Tumore Prostatico Flashcards
Tumore della prostata: prevalenza, stadio alla diagnosi
Osservando la prevalenza in Italia vediamo che questa, nel 2011, è stata di 200mila maschi, circa 1/100.
Localizzato: 60%
Locoregionale: 35%
Metastatico: 5%
Tumore della prostata: screening e mortalità, età
La malattia colpisce soprattutto sopra i 60 anni.
Importante osservare come, nonostante l’aumento di diagnosi, la mortalità non si sia ridotta in modo significativo se non negli ultimi anni (3/4anni), perché abbiamo aggiunto all’armamentario terapeutico
classico (chirurgia+radioterapia+terapia ormonale) delle strategie che consentono più a lungo la convivenza con la malattia avanzata.
Attualmente la maggioranza dei tumori è di tipo localizzato, anche grazie all’introduzione del PSA nello screening, con una probabilità di guarigione alta ed accettabile probabilità di sopravvivenza nei casi in cui la malattia sia sistemica.
Lo screening serve poco anche perché questo tumore ha una storia naturale molto lunga.
Tumore della prostata: fattori di rischio
- Componente genetica, non molto frequente: 9% sono le forme ereditarie, il 43% nei pz con età inferiore ai 55 anni. BRCA1/2 possono dare aumenti di tumori prostatici. I tumori con questa componente sono quasi sempre quelli che si osservano in soggetti giovani.
La componente genetica è rara soprattutto nei malati anziani; il tumore della prostata in qualche modo colpisce quasi tutti gli uomini (se facessimo autopsie a uomini con età maggiore di 80aa la troveremo frequentissimamente), in questi casi sembra addirittura far parte della storia naturale dell’invecchiamento. - Etnia: i soggetti di colore hanno una incidenza maggiore a causa dei livelli aumentati di testosterone.
- Età maggiore di 65 anni.
- Fattori ormonali: elevati livelli circolanti di testosterone e IGF-1.
- Storia famigliare.
- Dietà: aumentato rischio correlato con elevata assunzione di grassi, questi (NB: quelli di origine animale) aumentano i livelli di androgeni sierici. Gli acidi grassi possono iniziare o promuovere la cancerogenesi nella prostata. L’acido linoleico può stimolare lo sviluppo, gli acidi grassi omega 3 inibiscono.
Tumore della prostata: anatomia
Essenziale considerare l’anatomia della ghiandola, proprio alla luce di questa si capisce perché il tumore non dia alcun tipo di sintomatologia.
- La zona di transizione è una zona tondeggiante, costituisce il 5% del volume della ghiandola ed avvolge l’uretra preprostatica. Questa zona è la più coinvoltà nell’iperplasia prostatica benigna e solo una piccola parte dei tumori origina da qui, se così non fosse questi avrebbero una
sintomatologia precoce, simile a quella dell’IPB–> LUTS.
20% di tumori deriva da questa zona, percentuale importante da considerare perché proprio in questa zona l’urologo ha più difficoltà nel fare un intervento R 0 essendoci l’uretra prostatica. - La zona centrale è pensabile come un tronco di cono interno alla ghiandola. Anteriormente è in rapporto con la zona transizionale, circonda i dotti eiaculatori. 1/5% dei carcinomi prostatici ha origine qui.
- La zona periferica è la porzione più grande del tessuto ghiandolare, anch’essa a tronco di cono o a coppa, ne costituisce il 70% del volume. Questa è la zona più coinvolta nei tumori e, alla luce dell’anatomia e dei rapporti di questa zona, la presenza di questi non da disturbi né al transito dell’urina né a quello dello sperma. (almeno fino a quando sono precoci).
Tumore della prostata: istotipi (come vengono classificati dall’anatomo patologo)
Il patologo confronta il reperto con una semplice colorazione EE, rispetto all'epitelio normale. Si evidenziano diversi gradi di differenziaziano che ci permettono di definire la malignità del tumore. Il tumore non è composto tutto dallo stesso istotipo. Il Gleason (sistema di grading per la classificazione) si basa sull'anatomia patologica: nel tumore ci saranno cellule con diversi gradi di differenziazione (si va dalle cellule simile a quelle naturali della prostata, situazione meno preoccupante fino a quelle decisamente anaplastiche, la situazione più preoccupante in assoluto). 1 (ben differenziato) a 5 (scarsamente indifferenziato) sulla base dei patterns morfologici assegnati dal patologo; la neoplasia è eterogenea e allora assegnerò i punteggi alle due cellule maggiormente rappresentate all'interno della neoplasia: la scala avrà un punteggio da 2 a 10. Partendo da questa stadiazione si è poi fatto anche il G1/2/3, che in questo contesto si usa poco. Gleason mi definisce anche l'ormono dipendenza della malattia, questa è direttamente dipendente dagli ormoni anche se non è questo l'unico fattore stimolante; il testosterone è fondamentale per lo sviluppo delle neoplasie prostatiche--> Gleason basso correla con una maggiore dipendenza all'ormone.
