CAP 1 I paradigmi della ricerca sociale Flashcards

1
Q

I PARADIGMI DELLA RICERCA SOCIALE

A

La ricerca sociale è utile per conoscere in profondità un determinato fenomeno sociale.
Può essere intrapresa, ad esempio, per realizzare campagne pubblicitarie, per approvare un intervento sociale, o per valutare l’efficacia di un evento.
Per capire le reazioni del pubblico, infatti, è necessario impostare e realizzare una ricerca sociale.
È importante, nel momento in cui si pianifica la ricerca, avere un’idea realistica del contesto in cui si opera. Non ci si deve quindi basare sulla propria esperienza: l’oggettività è garantita dal metodo, che è la guida per realizzare la ricerca e consente di rendere espliciti e comunicabili i risultati anche ad altri, ovvero rende intersoggettivamente verificabile la ricerca.

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2
Q

Tipi di Ricerca Sociale

A

La ricerca sociale può essere applicata o pura: il procedimento è il medesimo, cambia solo l’obiettivo.

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3
Q

Ricerca Applicata

A

L’obiettivo è risolvere un problema (es.: valutare gli effetti di una campagna pubblicitaria).
Può essere informativa, ovvero realizzata prima di mettere in atto un certo intervento, per raccogliere informazioni utili a progettarlo, o valutativa, ovvero finalizzata a valutare se l’intervento realizzato ha raggiunto lo scopo prefissato.

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4
Q

Ricerca Pura

A

Risponde a un’esigenza conoscitiva, a una curiosità.

Può essere esplorativa, se ha dei costi contenuti e il ricercatore si dedica a un interesse o fenomeno relativamente nuovo, di cui non si ha un’idea precisa, per cui la ricerca non entra nel dettaglio, o se è finalizzata a testare strumenti, metodi e tecniche di rilevazione, che verranno utilizzati poi in ricerche più impegnative (es.: un questionario, per capire se è ben compreso nelle sue domande).

La ricerca descrittiva ha lo scopo di rispondere alla domanda “What?”, ovvero descrive un evento o un fenomeno; è lo scopo della maggior parte degli studi scientifici.

La ricerca esplicativa ha lo scopo di rispondere alla domanda “Why?”, ovvero non vuole descrivere un fenomeno ma capirne le cause e i motivi che lo scatenano.

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5
Q

Metodo Scientifico

A

Per avere dei dati oggettivi è importante utilizzare un metodo scientifico, per poter distinguere il fatto dall’opinione.
Il metodo scientifico è un insieme di regole e principi che consentono di ordinare, sistemare, accrescere le nostre conoscenze in un determinato campo del sapere.
Esso economizza le forze, in quanto si conoscono già le procedure da seguire, quindi preserva dall’errore, e consente la comunicazione e la condivisione delle ricerche scientifiche, ovvero che ciò che uno fa può essere controllato dall’altro, in quanto il linguaggio utilizzato è conosciuto da tutti gli scienziati.
Nelle scienze dure, in genere, tutta la comunità degli scienziati condivide gli stessi principi, metodi e teorie.

Nelle scienze sociali, al contrario, esistono comunità di scienziati che sono in contrapposizione tra loro, che hanno idee diverse su come si fa scienza nel campo umanistico.
Esistono quindi orientamenti e approcci diversi.

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6
Q

Paradigma Scientifico

A

Thomas Kuhn, per spiegare questa presenza di gruppi di scienziati che si contrappongono tra loro nelle scienze sociali, definisce così il paradigma scientifico: “insieme di assunti, concetti, teorie e strumenti per l’indagine scientifica relativi ad una specifica disciplina in un determinato periodo storico”.

Egli con paradigma intende una prospettiva teorica condivisa e riconosciuta dalla comunità di scienziati di una determinata disciplina, che opera indirizzando la ricerca in termini sia di scelta dei fatti rilevanti da studiare, sia delle tecniche di ricerca necessarie.
Senza un paradigma, una scienza è priva di orientamenti: esso ne rappresenta una guida.
Kuhn definisce scienza normale quelle fasi di una disciplina scientifica durante le quali predomina un determinato paradigma, in cui quindi tutta la comunità condivide lo stesso paradigma.

