1) Dante Flashcards
infanzia e prima giovinezza:
Dante (diminutivo di Durante) nacque a Firenze, in una data compresa tra il 14 maggio e il 13 giugno del 1265. Il padre apparteneva a una famiglia della piccola nobiltà cittadina, da tempo decaduta economicamente.
All’età di nove anni, stando al racconto della vita nuova, c’è il primo incontro con Beatrice, poi data in moglie a Simone de Bardi. a sua volta, Dante verrà promesso a Gemma Donati, della quale avrà quattro figli: Giovanni, Pietro, Jacopo e Antonio. Per trovare conforto dalla morte di Beatrice Dante si avvicina alla filosofia con Boezio e Cicerone.
Poco sappiamo della sua formazione culturale, ma di sicuro ebbe come maestro Brunetto Latini, autore del Trésor e del Tesoretto. In un periodo imprecisato fu a Bologna, dove studiò (forse medicina) all’Università cittadina.
Nel 1283, a diciotto anni, Dante incontrò nuovamente Beatrice, da identificare forse con una Bice figlia di Folco Portinari; il primo incontro era avvenuto a nove anni. In quel periodo iniziò a scrivere poesie, dapprima ispirandosi a Guittone d’Arezzo e ai «siculo-toscani», poi accostandosi allo Stilnovo.
Diventò molto amico di Guido Cavalcanti, nonché di Lapo Gianni e Dino Frescobaldi, tutti appartenenti alla cerchia stilnovista.
Nel 1290 (8 giugno) morì Beatrice. Gli anni seguenti videro, da un lato, la sistemazione delle poesie giovanili (sottoforma di prosa in certi casi) nella Vita Nuova (1292-1294)»_space; periodo di «traviamento» morale che coincise con l’inizio di severi studi filosofici.
In quel periodo Dante compose poesie di stile «comico», come la «Tenzone» con Forese Donati, nonché le Rime petrose, dedicate a una donna Petra antitetica rispetto alla donna-angelo dello stilnovo.
l’attività politica:
Nel 1295 furono emanati i Temperamenti agli Ordinamenti di giustizia (1293), che inizialmente proibivano ai nobili di ricoprire magistrature. Il nuovo provvedimento consentiva ai nobili l’attività pubblica, ma a condizione che fossero iscritti a una delle Arti di professioni e mestieri.
Dante si iscrisse all’Arte dei medici e degli speziali e intraprese così l’attività politica.
Firenze viene sconvolta alla fine del XIII secolo dal conflitto fra due grandi famiglie aristocratiche, i Donati che prendono il nome di Neri, e i Cerchi che prendono il nome di Bianchi. Nel giugno del 1300 Dante viene eletto fra i priori destinati alla guida del governo di Firenze, e sarà costretto a esiliare Guido Cavalcanti, uno dei maggiori esponenti della Fazione dei Cerchi.
Il conflitto fra Bianchi e Neri si acuisce sempre di più, acquisendo una connotazione politica
l’esilio:
Nell’ottobre 1301 i Bianchi al governo inviarono un’ambasceria a Roma (o forse ad Anagni) per sondare le intenzioni del papa, Bonifacio VIII, che per affermare la propria egemonia in Toscana appoggiava i Neri.
Dante prese parte alla missione, ma il 1° novembre le truppe angioine di Carlo di Valois entrarono con la forza a Firenze e rovesciarono il governo dei Bianchi, con l’appoggio del papa. I Bianchi vennero cacciati dal governo e iniziarono dure repressioni, che comportarono molti provvedimenti di esilio.
La notizia raggiunse Dante mentre era sulla via del ritorno: il 17 gennaio 1302 fu colpito da una prima condanna per baratteria (cioè corruzione di atti pubblici), che prevedeva due anni di esilio e una multa di cinquemila fiorini; non essendosi presentato, la pena fu commutata nella confisca di tutti i beni e nel rogo (10 marzo). È quasi certo che l’accusa rivolta a Dante fosse falsa.
Per evitare la condanna, visse in esilio per 20 anni.
Iniziò un lungo periodo di viaggi e peregrinazioni per l’Italia, che possiamo solo in parte ricostruire.
