9) Cesare Beccaria Flashcards
vita:
Cesare Beccaria nasce a Milano il 15 marzo 1738, studia prima a Parma e poi a Pavia, dove nel 1758 si laurea.
Nel 1761 assieme al fratello Alessandro fonda un nuovo circolo culturale, l’Accademia dei pugni. Vi partecipano Beccaria, Luigi Lambertenghi, Giuseppe Visconti di Saliceto e Giambattista Biffi. L’idea è quella di rinnovare la cultura e la politica dell’epoca e per questo sono disposti a tutto, anche a scontrarsi con le ricche e potenti famiglie da cui provengono.
il giugno del 1764 quando esce il primo numero de “Il Caffè”, la rivista fondata da Pietro Verri a cui collabora anche il giovane Beccaria;
Il 12 aprile 1764 è il giorno in cui il manoscritto di Dei delitti e delle pene (iniziato nel 1763) viene inviato all’editore Coltellini di Livorno che ne pubblica la prima edizione; infine il 30 novembre 1786, 22 anni dopo la prima edizione del libro di Beccaria, il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo abolisce la pena di morte.
a chi legge:
L’avvertenza non figura nella prima edizione, ma solo a partire dalla 3°, per risposta alle accuse ricevute di starsi ribellando al principe e alla religione.
Le nostre leggi sono il risultato delle regole imposte dai romani,mischiate con i
riti dei Longobardi e le tradizioni che si sono accumulate in tanti secoli di storia.
I nostri governanti le mettono tuttavia in pratica come fossero leggi provenienti da Dio; qui io tento di fare una critica di questo procedimento, così come ho imparato a fare sotto i miei illuminati sovrani.
La società è retta da tre tipi di principi: quelli divini, quelli naturali (dovuti alla ragione dell’uomo e che lo rendono capace di distenguere a grandi linee ciò che è giusto e giò che è sbagliato anche senza una norma scritta) e quelli politici/sociali;
essi sono tutti indipendenti tra di loro e io cercherò di vedere gli errori dei principi politici,
frutto degli interessi dei vari stati e delle convenzioni.
Chi vuole può obiettare apertamente alle mie critiche e cercheremo di giungere insieme alla verità.
introduzione: sulla nascita delle leggi:
Le leggi sono spesso nate per il bene di pochi e la sofferenza di molti e pochi hanno avuto la fortuna di leggerle alla luce della ragione e modificarle per il bene della maggioranza.
I giudici che hanno fatto rispettare queste leggi hanno spesso commesso atrocità, denunciate per primo dal grande Montesquieu.
l’origine delle pene:
le leggi sono nate quando gli uomini formarono le prime società e, stanchi di vivere sempre in guerra e nell’incertezza, cercarono di garantirsi una pace duratura rinunciando ciascuno a un po’ della propria libertà per amore della stabilità; ma poiché ci sono sempre uomini che vogliono più di ciò che spetta loro, alcuni cominciarono ad usurpare la parte degli altri ed allora si ebbe il bisogno di prevenire questo fatto imponendo delle punizioni ai
trasgressori delle regole, allo scopo di difendere il bene universale.
il diritto di punire:
ogni pena deve derivare da una assoluta necessità di difendere il bene
generale e il sovrano ha il diritto-dovere di punire chi minaccia la libertà altrui; ma agli altri
sudditi deve mantenere la libertà.
Ogni punizione che non derivi dalla necessità è ingiusta e presto o tardi il popolo si ribellerà in nome della ragione che fa conoscere l’ingiustizia di leggi non destinate al bene della moltitudine.
> CONSEGUENZE:
1. Le pene debbono essere fissate dai legislatori, che rappresentano l’intera società
riunita da un contratto sociale; e nessun magistrato per eccesso di zelo più dare
punizioni che vadano oltre la misura decretata dalla legge.