Vi sono poi dei momenti di scienza rivoluzionaria, dei punti di rottura che si possono evidenziare nella storia, in cui si presentano comunità in contrapposizione tra loro, in cui convivono contemporaneamente più paradigmi.
Un esempio è il passaggio dal paradigma geocentrico al paradigma eliocentrico.
Nella storia, quindi, vi sono momenti in cui due paradigmi convivono, ovvero momenti di scienza rivoluzionaria, che esistono fino a quando un paradigma diventa dominante e si torna a un momento di scienza normale.

Le scienze sociali sono prive di un unico paradigma largamente condiviso dalla comunità scientifica.
Vi è, infatti, una compresenza di più paradigmi: la sociologia è infatti una scienza multiparadigmatica.
Il concetto di paradigma è utile per analizzare i diversi quadri di riferimento di fondo che sono stati avanzati e tuttora si confrontano nella metodologia della ricerca sociale, ovvero i paradigmi fondativi della ricerca sociale, che definiscono i metodi e le tecniche di ricerca.

I paradigmi della ricerca sociale sono riconducibili a due: il paradigma postpositivista e il paradigma costruttivista.

Essi sono due visioni fortemente contrapposte della realtà sociale e dei modi per conoscerla, che hanno generato due blocchi fra loro differenziati di tecniche di ricerca.
Per confrontare adeguatamente i due paradigmi, è necessario capire come essi rispondano agli interrogativi fondamentali di fronte ai quali si trova la ricerca sociale, che possono essere ricondotti a tre questioni: la realtà sociale esiste? (essenza) è conoscibile? (conoscenza) come può essere conosciuta? (metodo).

* Questione ontologica: è la questione del “che cosa”.  Essa riguarda la natura della realtà sociale e la sua forma.  Ci si chiede se il mondo del sociale sia un mondo reale, dotato di una sua esistenza al di fuori della mente umana. 

* Questione epistemologica: riguarda la conoscibilità della realtà sociale.  Se il mondo sociale esiste in quanto tale, indipendentemente dall’agire umano, sarà legittima l’aspirazione a conoscerlo. 

* Questione metodologica: riguarda la strumentazione tecnica del processo conoscitivo, è la questione del come la realtà sociale può essere conosciuta.
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7
Q

Positivismo

A

Ci sono due versioni del positivismo: la versione originaria “ottocentesca”, ormai scomparsa, e una riformulazione “novecentesca” creata per rispondere ai limiti del positivismo originario.
Questa riformulazione è più complessa, rispetto al positivismo ottocentesco; rispettando le idee fondamentali come il realismo ontologico, che sostiene che il mondo esiste indipendentemente dalla nostra percezione.
Inoltre, si dà grande importanza all’osservazione empirica, ovvero l’esperienza diretta, per comprendere questo mondo.

La sociologia nasce nel contesto del pensiero positivista, durante la metà dell’800, quando gli uomini iniziano a studiare la realtà sociale.
I fondatori della disciplina, Auguste Comte e Herbert Spencer, adottano il paradigma delle scienze naturali, allora in apice, come modello per la loro nuova disciplina.
Il paradigma positivista prevede lo studio della realtà sociale utilizzando gli apparati concettuali, le tecniche di osservazione e misurazione, gli strumenti di analisi matematica e i procedimenti di inferenza delle scienze naturali.
Questi includono categorie come “legge naturale”, “causa-effetto”, “verifica empirica”, “spiegazione”, ecc.

Le tecniche di osservazione e misurazione coinvolgono l’uso di variabili quantitative per fenomeni qualitativi e procedure di misurazione applicate a orientamenti ideologici, capacità mentali e stati psichici.
Gli strumenti di analisi matematica includono l’utilizzo della statistica e dei modelli matematici.

I procedimenti di inferenza ci aiutano a fare supposizioni su ciò che non sappiamo, basandoci su ciò che sappiamo.
Ci permettono di creare regole generali dalle nostre osservazioni specifiche, usare queste regole per fare previsioni, e fare supposizioni su un grande gruppo basandoci su un piccolo campione di esso.

Secondo Comte (noto come il profeta del positivismo sociologico ottocentesco) l’acquisizione del punto di vista positivista rappresenta in ogni scienza il punto terminale di un itinerario che ha precedentemente attraversato gli stadi teologico e metafisico.
Tale itinerario non si realizza simultaneamente in tutte le discipline: prima si impone nelle scienze della natura inorganica come la fisica, la chimica; successivamente in quelle della natura organica, come la biologia.
Infine, arriva alla materia più complessa per definizione, la società, portando alla costituzione di una nuova scienza, la sociologia.