Durante il suo esilio Dante si trasferirà a Verona, presso Bartolomeo della Scala. successivamente, dopo la morte di Bonifacio VIII tornerà in Toscana.
Tuttavia il tentativo di pacificazione voluto dal nuovo Papa Benedetto 14° fallisce per la ferma ostilità dei Neri. Infine si rifugerà in Veneto dove inizierà a lavorare al Convivio e al De vulgari eloquentia.
Del periodo dell’esilio di Dante ci sono aggiunte 13 epistole che costituiscono un importante documentazione di quegli anni.
dalla discesa di Arrigo 7° alla morte:
La discesa in Italia dell’imperatore Arrigo VII di Lussemburgo (1310-1313), deciso a ristabilire l’autorità imperiale in Italia e a ridurre all’obbedienza i Comuni ribelli tra cui Firenze, riaccese in Dante la speranza di poter tornare nella propria città.
Ad Arrigo scrisse l’Epistola VII, in cui lo esortava con furore biblico a non desistere dalla propria opera, ma l’imperatore morì improvvisamente nel 1313 a Buonconvento, presso Siena, e con lui svanì ogni speranza per Dante di poter mettere fine al suo esilio. In quegli anni scrisse probabilmente il trattato politico sulla Monarchia (‘De Monarchia’).
Nel 1315 il Comune di Firenze offrì a Dante e agli altri fuoriusciti la possibilità di godere di un’amnistia, a condizione di ammettere la propria colpa, pagare un’ammenda e passare una notte in carcere. Dante rifiutò con sdegno.
In seguito iniziò a collaborare con i signori Della Scala, a Verona, e con i Da Polenta di Ravenna, dove completa il paradiso.
Giovanni del Virgilio, maestro di retorica dell’Università di Bologna Invia a Dante un epistola metrica in cui gli rimprovera la scelta del volgare per un poema di argomenti tanto elevati come la commedia e lo invita a cantare in latino. Dante risponde con una gloga in esametri in cui Rivendica la sua fiducia nel poema. Giovanni risponde con un’altra egloga invitandolo a Bologna. Dante declina l’invito, ma stando al racconto di Boccaccio non fa in tempo a inviare la seconda egloga che muore a Ravenna
Per i Da Polenta svolse un’ambasceria a Venezia, di ritorno dalla quale fu colto da febbri malariche: morì a Ravenna la notte tra 13 e 14 settembre 1321. Fu sepolto nella chiesa di San Pier Maggiore di Ravenna, oggi San Francesco, dove riposa tuttora. In seguito ci furono vari progetti di traslazione delle sue spoglie a Firenze, nella chiesa di Santa Croce, andati però tutti a vuoto.
Pochi mesi prima di morire aveva completato la stesura del Paradiso, dedicato a Cangrande Della Scala. La terza Cantica della Commedia iniziò a circolare postuma.
Il poema: introduzione generale:
Dante iniziò la composizione della Commedia durante l’esilio, probabilmente intorno al 1307 (oggi è scartata l’ipotesi secondo cui avrebbe scritto i primi sette canti dell’Inferno quando era ancora a Firenze).
La cronologia dell’opera è incerta, ma si ritiene che l’Inferno sia stato concluso intorno al 1308, il Purgatorio intorno al 1313, mentre il Paradiso sarebbe stato portato a termine pochi mesi prima della morte, nel 1321.
Il titolo originale è Commedia, o meglio Comedìa, secondo la definizione dello stesso Dante; l’aggettivo Divina fu aggiunto dal Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante (metà del XIV sec.) e comparve per la prima volta in un’edizione del 1555 curata da Ludovico Dolce.
È un poema didattico-allegorico con intenzioni profetiche (Dante vuole infatti avvertire gli uomini di cosa andranno incontro), scritto in endecasillabi e in terza rima. Racconta il viaggio di Dante nei tre regni dell’Oltretomba, guidato dapprima dal poeta Virgilio (che lo conduce attraverso Inferno e Purgatorio) e poi da Beatrice (che lo guida nel Paradiso) (San Bernardo lo guiderà a partire del 31° canto del Paradiso).
