CAP 3 La traduzione empirica della teoria Flashcards

1
Q

Struttura tipo della ricerca quantitativa

A

La ricerca quantitativa è un processo strutturato che segue passaggi precisi. La ricerca scientifica è un processo creativo con procedure stabilite. Reichenbach distingue tra la creazione di un’idea e la sua presentazione e giustificazione.

La ricerca empirica deve essere condotta in un contesto condiviso, poiché la scienza è un lavoro di gruppo. Gli studiosi devono seguire un metodo organizzato e utilizzare strumenti e tecniche affermate.

La ricerca sociale è un ciclo che parte dalla teoria, passa per la raccolta e l’analisi dei dati, e ritorna alla teoria. Include la teoria, le ipotesi, raccolta dati, l’analisi dei dati e risultati.

Nella ricerca quantitativa, i dati vengono trasformati in numeri per l’analisi.
I risultati sono poi confrontati con la teoria iniziale per confermarla o modificarla.

Questo è il percorso ideale della ricerca sociale quantitativa, ma può cambiare nella pratica.

Guarda schema pag 79

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Q

1.Dalla teoria alle ipotesi - Teoria

A

Una teoria è un gruppo di proposizioni correlate che spiegano e prevedono la realtà in modo astratto e generale. Queste proposizioni si basano su modelli osservati e possono fare previsioni su eventi futuri.
Ci sono quattro punti importanti in questa definizione:

  • Insieme di proposizioni: Un gruppo di affermazioni coerenti, spesso legate a cause, unite da regole logiche.
  • Astrazione e generalizzazione: La teoria supera gli eventi specifici osservati, sia in termini di idee (astrazione) che di utilizzo (generalizzazione).
  • Derivata da regolarità empiriche: La teoria nasce dall’osservazione di modelli che si ripetono nella realtà.
  • Produttiva di previsioni empiriche: Una teoria basata sull’osservazione di certi modelli può prevedere eventi in situazioni diverse.

Un esempio classico è la teoria del suicidio di Durkheim, Durkheim ha una teoria del suicidio che distingue tre tipi principali: egoistico, altruistico e anomico.
Per il suicidio egoistico, l’idea chiave è:

“Se l’individualismo in un gruppo sociale è alto, allora ci saranno più suicidi in quel gruppo”.

Questa idea, che collega individualismo e suicidio, è astratta, generale, basata su modelli osservati e può fare previsioni su eventi futuri.

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3
Q

2.2. Ipotesi

A

Un’ipotesi è un’idea che collega diversi concetti.
È meno astratta e generale rispetto a una teoria e ha due caratteristiche principali:

  • Minor astrazione e maggiore specificità: Un’ipotesi è più specifica e meno astratta rispetto a una teoria.
  • Carattere di provvisorietà: Un’ipotesi è un’idea temporanea che proviene da una teoria e ha bisogno di essere testata con dati reali per essere confermata.

Ad esempio, dalla teoria generale di Durkheim, possiamo trarre diverse ipotesi specifiche che possono essere verificate con dati reali.

La validità di una teoria dipende dalla sua capacità di essere convertita in ipotesi che possono essere verificate con dati reali. Questo è il criterio per essere scientifico. Se una teoria è poco chiara, è difficile trasformarla in questo modo e rimane solo un’ipotesi non verificata.

Merton fa una distinzione tra generalizzazione empirica e teorie. Secondo Merton, iniziamo a vedere una teoria quando diverse generalizzazioni empiriche sono collegate e inserite in un sistema di idee ad un livello più astratto.

Per esempio, Durkheim non si è solo accorto di un legame tra suicidio e protestantesimo. La sua scoperta è diventata una teoria quando l’osservazione è stata inserita in un sistema di idee più ampio che include “individualismo” e “coesione sociale”, e nel contesto dei suoi tre tipi di suicidio.

La generalizzazione empirica, che è solo una descrizione della realtà, non permette di fare previsioni oltre ciò che è stato osservato.
D’altra parte, una teoria, che è più astratta, permette di fare ipotesi anche in aree diverse da quelle in cui è stata creata.