Durkheim, il primo “scienziato sociale” e vero sociologo positivista, fa un effettivo sforzo di tradurre i principi del pensiero positivo in prassi empirica.
La sua prassi empirica è fondata sulla teoria del “fatto sociale”.
Secondo Durkheim, i fatti sociali sono modi d’agire, di pensare, di sentire che presentano la proprietà di esistere al di fuori delle coscienze individuali.
Questi fatti sociali, anche se non sono entità materiali, hanno tuttavia le stesse proprietà delle “cose” del mondo naturale.
Da ciò derivano due conseguenze.

Da una parte, i fatti sociali non sono soggetti alla volontà dell’uomo, sono cose che offrono resistenza al suo intervento, lo condizionano e lo limitano.
Dall’altra, proprio come i fenomeni del mondo naturale, i fatti sociali funzionano secondo proprie regole, possiedono una struttura deterministica che l’uomo, attraverso la ricerca scientifica, può scoprire.

Il mondo sociale quindi, così come il mondo naturale, è regolato da leggi.
E le prime(mondo sociale), come le seconde (mondo naturale), sono studiabili oggettivamente.
E’ possibile che si possa identificare e formulare le leggi della natura, e poi dimostrarle e verificarle.
Queste leggi, nella loro forma più completa, mostreranno una relazione di causa-effetto.

La prima affermazione è quindi: esiste una realtà sociale al di fuori dell’individuo.

La seconda: questa realtà sociale è oggettivamente conoscibile.

La terza: essa è studiabile con gli stessi metodi delle scienze naturali.

Nel positivismo, la conoscenza si basa sull’induzione, che è il processo di generalizzazione dai dettagli specifici all’universale.
Questo avviene attraverso l’osservazione della realtà, notando regolarità e ricorrenze, e da lì si formulano leggi universali.
Questo approccio è stato a lungo il pilastro delle scienze naturali e spesso viene considerato sinonimo di metodo sperimentale.
La visione positivista considera la “società” come soggetta a leggi naturali fisse, proprio come tutti gli altri fenomeni. Questa visione è pienamente accettata.

Il positivismo del XIX secolo, chiaro e lineare, si è evoluto in un positivismo del XX secolo più complesso e articolato, con alcune contraddizioni e aree grigie. Nonostante ciò, mantiene i suoi principi fondamentali, come l’idea che il mondo esiste a prescindere dalla nostra conoscenza e che l’osservazione empirica è fondamentale per conoscerlo.
Infine, il “positivismo logico” è un movimento nato dalle discussioni di un gruppo di studiosi diversi, noto come “Circolo di Vienna”, negli anni ‘20.

Fra i principali esponenti di questo movimento troviamo Schlick e Carnap, Hahn, Neurath.
Le loro posizioni, qualche anno più tardi, si vennero a formare anche a Berlino e negli Stati Uniti con alcuni rappresentanti di questa corrente.

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8
Q

ONTOLOGIA - EPISTEMOLOGIA - METODOLOGIA POSITIVISMO

A

Ontologia

L’ontologia del positivismo sostiene un realismo ingenuo, deriva dalla rappresentazione della realtà sociale. Questo può essere riassunto in due affermazioni.

* Esiste una realtà sociale oggettiva, esterna all’uomo, sia esso lo studioso o lo stesso soggetto agente. 
* Questa realtà è conoscibile nella sua reale essenza. 

Epistemologia

L’epistemologia del positivismo è dualista e oggettivista; si basa sulla legge naturale. Viene affermata la possibilità della conoscenza grazie a due fatti:

* Lo studioso e l’oggetto studiato sono considerati entità indipendenti (dualismo). 
* Lo studioso può studiare l’oggetto senza influenzarlo o esserne influenzato (oggettività).  L’indagine avviene come attraverso uno specchio unidirezionale. La conoscenza assume la forma di “leggi” fondate sulle categorie di “causa-effetto”.  Esse esistono nella realtà esterna indipendentemente dagli osservatori e la sovrintendono (“leggi naturali”): il compito dello scienziato è quello di scoprirle. Non si teme che i valori del ricercatore possano alterare la sua interpretazione della realtà sociale, o viceversa. Questo punto di vista, che privilegia i fatti rispetto ai valori, nasce dalla concezione della realtà sociale come un dato fisso e inalterabile.