L’opera si propone anzitutto di descrivere la condizione delle anime dopo la morte, ma è anche allegoria del percorso di purificazione che ogni uomo deve compiere in questa vita per ottenere la salvezza eterna e scampare alla dannazione.
È anche un atto di denuncia coraggioso e sentito contro i mali del tempo di Dante, soprattutto contro la corruzione ecclesiastica e gli abusi del potere politico, in nome della giustizia.
struttura:
La Commedia è divisa in 3 Cantiche (Inferno, Purgatorio, Paradiso), ognuna delle quali divisa in canti: il numero è di 34 canti per l’Inferno (il primo è di introduzione generale al poema), 33 per Purgatorio e Paradiso, quindi 100 in totale. Ogni canto è composto di versi endecasillabi raggruppati in terzine a rima concatenata (con schema ABA, BCB, CDC…), di lunghezza variabile (da un minimo di 115 a un massimo di 160 versi). In totale il poema conta 14.233 versi endecasillabi.
Nell’opera ci sono alcuni parallelismi, che rientrano nel gusto tipicamente medievale per le simmetrie: il canto VI di ogni Cantica è di argomento politico, secondo una climax ascendente (Firenze nell’Inferno, l’Italia nel Purgatorio, l’Impero nel Paradiso).
Ogni Cantica termina con la parola «stelle» («e quindi uscimmo a riveder le stelle», Inf., XXXIV, 139; «puro e disposto a salire a le stelle», Purg., XXXIII,145; «l’amor che move il sole e l’altre stelle», Par., XXXIII, 145) e su tutto domina il numero 3, simbolo della Trinità.
il titolo di Divina Commedia risale al letterato Ludovico Dolce, che lo pubblicò con tale intestazione nel 16° secolo, riprendendo la formula da un passo del Trattatello in laude di Dante di Boccaccio.
lo stile e la lingua:
La retorica medievale distingueva tre stili, quello alto e «tragico», quello medio e «comico», quello basso ed «elegiaco» (che corrispondevano alle tre opere di Virgilio, Eneide, Georgiche, Bucoliche) (si intitola “comedìa” poiché in esso prevale lo stile medio medievale, cioè quello comico).
La Commedia presenta una commistione di tutti e tre gli stili, anche se c’è una certa prevalenza per quello «comico», proprio soprattutto dell’Inferno.
Quanto alla lingua, Dante si serve del volgare fiorentino già usato nelle precedenti opere, benché ricorra anche a latinismi, francesismi, provenzalismi e prestiti da varie altre lingue (c’è chi ha visto persino vocaboli di origine araba, mentre i versi 140-147 del Canto XXVI del Purgatorio sono in pura lingua d’oc). Dante ricorre talvolta a linguaggi strani e incomprensibili, cioè lingue inventate (le parole di Pluto, quelle di Nembrot nell’Inferno), mentre altrove conia degli arditi neologismi (specialmente nel Paradiso).
Questo ha portato gli studiosi a parlare di plurilinguismo e pluristilismo della Commedia, il che differenzia Dante da Petrarca e dai poeti dell’Umanesimo e del Rinascimento, che preferiranno alla sua una lingua più «pura» e regolare.
perché le maggiori opere di Dante sono state scritte in esilio:
Secondo alcuni questo può essere perché Dante ha la possibilità di sistemare e sfruttare i suoi studi precedenti (a Firenze egli studiava presso gli ordini religiosi nella Chiesa di Santa Maria Novella, con i francescani, e di Santa Croce con i benedettini).
come Dante studiava i filosofi greci:
Egli aveva il limite di non conoscere il greco e quindi studiava i filosofi greci (ex. “l’etica a Nicomaco” di Aristotele, in cui Aristotele classifica i vizi umani ed ispira quindi lo schema dei dannati e delle anime del purgatorio di Dante. Dante inserisce in più solo il peccato dell’eresia, che Dante punisce bruciandoli in delle arche) attraverso i commentatori latini (ex. San Tommaso, il maestro di Dante Brunetto Latini).
a che età Dante comincia a scrivere la Divina Commedia:
Dante comincia a scrivere la Divina commedia a più di 40 anni (nonostante egli dica che il viaggio comincia a circa 35 anni, “nel mezzo del cammin di nostra vita”).
