9 - Normativa sui rischi e il patrimonio delle banche Flashcards
Perché il comitato di Basilea propose l’introduzione di requisiti patrimoniali minimi obbligatori?
- Il patrimonio è il “cuscinetto” che tutela i terzi creditori dalle minusvalenze che colpiscono gli attivi di un’impresa
– La scelta è normalmente rimessa al mercato per le imprese non finanziarie - La speciale natura dei creditori di una banca e delle sue passività consigliano di imporle un patrimonio minimo
– “Vedove e orfani”, effetto domino. Infatti se fallisce una banca, falliscono tutte a catena - Attivi più rischiosi richiedono una maggiore incidenza del patrimonio
– Necessaria una relazione tra capitale e rischi - Ma una minore leva finanziaria comporta un maggior costo del passivo, aumenta il prezzo del credito e riduce la redditività per gli azionisti delle banche
– La scelta è strategica e delicata
Quali sono i principali rischi bancari? E quando sono stati normati?
Il capitale della banca deve fronteggiare tre categorie di rischi
1. di credito: normato per primo, nel 1988, e recentemente riformato (Basilea 1)
2. di mercato: normato nel 1996, e lievemente rivisto (Basilea 1 revised)
3. operativo: normato nel 2004 (Basilea 2)
C’è anche il rischio di liquidità ma non è coperto dal capitale, normato nel 2011 da Basilea 3
Com’è diviso il patrimonio di vigilanza?
- Tier 1: patrimonio di base
- Tier 2: patrimonio supplementare
Com’è composto il Tier 1 capital?
- capitale azionario versato
- riserve palesi: sovrapprezzo azioni, legale, utili accantonati, ecc.
- strumenti innovativi di capitale: fondi disponibili in via permanente, senza nessun diritto a una remunerazione periodica, contro cui possono essere spesate perdite senza bisogno di liquidare la banca
Il capitale azionario versato e le riserve palesi compongono il Common Equity Tier 1 (CET1), che deve essere almeno il 56% del patrimonio minimo totale.
Gli strumenti innovativi di capitale compongono l’Additional Tier1 (AT1).
Da Basilea 3 il Tier 1 deve essere almeno il 75% del patrimonio minimo totale.
Com’è composto il Tier 2 capital?
- Riserve da rivalutazione
- Accantonamenti generali
- (in passato) Strumenti ibridi di patrimonializzazione: fondi disponibili in via permanente, con remunerazione periodica differibile (ma non cancellabile), contro cui possono essere spesate perdite senza bisogno di liquidare la banca
- Prestiti subordinati o low Tier 2: con almeno 5 anni di vita residua
- (in passato) Prestiti subordinati a breve scadenza o Tier 3: con meno di 5 anni di vita residua
è necessario stornare le partecipazioni in altre istituzioni finanziarie nella determinazione del capitale
Rischio di credito nel vecchio accordo del 1988 (Basilea 1)
Affinché il patrimonio sia proporzionale ai rischi, introduce alcune, grezze classi:
un attivo di un euro richiede
* 0 centesimi di patrimonio per i titoli pubblici - RW = 0%
* 1,6 centesimi di patrimonio per prestiti a banche - RW = 20%
* 4 centesimi di patrimonio per mutui ipotecari - RW = 50%
* 8 centesimi di patrimonio per prestiti alle imprese - RW = 100%
Basilea prevedeva che tecnicamente, il patrimonio dev’essere l’8% dei Risk- Weighted Assets (RWA), dove ad esempio 100 euro prestati a una banca diventano 20, e così via. Infatti più il titolo è sicuro, più devo accantonare di meno e quindi più vale di meno come RW siccome mi conta di meno come attivo e devo coprirlo di meno rispetto al suo valore nominale, in quanto poco rischioso.
Principali limiti del vecchio Accordo del 1988 (Basilea 1)
- Non considerava rischi di mercato e operativi
- Non differenziava sufficientemente tra posizioni di differente rischiosità
– es. rischio-Paese: unica distinzione tra Ocse e non
– es. rischio-imprese: un solo risk-weight al 100% indipendentemente dal loro rating
– incentivo ad arbitraggi regolamentari, ad esempio attraverso operazioni di cartolarizzazione - Non riconosceva i benefici della diversificazione di portafoglio
– incentivo per le banche a concentrarsi su pochi mercati/settori per sfruttare vantaggi commerciali - Riconosceva in modo limitato e imperfetto i benefici derivanti da garanzie, derivati creditizi e altre tecniche di “risk mitigation”.