2. Il sovrano che rappresenta la società non può giudicare chi ha violato le leggi ,perché la
società si dividerebbe tra chi è con il sovrano e chi nega la verità del
sovrano(accusato), vi deve perciò essere un terzo, il magistrato/legislatore, che vaglia i fatti e
giudica chi ha ragione.
3. Le pene non debbono essere crudeli perché renderebbero i sudditi una greggia di schiavi pavidi e ciò sarebbe un venir meno alla giustizia e al contratto sociale, che stabilisce la perdita di una parte di libertà individuale per la protezione della moltitudine.
l’interpretazione delle leggi:
4° conseguenza = al giudice non è concesso interpretare le leggi, perché la libera interpretazione (= soggettiva) darebbe risultati diversi nei tempi e a seconda dei giudici, invece il giudice deve solo esaminare i fatti e applicare alla lettera la legge.
l’oscurità delle leggi:
le leggi debbono essere scritte con chiarezza perché solo se sono conosciute dalla moltitudine, verranno rispettate ed i crimini diminuiranno.
Guardando la società degli ultimi tre secoli in Europa si vedrà che i crimini sono diminuiti con l’aumentare della tolleranza, del lusso e della dolcezza; la Chiesa teneva nell’ignoranza e nella paura le genti del passato e le stesse mani che toccavano Cristo si sporcavano di sangue per i loro atroci crimini fatti in nome della giustizia e della legge
proporzione fra i delitti (i crimini) e le pene:
i delitti possono essere di diversa gravità e possono essere distinti dal più grave (quelli che offendono il bene pubblico) al meno grave (quelli che colpiscono i privati) e dentro questi due confini debbono rientrare tutti i crimini: il giudice non dovrà dare la pena relativa al crimine più grave a colui che ha commesso delitti più leggero, perché l’uomo poi non eviterà di commettere i reati più gravi se il prezzo da pagare è lo stesso dei meno gravi.
errori nella misura delle pene:
La misura delle pene non deve derivare dalle intenzioni di chi le commette, perché da buone intenzioni potrebbe nascere il maggior male per la società come da malizia potrebbe derivare ad essa un gran bene; né si deve misurare la pena in base all’importanza della persona offesa perché allora uno sgarbo verso dio sarebbe punibile più dell’uccisione di un re.
L’unica vera misura dei delitti è il danno fatto alla nazione.
divisione dei delitti:
i delitti si dividono in tre categorie:
1. quelli che distruggono immediatamente la società o chi la rappresenta, che sono i più dannosi e si chiamano di lesa maestà (ex. contro il sovrano);
2. quelli che danneggiano un solo cittadino privato nell’onore, nei beni o nella vita che danneggiano la società ma non la distruggono;
3. quelli che nascono da azioni contrarie a ciò che le leggi impongono per il bene pubblico e questi sono i crimini più diffusi e commessi anche dai giudici che in tal modo cancellano la fiducia nella giustizia del privato cittadino. E’ questo il crimine più grave.
sull’onore:
il concetto dell’onore è nato per sopperire alla mancanza di leggi che proteggessero qualche particolare bene privato e si basa su un’opinione e non su una vera necessità sociale, perciò le regole di onore vengono meno nelle società libere dve le leggi rispondono a tutte le aspettative o nelle società tiranniche dove il dispotismo annulla ogni voce privata.
i duelli:
All’onore si collega il duello che diventa il modo per farsi giustizia e non cadere nel ridicolo di fronte agli altri; il duello perciò indica la debolezza e l’inefficacia delle leggi:
Esso non era diffuso nell’antichità perché il duello era lo sport che i gladiatori offrivano nelle
arene e nessuno voleva mostrarsi al basso livello dei gladiatori. I duelli sono più diffusi tra i
nobili perché essi tengono all’opinione altrui più di quanto faccia il popolo, che non ha nulla da farsi invidiare dagli altri
della tranquillità altrui:
tra i delitti di terzo genere ci sono quelli che turbano la pubblica tranquillità e la quiete dei cittadini come strepiti, bagordi,pubblici mercati o arringhe che eccitano gli animi; ora questi crimini sono controllati dal giudice ma non si corra il pericolo che il giudice nel reprimerli tolga la libertà: per reprimerli occorrono leggi chiare;
ogni cittadino deve saper ciò che la legge gli permette di fare e ciò che gli proibisce.
