità di un rapporto empatico per comprenderla.
In sintesi, l’approccio uniformista cerca uniformità nell’azione umana, mentre l’individualista vede ogni azione sociale come unica.
La questione della standardizzazione degli strumenti di rilevazione emerge da questo dilemma.
Il questionario, con le sue domande fisse e risposte chiuse, limita sia l’intervistatore che l’intervistato, costringendo quest’ultimo a scegliere tra categorie predefinite.
I critici sostengono che il questionario, essendo uguale per tutti, non tiene conto delle differenze individuali e assume erroneamente che tutti abbiano la stessa sensibilità e comprensione.
Questo approccio rischia di ignorare aspetti e temi cruciali che potrebbero emergere durante l’intervista.
Inoltre, il questionario può costringere gli individui a conformarsi a un livello medio, escludendo coloro che vivono realtà diverse da quelle previste dallo strumento di rilevazione, come gli analfabeti, gli anziani, i non partecipanti, gli indigenti, i vagabondi, gli immigrati e i clandestini, che spesso rimangono esclusi dalle indagini campionarie.
L’obiettivo del minimo comun denominatore
L’obiettivo dell’approccio oggettivista-uniformista è quello di raggiungere la neutralità dello strumento di rilevazione, incluso l’intervistatore, per garantire la comparabilità delle risposte.
Questo si basa sul fatto che, presentando le stesse domande in contesti simili, si otterranno risposte comparabili.
Tuttavia, questo solleva la questione se l’uniformità degli stimoli assicuri l’uniformità dei significati.
Il significato di una domanda o parola può variare notevolmente tra gli individui, influenzato dalla loro biografia, cultura e esperienze precedenti.
Ogni persona interpreta gli stimoli attraverso il proprio sistema di riferimento, quindi una domanda standardizzata non garantisce un significato comune per tutti gli intervistati.
Di fronte a questo dilemma, il ricercatore deve scegliere tra un metodo di interrogazione che evidenzia la standardizzazione e l’uniformità, come il questionario, e uno che valorizza l’individualità del soggetto e il suo rapporto con il ricercatore, come l’intervista non strutturata.
Optando per il questionario e l’inchiesta campionaria, il ricercatore privilegia ciò che è comune tra gli individui piuttosto che ciò che li distingue, limitandosi a studiare un minimo comun denominatore nel comportamento umano che può essere uniformato e classificato, nonostante la variabilità delle dinamiche tra intervistato e intervistatore.
Questa limitazione può sembrare un compromesso rispetto all’obiettivo di una comprensione completa del comportamento umano.
Affidabilità del comportamento verbale
L’affidabilità del comportamento verbale
Molti scienziati sociali sono scettici sulla possibilità di ottenere una piena comprensione della realtà sociale attraverso le risposte fornite dagli individui durante le interviste.
Questo scetticismo si basa su due problematiche principali: la desiderabilità sociale delle risposte e la mancanza di opinioni.
Desiderabilità sociale:
La desiderabilità sociale è il fenomeno per cui le persone tendono a presentare se stesse in modo positivo per conformarsi alle norme sociali.
Questo può portare a risposte non sincere nei sondaggi o nelle interviste, specialmente su temi che sono visti positivamente o negativamente nella loro cultura.
Alla desiderabilità sociale si aggiunge La menzogna inconscia che si verifica quando le persone negano fatti che non corrispondono alla loro autopercezione. Questo è un meccanismo di difesa noto come razionalizzazione, dove si rifiuta la realtà per mantenere le proprie convinzioni.
Di conseguenza, le risposte date possono riflettere più l’immagine che la persona ha di sé piuttosto che la verità.
Mancanza di opinioni: Spesso, nelle ricerche sociali, gli intervistati sono interrogati su argomenti complessi e possono sentirsi obbligati a fornire una risposta, anche in assenza di un’opinione formata.
Questo può portare a risposte casuali o a opinioni che emergono solo nel momento dell’intervista.
Converse ha suggerito che la popolazione può essere divisa in due gruppi: uno con opinioni stabili e l’altro senza opinioni formate, che risponde in modo casuale.
Intensità: Le domande standardizzate non rilevano l’intensità o il radicamento delle opinioni.
Di conseguenza, il ricercatore non può distinguere tra opinioni profondamente radicate e quelle superficiali, trattando tutte le risposte come se avessero lo stesso peso, indipendentemente dalla loro intensità o volatilità.
