Carcinoma Renale Flashcards
Carcinoma renale: sopravvivenza a 5 anni
La sopravvivenza a 5 anni è migliorata grazie alle nuove terapie, negli anni 70 la sopravvivenza era del 20% circa, ora negli anni 2000 è del 63/64%.
Carcinoma renale: incidenza (maschi o femmine? Età?) e sopravvivenza a 5 anni
L’incidenza è aumentata e in particolar modo negli uomini, dove è maggiore la prevalenza. Il picco di incidenza di tale tumore è tra i 60-70 anni, ma esistono anche forme infantili (tumore di Wilms 5-6%). In Italia l’incidenza nel 2011 era di 11000 casi (paragonabile al tumore dello stomaco) ed è in aumento. La sopravvivenza a 5 anni si attesta sempre intorno al 60%, accettabile se si paragona ad altre neoplasie come il pancreas che invece a 5 anni è del 10%.
Carcinoma renale: fattori di rischio
- sesso maschile
- fumo di sigaretta
- obesità
- ipertensione arteriosa
- dialisi fatta a lungo termine
- sindrome di von hippel lindau (legata al gene VHL)
- esposizione a tossici occupazionali come cadmio,asbesto, gasolio
Carcinoma renale: fattori genetici
- forme familiari associate a traslocazioni 3;8 oppure 3;11 (forme cromosomiche maggiormente riscontrate)
- sindromi genetiche come la sindrome di von hippel lindau dove il gene mutato è il gene VHL sul braccio corto del cromosoma 3, che regola l’espressione del fattore ipossico HIF1alfa. Almeno il 40% dei soggetti che presentano questa alterazione genetica va in contro allo sviluppo di neoplasia renale.Può manifestarsi anche in forme bilaterali o multiple ed inoltre possono presentarsi neoplasie a carico del SNC, emangioblastomi della retina, feocromocitomi, tumori neuroendocrini, cisti del pancreas. Quindi è una sindrome che può avere varie modalità d’espressione. È un alterazione germinale quindi tutte le cellule del soggetto portatore di questa sindrome hanno questa traslocazione.
- HIF1alfa in normossia viene inibito dalla proteina VHL e mandato al proteasoma, mentre in condizioni ipossiche aumenta di espressione e si lega a HIF1beta con il quale va a regolare il fattore trascrizionale HRE per l’espressione di VEGF, quindi HIF1alfa è un fattore neoangiogenetico. Mutazioni con carenza di VHL causano perciò neoangiogenesi non controllata con formazioni di vasi immaturi.
- altre forme genetiche sono il carcinoma papillare ereditario in cui è coinvolto il gene MET e la leiomiomatosi ereditaria, dove è mutato il gene FH.
Carcinoma renale: istologia (tipologie di tumore e gradi di gravità della tipologia più diffusa)
La prevalenza dei carcinomi renali sono a cellule chiare con una percentuale del 75% (in cui il gene VHL può avere un ruolo importante), a cui segue la forma papillare 10% (correlato al gene MET) e cromofobo 5%. Il carcinoma a cellule chiare ha una prognosi peggiore rispetto al papillare, che è quello con prognosi migliore.
Dal punto di vista istologico, per il carcinoma a cellule chiare abbiamo un grading, il grading di Fuhrman, che identifica 4 tipi di carcinomi a cellule chiare in base alla cellularità e alle anomalie del nucleo. Dal grado 1 in cui abbiamo cellule con nucleo piccolo e rotondo fino al grado 4 dove vi sono forti atipie nucleari. Tali gradi hanno una importante valenza prognostica. Si nota come il grado 4 con forti anormalità abbiano una minor sopravvivenza, rispetto ad un G1 in cui le aspettative di sopravvivenza sono senz’altro migliori.
Carcinoma renale: presentazione clinica (cosa fa sospettare un RCC?)
Generalmente questi tumori si presentano con ematuria nel 60% dei casi, dolore in un 45% dei casi e una massa addominale che da asintomatica diventa sintomatica e palpabile. Quindi l’ematuria è un campanello d’allarme più frequente che ci segnala un problema che poi verrà indagato e diagnosticato. In alcuni casi di tumori a sinistra possiamo avere varicocele per blocco delle vena renale sinistra, nella quale sbocca la vena spermatica sinistra, che sarà così bloccata a sua volta. Quindi un varicocele sx deve far sospettare una neoplasia renale; mentre altri sintomi meno frequenti sono febbre, calo ponderale e sindromi paraneoplastiche con febbre o febbricola, anemia oppure eritrocitosi, cachessia, amiloidosi e alterazioni della funzionalità epatica.
Vi sono alcuni casi di regressioni spontanee (circa un 0.5%) presumibilmente legate a reazioni tossiche del sistema immunitario. Tuttavia è un evento raro. L’interesse verso questa particolarità sta nel fatto che i carcinoma renale, a differenza della stragrande maggioranza delle neoplasie, ha un’interfaccia con il sistema immunitario particolarmente rilevante, ha delle capacità di attivazioni di meccanismi anti tumorali innati, che ha dato luogo a questi casi di regressioni spontanee (un po’ sopravvalutato perché non possiamo aspettarci che una neoplasia regredisca solo per qualche caso in cui si è vista tale evidenza).