Metodologia

La metodologia del positivismo è sperimentale e manipolativa.

I metodi e le tecniche della ricerca positivista sono prelevati dalle scienze naturali, nella versione dell’empirismo classico. Il metodo sperimentale viene assunto:

* Nel suo modo di procedere induttivo che dai particolari empiricamente osservati perviene a delle formulazioni generali. 

* Nella sua formalizzazione matematica che, anche se non sempre raggiungibile, rappresenta tuttavia l’aspirazione di fondo dello scienziato positivista.  La tecnica ideale resta quella dell’esperimento, fondata su manipolazione e controllo delle variabili implicate e separazione/distacco fra “osservatore e osservato”.

RIASSUMENDO:

* Ontologia: Il positivismo sostiene un realismo ingenuo, affermando che la realtà esiste indipendentemente dalla sua osservazione e dalla consapevolezza umana.  La realtà è esterna e trascende la realtà osservata.

* Epistemologia: L’epistemologia del positivismo è dualista e oggettivista, considerando lo studio e il soggetto studiato come entità indipendenti. L’obiettivo è studiare l’oggetto senza influenzare o essere influenzato da esso. Si tratta di una scienza sperimentale alla ricerca di leggi naturali immutabili.

* Metodologia: L’approccio metodologico del positivismo è sperimentale-manipolativo, con un’osservazione oggettiva.
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9
Q

Neopositivismo / Postpositivismo

A

Il positivismo, una visione che ha subito revisioni e aggiustamenti nel corso del ‘900, ha dato origine al neopositivismo, un movimento che si è sviluppato attorno al “circolo di Vienna” negli anni ‘20.
Questo movimento ha avuto un’influenza significativa su altre discipline, grazie all’emigrazione di alcuni dei suoi rappresentanti negli Stati Uniti e alla sintonia con il pragmatismo americano.
Il neopositivismo ha cambiato il modo in cui vediamo la filosofia, concentrandosi su come le scienze risolvono i problemi, analizzano il linguaggio e le teorie, e come verificano le idee con la verifica empirica.

Un principio importante del neopositivismo è che il significato di una dichiarazione proviene dalla sua capacità di essere verificato con la verificabilità empirica.
Questa concezione ha portato allo sviluppo di un nuovo modo di parlare della realtà sociale, utilizzando un linguaggio mutuato dalla matematica e dalla statistica, come illustrato da Paul F. Lazarsfeld.
Le teorie scientifiche non seguono più le leggi del determinismo, ma si basano sulla probabilità.

Inoltre, la “falsificabilità” è stata introdotta come un modo per verificare una teoria o un’ipotesi con la verificabilità empirica.
Questo processo di validazione distingue tra la verifica positiva, che conferma che una teoria è supportata dai dati, e la non falsificazione, che determina che i dati non contraddicono l’ipotesi, e che quindi sono compatibili con essa.
Infine, la necessità di oggettività nella scienza significa che ogni affermazione scientifica è sempre un tentativo, sottolineando che l’uomo può solo fare ipotesi, non sa con certezza.

L’orientamento neopositivista, sostiene che l’osservazione empirica e la percezione della realtà non sono una rappresentazione oggettiva, ma dipendono dalla teoria.
Anche la semplice registrazione della realtà è influenzata dalla prospettiva del ricercatore e dai condizionamenti sociali e culturali.
Nonostante la realtà esista indipendentemente dall’attività conoscitiva e dalla capacità percettiva dell’uomo, l’atto del conoscere è condizionato dalle circostanze sociali e dal quadro teorico in cui si colloca.

Il nuovo positivismo ha cambiato la ricerca sociale, mantenendo l’importanza dell’esperienza e dell’osservazione.
Nonostante l’apertura alle tecniche qualitative, le tecniche quantitative rimangono centrali.
Le conclusioni sono più caute, ma le tecniche usate sono le stesse di prima.