Abbiamo poche certezze circa i tempi di composizione e divulgazione della commedia, probabilmente però Dante cominciò a scriverla dopo aver interrotto il Convivio e il del vulgari eloquentia, cioè intorno al 1307.
Le tre cantiche furono comunque scritte e pubblicate in tempi diversi, con le prime due che potrebbero essere state oggetto di revisione e l’ultima che impegnò il poeta fino alla fine della sua vita.
Quindi possiamo ipotizzare che la circolazione dell’inferno appaia testata intorno al 1314, mentre il Purgatorio doveva essere già noto nel 1316.
Probabilmente la prima edizione è completa della commedia fu curata dal figlio Jacopo, che ricongiunse i canti ravennati e veronesi del Paradiso alle altre due cantiche già pubblicate.
i primi commentatori della Divina Commedia:
- i figli Jacopo e Pietro, che *recuperarono i manoscritti *sparsi in tutta Italia che lui aveva scritto in esilio (si racconta che Dante apparve loro in sogno per dirgli di farlo)
- Giovanni Boccaccio (faceva le pubbliche letture e le commentava, ma lo fece solo fino al 17esimo canto dell’Inferno poiché poi è morto).
- l’americano Charles Singleton, che ha approfondito i rapporti con la Divina Commedia mettendoli a confronto con la letteratura cristiana.
- Bruno Nardi, che ha studiato le conoscenze filosofiche di Dante.
- Gianfranco Contini, che ha studiato la lingua e lo stile della Divina Commedia (cioè ha capito che ha scritto l’inferno in Toscana dati i termini utilizzati, etc).
generi letterari sperimentati da Dante:
in appena 25 anni di attività ha utilizzato tutti i generi letterari dell’epoca (epistole, trattati politici come il De Monarchia (1310-1313), trattati di filosofia come il Convivio, trattati linguistici come il De Vulgari Eloquentia, un prosimetro (opera letteraria contenente parti in prosa e parti in versi) come La Vita Nova).
tendenza didattica di Dante:
Dante assume anche il ruolo di scrittore impegnato, cioè non scrive per intrattenere ma per influenzare le opinioni dei lettori e per insegnare
ex.
* il De Vulgari Eloquentia, in cui Dante si ripromette di individuare la lingua ideale della letteratura. In realtà questa è un’opera interrotta perché non riesce a trovare la lingua giusta; trova la risposta solo scrivendo la Divina Commedia.
Nel De Vulgari eloquentia Dante vuole però insegnare ai lettori come utilizzare in maniera conveniente la loro lingua materna.
Nel De Vulgari Eloquentia esprime valutazioni critiche sui letterati che li hanno precedute, come ad esempio Guittone D’arezzo, che all’inizio apprezzava ma poi, dato che conobbe Guinizelli e la sua poesia dolce e musicale, giudica rozzo e oscuro.
Esprime apprezzamento per gli stilnovisti e anche per i poeti siciliani come Guido delle Colonne, Piero della Vigna e Jacopo Da Lentini (inventò il sonetto) e Cielo D’Alcamo.
Nessun altro scrittore aveva all’epoca la tendenza di educare attraverso la letteratura.
* Nel Convivio vuole invece insegnare le norme civili che devono regolare la vita associata. Infatti Convivio=banchetto della sapienza).
* La Divina Commedia ha l’obiettivo di insegnare come bisogna vivere (se fai peccati imperdonabili, se fai peccati rimediabili e se ti comporti bene).
quando inizia il viaggio di Dante:
Il viaggio potrebbe essere iniziato il venerdì santo del 1300, (ovvero l’8 aprile), oppure il giorno dell’anniversario «storico» della morte di Cristo, (25 marzo).
Il viaggio dura una settimana.
in quale canto appare per la prima volta Minosse?
Minosse appare per la prima volta nel 5° canto, canto dei lussuriosi, e si trova quindi fisicamente fra il 1° cerchio (limbo) e il 2° (lussuriosi).
in quale canto appare per la prima volte Flegias?