Questo limita la capacità del questionario di differenziare tra opinioni intense e stabili e quelle deboli e volubili.
Sostanza e forma delle domande
La creazione di un questionario è spesso percepita come un’attività semplice, ma in realtà è un processo complesso e che richiede attenzione e dedizione.
Nonostante la mancanza di regole formali per la sua stesura, alcuni suggerimenti possono derivare da studi specifici.
Per formulare un questionario efficace, è fondamentale:
l’esperienza del ricercatore,
la conoscenza della popolazione a cui il questionario è destinato
la chiarezza delle ipotesi di ricerca.
La distinzione tra “domande aperte” e “domande chiuse” è un aspetto cruciale che guida il contenuto delle domande e influisce sulla qualità delle informazioni raccolte.
Dati sociografici, atteggiamenti e comportamenti
Le domande nei questionari possono essere classificate in diverse categorie, ognuna con un obiettivo specifico:
- Domande sociografiche di base:
Queste domande raccolgono informazioni sulle caratteristiche sociali fondamentali di un individuo, come genere, età, luogo di nascita, classe sociale di origine, professione, stato civile e localizzazione geografica.
- Domande sugli atteggiamenti:
Si concentrano sulle motivazioni, sentimenti, valutazioni, giudizi e valori degli individui.
Gli atteggiamenti sono complessi e possono variare notevolmente tra le persone, sia in termini di situazioni specifiche sia di intensità, rendendo la loro rilevazione tramite questionario una sfida.
- Domande sui comportamenti:
Queste domande indagano le azioni concrete degli individui, che sono inequivocabili e osservabili, e quindi possono avere risposte precise e verificabili.
-Domande fattuali: Si riferiscono a eventi o circostanze osservabili e verificabili.
-Domande motivazionali: sono domande che esplorano le opinioni, gli atteggiamenti e le motivazioni degli individui, e sono correlate alle domande sugli atteggiamenti, ma con un focus sulle ragioni dietro tali atteggiamenti.
Domande aperte e domande chiuse
Una delle prime decisioni che il ricercatore deve prendere quando formula una domanda è se presentarla come una domanda aperta o una domanda chiusa.
La domanda aperta è quella in cui l’intervistatore pone la domanda e lascia completa libertà all’intervistato nella formulazione della risposta, che viene poi trascritta integralmente.
La domanda chiusa, invece, è quella in cui, oltre alla domanda, viene presentato all’intervistato un insieme di possibili risposte tra cui scegliere quella che ritiene più adatta al proprio punto di vista.
Iniziamo a discutere della domanda aperta. Si dice che la domanda aperta ha il vantaggio della libertà di espressione. L’elemento di fondo che differenzia i due modelli sta nella spontaneità della risposta.
Con la domanda aperta, dopo aver trascritto la risposta esattamente come formulata dall’intervistato, si è solo a metà del percorso verso la matrice-dati.
È necessaria un’ulteriore fase, la “codifica” delle risposte, ovvero la loro classificazione in un numero limitato di categorie per consentire confronti e analisi quantitative.
In altre parole, le risposte devono essere codificate, standardizzate, per arrivare alla matrice-dati: se non avviene una precodifica (prima della risposta, con la domanda chiusa), sarà necessaria una postcodifica.
In questo processo di codifica successiva il codificatore può fare delle scelte molto soggettive, che potrebbero cambiare il significato della risposta iniziale, in un modo simile a come le domande a risposta chiusa possono influenzare le risposte.
Le risposte aperte sono spesso contraddittorie, incomprensibili, ripetitive, confuse, generiche, ambigue.
Tuttavia, nelle mani di un bravo intervistatore, la domanda aperta può sempre portare a un risultato chiaro e allineato al quadro di riferimento desiderato dal ricercatore.
Per ragioni pratiche, legate ai costi e alla fattibilità, la domanda aperta è stata progressivamente abbandonata nelle grandi indagini campionarie.
Rimane tuttavia applicabile per ricerche su campioni di piccole dimensioni.
La domanda chiusa presenta alcuni vantaggi che sono il diretto opposto di quelli menzionati per la domanda aperta.
Ecco un breve elenco:
- La domanda chiusa offre a tutti lo stesso quadro di riferimento.
La domanda chiusa, attraverso le risposte prestabilite, chiarisce all’intervistato il quadro di riferimento inteso e offre lo stesso quadro a tutti gli intervistati.