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10
Q

ONTOLOGIA - EPISTEMOLOGIA - METODOLOGIA POSTPOSITIVISMO

A

Ontologia: Realismo critico.Analogamente al positivismo, si presume l’esistenza di una realtà esterna all’uomo; tuttavia, a differenza di quel paradigma, questa realtà è solo imperfettamente conoscibile, sia a causa dell’inevitabile imprecisione di ogni conoscenza umana, sia per la natura stessa delle sue leggi, che hanno un carattere probabilistico. Questo punto di vista è stato anche chiamato realismo critico: realismo, in quanto assume che le relazioni di causa-effetto esistano nella realtà al di fuori della mente umana; critico, per sottolineare l’atteggiamento di continuo sospetto e la propensione alla messa in discussione che lo scienziato deve avere nei confronti di ogni acquisizione della scienza.
Epistemologia: Dualismo-oggettività modificati; leggi di medio raggio, probabilistiche e provvisorie.Per quanto riguarda la questione della relazione studioso-studiato, il dualismo nel senso di “separazione” e “non interferenza” tra le due realtà non è più sostenuto.
Si ha consapevolezza degli elementi di disturbo introdotti sull’oggetto studiato dal soggetto studiante e dell’effetto di reazione che ne può derivare. L’oggettività della conoscenza rimane l’obiettivo ideale e il criterio di riferimento, ma può essere raggiunto solo in maniera approssimata.
Nel processo conoscitivo viene valorizzato il modo di procedere della deduzione, attraverso il meccanismo di falsificazione delle ipotesi.
L’intento resta quello di arrivare a generalizzazioni nella forma di leggi, anche se limitate nella portata, probabilistiche nella loro cogenza e provvisorie nel tempo.
Metodologia: Sperimentale-manipolativa modificata.
Le fasi operative della ricerca sono ancora fondamentalmente quelle che furono impostate dal neopositivismo. Tuttavia, c’è un’apertura ai metodi qualitativi.
La comunità scientifica ha un ruolo importante nella critica delle acquisizioni e nei processi di conferma delle stesse (i risultati ripetuti hanno maggiori probabilità di essere veri).

RIASSUMENDO:

* Ontologia: Il neopositivismo parla di un dualismo oggettivo modificato, dove la realtà può essere influenzata dai processi cognitivi.

* Epistemologia: Il neopositivismo si concentra sulla ricerca scientifica che mira all’oggettività, ma riconosce l’influenza del contesto e dell’osservatore.

* Metodologia: Il neopositivismo utilizza l’osservazione con distacco, ma considera aperture qualitative.
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11
Q

Costruttivismo (La prof preferisce questo)

Interpretativismo

A

Il cambiamento più grande è stato l’idea che la realtà non solo si osserva, ma si interpreta.
Questa idea è chiamata “costruttivismo”.
Il positivismo del 1800, sviluppato da persone come Comte, Mill e Spencer, ha avuto un grande contributo da Durkheim.
La critica più forte a questa idea è venuta da Dilthey, uno storico tedesco. Dilthey ha detto che ci sono due tipi di scienze: quelle che studiano la natura e quelle che studiano lo spirito.
Secondo lui, le scienze dello spirito necessitano di comprensione, non solo di spiegazione.
La comprensione può essere espressa in diversi modi, come l’interpretazione, l’empatia e il “Verstehen”, un’idea chiave nelle scienze dello spirito secondo Dilthey.
Windelband ha fatto una distinzione tra le scienze che cercano leggi generali e quelle che studiano eventi unici.
Weber ha ampliato l’idea di “Verstehen” nella sociologia, cercando di mantenere l’obiettività attraverso la neutralità e l’uso di “tipi ideali” per fare generalizzazioni.

I “tipi ideali” sono concetti astratti usati per trovare modelli nei comportamenti sociali.
Weber dice che è importante essere neutrali nelle scienze sociali, ma ammette che i nostri valori possono influenzare ciò che scegliamo di studiare.
Weber dice che la differenza tra le scienze sociali e naturali non è ciò che studiano, ma come generalizzano. Propone l’uso dei “tipi ideali” come un modo per fare generalizzazioni nelle scienze sociali.

Secondo Weber, un “tipo ideale” è un modello immaginario che ci aiuta a capire la realtà.
Non esiste veramente, ma ci permette di vedere quanto la realtà si avvicina o si allontana da questo modello ideale.

Il “tipo ideale” può essere usato per studiare qualsiasi cosa nella società, dalle persone alle strutture sociali come la burocrazia e la chiesa.
Weber lo usa anche per studiare come si comportano le persone.