Dante lo colloca nel 5° Cerchio (canto 8) dell’Inferno, a custodia della palude dello Stige che circonda la città di Dite.
Che ricaduta hanno le letture di Dante nelle sue opere? Esistono delle prove materiali di tali letture?
Parlando delle letture di Dante, spesso notiamo che Dante decide di rifarsi ed imparare da alcuni autori (ex. Brunetto Latini è stato il grande maestro di Dante per la retorica.)
Capiamo le altre letture grazie alle citazioni letterarie nelle sue opere, le figure degli autori ex. Virgilio, chiamato spesso anche magister, auctor (colui che fa crescere) duca (colui che lo conduce) o Omero. Orazio, Ovidio, Stazio.
Nel Trattatello su Dante Boccaccio ci dice che:
“Dante non poteva possedere una biblioteca, tra gli scarsi mezzi economici e l’esilio, ma certo frequentava città in cui c’erano biblioteche di corte, di istituzioni (università) e di conventi (dispute teologiche di domenicani e francescani, fra Firenze e Bologna). Anche la bottega di uno speziale poteva essere luogo di lettura”.
riferimenti ai libri nelle opere di Dante:
Sappiamo anche che Dante non utilizza mai la parola “biblioteca”, ma usa di frequente un lessico metafisico che richiama il libro manoscritto.
- la parola “assemplare” (= assemblare, mettere assieme in un libro) in Vita Nova; dice in particolare di voler trascrivere su un esemplare/copia, ciò che trova in un “libro della memoria”, sotto la “rubrica”: ‘Incipit Vita Nova’.
utilizza anche termini come “libro”, “quaderno”, “volume”, “squadernarsi”. (Par. XXXIII 85-87: “Nel suo profondo vidi che s’interna , legato con amore in un volume, ciò che per l’universo si squaderna”. - Di codici (manoscritti) veri e propri parla Dante nel “De Vulgari Eloquentia” I, in cui dice di aver continuato a sfogliare (“revolvere”) le pagine di volumi di poeti e scrittori che hanno descritto il mondo nella sua interezza e nelle sue parti.
Leonardo Bruni, il cancelliere aretino biografo di Dante, l’unico ad aver visto la grafia del poeta, la descrive come “magra et lunga et molto corretta” e parla di “revolutione” di molti libri da parte di Dante.
- La biblioteca di Dante è una biblioteca tutta da ricostruire tra Firenze (i codici di Santa Croce, francescani, e di Santa Maria Novella, domenicani), Bologna e Parigi.
- Un canone/modello si desume da Vita Nova XXV, ripreso poi in Inf. IV: Orazio (Ars Poetica), Virgilio, Lucano, Ovidio, Omero (di cui ovviamente non ha conoscenza diretta, infatti Dante leggeva le traduzioni in latino delle opere greche).
- Il canone più interessante è quello di “De Vulgari Eloquentia II”, in cui Dante esorta i poeti moderni volgari ad avere come modello non solo poeti latini ‘regolari’, di stile alto (Virgilio, Ovidio, Stazio, Lucano), ma anche storici e prosatori (Tito Livio, Plinio, Frontino, Orosio).
tradizione testuale della Divina Commedia (manoscritti):
A pochi anni dalla morte dell’autore, le copie della Commedia si moltiplicarono per tutta l’Italia. A noi sono arrivati circa 800 manoscritti ricopiati dai copisti (ma delle tante opere di Dante, non ci è arrivata nemmeno una riga autografa).
VAT. LAT. 3199:
Della seconda metà del ‘300 è il gruppo dei cosiddetti “Vaticani”.
Centrale è il manoscritto Vaticano Latino 3199, cioè un codice contenente la Divina Commedia di Dante Alighieri che fu donato da Giovanni Boccaccio a Francesco Petrarca nel tentativo di mettere insieme simbolicamente le 3 Corone. (lo capiamo grazie alla lettere di Petrarca a Boccaccio, la Familiare XXI 15, in cui parla di Dante).
