manuale: 6) la filologia dell'originale: Flashcards

1
Q

la filologia della copia e la filologia dell’originale:

A
  • filologia della copia = mira a ricostuire il testo originale sulla base delle copie non autografe a noi pervenute. L’attenzione cade sulle innovazioni cui il testo va incontro ad opera di chi lo trasmette e l’obiettivo è quello di individuare ed eliminare o emendare tali arbitrarie ed erronee modifiche non autoriali. Non possediamo un originale e si aspira a ricostruirlo.
  • filologia dell’originale = segue l’elaborazione e lo sviluppo del testo ad opera dell’autore a partire dalla prima stesura o redazione documentabile fino alla sua forma ultima e definitiva. Oggetto sono le trasformazioni cui l’autore ha sottoposto il testo durante la sua composizione e revisione. Abbiamo uno o più originali.

Due tipi di lavoro per condurre una filologia dell’originale:
1. studio ed edizione di un testo di cui ci siano giunti un autografo o un‘edizione a stampa
2. studio diacronico di un testo attraverso le sue molteplici stesure o redazioni manoscritte o a stampa.

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2
Q

scopo della filologia d’autore:

A
  • scopo documentario: render conto della rielaborazione cui l’autore ha sottoposto il suo testo
  • scopo critico: indagare come lavorava l’autore
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3
Q

la critica delle varianti:

A

La critica delle varianti dovrebbe astenersi da giudizi di valore, evitando di considerare sempre e comunque migliorative le rielaborazioni dell’autore.

Le rielaborazioni possono essere di svariato tipo, ad esempio le correzioni di Petrarca del sonetto 211 obbediscono a intenti strutturali che dipendono dalla volontà di costruire un libro di poesie in cui le singole liriche del Canzoniere siano collegate, tanto sul piano semantico, quanto su quello stilistico, retorico e linguistico.

Se conducessimo una simile analisi su altri autori della tradizione lirica italiana (fino al 20° sec.), vedremmo che il modus operandi, al meno nei poeti più consapevoli, è lo stesso.

Parzialmente diversa è la situazione negli altri generi poetici e nei testi in prosa. Nel Furioso, la rielaborazione della 2° edizione è principalmente stilistico-formale, ma nella terza, si segnalano più vasti rifacimenti di versi e ottave (ex. l’aggiunta dei 4 canti, da 40 a 46).

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4
Q

filologia dell’originale e interpretazione:

A

Spesso, soprattutto in poesia, la conoscenza della genesi di un testo apporta elementi utili alla sua interpretazione, ad esempio perchè talora il poeta sopprime elementi che lo rendevano più piano e comprensibile.

ex. la lirica ‘Bagni di Lucca’ (1932), di Montale.
Oltre che da ragioni metrico-retoriche, la revisione, in armonia con una delle linee portanti della poetica di Montale in questa fase della sua storia, è dettata dalla volontà di sostituire la manifestazione diretta di pensieri e stati d’animo con oggetti correlati.

La rielaborazione spesso coinvolge non solo la lezione, ma anche la struttura.

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5
Q

i presupposti estetici della critica delle varianti:

A

Se per Croce è pura illusione pensare che si possa comprendere la poesia studiando gli abbozzi e le diverse stesure di un’opera, per Contini solo la ‘critica degli scartafacci’ ci immette nel vivo dei testi, facendoci entrare non soltanto nell’officina degli autori, ma anche nel profondo della loro cultura, al significato autentico.

Si tratta, insomma, della contrapposizione fra l’approccio critico-esegetico, che tiene conto essenzialmente della redazione definitiva e ultima, e solo su quella si concentra, e l’approccio storico-filologico, che perviene all’interpretazione attraverso l’attenta considerazione della genesi del testo.

