Modulo 8 Flashcards

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Q

Edgar Morin e il pensiero della complessità: vita e opere

A

Edgar Morin nasce a Parigi l’8 luglio 1921. È un filosofo e sociologo, noto soprattutto per le sue ricerche in ambito pedagogico, sviluppate parallelamente a quelle sul concetto di complessità. Ha lavorato prevalentemente presso i centri di ricerca CNRS e EHESS. Tra le sue opere più importanti si ricordano i 6 volumi di La méthode (pubblicati fra il 1977 e il 2004); Il paradigma perduto (1973) e La testa ben fatta (1999)

Tra storia umana e storia naturale
Il pensiero di Morin si basa principalmente sui problemi emersi dalla domanda fondamentale sulla natura umana. Morin cerca di trovare risposte a questa domanda cruciale esaminando il complesso processo di ominidizzazione, ovvero l’evoluzione dei primati in ominidi e successivamente degli ominidi in Homo sapiens.
Partendo dall’analisi dei reperti trovati nella gola di Olduvai, che suggeriscono che lo sviluppo della tecnica litica (l’uso di utensili di pietra) risale a milioni di anni fa e che contraddicono l’idea tradizionale che questa tecnica sia iniziata solo con Homo sapiens, Morin sviluppa l’ipotesi di un profondo legame tra la storia umana e la storia naturale. Questo collegamento ravvicinato tra l’evoluzione biologica e culturale umana implica la necessità di riconsiderare la distinzione tradizionale tra scienze naturali (che studiano il mondo fisico) e scienze umane (che indagano gli aspetti culturali e sociali dell’umanità).
In sintesi, Morin sostiene che per comprendere appieno la natura umana e il nostro sviluppo storico, dobbiamo considerare l’interazione complessa tra fattori biologici e culturali nel processo di ominidizzazione, mettendo in discussione la separazione rigida tra le scienze naturali e le scienze umane.

Complessità e ipercomplessità
Perciò, complessità e ipercomplessità nascono da considerazioni suggerite dalla difficoltà di scindere la naturalità e l’elemento culturale. Il focus di interesse del pensiero complesso non è solo la storia della cultura umana, la sua spiritualità, ma quell’intreccio tra spiritualità e naturalità nel quale si articola il fenomeno della vita .
Morin sviluppa il concetto di complessità convogliando le innovative scienze e teorie del Novecento (teoria dell’informazione , teoria dei sistemi , cibernetica ), in cui si considera il cervello dell’homo sapiens come sistema di gestione dell’informazione, di auto- organizzazione e di auto-produzione.

La “testa ben fatta”: educare alla complessità
In La testa ben fatta, libro di Morin del ’99, l’autore espone il tipo di “testa” che è necessario avere durante l’epoca della complessità. La “testa ben fatta” sarebbe il miglioramento della cosiddetta “testa ben piena” (una testa nella quale il sapere è accumulato, ammucchiato, e non dispone di un principio di selezione e di organizzazione che gli dia senso).
La “testa ben fatta” è l’obiettivo da raggiungere al termine di un processo educativo che metta le persone in condizione di accogliere le sfide della complessità. La “testa ben fatta” si forma sulla base di:
-Consapevolezza “ecologica”
-Capacità di unificazione dei saperi e non soltanto di analisi dei fenomeni
-Consapevolezza che la conoscenza ci rende “parte in causa” della realtà conosciuta, dunque che la distinzione fra soggetto e oggetto della conoscenza è illusoria

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Q

Fratture epistemologiche tra scienze umane e naturali, le rivelazioni secondo Morin

A

Antiche fratture epistemologiche
Le scienze moderne sono scisse tra scienze umane e scienze naturali. Questa frattura epistemologica è stata alimentata dall’antropologismo, ovvero l’abitudine di definire l’uomo in contrapposizione all’animale . L’antropologismo sostiene la sostanziale differenza tra ciò che sta nell’ambito umano (storia, cultura, la capacità di produrre simboli, miti) e ciò che ne è escluso, ovvero la natura (elemento disordinato, “inferiore” a ciò che è umano, ciò da cui l’uomo si è emancipato), accentuando la distinzione fra elemento culturale ed elemento naturale.