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4
Q

2.3. La trasformazione della teoria in ipotesi

A

Cambiare una teoria in ipotesi specifiche è un passo importante nella ricerca.
Un esempio è la teoria di Inglehart, che dice che i valori delle persone nate dopo la guerra sono diversi da quelli delle persone nate prima, con un maggiore interesse per la qualità della vita rispetto alla sicurezza fisica ed economica.

Da questa teoria generale possono essere derivate diverse ipotesi specifiche:

  1. Differenza generazionale: Ci dovrebbe essere una grande differenza nei valori tra i giovani e gli anziani in tutti i paesi occidentali.
  2. Differenze tra nazioni: La differenza tra le generazioni dovrebbe essere più grande nei paesi dove la qualità della vita è migliorata di più per le persone nate prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Ad esempio, questa differenza dovrebbe essere molto grande in Germania e molto piccola in Inghilterra.

  1. Rilevanza dei valori postmaterialisti: Ci dovrebbero essere più persone con valori postmaterialisti nei paesi più ricchi come Belgio, Paesi Bassi e Svizzera, rispetto a Spagna, Grecia e Italia.

Queste supposizioni possono essere facilmente trasformate in azioni pratiche e quindi sottoposte a controllo empirico.

Non sempre la ricerca segue l’ordine di teoria, ipotesi, raccolta dati.
A volte, le ipotesi si formano dopo aver raccolto i dati e vengono poi confrontate con essi. Un esempio è uno studio in Italia sulle decisioni individuali riguardanti l’istruzione.

L’autore esamina se continuare gli studi dopo la scuola media e il diploma, confrontando tre diversi modi di pensare all’azione individuale: l’approccio strutturalista, l’approccio della non intenzionalità e l’approccio dell’intenzionalità.

Per affrontare questioni empiriche, l’autore usa dati da due sondaggi esistenti, fatti per scopi generali. Il sondaggio aveva domande sul desiderio di continuare gli studi, usate per rispondere alle domande. L’autore parte da tre ipotesi specifiche di comportamento e analizza i suoi dati per vedere quale si verifica realmente nel caso empirico studiato.

A volte, la teoria è usata dopo l’analisi dei dati per spiegare un risultato strano o inatteso.
Per esempio, in uno studio sull’astensionismo elettorale, gli autori hanno provato due ipotesi: che l’astensionismo fosse dovuto all’apatia politica o alla protesta.
Ma i dati hanno mostrato un risultato inaspettato, che contraddiceva entrambe le ipotesi.
Le donne delle città principali erano quelle che si astenevano di più.

Per spiegare questo risultato sorprendente, gli autori hanno usato la teoria delle “pressioni incrociate”.
Secondo questa teoria, quando un elettore riceve stimoli di uguale intensità ma in direzioni opposte, è probabile che eviti il conflitto legato alla decisione, scegliendo di non votare.

A volte, l’ordine classico “teoria-ipotesi-osservazione” cambia e i dati vengono raccolti prima delle ipotesi. Questo può succedere quando si fa un’analisi secondaria su dati raccolti in precedenza da altri ricercatori.
Inoltre, a volte la teoria non è abbastanza chiara per formulare ipotesi precise.

In questi casi, la ricerca può essere principalmente descrittiva o può cercare di esplorare una vasta gamma di problemi per permettere analisi future più specifiche.

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5
Q

3.Dai concetti alle variabili

A

Un “concetto” è il significato di parole o immagini mentali.
Può riferirsi a idee astratte o a cose reali.

I concetti sono “gli elementi base della teoria” e attraverso la loro applicazione pratica si trasforma una teoria in qualcosa di concreto.
Questo processo collega il lato teorico con il mondo reale osservabile.

L’applicazione pratica di un concetto avviene attraverso la misurazione.