Carcinoma renale: esami per stadiazione, percentuali della stadiazione a cui viene trovato di solito l’RCC
Dal punto di vista della stadiazione il primissimo esame da fare è l’ecografia, perchè è l’esame di primo livello più facile da eseguire, poco invasiva e con gli US (ultrasuoni) si riesce ad individuare anche piccole lesioni renali in circa l’80% dei casi. Quindi nella stadiazione vengono usati come strumenti diagnostici gli US, la TC e la RMN.
Non è usata la PET perche il carcinoma renale è insensibile al FDG.
La prima cosa che l’ecografia deve cercare di capire in presenza di una lesione renale è se si tratta di una massa sfida o di una cisti renale. Esistono dei criteri nell’uso dell’ecografia per determinare la struttura di una cisti renale semplice: per essere tale la cisti deve risultare anecogena (non dà eco), con rinforzo della parete posteriore e apparire come massa rotonda e senza sepimenti.
La RMN viene usata se vi sono controindicazioni al mezzo di contrasto oppure quando ECO e TC non sono stati abbastanza informativi. Gli svantaggi sono solitamente legati alla presenza di pacemaker o pazienti claustrofobici.
Il coinvolgimento linfonodale è molto frequente, anche se una stazione linfonodale ingrandita di 1-2cm non necessariamente coincide con una stazione metastatica, ma può essere una stazione iper-reattiva. Un interessamento linfonodale non è una controindicaizone alla chirurgia, quindi spesso è un ritrovamento patologico. Per il coinvolgimento linfonodale chiaramente la TC e RMN sono più sensibili rispetto all’ECO. Più del 50% dei tumori vengono trovati usando immagini non invasive per la valutazione di sintomi non specifici. In circa il 30% dei pazienti con tumore sintomatico abbiamo sindromi paraneoplastiche. Il 25-30% dei pazienti presenta sintomi correlati alla malattia metastatica (tosse, dolore osseo..)
Carcinoma renale: cosa ci porta ad un sospetto di malignità con la TC, perché questa è importante?
- pareti ispessite e irregolari
- setti e sepimenti addensati o aumentati all’interno della massa
- aumento della lesione dopo il contrasto
- massa multilobulare
- dimensioni maggiori di 4 cm.
La TC è molto utile nel valutare i rapporti circostanti, anche con le strutture vascolari e quindi decidere il tipo di terapia da usare.
Carcinoma renale: percentuali delle stadiazioni e siti metastatici
- Circa il 50% delle diagnosi sono in stadio paucisintomatico, limitato;
- il 30% delle diagnosi è in stadio con sindrome paraneoplastica,la restante percentuale si presenta con una sintomatologia legata alla presenza di metastasi.
Le metastasi a distanza colpiscono frequentemente il polmone (50-60%), le ossa (30-40%), fegato e SNC.
Carcinoma renale: suddivisione degli stadi clinici e sopravvivenza a 5 anni in ciascuno di questi
Lo stadio I comprende neoplasie di piccole dimensioni inferiori ai 7 cm completamente contenuti all’interno del parenchima renale con sopravvivenza a 5 anni del 95%; lo stadio II comprende neoplasie maggiori di 7 cm sempre limitate al parenchima renale con sopravvivenza a 5 anni dell’88%; lo stadio III è una neoplasia che coinvolge anche i vasi, la surrenale entro la fascia di Gerota, oppure viene coinvolto un linfonodo regionale, con sopravvivenza a 5 anni del 58% e infine lo stadio IV che è una neoplasia con metastasi a distanza, tumore che si estende oltre la fascia di Gerota con più di un linfonodo coinvolto e sopravvivenza al 20%.
Carcinoma renale: prognosi da cosa dipende, categoria di rischio
Il più importante fattore prognostico da considerare è la diffusione della malattia quindi bisogna avvalersi del sistema TNM: è l’elemento che in primis viene considerato per impostare delle proposte terapeutiche. Nella prognosi lo stadio patologico è importante, ma anche il pattern istologico (abbiamo visto che il ca. a celulle chiare ha progosi negativa) e il grado di Fuhrman.
La prognosi è migliore nei tumori di più piccole dimensioni e la sopravvivenza è migliorata negli anni grazie all’introduzione di nuove terapie. Sono anche importanti fattori prognostici quelli clinici come il perfomance status, la presenza di una sindrome paraneoplastica e l’obesità. Essi rientrano in criteri di rischio che permettono, insieme anche al livello di LDH, il calcio sierico, i valori emoglobina, il tempo trascorso dalla diagnosi al trattamento, di calcolare uno score di rischio e attribuire al paziente una categoria di rischio e quindi di prognosi. Pazienti con buona prognosi avranno una sopravvivenza mediana di 30 mesi circa,mentre pazienti che hanno più di tre dei fattori di rischio sopra citati hanno una sopravvivenza
mediana al di sotto dei 5 mesi. Secondo questa classificazione potremmo così decidere anche il tipo di terapia più adatto. Per esempio, pazienti a buona prognosi, nella categoria a basso rischio
riceveranno in prima linea delle target therapy.