L’antropologismo distingue, in ordine di importanza, gli oggetti di studio della scienza:
1. Uomo: visto come superiore, grazie allo spirito e alla cultura
2. Vita - Natura (priva di spirito e di cultura)
3. La materia bruta: Chimica – Fisica

Nuove saldature
Secondo Morin, nella modernità iniziano a vedersi segni di nuove saldature tra scienze umane e naturali:
* Nel 1949 Shannon introduce la teoria dell’informazione e Wiener la cibernetica. Insieme aprono una prospettiva teorica applicabile contemporaneamente alle macchine artificiali, agli organismi biologici, ai fenomeni psicologici e sociologici.
* Rivoluzione biologica: la scoperta del DNA come messaggio e informazione che organizza l’attività cellulare l’informazione, un tempo creduta esclusivamente culturale, si scopre essere custodita nel DNA
* Il fenomeno vita inizia ad essere visto come tendenza all’organizzazione (di cui la cellula è la più evidente testimonianza), alla complessità crescente, cioè alla negazione dell’entropia. Perciò il fenomeno vita è irriducibile alla sola dimensione naturale, o alla sola dimensione culturale.
«Ormai è aperto il problema del rapporto e della rottura tra l’entropia e la sua negazione, che è stato chiarito da Brillouin (1959) partendo dalla nozione di informazione» (Il paradigma perduto, p. 27) Claude Shannon, uno dei fondatori della teoria dell’informazione, ha definito l’entropia come una misura di incertezza o disordine in un sistema, mentre l’informazione è strettamente legata alla riduzione di questa incertezza (l’informazione è essenzialmente entropia negativa).

Morin parla di:
* Rivelazione ecologica, la nuova prospettiva attraverso la quale deve essere letto il concetto stesso di natura, non più considerata come elemento esterno alla vita, ma come ecosistema dotato di capacità di autorganizzazione spontanea, sulla base della teoria dell’informazione e dell’entropia negativa.
* Rivelazione etologica, la nuova prospettiva sul comportamento animale (uomini compresi), inteso come luogo di diffusione dell’informazione, non più come semplice risposta al programma biologico dell’istinto.
* Rivelazione paleoantropologica: la famiglia Leakey tra il 1959 e il 1972 nella Gola di Olduvai - “La culla dell’umanità” (Tanzania)- aveva trovato piccoli strumenti litici, segni di attività manuale, organizzazione sociale risalenti a quasi 2 milioni di anni fa. Secondo Morin, queste scoperte ci impongono di ricalibrare la nozione stessa di umanità, perché forme di organizzazione sociale, o forme di sfruttamento tecnico delle risorse naturali sono osservabili anche presso specie antecedenti all’homo sapiens. «Là ora possiamo ormai vedere un animale umano, una società naturale, un’elaborazione culturale legata a un’evoluzione biologica. È là che i concetti di vita, di animale, di uomo, di cultura perdono la loro sufficienza e la loro rigidità» (Il paradigma perduto, p. 56)

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Q

Ominidizzazione: linguaggio, società, cultura, uomo, natura, ecosistema

A

Lo sviluppo della caccia presso gli ominidi è un momento cruciale, che modifica la società, il linguaggio, la cultura, perché implica:
1) Separazione del ruolo sociale fra uomo e donna
2) Sviluppo di tecniche e pratiche di caccia
3) Sviluppo di una cultura “economica”: «L’economia emerge dunque insieme alle regole di autorganizzazione della società legate alla prassi ecologica . […] Queste regole non fanno che mantenere questa complessità acquisita, esse l’autoriproducono in modo permanente» (Il paradigma perduto, p. 76)

La nascita del linguaggio
* Lo sviluppo del linguaggio negli ominidi va di pari passo con lo sviluppo della società, che richiede forme di espressione più complesse man mano che diventa più complessa anch’essa.
* Lo sviluppo del linguaggio iniziò dal call system degli ominidi (cioè un repertorio di suoni modulati che permettessero la comunicazione a distanza nell’erba alta, e una comunicazione elementare tra i membri delle società) alla doppia articolazione foni/fonemi dell’homo sapiens.

La nascita della cultura
* La cultura è un’«infrastruttura dell’alta complessità sociale», che deve essere tramandata e che a sua volta, poiché è un sistema aperto, produce complessità
* La cultura nasce dallo sviluppo di una complessità pre-culturale che era già dentro la società dei primati e che con la tecnica, il linguaggio e l’organizzazione sociale si è evoluta

Giovanilizzazione, cerebralizzazione, evoluzione
La cultura si sviluppa insieme a due cambiamenti chiave nell’evoluzione umana:
1. Prolungamento dell’infanzia/adolescenza (Giovanilizzazione): prolungarsi del periodo biologico dell’infanzia/adolescenza, perché il fenomeno dell’ominidizzazione produce un regresso della componente istintiva, dunque aumenta il tempo che il bambino impiega a trovare soluzioni ai problemi complessi che l’esistenza impone di risolvere.
2. Sviluppo delle capacità cerebrali (Cerebralizzazione): Sviluppo della capacità cerebrale del sapiens.
La cultura si evolve perché risponde a entrambi questi cambiamenti. La cultura agisce sostituendo gradualmente gli istinti innati (programma genetico) con un sistema culturale, già insito nel patrimonio genetico dei primati