Il primo passo nel processo di trasformazione dei concetti in qualcosa di concreto consiste nell’applicarli a cose reali, trasformandoli in caratteristiche o proprietà di oggetti specifici, chiamati unità di analisi.

Il secondo passo è dare una definizione pratica al concetto come proprietà, stabilendo le regole per trasformarlo in operazioni empiriche.

Il terzo passo è l’applicazione delle regole menzionate ai casi reali studiati.
Questa è la fase dell’operativizzazione in senso stretto.
La definizione operativa è un “testo”; l’operativizzazione è un “fare”.
La proprietà così applicata viene chiamata variabile.
Chiamiamo modalità gli stati operativizzati della proprietà a ognuna delle quali viene assegnato un differente valore (generalmente un numero)

La definizione di “misurazione” nei manuali di metodologia è quella data da Stevens negli anni ‘40, che dice che la misurazione è l’assegnazione di numeri a cose o eventi seguendo certe regole.
Ma come Marradi ha sottolineato, se non si ha un’unità di misura, non è corretto parlare di misurazione.
In questi casi, il passaggio da proprietà a variabile è un’operazione diversa dalla misurazione, che può essere una classificazione, un ordinamento o un conteggio.

Il termine “operativizzare” si riferisce al passaggio da proprietà a variabili, che è il collegamento che unisce teoria e ricerca.

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6
Q

4.Unità di analisi

A

L’unità di analisi è l’oggetto della ricerca, l’elemento sociale a cui si riferiscono le proprietà studiate nella ricerca empirica. Questa può essere un episodio di ribellione sociale, un aggregato territoriale, o un individuo.

Quando c’è una ribellione sociale, si raccolgono informazioni come quanti hanno partecipato, chi sono state le vittime, quanto è durata, chi era coinvolto, perché erano arrabbiati, come hanno protestato e come era la società.

Queste informazioni aiutano a capire se la violenza è legata a cambiamenti sociali che hanno creato aspettative non soddisfatte, e solitamente a situazioni di mancanza relativa piuttosto che assoluta.

Se stiamo studiando un aggregato territoriale, potremmo fare una ricerca per capire quanto bene stanno economicamente le regioni di un paese in un certo momento storico, e quanto forte è il desiderio di rivoluzione.
Poi, possiamo vedere se queste due variabili sono collegate.

Se stiamo studiando un’unità di analisi dell’individuo, potrebbe essere controllata empiricamente la teoria della privazione relativa applicata all’estremismo politico.

La traduzione empirica di un concetto astratto avviene assegnandolo come proprietà a un oggetto sociale concreto.

4.1 Diversi tipi di unità di analisi - Singole, Collettive, Aggregate, Prodotti Culturali

Nella ricerca sociale, l’unità di analisi può essere un individuo, un gruppo di persone, un evento o un prodotto culturale.

Nella ricerca sociale, l’individuo è spesso l’unità di analisi.
Quando si studia un gruppo, le variabili possono venire da calcoli fatti su dati individuali, come nelle statistiche ufficiali.
In alcuni casi, i dati vengono raccolti a livello di gruppo.

Le unità di analisi possono essere eventi, come proteste o elezioni.
In questi casi, si registrano proprietà specifiche dell’evento, come la posizione, i partecipanti, le organizzazioni presenti e il livello di spontaneità.

Un tipo di unità di analisi può essere un simbolo o un prodotto culturale.
Nella ricerca, gli esempi di una unità di analisi sono chiamati casi.

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7
Q

par 5
Le Variabili

A

A Pag 93 c’è un esempio preciso

Per “variabile” si intende un concetto operativizzato, che consiste nella proprietà operativizzata di un oggetto. Essa può variare tra diversi stati o modalità.

La variazione di una variabile può realizzarsi in due modi:

1. Nel tempo, su di uno stesso caso, in uno studio longitudinale o diacronico (es.: reddito di A in un anno e reddito di A dopo 5 anni). 

