manuale: 4) i metodi: problemi teorici e limiti applicativi: Flashcards
problemi e limiti del metodo di Lachmann: la trasmissione degli errori:
Nessun metodo garantisce di per sè la bontà del risultato: ciascuno può essere buono o cattivo a seconda delle situazioni e di chi lo adopera.
Il metodo di Lachmann presenta due ordini di limiti, in parte evidenziati già da Bèdier; alcuni strutturali e teorici, altri connessi invece all’ambito nel quale e per il quale esso fu elaborato, ossi quello degli studi classici e neotestamentari.
Ciò che soprattutto ne condiziona l’applicazione nell’ambito della filologia italiana sono le cosiddette ‘perturbazioni’ della tradizione manoscritta (ex. la contaminazione, l’attività correttoria dei copisti…), che, assenti o molto rare nelle tradizioni dei testi classici, sono la norma in quelle dei testi moderni e volgari.
Presupposto fondamentale del metodo è la natura essenzialmente meccanica della tradizione, e dunque la trasmissione degli errori significativi in linea verticale da un testimone all’altro.
La correzione del copista, individuabile se maldestra o inammissibile, diviene però irriconoscibile come tale se buona, e niente permette di distinguerla da una lezione autentica.
Il metodo di Lachmann esclude anche la congettura del copista e con essa qualunque suo intervento ‘migliorativo’ sul testo; per questo, nella distinzione fra ‘tradizione quiescente’, cioè meccanica e poco innovativa, e ‘tradizione attiva’, il metodo risula tanto meno efficente quanto più l’ago della bilancia si sposta verso la seconda.
Ammettiamo pure che si tratti di errori congiuntivi; difficilmente essi potranno considerarsi separativi, ossia taliche non potessero essere emendati per congettura.
L’omofonia e la vicinanza cronologica e culturale fra testo e copista rendono facile per quest’ultimo accorgersi degli errori e porvi rimedio.
La possibilità e la facilità per i copisti di emendare gran parte degli errori dei loro antigrafi erodono le basi stesse del metodo, perchè l’attività congetturatrice dei copisti colti tende a ripristiare un testo che ha la parvenza di essere originario, riducendo il numero degli errori separativi, portando a 2 conseguenze:
* non è opportuno riunire i testimoni in famiglie sulla base degli errori singoli, a meno che non si tratti di errori separativi certi o di lacune significartive
* nei testi di non ampie dimensioni, è frequente che non si reperisca alcun errore significativo e che dunque sia impossibile costituire uno stemma.
I soli errori realmente sicuri e significativi, che possono attestare con certezza la prentela di due o più testimoni reciprocamente indipendenti, sono le lacune di una certa entità, protodottesi nell’antecedente.
Così accade nelle ‘Stanze’ di Poliziano, nel cui secondo libro si riscontrano in due ottave altrettante vaste lacune comuni a tre codici, probabilmente discendenti da un originale in cui l’autore aveva cassato quei versi.
problemi e limiti del metodo di Lachmann: l’archetipo:
Nel caso di due testi classici, la distanza temporale che separa di norma il perduto originale dalla tradizione in nostro possesso rende spesso necessario o opportuno ipotizzare l’esistenza di un archetipo.
Nei tesi volgari, dove questa distanza è assai ridotta, le cose stanno però in modo diverso, perchè la tendenza dei copisti a correggere proprio gli errori più evidenti limita necessariamente il numero di errori significativi, e fa sì che a sopravvivere nell’intera tradizione siano di norma errori poligenetici inservibili a fini ecdotici, e non sufficienti, perchè non congiuntivi, a dimostrare la presenza di un archetipo.
Se è un testo di ridotte dimensioni caspita di frequente che non se ne reperisca nessuno davvero sicuro.
Nella pratica, accade spesso che certi errori d’archetipo sfuggano, cioè non vengano riconosciuti come tali solo perchè in alcuni testimoni sono stati corretti dai copisti.
Oppure può succedere che si attribuisca la patente di errori d’archetipo a errori per i quali è invece legittimo e preferibile invocare la poligenesi.
A norma di metodo, l’errore d’archetipo dovrebbe essre quello riscontrabile nell’intera tradizione, perchè se alcuni testimoni non lo presentano esso potrebbe anzichè archetipo, discendere dal subarchetipo dei testimoni in cui ricorre.