I fattori dell’evoluzione
«Laddove si vedeva l’Homo sapiens liberarsi con un balzo maestoso dalla natura e produrre, con la sua bella intelligenza, la tecnica, il linguaggio, la società, la cultura, si vede al contrario la natura, la società, l’intelligenza, la tecnica, il linguaggio e la cultura co-produrre l’Homo sapiens nel corso di un processo di alcuni milioni di anni» (Il paradigma perduto, p. 59)

È possibile individuare un elemento decisivo per comprendere il processo di evoluzione e differenziazione dell’uomo dai primati?
Secondo Morin l’ominidizzazione deve intendersi come «processo di crescita della complessità a molte dimensioni, in funzione di un principio di autorganizzazione o autoproduzione».

Dalla foresta alla savana: il romanzo dell’evoluzione
Morin racconta dell’uscita dell’uomo dalla foresta alla savana (probabilmente solo un racconto fantasioso, ma molto efficace) Alla base del processo di ominidizzazione potrebbero esserci fenomeni di desertificazione, che hanno trasformato la foresta in savana, costringendo alcuni individui a sviluppare attitudini, che già esistevano, in base ai nuovi stimuli: la savana costringe alla caccia, dunque allo sviluppo di tecniche e forme di organizzazione sociale completamente differenti

Ecosistema ed evoluzione umana
«Di colpo il bipedismo apre la possibilità dell’evoluzione che porta al sapiens: la posizione eretta libera la mano, la mano libera la mascella, la verticalizzazione e la liberazione della mascella liberano la scatola cranica dalle costrizioni meccaniche che pesavano precedentemente su di essa, e questa diventa atta ad allargarsi a favore di un “locatario” più ampio» (Il paradigma perduto, p. 60)
* Il concetto di ecosistema permette di dimostrare che umanità e natura non sono universi separati, ma elementi che si co-appartengono, perché l’uomo è allo stesso tempo prodotto e produttore delle condizioni dell’ambiente all’interno del quale vive . L’ecosistema, infatti, è un luogo “totalizzante”, influenza ogni aspetto della vita. Impone modifiche di natura fisica, ma anche di organizzazione economica, sociale, culturale. In altre parole, siamo parte integrante dell’ecosistema e non esistiamo in isolamento dalla natura.

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Complessità e ipercomplessità: il concetto di rumore per Morin

A

Il cervello come organizzatore/gestore della complessità
Il cervello è visto da Morin sistema gestore e produttore della complessità in cui l’elemento biologico e quello culturale si incontrano :
* Il cervello dei primati produce cultura e inaugura la storia del sapiens
* Il cervello del sapiens può funzionare soltanto se non viene privato dall’apparato culturale che innerva la società

Il concetto di rumore (disordine, imprevedibilità) nelle macchine artificiali e naturali
«Una differenza fondamentale tra gli organismi viventi, concepiti come macchine naturali, e le macchine artificiali, anche le più raffinate, quali gli ordinatori, costruite dall’uomo, concerne il disordine, il “rumore”, l’errore» (Il paradigma perduto, p. 119)

  • Il rumore (o disordine) all’interno di un sistema artificiale può essere considerato come:
  • Disordine inteso come fenomeno che alteri o disturbi la comunicazione e la trasmissione di un’informazione
  • Forza che, in un sistema artificiale, è causa di disordine e quindi compartecipa dell’entropia che dissipa l’energia del sistema
  • «L’organismo vivente, invece, funziona malgrado o con la presenza del disordine» (Il paradigma perduto, p. 120). Gli organismi viventi si differenziano ad quelli artificiali perché sono sistemi aperti, che non forniscono risposte univoche agli stimoli. Il sistema vivente viene descritto da Morin come:
  • Sistema di riorganizzazione permanente, che vive in costante disequilibrio, nella costante necessità di riprogrammarsi.
  • Sistema che include la complessità, che aumenta in proporzione inversa alla predeterminazione del sistema, al contrario di quanto accade alle macchine
  • Sistema che è minacciato dal rumore e al contempo del rumore si nutre
  • Sistema che è sfruttato ed è sfruttatore dell’entropia