2. Tra casi diversi nello stesso tempo, in uno studio trasversale o sincronico (es.: il sesso dell’individuo A e il sesso dell’individuo B).  Se la variabile non cambia nell’insieme degli oggetti studiati prende il nome di costante.

Ci sono 5 criteri di distinzione tra variabili ma noi ne affrontiamo 4:

1. Distinzione tra variabili non manipolabili e variabili manipolabili:

Con le variabili non manipolabili il ricercatore non può intervenire su di esse e può solo limitarsi ad assegnare le variabili ai soggetti, sulla base delle loro caratteristiche.
Ci sono momenti in cui il ricercatore può cambiare intenzionalmente le variabili, cioè può modificare in modo controllato le condizioni dei partecipanti allo studio.

  1. Differenza tra variabili dipendenti e indipendenti:

In una relazione tra due variabili, la variabile “indipendente” è quella che causa un cambiamento, e la variabile “dipendente” è quella che subisce il cambiamento. Se il cambiamento è causato direttamente, la causa è la variabile indipendente e l’effetto è la variabile dipendente.
Se ci sono più di due variabili coinvolte, la relazione è multivariata: c’è una variabile dipendente, mentre le variabili indipendenti sono quelle che causano il cambiamento. Un altro modo di chiamare queste variabili è “stimolo” e “risposta”.

  1. La differenza tra variabili latenti e variabili osservate:

Si basa sulla possibilità di misurarle direttamente.
Le variabili latenti sono concetti generali o complessi (come lo stato socioeconomico o l’intelligenza) che non possono essere misurati direttamente. Per studiare queste variabili, usiamo variabili osservabili che sono strettamente correlate a loro.

  1. Distinzione tra variabili individuali e variabili collettive:

Nelle scienze sociali si usano spesso variabili che non sono proprietà di individui, ma di gruppi.
Possiamo trovare due fondamentali tipi di variabili collettive:

1. LE VARIABILI AGGREGATE: sono quelle che prendono in considerazione le caratteristiche di un gruppo, basandosi sulle caratteristiche dei singoli membri di quel gruppo.  Queste variabili vengono misurate a livello individuale, e poi vengono combinate attraverso un calcolo matematico per creare una variabile di gruppo.

2. LE VARIABILI GLOBALI sono caratteristiche uniche di un gruppo che non provengono dalle caratteristiche dei singoli membri del gruppo.  A volte, in ricerche condotte a livello individuale, si assegnano alle persone caratteristiche del gruppo a cui appartengono.  Queste variabili di gruppo assegnate alle persone sono chiamate variabili contestuali.
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8
Q

Concetti e Indicatori

A

La rilevazione empirica di un concetto passa attraverso 4 fasi:

1) Articolazione del concetto in dimensioni

2) La scelta degli indicatori

3) la loro operativizzazione

4) la formazione degli indici

  1. Articolazione del concetto in dimensioni:
    • “I concetti possono essere organizzati su una scala che va da generale a specifico e da astratto a concreto.
      Più un concetto è generale o astratto, più difficile è misurarlo o osservarlo direttamente.
      Al contrario, un concetto specifico o concreto è più facile da osservare o misurare.”
    • “I concetti usati nella ricerca sociale sono spesso ampi, astratti e difficili da definire in modo pratico.
      Quindi, c’è bisogno di semplificarli dividendo questi concetti in idee più piccole e specifiche che possono essere misurate o osservate.”
    • “Lazarsfeld consiglia, per i concetti complessi, di comprendere tutti i contesti e le applicazioni possibili. Questo processo inizia con un’analisi teorica del concetto nelle sue componenti principali.
      Successivamente, il concetto viene suddiviso in vari sottoconcetti, chiamati dimensioni.”
  2. Scelta degli indicatori:

Sono aiuti per formulare ipotesi

* "Queste idee più piccole e specifiche sono chiamate indicatori. Gli indicatori sono legati ai concetti più ampi e servono a rappresentarli in modo più semplice e concreto."