Petrarca afferma tuttavia di non aver mai letto Dante poiché aveva paura di esserne influenzato, in realtà questa è una bugia letteraria (come era solito fare spesso al fine di dare di sé un’immagine esemplare), dato che sono presenti note (Ex. una graffa al canto di Ulisse)
Verrà accusato di essere invidioso, ma lui risponde a Boccaccio dicendo proprio che se fossero vissuti nello stesso tempo sarebbero anche stati amici, paragonandolo addirittura a suo padre.
Boccaccio copia la Commedia per tre volte in 3 manoscritti autografi:
* Nel Codice di Toledo BC 104 (To): Boccaccio ritrae in un disegno Omero, in cui si vede anche un suo autoritratto secondo alcuni. Nella parte superiore del disegno troviamo scritto “Omero poeta sovrano”.
In particolare, il profilo di Omero sembra quasi quello di un Imperatore sulle monete.
* Codice Riccardiano 1035 (Ri) (corredato da dei disegni, ma stranamente la mano non sembra di Boccaccio.
* Codice Chigiano L VI 213, che è la copia più tarda ed ha una rilegatura particolare (in fascicoli distinti e non legati assieme) e che suggerisce che lo utilizzasse per le sue letture pubbliche (le “Esposizioni” alla Commedia, che terminò con l’Inferno a causa di alcuni suoi problemi di salute).
Nel Chigiani trascrisse anche 15 canzoni dantesche, la canzone ‘Dinna me prega’ di Cavalcanti e i RVF di Petrarca (la cosiddetta ‘forma chigi’ del Canzoniere).
Stranamente, il manoscritto Vat. Lat. 3199 contiene pochissime annotazioni da parte di Petrarca (nonostante lui usasse annotare tutti i suoi libri).
Il Vat. Lat. 3199 fu quello che ebbe fra le mani Pietro Bembo per allestire l’edizione aldina della Commedia, cioè la pubblicazione in volgare di alcuni classici, come Dante e Petrarca. L’edizione aldina venne allestita nella tipografia di Aldo Manuzio a Venezia nel 1502.
Bembo fu anche colui che addusse Boccaccio come modello per la prosa e Petrarca per la lirica, tuttavia aveva qualche dubbio su Dante.
Il fatto che Petrarca abbia lasciato (seppur poche) annotazioni sulla sua copia della Divina Commedia (Vat. Lat. 3199 f(oglio). 19v(verso/retto)b(colonna b)) è un fatto straordinario, poiché dimostra il dialogo fra il Petrarca lettore e il Dante autore.
Ex. una graffa “ a fiorellino” di mano del Petrarca sul canto di Ulisse (Inf. XXVI 121-23), in particolare sul verso del “folle volo di Ulisse”.
In questo punto capiamo la sintonia degli autori.
tradizione indiretta:
Tradizione indiretta = la tradizione rappresentata dalle citazioni di brani di un testo entro opere diverse: la forma più importante è quella nei Memoriali dei notai bolognesi, che riempirono gli spazi bianchi di alcuni documenti notarili con delle terzine della Commedia (ex. versi del V canto dell’Inferno), ancora con Dante vivente e poi a ridosso della morte).
edizione critica, edizione nazionale:
- edizione critica: pubblicazione del testo stesso mirante a ristabilirne la forma originale, il più possibile rispondente alla volontà dell’autore, sulla base dello studio comparato.
- edizione nazionale: pubblicazione dell’opera omnia ( = tutte le opere) di un autore (o, in qualche caso, di un gruppo di autori) che ha particolarmente onorato la propria nazione.
l’importanza di Giorgio Petrocchi:
Il testo critico della Commedia venne fissato da Giorgio Petrocchi, che tra il 1965-6, per l’Edizione Nazionale, pubblica tale testo Critico che venne poi ristampato con delle correzioni nel 1994.
Egli scelse 27 manoscritti della vulgata (volgo), cioè i testi più vicini cronologicamente a quelli di Dante (prima del 1355), selezionati per intero e collazionati (cioè confrontati).