Non dimentichiamo che a questi fattori prognostici è possibile interscambiare e aggiungere i valori di neutrofilia e trombocitosi.
Carcinoma renale: trattamento - chirurgia -
La chirurgia è un opzione terapeutica che può essere valida per tutti gli stadi di carcinoma del rene. Ci possono essere delle situazioni particolari in cui è controindicata come nel paziente con un importante insufficienza renale, un paziente monorene per qualsiasi motivo o pazienti ad alto rischio per la chirurgia. In questi casi possono essere considerate delle opzioni alternative come la terapia palliativa previa biopsia o una vigile attesa per valutare come evolve la neoplasia.
La terapia sistemica è sicuramente il cardine del trattamento della malattia metastatica, ma anche in questo caso può essere presa in considerazione la chirurgia sulla lesioni primitiva e sulle lesioni metastatiche può avere un impatto positivo sulla sopravvivenza del paziente.
La chirurgia deve essere orientata alla maggiore conservazione possibile del parenchima renale.
La nefrectomia radicale è fortunatamente limitata a quei casi in cui un atteggiamento conservativo non è permesso per una eccessiva estensione.
Resezione conservativa: si intende la resezione polare, eminefrectomia, nefrectomie parziali, le enucleoresezioni.
Eventualmente si può optare per un approccio di tipo laparoscopico. Tumori periferici potranno essere fatti in laparoscopia, mentre tumori a livello centrale è preferibile operarli per via open.
Una linfadenectomia non è indicata perché sembra non impattare significativamente sulla prognosi. La chirurgia in presenza di metastasi può essere presa in considerazione o a scopo terapeutico o anche per la palliazione dei sintomi. La metastasectomia è un opzione che viene presa in considerazione da tanti anni (analogamente a quanto detto sul tumore del colonretto metastatico a livello del fegato) un’asportazione del tumore primitivo accompagnato dalla resezione della metastasi può avere un impatto significativo sulla sopravvivenza, in particolare se si tratta di metastasi singole.
La chirurgia deve esser più conservativa possibile, perchè il rischio di recidive locali è basso.
La resezione di un’unica metastasi ha una OS a 5 anni di 35-50%, e questo è ben documentato dalla letteratura.
Carcinoma renale: generalità
Il carcinoma renale è una neoplasia relativamente rara, è circa il 2-3% di tutti i tumori solidi. Vi è una serie di neoplasie eterogenee, di cui circa l’80/85% sono carcinomi a cellule chiare; inoltre può essere associato ad alcune sindromi ereditarie.
Circa il 40 % dei pazienti ha una presentazione in forma metastatica con mortalità intorno a questa percentuale, e circa il 25/30% si presenta alla diagnosi in forma avanzata.
Carcinoma renale: trattamento - chemioterapia -
I primi farmaci che sono stati sperimentati e utilizzati per il carcinoma renale sono state le CITOCHINE, ancora usate ora come l’IFN e IL-2 che hanno il ruolo di immunomodulatori. Puntano sulla possibilità di modificare l’assetto immunologico del paziente
fino ad ottenere delle risposte contro la malattia. Però hanno un’elevata tossicità, causano sindromi simil-influenzali poco tollerate dai pazienti, ipotensione, insufficienza renale, edema polmonare, disfunzioni epatiche e altre ancora. Quindi sono dei trattamenti non facilmente tollerabili. I benefici di questa terapia erano e sono tuttora abbastanza modesti anche se con l’IL-2 sono state descritte delle possibilità di risposta concrete anche durature nel tempo. In uno studio del 2007 si è confrontato sunitinib e citochine e si vede come l’OS è di 11 mesi per la target therapy contro 5 mesi per le citochine e la risposta è rispettivamente del 31% contro il 6%.
A differenza di altre situazioni la neoangiogenesi nel carcinoma
renale è fortemente stimolata (in particolare in quello a cellule chiare).Alla base c’è il ruolo del gene già citato VHL. Quindi si usano farmaci anti-angiogenetici come il BEVACIZUMAB (anticorpo antiVEGF), che abbiamo visto anche per altri tumori e non sempre con buoni risultati. Abbiamo sostanzialmente due grosse terapie che sono:
• Terapia anti-angiogenetica (inibitori del recettore VEGF)
• Terapie anti-proliferativa (EVEROLIMUS e il TEMSIROLIMUS che sono antiTOR e contribuiscono alla regolazione di HIF1alfa, e il PERIFOSINE antiAKT)
Carcinoma renale: terapia anti-angiogenetica
1) Il primo farmaco della categoria degli anti-angiogenetici è il SUNITINIB
2) PAZOPANIB
3) BEVACIZUMAB mantiene un ruolo importante come trattamento del carcinoma renale metastatico in associazione con INFalfa.
4) SORAFENIB e AXITINIB