* "Per esempio, se vogliamo studiare la “disoccupazione”, dobbiamo definirla in modo più preciso, quindi usiamo un indicatore specifico come quello fornito dall’Istat.  Se vogliamo studiare il “rendimento scolastico”, possiamo usare la media dei voti come indicatore.  Se vogliamo studiare lo “status sociale”, possiamo usare il tipo di lavoro come indicatore."

* "Per ogni dimensione, si identificano degli indicatori creando delle ramificazioni."

* "È meglio scegliere indicatori che corrispondono il più possibile al concetto e minimizzando le parti non correlate.  Poiché un indicatore copre solo una parte del concetto, si possono utilizzare più indicatori per rappresentare completamente un concetto. 

Ad esempio, la libertà politica può essere rappresentata da vari indicatori come la libertà di stampa, la libertà di creare un nuovo partito politico, il diritto di voto, ecc.”

  1. Operativizzazione degli indicatori:
    • “La relazione tra un concetto e il suo indicatore non è standardizzabile, ma dipende dal giudizio del ricercatore. Quindi, la scelta di quale indicatore usare è lasciata alla decisione del ricercatore.”
    • “In questa fase, il ricercatore usa ciò che sa già, le idee che ha sviluppato e le ricerche fatte da altri nella sua comunità scientifica.
      Potrebbe anche usare analisi preliminari sul tema che sta studiando.”
    • “Un indicatore può solo parzialmente coincidere con il concetto che rappresenta e può dipendere da un altro concetto.
      Marradi fa una distinzione nell’indicatore: una parte che ha lo stesso significato del concetto rappresentato e un’altra parte che non ha nessuna correlazione.
    • “La relazione tra un indicatore e idee più ampie può variare a seconda del contesto sociale, storico e culturale. Inoltre, un singolo indicatore può rappresentare concetti generali, anche se questi concetti sono diversi tra loro.”
  2. Formazione degli indici:
    • “Dato il gran numero di indicatori, è necessario sintetizzare le variabili prodotte in un unico indice.”
    • “Gli indicatori sono ancora dei concetti, ma si tratta di concetti più specifici e più facilmente operativizzabili dei concetti generali; Gli indici, invece, sono una combinazione di indicatori utilizzati per ricreare il concetto generale.”
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9
Q

Errore di Rilevazione

A

L’errore di rilevazione, importante nella ricerca sociale, è la differenza tra il concetto teorico e la variabile empirica. Questo errore si divide in errore sistematico e accidentale.
Quindi, il valore che osserviamo è composto da tre elementi: il vero valore del concetto (che non possiamo osservare o misurare), e i due tipi di errore.

Errore Sistematico

L’errore sistematico è un errore costante che si verifica in tutte le misurazioni.
Il suo errore medio è un numero diverso da zero. Questo tipo di errore è comune in tutte le applicazioni di una specifica misurazione.

Errore Accidentale

L’errore accidentale è un errore variabile, che varia da rilevazione a rilevazione. Queste variazioni, considerando tutte le possibili misurazioni e campioni, tendono ad avere una media di zero.
Questo errore è specifico per ogni singola misurazione.
Tali Errori possono essere fatti sia nella fase teorica che in quella empirica.

L’errore nella fase di indicazione

L’errore nella scelta degli indicatori per rappresentare un concetto è un errore sistematico.
Se l’indicatore non rappresenta bene il concetto originale, c’è un difetto nel rapporto di indicazione.
Un indicatore è più valido se la sua parte rappresentativa è grande e la sua parte non correlata è piccola.