Questo tipo di domanda facilita il ricordo, stimola l’analisi e la riflessione, e aiuta a separare alternative che potrebbero essere confuse nella mente dell’intervistato.
Tuttavia, la domanda chiusa presenta anche dei limiti:
- Esclude le alternative di risposta non previste dal ricercatore.
- Le risposte proposte possono influenzare le scelte dell’intervistato.
- Le risposte offerte possono avere significati diversi per ciascun individuo.
La domanda chiusa richiede che tutte le possibili alternative siano presenti tra le opzioni offerte, necessitando quindi di uno studio esplorativo accurato.
Non è praticabile quando le alternative di risposta non sono chiare al ricercatore, sono troppo numerose o complesse.
In indagini campionarie su larga scala, la standardizzazione dello strumento di rilevazione diventa essenziale.
Senza di essa, si rischia di essere sopraffatti da una massa di informazioni non interpretabili.
È possibile, in linea di principio, combinare domande aperte e chiuse per bilanciare i vantaggi di entrambi i tipi.
Formulazione delle domande
La struttura delle domande e le sue caratteristiche:
semplicità di linguaggio: il linguaggio deve essere:
-Accessibile
-adeguato alle caratteristiche del campione studiato;
-semplice in un questionario autocompilato, in quanto durante
la compilazione non è presente l’intervistatore;
-semplice anche in un questionario con intervistatore, perché
gli intervistati potrebbero non confessare la loro incomprensione.
Lunghezza delle domande: le domande devono essere concise, sia per ridurre il tempo dell’intervista, sia per evitare che
l’intervistato perda l’attenzione.
È preferibile, però, utilizzare domande
lunghe nel caso di problematiche più complesse, dando così modo
all’intervistato di riflettere di più durante la lettura della domanda e di
fornire una risposta più articolata.
Numero delle alternative di risposta: nelle domande chiuse le alternative di risposta non devono essere troppo numerose, soprattutto se vengono presentate a voce. Nel caso le alternative siano numerose, è bene presentarle in forma scritta.
Definizioni ambigue: non bisogna usare termini dal significato non ben definito.
Parole dal forte connotato negativo:
evitare termini carichi di significato emotivo, soprattutto se negativo.
Ad esempio, “Lei picchia suo figlio?”, la parola “picchiare” ha un forte contenuto negativo.
Domande sintatticamente complesse
(per esempio,
doppia negazione): È preferibile non chiedere all’intervistato di valutare affermazioni negative che criticano qualcosa o qualcuno. Se l’intervistato è favorevole a ciò che viene criticato, si troverà costretto a rispondere in modo negativo.
Domande con risposta non univoca: sono da evitare le domande multiple e le domande la cui problematica non è ben
articolata.
Sono multiple le domande formulate in modo tale che in una domanda ce ne siano più di una.
Domande non discriminanti: Le domande dovrebbero essere create per distinguere tra le diverse risposte dei partecipanti
Una domanda che ottiene il 90% delle risposte risulta inutile. Per questo motivo, nel formulare le alternative di risposta è bene evitare risposte che attirino ovviamente una quota elevata di consensi.
Domande tendenziose: a volte, inconsapevolmente, il ricercatore costruisce una domanda, la quale, per gli aggettivi usati, per gli esempi che riporta, orienta l’intervistato verso una delle possibili alternative di risposta, invece di presentarle in modo equilibrato
Comportamenti presunti: non si devono dare per scontati comportamenti che non lo sono.
Ad esempio, non chiedere
all’intervistato per chi ha votato nelle ultime elezioni, senza prima chiedergli se è andato a votare.
A questo punto bisogna distinguere tra:
domande filtro: permettono di selezionare gli intervistati prima di porre una domanda;
domande condizionate: poste solo se alla domanda filtro il soggetto ha risposto in un determinato modo.
Focalizzazione nel tempo: È importante perché aiuta a ricordare meglio e impedisce di confondere come ci si comporta normalmente con come si vorrebbe comportarsi.
Ad esempio, le domande “Con che frequenza lei abitualmente legge il giornale?” oppure “Quante volte va al cinema al mese?” sono esposte al rischio che l’intervistato risponda in base al
“dover essere”, all’immagine che ha di sé e che vuole dare.
A queste domande, dunque, è bene aggiungerne una seconda riferita ad un
preciso momento temporale.
Concretezza/astrazione: la domanda astratta può dare luogo a risposte generiche o superficiali.