Leggi inefficaci aumentano l’arbitrio del giudice e limitano la libertà del cittadino.
il fine delle pene:
il fine delle pene deve essere quello di convincere il reo a non ricommettere il crimine e dissuadere gli altri da compiere le stesse azioni illecite, perciò le pene non dovranno far soffrire il reo che comunque con la sofferenza non potrà azzerare il crimine, ma dovranno servire da esempio durevole ed efficace per gli altri uomini.
sui testimoni:
ogni buona legge deve avere prove e testimoni di un reato per giudicare
bene.
Tutti gli uomini che abbiano capacità di giudizio possono essere testimoni, tuttavia la
credibilità di un testimonio diminuisce con la parentela o l’essere interessato al caso, perciò
bisogna vedere che i testimoni non abbiano legami con il caso e siano più di uno per smentirsi o provarsi a vicenda.
Saranno più fedeli poi le testimonianze che si basano sul racconto delle azioni, piuttosto che quelle che riferiscono parole perché le parole sono facilmente interpretabili in modo diverso dalla verità più del semplice svolgimento dei fatti.
indizi e forme di giudizi:
gli indizi per essere fondamentali nel provare la colpevolezza di un reato debbono essere indipendenti gli uni agli altri e non basarsi su un indizio a sua volta non certo;
gli indizi possono essere di due tipi:
1. quelli che con certezza escludono la colpa e ne basta uno per dichiarare il reo innocente (prove perfette)
2. quelli che non la escludono (prove imperfette) e ce ne vogliono parecchie per fare una prova perfetta.
Il giudice deve solo accertare un fatto con buon senso.
accuse segrete (minacce anonime):
non si deve basare un giudizio su accuse segrete, perché chi può difendersi dalla
calunnia quando è armata dallo scudo della segretezza?
Se uno stato ha bisogno di proteggersi con le accuse segrete ha leggi che non lo difendono abbastanza! Disse Montesquieu che le
Nelle repubbliche come nelle monarchie, sia data al calunniatore la pena che toccherebbe all’accusato!.
sulla tortura:
La tortura è una crudeltà: essa costringe a confessare la propria colpevolezza, a confessare il nome dei propri complici o a confessare altri delitti, ma non sempre porta a confessare la verità o il vero colpevole;
spesso un innocente sottoposto a tortura confessa di essere colpevole per por fine alla tortura, perciò è più facile che un reo forte e coraggioso si salvi con la tortura e che un innocente debole sia ingiustamente dichiarato reo.
Se poi uno è reo, può una pena fisica rimuovere una colpa morale?
La confessione fatta sotto tortura poi deve essere confermata, ma se non si conferma ciò che si è confessato ci saranno altre torture e la cosa si ripeterà a discrezione dei giudici e ciò non a vantaggio della scoperta della verità.
Anche far fare il nome dei complici non è a vantaggio della giustizia perché i più forti e criminale resisteranno, i più deboli inventeranno nomi per fuggire al dolore.
D’altra parte, quando si arresta un reo i suoi complici scappano via e questo deve bastare per la tranquillità della società.
I romani usarono la tortura solo sugli schiavi che non consideravano persone e stati illuminati d’Europa l’hanno abolita (Inghilterra,Svezia) perché in una società dove chi rispetta le leggi sono più di chi le trasgredisce è più facile colpire ingiustamente un innocente che costituisce la maggioranza, piuttosto che un reo.
sul fisco:
Un tempo quasi tutte le pene erano pecuniarie e il giudice era per lo più un
avvocato del fisco, perciò mirava più a trovare il modo di arricchire il fisco che il modo di
arrivare alla verità.