L’errore compiuto durante l’operativizzazione (il passaggio da concetto a variabile) può essere sia sistematico che accidentale.
Si possono distinguere tre fasi, in ognuna delle quali si possono compiere errori:

1. Errori di selezione: Questi sono gli errori che si verificano quando una ricerca utilizza un campione di soggetti invece dell'intera popolazione. Ci sono tre tipi di errori di selezione:    - Errore di copertura: se la lista del campione non è completa.    - Errore di campionamento: se cambiando il campione cambierebbe anche il risultato.    - Errore di non risposta: se alcuni soggetti del campione non sono raggiungibili o si rifiutano di rispondere.
  1. Errori di osservazione: Questi possono derivare da quattro fonti: l’intervistatore (se influisce sull’intervistato), l’intervistato (se non capisce o non dice la verità), lo strumento (se le domande sono formulate male), e il metodo di somministrazione (telefono o questionario).
  2. Errori nel trattamento dei dati: Questi includono errori di trascrizione, codifica, ecc., dei dati raccolti.
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10
Q

Attendibilità e Validità

A

ATTENDIBILITA’

L’attendibilità riguarda la capacità di ottenere risultati coerenti attraverso prove ripetute con lo stesso strumento di rilevazione o strumenti equivalenti. In altre parole, se un concetto viene tradotto in una variabile attraverso una certa procedura, l’attendibilità indica quanto spesso otterremmo lo stesso risultato.

La prima forma di attendibilità studiata è stata la stabilità nel tempo della rilevazione.

Essa può essere misurata attraverso la cosiddetta tecnica di test-retest consistente nel replicare la rilevazione (sugli stessi soggetti) e nel calcolare la correlazione fra i due risultati.
Applicare questa soluzione nelle scienze sociali è difficile a causa della reattività umana e dei possibili cambiamenti nel soggetto tra i test.

La replica nel tempo, inoltre, permette di controllare le accidentalità che variano da momento a momento della somministrazione, ma non controlla le variazioni dovute allo strumento o al metodo di somministrazione.

È stata quindi proposta una seconda definizione di attendibilità nei termini di équivalenza, dove L’attendibilità si misura confrontando due metodi simili. Un modo comune per farlo è dividere un test a metà e correlare i risultati delle due parti.

Le forme equivalenti sono due test simili che si pensa misurino lo stesso valore, differendo solo per errori casuali.

Una terza soluzione per misurare l’attendibilità è quella che si basa sul presupposto che gli errori casuali possono variare non solo tra diversi test, ma anche tra diverse domande all’interno dello stesso test.
Da qui nascono le misure basate sulla coerenza interna.

È più difficile valutare l’attendibilità quando si studiano comportamenti specifici di un individuo o quando l’unità di analisi non è un individuo.

VALIDITÀ

La validità si riferisce a quanto una procedura riesce a rilevare correttamente il concetto che vuole rilevare.

La validità, che è importante ma difficile da gestire, riguarda quanto un indicatore rileva accuratamente il concetto che intende.
Se c’è un errore sistematico dietro un errore di validità, è difficile da rilevare perché si ripete costantemente.
L’errore di validità generalmente si verifica quando si passa da un concetto a un indicatore.
È molto difficile stabilire e misurare la validità di un indicatore.

La validità può essere suddivisa in due aspetti principali: la “validità di contenuto” e la “validità per criterio”.
La validità di contenuto, che è teorica, verifica se l’indicatore copre tutto il significato del concetto che intende misurare.

La “validità per criterio” è un tipo di validità che si basa sulla corrispondenza tra l’indicatore e un criterio esterno correlato al concetto, piuttosto che sulla corrispondenza tra l’indicatore e il concetto stesso. Questo criterio può essere un altro indicatore riconosciuto come valido o un fatto oggettivo, solitamente comportamentale.

La “validità per criterio” ha diverse forme. Una di queste è la “validità predittiva”, che collega l’indicatore a un evento futuro correlato.

La “validità concomitante” si verifica quando un indicatore è collegato a un altro indicatore misurato nello stesso momento. Un esempio importante di validità concomitante è la “validità per gruppi noti”, dove l’indicatore è usato su soggetti con una posizione nota sulla proprietà da rilevare.

La “validità di costrutto”, un terzo tipo di validità, è una combinazione della validità di contenuto e per criterio.
Si riferisce a quanto bene un indicatore corrisponde alle aspettative teoriche in termini di relazioni con altre variabili.

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