Petrocchi, nella sua edizione della Commedia, traccia un albero bipartito che prevde, sotto l’originale, due subarchetipi dai quali avrebbero avuto origine la tradizione tosco-fiorentina e qulla settentrionale dell’opera; non parla di archetipo, evidentemente riteneno altissima la probabilità che si tratti di corruzione poligenetica.
Lo stesso Inglese, nella sua edizione critica del Principe, ha tracciato uno stemma aperto verso l’altpo, lasciando indeciso se alla sua sommità debba collocarsi un archetipo o un originale.
problemi e limiti del metodo di Lachmann: la contaminazione:
Meccanicità della copia importa, di necessità,m trasmissione verticale: gli errori passano di padre in figlio. Ma nella tradizione dei testi volgati non è questa l’unica direzione della trasmissione testuale, che si svolge anche, con frequenza, in linea orizzontale, cioè fra testimoni non legati da rapporti in discendenza diretta.
Un testimone può recare lezioni proprie non solo della sua famiglia, ma anche di altre, contaminando così il proprio rame con caratteri peculiari. di altri rami.
Può accadere o perchè l’antigrafo ( = copia diretta di un altro manoscritto) era una editio variorum, cioè un codice portatore, oltre che del testo base, di lezioni alternative, o perchè il copista ha modo di attingere a più esemplari, magari per necessità, avendo a disposizione solo una copia parziale o incompleta del testo.
Accade anche la ‘contaminazione a posteriori’, in seguito alla sostituzione in epoca antica di singoli fogli o interi fascicoli perduti o deteriori con nuovi fogli o fascicoli copiati da altro modello.
Ad esempio la contaminazione del testo di Dante, che Petrocchi riteneva, prima di lui, molto circoscritta, fu in realtà endemica sin dall’ inizio.
problemi e limiti del metodo di Lachmann: le variantri d’autore:
La tradizione dei testi volgari è per sua natura attiva.
Il fenomeno è raro e difficilmente dimostrabile per i testi greci e latici, la cui tradizione (molto tarda rispetto alla data di composizione di quelle opere) deriva in genere da archetipi a loro volta tardi, nei quali il testo si è ormai consolidato in una facies canonica, dove è arduo rinvenire segni probabili di elaborazione autoriale; dei testi moderni - quando furono allestite le copie a noi giunte - potevano circolare più originali (o loro copie) portatori di redazioni o stesure diverse.
E’ chiaro che in presenza di varianti d’autore non può darsi stemma, perchè allo stemma non si potrebbe fare ricorso per la celta delle varianti, non essendo ammissibile in un’edizione critica combinare e sovrapporre redazioni dierse del medesimo testo.
Se le cose stanno così si deve rinunciare allo stemma, e proeccupazione del filologo deve essere quella di distinguere i vari stadi redazionali e di individuare un criterio plausibile per scegliere quale di essi promuovere a testo.
problemi e limiti del metodo di Lachmann: il ‘iudicium’:
Scopo primo del metodo di Lachmann è la riduzione al minmo possibile dello spazio laciato alla scelta soggettiva dell’oepratore, del ‘iudicium’.
Alla prova dei fatti, però, nell’edizione dei testi volgari non c’è un solo momento in cui si possa fare a meno del iudicium.
Ogni filologo infatti ad esempio conduce a suo modo la recensio e confeziona stemmi differenti, ciascuno dei quali può essere legittimo.
Gl iinconvenienti creati dal peso dello iudicium nel riconoscimento dell’errore sono particolarmente gravi quando si tratta di errori d’archetipo, poichè individuare un errore d’archetipo obbliga alla congettura e dunque a un intervento sul testo, mentre, viceversa, non riconoscerlo significa conservare un errore bisognoso di emendazione.
Anche quando si ha una qualche conoscenza dell’usus scribendi, le scelte compiute in base a tale criterio non sfuggono a uncerto grado di arbitrarietà. Lingua e stile, infatti, mutano nel tempo.
Ma anche il criterio della lectio difficilior è relativo; inoltre, si può dare il caso di un copista saccente il quale, per migliorare il testo, introduce di sua inziativa lezioni difficiliores.
problemi e limiti del metodo di Bèdier: la scelta del ‘buon manoscritto’:
I difetti del metodo bèderiano sono principalemtne 2:
* il peso che il iudicium finisce per avere in tutte le fasi della sua applicazione, mentre alla sua origine sarebbe l’intento di ridurre al minimo
* l’obbligo che il filologo ha di rispettare quanto il più possibile il ‘buon manoscritto’, accogliendo tutte le sue lezioni tranne quelle palesemente inaccettabili, e vedendo così ridotti entro i margini ristrettissimi sia il proprio contribuo critico, sia l’apporto del resto della tradizione.