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6
Q

tradizioni autografe e apografe:

A

Presupporre che, in presenza di autografi, gli altri testimoni siano inutili è un grave errore; il ricorso agli altri testimoni è spesso necessario, poichè:
1. è possibile che i testimoni non autografi documentino una redazione diversa da quella attestata dall’autografo (o dagli autografi), in quanto discesi da altri autografi perduti
2. i testimoni non autografi potrebbero contenere, per contaminazione extra-stemmatica, lezioni provenienti da fasi redazionali diverse, oppure lezioni buone o congetture utili.

Ad esempio, per il Decameron, pur possedendo un autografo risalente agli ultimi anni di vita dell’autore (l’Hamilton 90), è indispensabile ricorrere largamente alla tradizione manoscritta non autografa più antica (il Plut. XLII 1 e il Par. It. 482).

E’ accertato che P trasmette una redazione dell’opera anteriore a quella finale (testimoniata da B e L) e che L e P consentono di migliorare in più punti la lezione dell’autografo.

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7
Q

la filologia dell’originale senza originali:

A

Anche in assenza di materiali d’autore è possibile talvolta ipotizzare fondatamente la presenza di rielaborazioni d’autore nella tradizione di un testo, e ricostituirne almeno in parte la storia redazionale. Le situazioni che si danno sono molteplici. Le più limpide si verificano:
* o quando di certi testi facenti parte di un ‘libro’ possediamo sia la redazione inclusa in esso, sia una redazione diversa, generalmente anteriore e dunque portatrice di lezioni primitive
* o quando l’autore stesso rende pubbliche varie redazioni di un suo scritto
* o quando i testimoni tramandano distinte redazioni, chiaramente individuabili come tali.

Mariotti formulò una legge in merito alle varianti d’autore in testimoni non autografi:
“quando due varianti entrambe soddisfacenti e adatte al contesto sono più vicine fra loro per la forma o per la grafia che per il senso, esse non debbono in generale essere ritenute varianti d’autore; solo per un caso eccezionalissimo una lezione introdotta dall’autore al posto di un’altra di senso diverso le somiglierà fortemente per la forma o per la scrittura.”

Numerosi sono però gli autori, come Petrarca, che introducono nei loro testi anche piccole varianti formali legate a ragioni di suono o di lingua; e non poche, quindi, le situazioni nelle quali la legge Mariotti si rivela inapplicabile.

Anche gli studi di filologia delle strutture possono essere condotti in assenza di materiali autografi.
La tradizione apografa del Canzoniere petrarchesco consente di ripercorrere le varie ‘forme’ (diverse quanto a numero e disposizione dei componimenti) assunte dall’opera nel corso della sua lunga storia, prima di pervenire alla strutturazione ultima, depositata nell’idiografo-autografo Vat. Lat. 3195.

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8
Q

l’edizione critica nella filologia dell’originale: nota al testo e apparato:

A

Nella filologia dell’originale l’edizione critica non differisce in sostanza da quella che si dà nella filologia della copia: si fissa un testo e lo si correda di apparato critico, facendo precedere o seguire la vera e propria edizione da una ‘Nota al testo’ che espliciti i criteri adottati nell’allestirla.

Nella filologia dell’originale il testo che si pubblica non è - o non dovrebbe essere - ricostruito sulla base delle copie a noi giunte, ma è un testo già esistente, in quanto documentato da un originale d’autore, o perchè autografo, o perchè copiato o stampato sotto la sua supervisione e con la sua autorizzazione.

L’apparato non contiene le lezioni rifiutate, ma è un apparato sostanzialmente diacronico che accoglie nella prima fascia le lezioni primitive dell’originale messo a testo (lezioni poi scartate prima di pubblicare il testo), e nelle seconda fascia le lezioni di originali diversi da quello da cui si ricava il testo pubblicato (ex. di diverse edizioni).