Tumore della prostata: sintomi
Quando siamo in presenza di sintomi è molto probabile trovarci di fronte ad una malattia avanzata; i sintomi non sono mai precoci.
- Sintomi urinari: esitazione, urgenza, incontinenza, frequenza (tumore è in zona periferica, dev’essere avanzato per arrivare a questa sintomatologia).
- Nessun sintomo urinario risulta sufficientemente sensibile e specifico per fare diagnosi di carcinoma prostatico.
- É probabile che mentre lo stadio iniziale del carcinoma (T1/2) causi scarsi disturbi urinari, un tumore localmente avanzato (T3/4) possa esserne causa (simil LUTS).
Tumore della prostata: come si fa la diagnosi?
Fortunatamente raramente si fa diagnosi nel momento in cui i sintomi sono cosi evidenti, si riesce a fare diagnosi precoce.
All’esplorazione rettale si percepisce un nodulo duro che può essere causato anche da altre ragioni. Se il PSA e l’esplorazione rettale ci lasciano qualche dubbio il sistema diagnostico più utilizzato è l’ecografia transrettale con biopsie multiple.
Più recente nella pratica clinica si utilizza la RM transretale che mi permette di individuare anche piccoli foci sospetti e fare biopsie molto mirate anche di 1/2 mm indicativi di neoplasie–> posso risolvere un dubbio se per esempio avessi un paziente con un PSA che sale nel tempo.
Tumore della prostata: PSA
È una glicoproteina, ma a differenza di altri marcatori che sono tumori associati, ma non tumori specifici e sono presenti in entrambi i sessi, è più correlato ed è considerato, alla luce di ciò, molto utile. Il PSA è presente solo negli uomini ed associato anche alla prostata normale. Si può avere tumore della prostata anche con un PSA minore di 4 (15/20%), ma quando questo sale al di sopra le probabilità aumentano e lo fanno ulteriormente quando questo sale al di sopra di 10 ng/ml (66% di biopsie positive in questi casi), se i valori sono invece tra 4 e 10 ng/ml le biopsie positive saranno circa il 30-45%; detto ciò risulta chiaro che parlando di percentuali, queste rilevazioni richiedono delle conferme–> diagnosi differenziale con altre affezioni benigne che innalzano i valori.
Bisogna comunque considerare che quasi tutte le affezioni della prostata aumentano il PSA: prostatite, IPB. Se il PSA s’innalza molto rapidamente può essere dovuto ad un processo di natura flogistica. Lo uso per monitorare, stadiare e a fini prognostici, ma non solo, mi può essere utile anche per indirizzarmi precocemente verso una patologia, piuttosto che un’altra.
Il PSA in genere è sintetizzato dalla prostata, ma noi sappiamo che per una qualche ragione quello prodotto da una neoplasia è maggioramente legato, in circolo, ad una proteina plasmatica (alfa1-antichimotripsina) e più facilemente avrò, una rapporto PSAlibero/PSA tot minore di 0,15; il rapporto ci può aiutare a prendere decisione e discriminare in una situazione di PSA border (4). Situazioni in cui il rapporto è inferiore al cut-off mi orienta verso neoplasia.
Chiaramente non si può fare questo discorso in modo assoluto, non tutto quello prodotto da una neoplasia sarà legato e vicersa.
Ci può aiutare a capire se questo PSA sia legato realmente ad un tumore della prostata o meno il ragionamento e alcuni accorgimenti che sono stati elaborati. Per esempio, quanto veloce è aumentato il
PSA? Se sono davanti ad un paziente con 4,2 ng/ml di PSA, prima di sottoporlo a tutte le indagini strumentali del caso è opportuno indagare quanto velocemente questo sia aumentato; in una situazione in cui il PSA è aumentato in 15 gg potremmo facilemente propendere per una diagnosi di prostatite, ma se è aumentato abbastanza notevolemente nel giro di un anno, per esempio da 2 a 4 ng/ml è probabile sia un tumore invece se nel giro di un anno passa da 2 a 2,5/3,5 ng/ml è più probabile che sia legato ad una forma benigna.
Tumore della prostata: metodi per aumentare la sensibilità del test
1) PSA velocity: tasso d’incremento del PSA nel tempo su base annuale (ng/ml/anno).
2) PSA density (PSAD): rapporto tra PSA circolante e dimensioni della ghiandola misurate ecograficamente
3) PSA doubling time: tempo di raddoppiamento del valore di PSA.