La concretezza, invece, facilita la riflessione, l’immedesimazione nel problema reale; rende più difficile il fraintendimento.
Comportamenti e atteggiamenti: Gli atteggiamenti sono spesso più incerti e soggetti a risposte basate su regole o aspettative sociali, rispetto ai comportamenti.
È, quindi, opportuno, quando è possibile, focalizzare la domanda su un comportamento invece di restare nell’ambito dell’opinione
Desiderabilità sociale delle risposte: è meglio formulare domande legandole il più possibile a casi concreti e in modo da
rendere accettabile anche la risposta meno desiderabile.
Oppure si possono formulare domande equilibrando la desiderabilità delle risposte.
Oppure si possono formulare domande in terza persona, spostando così
l’attenzione su una persona diversa dall’intervistato.
Nonostante ciò, tali accorgimenti non eliminano del tutto gli effetti della desiderabilità sociale
Domande imbarazzanti: ci sono determinate questioni delicate, come il comportamento sessuale, il reddito, i comportamenti devianti (droga, alcolsmo), etc. difficili da studiare con il questionario
somministrato dall’intervistatore. In questi casi si può chiedere all’intervistato di autocompilare il questionario.
Mancanza d’opinione e non so: la risposta “non so” è legittima come tutte le altre e può essere inserita nelle alternative
proposte.
Bisogna, però, tener presente che il soggetto insicuro, che non ha un’opinione sull’argomento che gli è stato proposto o che si sente a disagio a rispondere “non so”, risponderà a caso oppure ricercherà un indizio qualunque per scoprire la risposta giusta.
Intensità degli atteggiamenti: sugli atteggiamenti gli intervistati non si distinguono solo in favorevoli e contrari, ma è importante anche saper cogliere la gradazione di intensità di tali
posizioni, in quanto è l’intensità a determinare il comportamento.
Distorsione sistematica delle risposte: si distinguono due tipi di errore, cioè due tipi di distorsione:
1.
acquiescenza: consiste nella tendenza da parte degli intervistati
a scegliere le risposte che esprimono accordo, cioè a dare risposte affermative
piuttosto che negative.
Tipico atteggiamento di persone con basso livello culturale;
2.
uniformità delle risposte: consiste nel fatto che, di fonte ad una batteria di domande tutte con lo stesso tipo di alternative di
risposta, ci possono essere intervistati che, per pigrizia o per mancanza
di opinioni, rispondono sempre allo stesso modo.
Tale problema si risolve formulando le risposte in modo che un individuo coerente debba rispondere in modo positivo ad alcune domande e in modo negativo ad altre.
Effetto memoria: Le domande relative a fatti e comportamenti avvenuti nel passato possono presentare difficoltà dovute a incompletezze o distorsioni del ricordo.
Per rafforzare la validità di domande basate sul ricordo, si possono adottare alcuni accorgimenti:
- Stabilire limiti temporali al ricordo.
- Utilizzare punti di riferimento temporali relativi ad eventi più salienti di quello studiato, per fissare la data di un avvenimento passato.
- Presentare all’intervistato liste di possibili risposte.
Un comportamento riferito al passato difficile da ricostruire attraverso il ricordo è quello relativo al voto. È frequente l’effetto del salto sul carro del vincitore, cioè, nel periodo successivo al voto, la maggior parte degli intervistati tende a dichiarare di aver votato i vincitori delle elezioni, anche se magari hanno votato diversamente.
Sequenza delle domande: in merito a questo punto si devono seguire determinati criteri:
1.
rapporto intervistatore-intervistato: tale rapporto è asimmetrico, perché l’intervistatore ha dimestichezza con l’intervista e ne conosce le finalità. L’intervistato, invece, non sa perché viene
interrogato, non capisce perché sia stato scelto proprio lui e ha paura di
sbagliare le risposte.
L’intervistatore deve rassicurare l’intervistato e fargli capire, con le prime domande facili, non troppo invadenti né
personali, come funziona il questionario.
2.
Stanchezza dell’intervistato: il questionario deve essere strutturato in modo da non far perdere concentrazione e attenzione
all’intervistato.
Per questo motivo le domande più impegnative saranno collocate nella parte centrale dell’intervista, lasciando alla fine le domande che non richiedono riflessione.
La durata media di un questionario deve essere di circa 45 minuti nel caso dell’intervista faccia a-faccia e di 25 minuti nel caso dell’intervista telefonica.
3.