Un autore, tuttavia, può commettere errori meccanici: anche nell’edizione critica dei testi in originale il filologo è dunque tenuto a praticare l’emendatio, segnalando in apparato (in una fascia ulteriore) le eventuali lezioni da lui corrette.

ex. nell’edizione critica del Giorno di Parini curata nel 2020 da Roberto Leporatti:
* la prima fascia di apparato dà conto degli accidenti dei testimoni-base
* la seconda fascia mostra come il testo si presenta negli altri e precedenti testimoni autografi del Mattino, indicati con apposite sigle

L’apparato di Leporatti non distingue fra varianti immediate (introdotte dall’autore durante la scrittura) e varianti tardive.

Quello della filologia dell’originale non è dunque un apparato che serva per una mgliore interpretazione dell’autografo, ma che sia esso stesso interpretazione dell’autografo, ‘allo scopo di delineare le farie fasi in cui si articolano le correzioni’.

Nell’edizione critica del Fermo e Lucia di Barbara Colli (2006), gli esponenti numerici identificano le varie fasi di elaborazione del segmento in oggetto; il corpo minore indica i tentativi lasciati via via cadere dall’autore all’interno di una frase nel corso della sua riscrittura; con T si indica la lezione del testo finale, le parentesi graffe individuano le situazioni in cui la lezione d’arrivo (T) è materialmente realizzata utilizzanfo una o più lezioni precedenti; la didscalia ‘prima’ segnala che la lezione in oggetto è stata ottenuta cassando integralmente quella o quelle precedenti; l’abbreviazione ‘sps’ sta per ‘soprascritto’; fra parentesi uncinate sono comprese le parole o le lettere non leggibili.

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9
Q

edizione integrale delle diverse redazioni:

A

Se si ha a che fare con testi ampiamente rielaborati e riscritti, l’apparato, per quanto sofisticato e articolato, difficilmente - per ragioni di spazio e di chiarezza - potrà rappresentare la complessità del processo redazionale.

Può essere posto in un’apposita appendice conclusiva, oppure si può scegliere di pubblicare separatamente e integralmente le varie redazioni, come se si trattasse di opere diverse.

La decisione di pubblicare separatamente le diverse redazioni di un’opera può dipendere, tuttavia, non solo da considerazioni di carattere filologico, ma anche dall’intento di valorizzare ciascuna redazione nella sua autonomia letteraria e nella sua importanza storica.

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10
Q

la scelta del testo:

A

in presenza di più stesure o redazioni di un’opera, è ugualmente legittimo pubblicare la prima, l’ultima, o una redazione intermedia, purchè la scelta sia giustificabile e perseguita con coerenza.

In passato prevaleva l’idea che dovesse essere sempre accordata la preferenza all’ultima volontà dell’autore.

Da tempo ormai i filologi, tuttavia, adottano con frequenza altre soluzioni per varie ragioni, come:
1. pubblicare la prima redazione per seguire più agevolmente l’elaborazione successiva del testo
2. la considerazione che, dove non si posseggano più redazioni distinte e chiaramente individuabili, bensì ci si trovi di fronte a un processo rielaborativo lungo ma discontinuo, la prima e originaria forma testuale sia la sola a rispecchiare una precisa e coerente volontà dell’autore, un suo organico progetto
3. la nozione di ‘prestigio storico del testimone’ ex. Claudio Vela che pubblica la princeps delle Prose di Bembo.
4. la difficoltà di distinguere, nell’ultima fase redazionale, gli interventi dell’autore da quelli di altri
5. l’idea che l’autore, dopo la prima, abbia messo mano ad altre redazioni o edizioni perchè indottovi da cause in parte o del tutto estranee alla sua libera volontà (ex. il caso della Conquistata di Tasso).
6. il giudizio estetico che porta il filologo a ritenere artisticamente migliore una redazione o edizione piuttosto che un’altra.

Delle 6 motivazioni, solo le prime 2 possono dirsi filologicamente fondate; sulle altre gravano forti ipoteche di soggettività estetica, critica o psicologica, che chiamano in causa nozioni e situazioni estranee all’ambito del documentabile e del verificabile.