Dopo l’edizione Petrocchi (rimasta la più accreditata presso i filologi critici fino a quella di Giorgio Inglese) vi furono altre edizioni critiche recenti che però ebbero meno fortuna:
1. l’edizione curata da Antonio Lanza (1995)
2. edizione curata da Federico Sanguineti (condotta su 600 codici, molti più di quelli studiati da Petrocchi) secondo il progetto di Michele Barbi per la Società Dantesca Italiana. (2001)
Ne è risultata una radicale scrematura che ha ridotto a 7 i manoscritti validi per la ricostruzione del testo, dando assoluta centralità al manoscritto Urbinate 366, della metà del Trecento.
Per questi ne emerge un nuovo testo della Commedia (ad esempio parlando della lingua, che risente meno del fiorentino e più influenzato dalla lingua del centro-Italia, al contrario di quello di Petrocchi).
3. L’Edizione Nazionale curata da Giorgio Inglese, che decise di revisionare il testo di Petrocchi sulla base di nuove acquisizioni. (2021).
4. Paolo Trovato (2022). Edizione critica della Commedia da parte di una equipe di studiosi. I curatori hanno confrontato i 580 manoscritti non frammentari, non su tutti i 14233 versi, ma su un campione significativo di 630 versi.
canto 1:
- selva oscura
- tre fiere (lonza = lussuriza, leone = superbia/rabbia, lupa = cupidigia/avarizia)
- Virgilio
- profezia del veltro, che scaccerà le fiere
canto 2:
- invocazione alle Muse
- dubbi di Dante sul viaggio (si paragona a Enea e San Paolo e non si sente all’altezza)
- accusa di viltà di Dante da parte di Virgilio
- esortazione di Virgilio (racconto delle tre donne benedette: Beatrice, mandata da Santa Lucia, mandata a sua volta dalla Vergine)
canto 3:
- porta dell’Inferno
- ingresso nell’Antinferno / Vestibolo (fra la porta dell’Inferno e l’Acheronte)
- dannati: ignavi
- Celestino V
- pena: rincorrere bandiere mentre sono punti e morsi da insetti (contrappasso per contrasto)
- Caronte
- terremoto - svenimento di Dante
canto 4:
- 1° Cerchio: Limbo
- dannati: non battezzati e coloro che, pur essendo valenti, sono nati e morti prima di Cristo.
- Dante chiede a Virgilio se mai qualcuna di queste anime sia uscita dal Limbo > descrizione della salvezza dei patriarchi biblici: ex. Adamo, Abele, Noè, Mosè, David, Giacobbe e i suoi figli.
- incontro con i poeti antichi (Omero, Orazio, Ovidio, Lucano).
- castello degli spiriti Magni (Ettore, Enea, Lucrezia, Lavinia, Aristotele, Socrate, Platone, Saladino etc.)
canto 5:
- incontro con Minosse
- 2° Cerchio: Lussuriosi (morti violentemente per amore)
- pena: sballottati dal vento come essi si sono fatti trasportare in vita dalle passioni amorose (contrappasso per analogia)
- incontro con Paolo e Francesca
- svenimento di Dante
canto 6:
- 3° Cerchio: Golosi
- pena: immersi nel fango con Cerbero che li tortura
- incontro con il fiorentino Ciacco ; profezia della sconfitta dei guelfi Bianchi
- profezia del giorno del giudizio universale e del ricongiungimento di anime e corpi ( = maggiore dolore per i dannati
- incontro con Pluto
canto 7:
- minacce di Pluto
- 4° Cerchio: avari e prodighi - 5° Cerchio: iracondi e accidiosi
- pena avari e prodighi: in vita fecero fatica inutile nell’accumulare o sperperare ricchezze, ora continuano tale vana pratica (spingendo enormi macigni ciascuna categoria in un semicerchio, finendo inevitabilmente per scontrarsi e insultarsi a vicenda) (contappasso per analogia).
- pena iracondi e accidiosi/negligenti/inetti: rispettivamente immersi (picchiandosi/mordendosi) e completamente sommersi dallo Stige (ingoiando la melma)
- discorso di Virgilio sulla Fortuna ( = amministratrice dei beni terreni predisposta da Dio)