manuale: 7) miti filologici: Flashcards

1
Q

il mito delle origini:

A

Il mito del primo originale, inteso come un ideale preesistente alle copie materiali. In questo senso, neppure l’autografo è in tutto e per tutto (in tutto e per tutto!!! = vedi caso dell’Hamilton) un originale.

Eliminare gli errori e scegliere le varianti buone non significa ipso facto ricostruire il testo originale e restaurare la precisa volontà dell’autore, che di fatto resta intangibile.
I criteri della lectio difficilior e dell’usus scribendi sono probabilistici. Il metodo dunque è valido, purchè non lo si consideri strumento di verità assoluta.

Va contestata l’idea che scopo unico della filologia della copia sia quello di risalire sempre e comunque a un originale perfetto:
1. esso può non essere mai esistito come tale
2. può non essere possibile o opportuno tentare di ricostruirlo in laboratorio

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Q

il mito della volontà dell’autore:

A

Un altro luogo comune è quello secondo cui il fine della filologia sia individuare l’ultima volontà dell’autore e nel dare alle stampe il testo che ad essa corrisponde;
L’ultima volontà è una di quelle nozioni che si rivelano sfuggenti e difficili da definire in modo chiaro.
La volontà è una nozione psicologica, non accerabile attraverso i documenti, a meno che non la si faccia coincidere con un oggettivo dato testuale.

Si danno casi in cui parlare di ultima volontà è improprio, cioè:
* quando l’autore continua per tutta la vita, o per molto tempo, a rielaborare il testo
* quando l’autore appronta e diffonde copie diverse di una sua opera, dedicate ciascuna a uno specifico lettore e destinatario, e di volta in volta modificando il testo.
* quando l’opera ci è giunta, a causa della morte dell’autore, incompiuta e frammentaria
* quando l’autore abbandona un’opera per sua scelta (ex. il DVE o il Convivio di Dante) > rispettare l’ultima volontà dell’autore imporrebbe di non dare l’opera alle stampe.
* in casi come censura o costrizioni editoriali, compromissione dello stato fisico o mentale dell’autore; la volontà in tutto libera non esiste, in letteratura come in ogni attività umana.

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3
Q

mito della verità del documento:

A

Il dilemma già posto di Bèdier > la difficile scelta fra il testo prodotto da un copista e quello ricostruibile di un autore, testo ricostruito in base a stemmi ritenuti spesso arbitrari e inaffidabili opposti a quello desunto fedelmente da un manoscritto ‘buono’, e che rispetto al primo ha il vantaggio di una storicità effettiva: la storicità, e dunque la verità, del documento.

Un aspetto particolare del problema è la filologia dei canzonieri; - l’attenzione riservata ai singoli codici spinge -qualora si tratti di manoscritti miscellanei e soprattutto di raccolte di rime - a indagare se esista un criterio che presiede alla loro strutturazione, cioè se dietro una cerca aggregazione di testi operi una volontà consapevole e autoriale.

Questo approccio ha indubbi meriti e vantaggi: consente di pensare i manoscritti non come meri contenitori di testi, ma come entità umane e organiche (evitando di trascurare il contesto codicologico e le tradizioni di cui fanno parte). e valorizza un aspetto importante nella produzione, ricezione e tramissione degli scritti letterari in età medievale e umanistica, ossia la tendenza di alcuni testi ad aggregarsi nei codici, spesso con modalità identiche o affini.

Un simile approccio può favorire però incontrollate derive feticistiche: una cosa infatti è attribuire a certi codici un’identità storica e culturale, un’altra è parlare di verità delle singole antologie, degli autori in essere compresi, promuovendo il codice al rango di opera e il copista a quello di autore che agisce sulla base di un consapevole progetto.

Siamo di fronte a una strutturazioni su base metrica che era quella più comune nei manoscritti dell’epoca, mentre spesso in altri casi, si tratta di scelte di copisti (nient’affatto univoche, tra l’altro, nella tradizione), la cui progettualità non deve essere sopravvalutata e, soprattutto, non ha valore se non nel campo della ricezione e della fortuna dell’opera.

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