Sequenzialità dell’intervista: l’intervista deve fluire in modo naturale e i temi trattati devono essere sviluppati in sequenza
logica.
Nella sequenza delle domande, si rispetta il criterio a imbuto, cioè del passaggio da domande generali a domande particolari.
4.
Effetto contaminazione: in alcuni casi la risposta ad una domanda è influenzata dalle domande precedenti.
Batterie di domande
-
Batterie di domande:
Spesso nei questionari, le domande sono formulate nello stesso modo, con la stessa domanda introduttiva e le stesse alternative di risposta, ma variano gli oggetti a cui si riferiscono.
Queste domande vengono presentate all’intervistato in un unico blocco e hanno diversi obiettivi:- Risparmiare spazio sul questionario e tempo di intervista.
- Facilitare la comprensione del meccanismo di risposta, che, una volta appreso per la prima domanda, rimane uguale per le successive.
- Migliorare la validità della risposta.
- Permettere al ricercatore, durante l’analisi dei dati, di costruire indici sintetici che riassumono in un unico punteggio le diverse domande della batteria.
- Termini assoluti: Ogni elemento della batteria è un’entità autosufficiente, alla quale l’intervistato può rispondere indipendentemente dalle altre domande.
- Termini relativi: La risposta è il risultato di un confronto con le altre possibili risposte. Questo approccio è migliore per la valutazione del punto di vista dell’intervistato, perché permette di differenziare meglio le diverse posizioni.
Organizzazione della rilevazione
Le fasi che precedono la rilevazione dei dati sono:
- Studio esplorativo preliminare:
Prima di poter formulare delle domande, il ricercatore deve conoscere l’oggetto del suo studio.
Per i questionari standardizzati con domande chiuse, è necessario conoscere non solo le questioni e gli interrogativi ma anche le possibili risposte.
Gli intervistatori dovrebbero iniziare con interviste a domande aperte su campioni della popolazione oggetto di studio e usare le risposte per costruire le alternative alle domande chiuse.
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Pre-test:Dopo aver preparato il questionario, è essenziale collaudarlo con un pre-test.
A causa della rigidità del questionario, che non può essere modificato una volta stampato e iniziata la rilevazione, il pre-test è necessario per identificare le eventuali modifiche da apportare prima dell’inizio effettivo della rilevazione.
Il pre-test può essere condotto su poche decine di casi, su un campione di soggetti con le stesse caratteristiche della popolazione studiata.
Le interviste devono essere effettuate dagli intervistatori e nelle stesse condizioni dell’intervista definitiva.
Il pre-test serve anche a determinare la durata dell’intervista, dato che spesso il questionario contiene troppe domande, alcune delle quali saranno eliminate nel questionario definitivo.
- Preparazione e supervisione degli intervistatori:
la fase di preparazione consiste in un primo incontro fra équipe di ricerca e intervistatori, con lo scopo di presentare la ricerca, descrivere il suo disegno ed illustrare lo strumento di rilevazione (questionario).
A seguito di questo incontro ci saranno le interviste di prova (pre-test), alla fine delle quali ci sarà un ulteriore incontro per discutere sul funzionamento dello strumento.
Una volta formulato il questionario definitivo, si inizia la rilevazione vera e propria.
Contestualmente alla rilevazione, i supervisori si occuperanno della consulenza (risoluzione di problemi nati in corso di rilevazione) e del controllo.
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Contatto iniziale con i soggetti intervistati:Sono importanti le modalità con cui l’intervistatore si presenta, sia in termini di aspetto esteriore che di motivazioni.
Nel momento in cui si presenta, l’intervistatore deve chiarire alcuni punti all’intervistato:- Chi è il committente della ricerca.
- Gli obiettivi della ricerca.
- Il motivo per cui l’intervistato è stato scelto.
- L’importanza della collaborazione dell’intervistato.
- L’anonimato delle risposte.
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Forma grafica del questionario:
- Distinguere il testo per l’intervistato da quello per il ricercatore, solitamente con istruzioni in maiuscolo.
- Indicare chiaramente i passaggi da una domanda all’altra e le domande da saltare.
- Il questionario deve essere graficamente compatto e non troppo lungo.
- Numerare ogni risposta per facilitare la codifica.
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Questionari autocompilati:
- Devono essere facilmente comprensibili senza istruzioni preliminari.
- Le domande devono essere semplici e brevi.
- L’impostazione grafica deve essere compatta e chiara.
- Evitare salti di domande e domande condizionate.