Le scienze sociali studiano l’individualità ma cercano anche di fare generalizzazioni.
Usano un metodo chiamato “comprendere” (Verstehen) per evitare interpretazioni basate solo sulla psicologia.
Creano un “tipo ideale”, un modello astratto, osservando comportamenti sociali uniformi e mettendo insieme elementi osservati in un quadro logico.

Weber dice che i “tipi ideali” non sono la realtà, ma sono modelli mentali che ci aiutano a capire meglio il mondo.
La realtà è complicata e piena di contraddizioni, quindi non può essere perfettamente rappresentata da un modello ideale.

I ricercatori trovano delle regolarità, ma non sono “leggi” come in altre scienze.
Sono piuttosto “collegamenti causali” o “possibilità”, che mostrano le condizioni che possono portare a un evento sociale o a un comportamento.
Per esempio, se succede una cosa (A), allora spesso succede anche un’altra cosa (B).

La società si basa sulle interpretazioni e interazioni delle persone.
Quindi, per capire la società, dobbiamo osservare come le persone interagiscono.
Questo ha aperto un nuovo settore di studio nella sociologia: la vita quotidiana, che prima non era considerato un settore “scientifico”.

Le esperienze personali, che non possono essere misurate con strumenti numerici, sono molto importanti.
Questo approccio è diverso dal positivismo, e sostiene che le scienze sociali sono diverse e più complesse delle scienze naturali, perché solo comprendendo le esperienze personali possiamo capire veramente la società.

Nelle scienze sociali, la conoscenza si ottiene attraverso un processo di scoperta e induzione.
Il ricercatore si avvicina alla realtà senza pregiudizi o teorie già formate. L’empatia tra il ricercatore e il soggetto studiato è molto importante e non è vista come qualcosa di negativo, ma come la base per conoscere.
Le tecniche di ricerca devono essere personalizzate e basate sulla qualità, e possono cambiare a seconda del tipo di interazione tra il ricercatore e il soggetto studiato.

Il paradigma interpretativo riconosce che ci sono molte realtà, basate sui significati che le persone danno alle cose.
Anche se esiste una realtà esterna, solo le interpretazioni individuali di essa possono essere conosciute.
Queste interpretazioni variano da persona a persona e da cultura a cultura, quindi non esiste una realtà sociale universale che vale per tutti.

RIASSUMENDO:

* Ontologia: Il costruttivismo enfatizza il relativismo, affermando che la realtà è costruita dagli individui sulla base delle loro esperienze e dei contesti sociali.

* Epistemologia: il costruttivismo si concentra sulla comprensione delle azioni umane nel loro contesto, enfatizzando l’interpretazione soggettiva rispetto all’osservazione oggettiva.

* Metodologia: Il costruttivismo coinvolge l’interazione tra l’osservatore e l’osservato, valorizzando l’interpretazione soggettiva.
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12
Q

RADICALIZZAZIONI E CRITICHE

A

Si discutono le critiche rivolte ai paradigmi positivista e costruttivista nelle scienze sociali.
Per quanto riguarda il paradigma positivista, si sottolinea come la sua evoluzione abbia portato a un “empirismo antispeculativo”, che è dominato dall’idea del metodo e dall’idea del dato.

Questo processo di semplificazione continua ha portato a ignorare le questioni sui presupposti filosofici e l’importanza della teoria.
La critica più grande al positivismo è che si basa su un’idea difficile da sostenere: che le categorie che osserviamo sono indipendenti da quelle teoriche.

La critica al costruttivismo si concentra principalmente su coloro che hanno seguito le idee di Weber, portando all’estremo la sua idea originale di “orientamento verso l’individuo”.
La prima critica sostiene che un eccessivo soggettivismo nega la possibilità stessa dell’esistenza della scienza, in particolare della scienza sociale.

L’approccio costruttivista è criticato perché sembra ignorare un argomento importante per la sociologia: le istituzioni.
Questo potrebbe portare a trascurare aspetti della società che, sebbene siano nati dall’interazione, sono diventati indipendenti dalle persone e dalle loro decisioni.

In breve, si fa una critica approfondita dei modelli positivista e interpretativista, evidenziando i loro limiti e le conseguenze di portare queste idee all’estremo.

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