Un’edizione critica infatti deve tener conto della totalità del percorso redazionale e del processo variantistico di un’opera: può farlo scegliendo un punto di osservazione specifico, ma ciò non deve condurre a sottovalutare le altre fasi elaborative.

Inoltre, poichè il testimone di maggior prestigio è quasi sempre un’edizione, il criterio porta a privilegiare le testimonianze a stampa rispetto a quelle manoscritte, anche se queste documentino stadi più avanzati nella progettazione e revisione del testo.

A prescindere da ciò, bisogna sempre astenersi dalla contaminazione di redazioni diverse, cioè la creazione di testi ibridi.

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11
Q

opere incompiute, abbozzi e minute:

A

Da sempre si leggono i petrarcheschi Triumphi secondo il testo della vulgata allestita da Pietro Bembo nel 1501 sulla base dei più autorevoli manoscritti; oggi tuttavia è necessario prendere consapevolezza del fatto che l’opera fu lasciata dall’autore non solo incompiuta, ma anche lontana da una strutturazione chiara e definita.

Un’edizione critica dei Triumphi dovrebbe evitare di presentare come computa compiuta un’opera mai condotta a termine dell’autore, e dovrebbe invece rispecchiare quanto più fedelmente possibile lo stato provvisorio e fluido in cui Petrarca la lasciò.

Ad ogni modo, quel che va evitato in sede editoriale è presentare come compiuto un testo rimasto ad uno stadio provvisorio di elaborazione, sostituendosi all’autore nel decidere là dove egli non ha deciso.

La pubblicazione integrale di abbozzi, minute e testimoni incompleti si giustifica, per ragioni documentarie, anche nel caso di cui si possieda una redazione completa o definitiva, manoscritta o a stampa, qualora le differenza fra le fasi redazionali siano troppe e troppo cospiscue per essere rappresentate in un apparato o trovare posto in un’appendice.

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12
Q

la filologia dell’originale e i metodi:

A

La filologia dell’originale non è un ambiente idoneo ai metodi di Lachmann e di Bèdier.
* Non è lecito applicare procedure lachmanniane in sede editoriale, perchè sarebbe improprio sia tracciare uno stemma, sia ricorrere alla legge della maggioranza per la scelta delle lezione adiafore, giacchè ogni lezione deve essere valutata singolarmente; nè è possibile ricorrere ai criteri della lectio difficilior e dell’usus scribendi, giacchè un autore, nel rielaborare i suoi testi, ha tutto il diritto, magari per esigenze di chiarezza comunicativa, di introdurre lezioni che paiono banalizzanti rispetto a quelle precedenti o lezioni estranee alle sue normali abitudini linguistiche e stilistiche.
* dall’altra parte, neppure ha senso, dove si sospetti la presenza di varanti d’autore in una tradizione non autografa, fondare l’edizione su un buon manoscritto, perchè desumendo il testo esclusivamente da esso si perdono le possibili o probabili lezioni d’autore documentate dagli altri testimoni.

C’è però un caso in cui filologia dell’originale e metodo ricostruttivo possono coesistere: quello in cui sia possibile considerare e utilizzare le varie redazioni di un testo alla stregua di testimoni indipendenti.
Infatti, anche codici portatori di fasi redazionali diverse, nei luoghi in cui si ha la ragionevole certezza che il testo non sia stato modificato dall’autore, costituiscono differenti rami di un’unica tradizione, soprattutto se le varie redazioni si differenziano prevalentemente per aggiunte e per varianti sostanziali.

Analogamente, qualora sussistano due redazioni di un testo, è lecito emendare gli errori certi dell’una ricorrendo all’altra.
Ciò anche in presenza di autografi: l’autore copista di se stesso è un copista come gli altri, e può accadere che egli introduca errori meccanici emendabili grazie alla redazione primitiva.

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