L’apparente contraddittorietà di tali affermazioni > da un lato l’opzione per un manoscritto-base dovrebe indurre a una condotta iperconservativa, dall’altro la riconosciuta possiblità o ecessità di disrtaccarsene in presena non solo dierrori, ma anche di lezioni insoddisfacenti, apre le porte al iudicium, che ischia di scivolare nell’arbitrio laddove - come spesso avviene nelle edizioni che si definiscono ‘bèderiane’ - non si ricorra alla collazione di tutti i testimoni e non si proceda alla recensio.
Prima di scegliere il testimone sul quale condurre l’edizione dovrebbe essere esplorata l’intera tradizione manosceritta, per avere così una ‘definizione oggettia del miglior manoscritto’, che però presuppon3e invece l’elaborazione di un’edizione lachmanniana.
Spesso si ricorre alla soluzione bèderiana o per sfiducia verso gli stemmi e verso la recensio, o perchè la tradizione è troppo vasta, o perchè si ritiene che il testo che si intende pubblicare non meriti il tempo e gli sforzi necessari per unì’edizione lachmanniana.
Il rischio, così facendo, è quello di scambiare il manoscritto migliore per quello più corretto, che nelle tradizioni dei testi volgari è invece non di rado il più sospetto, vista la tendenza di molti copisti a migliorare il testo.
I criteri di sceltas restano in parte, inevitabilmente, casuali o soggettivi.
problemi e limiti del metodo di Bèdier: errori, varianti, lezioni singolari:
Nella sua versione pura, il metodo di Bèdier prescrive che dal buon manoscritto ci si discosti il minimo indispensabile.
Tuttavia certi errori non appaiono evidenti e certe varianti non si rivelano deteriori o illegittime se non si procede alla collazione completa della tradizione e della recensio.
Inoltre limitare gli interventi del filologo a queste due categoirie di lezioni significa rassegnarsi a conservare gli errori che, non essendo ‘evidenti’, il metodo non permette di emendare.
Sia la correzione degli errori evidenti, sia la sostituzione delle varianti deteriori sono arbitrarie.
Per gli errori, infatti si può essere costretti a ricorrere alla congettura senza necessità quando magari una lezione buona sia offerta da un codice non esaminato dal filologo), oppure ad azzardare congetture invasive (dove certe lezioni di altri testimoni, benchè parimenti erronee, possono tuttavia fornire appigli per emendazioni più sicure ed economiche).
Per le varianti, ci si può trovare nella condizione di dover scegliere entro un ventaglio limitato di possibilità.
Per le diafore, se è vero che in caso di lezioni indifferenti attenersi al miglior manoscritto non ha gravi conseguenze, è però anche possibile che in alcuni casi la discordanza di più testimoni in varianti adiafore sia scaturita da un ‘oggettivo ostacolo’ nell’originale o nell’archetipo (diffrazione in assenza).
problemi e limiti del metodo di Bèdier: la difesa a oltranza del ‘buon manoscritto’:
E’ possibile un abuso del iudicium nella direzione dell’eccessiva sottigliezza e della difesa d’ufficio del buon manoscritto. Ne è un chiaro esempio l’edizione Lanza della Commedia, che si fonda sul codice Trivulziano e che presenta, sotto l’apparato delle lezioni escluse, un secondo apparato discorsivo inteso a dimostrare come certe lezioni del ‘buon manoscritto’ siano non solo giustificabili, ma migliori.
Ad esempio Lanza difende una lampante banalizzazione del Trivulziano (‘raccolser’ al posto di ‘ritrasser’, lezione preferita invece da tutti gli altri editori).
problemi e limiti del metodo di Bèdier: storicità apparente:
Un determinato testo è esistito in un dato momento della storia, ma ciò non significa che fosse il testo originariamente scritto e realmente voluto dall’autore.
E’ certo un documento storico, ma non è un documento dell’intenzione dell’autore, bensì di quella di un copista, oltre che della cultura di un ambiente e di un’epoca.