Tumore della prostata: storia naturale
La malattia nasce come displasia e qui vi rimane per molti anni. Importante notare come T3/4, che per altri tumori significa malattia localizzata, qui è un tumore indentificato come localmente avanzato. La forma metastatica risponde per anni alla terapia ormonale e poi ormono refrattaria. Vediamo che la malattia fino al T2 può coinvolgere entrambi i lobi, ma non si allontana dalla ghiandola, con il T3 diventa una malattia extracapsulare e T4 è una malattia che invade tutti gli organi adiacenti. T1 e T2 sono suddivisi tra a/b a seconda che coinvolgano uno solo o più lobi della prostata. Importante ricordare il T2c e poi che il T3 extracapsulare ha possibile invasione delle vescichette seminali, dobbiamo anche ricordarci i linfonodi, che siano regionali o meno. La malattia quando coinvolge i linfonodi non coinvolge mai i linfonodi inguinali (sennò sarebbe già
metastatica). La malattia avanzata ha coinvolgimento linfonodonale e metastatico. Si giunge velocemente allo stadio 3 e allo stadio 4, che a differenza di altri tipi di neoplasia è rappresentato dalla situazione in cui c’è invasione o linfonodale o degli organi circostanti e questo vuol dire che è una malattia difficilmente controllabile con terapie locoregionali. Il T2 è la differenza tra la possibile terapia chirurgica e quella non chirurgica.
Tumore della prostata: metastasi
Presenta diffusione abbastanza peculiare alle ossa di tipo osteoplastico che difficilmente danno problemi di stabilità, a differenza di metastasi ossee tipiche di altre neoplasie (mammella), che possono causare gravi conseguenze. In queste localizzazioni ossee, per molti anni, potrei osservare unicamente un po’ di rigidata ossee. Potrei trovarmi di fronte anche ad altri interessamenti
linfonodali, ma non locoregionali: sovraclaveare, mediastinica e, adesso che le terapie fanno convinvere con la malattia per molti anni, possiamo trovare anche localizzazioni viscerali (rarità).es. Fegato, encefalo.
Tumore della prostata: malattia localizzata, come intervenire
Posso fare chirurgia o radioterapia. In una persona giovane in buone condizioni generali una buona chirurgia è la soluzione migliore, pur non essendo scevra da rischi; con un bravo urologo il rischio di complicanze è contenuto. La prostatectomia radicale è il gold standard in queste situazioni, devo fare una rimozione in blocco di prostata e vescichette seminali.
Tumore della prostata: diagnosi di neoplasia prostatica
Esplorazione rettale, PSA, agobiopsia + ecografia transrettale
Se il paziente cade nella categoria a basso rischio, con una malattia localizzata ne discuto col paziente e posso optare solo per una vigile attesa o terapia locale; il rischio che ci sia qualosa al di fuori è molto basso. Non serve neanche proseguire le indagini con una TC.
Se rischio intermedio mi conviene fare RM per vedere se ho diffusione intracapsulare e sulla base di ciò definisco il tipo di terapia che andrò a fare, faccio anche scintigrafia ossea per valutare anche questo tipo di diffusione. A differenza di altri tumori non faccio TC addome/torace, non indicata se non mi trovo davanti ad elementi che me ne possano far sospettare l’utilità. Se paziente ad alto rischio (tumori avanzati come T3a/b-T4) non solo devo vedere ciò che succede localmente, ma anche a livello sistemico: linfonodi addominale e a livello osseo.
Tumore della prostata: Possibili complicanze post-chirurgia
Incontinenza urinaria (aumenta in modo proporzionalmente all’età e se il tumore è molto vicino allo sfintere); disfunzione erettile, un rischio molto basso nei casi di tumore localizzato–> nerve-sparing mi permette di salvare entrambi i nervi Pudendi e questo permette una discreta ripresa dell’attività sessuale.
Tumore della prostata: terapia chirurgica in quali casi? Sopravvivenza post-chirurgica e post-radioterapica
Quando il tumore è un T2 generalmente è ancora indicata la chirurgia, molto meno quando il tumore è un T3. Alcuni urologi operano anche i T3, ma esiste il grosso rischio di fare margini di resezione positivi, ci troviamo di fronte ad un quadro suggestivo di estensione extracapsulare, ulteriormente peggiore sarebbe la situazione in un T3b con interessamento delle vescichette seminali; in questi casi probabilmente sarebbe maggiore il beneficio di una radioterapia, che va sempre fatta nei casi di malattia localmente avanzata. Ricordiamo che la chirurgia nei casi malattia localizzata è la terapia che garantisce la maggiore sopravvivenza a 5 anni: 97/98% dei casi; a seguire radioterapia esterna con 85/93%.
Nei casi in cui l’urologo si trovi a fare una prostatectomia, che per ragioni che non poteva prevedere, è sub ottimale (margini+, estensione extraprostatica, invasione delle vescichette seminali) è consigliata la radioterapia ADIUVANTE.
Tumore della prostata: incidenza e mortalità
Notiamo una forte discrepanza tra l’incidenza e la mortalità: negli USA è il tumore di gran lunga più frequente ma con mortalità relativamente bassa se rapportata–> 180mila diagnosi e 27mila decessi–> 85% dei soggetti malati non muore per tumore della prostata, una parte perchè guarisce ed in parte perchè ci convive.