A cosa hanno portato i limiti sul Vecchio Accordo del 1988
Hanno portato al Nuovo Accordo di Basilea su Capitale (Basilea 2 - 2004)
Qual è la struttura di Basilea 2?
Un’architettura basata su tre pilastri:
1. Nuovi coefficienti patrimoniali
– Riformare la “regoletta” dell’8% rendendola più sensibile al rischio dei singoli prestiti e completandola con ulteriori aggiustamenti
2. Supervisory review
– Accrescere i poteri ispettivi e discrezionali delle singole autorità di Vigilanza
3. Market discipline
– Fornire più informazione al mercato, che potrà “punire” le banche troppo rischiose chiedendo loro tassi più alti, proprio come accade alle imprese
Logica del primo pilastro di Basilea 2
- Il nuovo requisito patrimoniale può condurre a risultati molto più bassi o molto più alti dell’8% a seconda del rating dell’affidato
– assegnato da Moody’s, S&P’s o altri (cioè da una External Credit Assesment Institution approvata dall’autorità di vigilianza) e convertito in un peso attraverso una tabella standard, cioè lo Standard Approach (SA)
– assegnato dalla banca stessa e convertito in un peso con una famiglia di funzioni matematiche, cioè l’Internal Ratings-Based Approach IRBA (FA e AA). Per usarlo serve l’approvazione basata sul soddisfacimento di alcuni requisiti - Il rating (PD) è uno dei fattori che determinano il requisito patrimoniale:
– nello SA è il principale (insieme alle garanzie)
– nell’IRBA entrano ulteriori, importanti dimensioni. Ad esempio il tasso di recupero atteso (RR), esposizione al default (EAD), scadenza (M)
Approccio standard (SA)
- Comporta l’utilizzo di rating esterni
– Agenzie o altri “raters” accettati dalle Autorità. Per esempio, agenzie di credito all’esportazione Ocse - A rating migliori corrispondono pesi più leggeri nel calcolo dei risk-weighted assets
- Ma i pesi cambiano per i diversi portafogli di crediti presenti in una banca:
– aziende (corporate), privati (retail), banche, stati sovrani, mutui residenziali, mutui commerciali, ecc. - Quindi le esposizioni vanno aggiustate (decurtate o trasferite ad altri) in base a eventuali garanzie. Se garanzie reali allora si riduce il requisito patrimoniale, se garanzie personali si utilizza rating del garante
Approccio dei rating interni: componenti del rischio di credito
Le componenti della perdita:
* Il default, la cui probabilità (PD) determina il rating
* La loss given default (LGD)
* L’exposure at default (EAD)
* La durata (maturity) che espone a rischi di downgrade ulteriori e diversi rispetto al semplice default
* Ci sarebbe anche la Granularity che cattura l’effetto diversificazione, ma non deve essere stimata nei modelli IRB perché viene fissata a tavolino da Basilea
Perdita attesa (EL) e inattesa (UL)
* La prima è la perdita “statisticamente normale” e, tecnicamente, non è rischio (ma costo)
* La seconda è la possibile perdita oltre il normale (fino al 99.9° percentile), associata con scenari sfavorevoli
* Basilea intende coprirle entrambe con capitale e riserve
Chi determina le stime dei vari componenti del rischio di credito nei IRB Approches?
IRB Approach: PD
- Si ha default al ricorrere di almeno una tra due condizioni
– Soggettiva: “unlikely to pay in full” - basato sulla conoscenza e sull’expertise della banca
– Oggettiva: “past due more than 90 days” - ritardo sul pagamento sul debito di più di 90 giorni. 180 per retail e enti pubblici, su base nazionale. 180 per corporates per 5 anni in Italia - La probabilità di default
– va misurata su un orizzonte di un anno,
– non può scendere sotto lo 0,03%
– deve esprimere una media di lungo periodo
IRB Approach: LGD
Foundation:
* due valori prefissati: 45% per prestiti non garantiti, 75% per subordinati
* si riduce in caso di collateral:
– fino allo 0% se sono garanzie finanziarie,
– fino al 35%-40% in presenza di garanzie reali: real estate (35%), physical capital (40%), receivables (35%)
Advanced:
* LGD grades stimate nel lungo periodo e incrementate per l’effetto di un “downturn” (deve essere maggiore della media di lungo periodo)
* basate su una definizione economica, non contabile, che include effetti attuariali e costi di recupero