Complessità e gestione del disordine
«Di conseguenza, è sulla base del “rumore di fondo”, cioè delle combinazioni casuali di idee, di immagini, di ricordi che si costituisce la sostanza della nostra vita interiore (il logos, la ragione) e che si potrebbe chiamare il movimento browniano del pensiero » (Il paradigma perduto, p. 125)
L’evoluzione del cervello è dunque legata allo sviluppo della capacità di organizzare risposte e fornire decisioni/scelte, anche definibile come facoltà di organizzare un ordine a partire dal “rumore”. Il logos è quindi l’elemento supremo della gestione del “rumore”, dunque come metafora dell’emersione del pensiero (o della cultura, o dell’uomo stesso) dalle nebulose profondità dell’ignoto (la follia, l’assenza del pensiero).

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Q

La testa ben fatta

A

Le sfide della modernità
L’iperspecializzazione e la tecnicizzazione dei saperi generano la difficoltà di individuare delle teorie che possano dotarci di uno sguardo sintetico sul mondo contemporaneo. La complessità del mondo moderno pone delle sfide:
1) Sfida culturale: frattura fra mondo delle scienze umane e mondo delle scienze dure/applicate
2) Sfida sociologica: generata dall’integrazione dell’informatica in tutti i campi del sapere. Dunque, dall’inserimento della teoria del rumore in tutti gli ambiti. È necessario acquisire una consapevolezza nuova.
3) Sfida civica: trasformazione del sapere scientifico in sapere esoterico , e lo scienziato in una sorta di profeta. Questo genera l’impossibilità di allargamento del dibattito pubblico ai non tecnici, dunque un problema di partecipazione democratica.

La testa ben fatta
«Una “testa ben fatta” significa che invece di accumulare sapere è molto più importante disporre allo stesso tempo di: a) un’attitudine generale a porre e a trattare i problemi; b) principi organizzatori che permettano di collegare i saperi e di dare loro senso» (La testa ben fatta, p . 15)
Le caratteristiche della testa ben fatta sono:
-La métis (capacità di mescolare i saperi)
- La serendipità (la capacità di fare scoperte per puro caso e, anche, il trovare una cosa non cercata e imprevista mentre se ne stava cercando un’altra, come la scoperta delle Americhe)
- La capacità sintetica, anziché favorire la sola capacità analitica
-Riconnettere scienze della natura e scienze umane rimettendo al centro dell’attenzione quella sfida intrattabile che richiede una soluzione fuori dagli schemi che è l’ominizzazione.

Conoscenza e incertezza
L’«Iniziazione alla lucidità» deve essere il punto di partenza per la formazione della “testa ben fatta”. L’iniziazione alla lucidità consiste nel comprendere che:
* La conoscenza non è il riflesso della realtà, perché avviene attraverso la percezione sensoriale
* La conoscenza consiste nel processo di costruzione di un’interpretazione del reale, unificando la percezione e la memoria di quanto già si conosce
* La conoscenza consiste nel processo interpretativo che, in quanto tale, cela sempre la possibilità dell’errore.

«La prima rivoluzione scientifica del nostro secolo, abbozzata dalla termodinamica di Boltzmann, innescata dalla scoperta dei quanti, proseguita con la disintegrazione dell’Universo laplaciano, ha profondamente cambiato la nostra concezione del mondo. Ha minato la validità assoluta del principio deterministico» (La testa ben fatta, p. 56)
* La scienza moderna scopre che l’origine della vita è il caos e che lo stesso sviluppo della vita nell’universo non risponde ad alcuna necessità ineluttabile
* Il fenomeno vita si configura come una forza cieca di auto organizzazione, che risponde alle stesse logiche fondamentalmente incomprensibili che hanno prodotto l’ominidizzazione
* L’idea secondo cui la storia umana si stesse evolvendo costantemente verso un miglioramento progressivo è stata completamente soppressa dalle grandi tragedie del ‘900.
«Sforzarsi a pensare bene è praticare un pensiero che si sforzi senza sosta di contestualizzare e globalizzare le sue informazioni e le sue conoscenze, che senza sosta si applichi a lottare contro l’errore e la menzogna a sé stesso»

Principio dell’ «ecologia dell’azione»
Secondo il principio dell’ecologia dell’azione di Morin, ogni azione sfugge alla volontà del suo autore entrando nel gioco delle inter-retro-azioni dell’ambiente in cui essa interviene.
Questo principio si basa su:
1) Imprevedibilità delle conseguenze di ogni azione, ovvero capacità di leggere il contesto al di fuori di una logica causa-effetto restrittiva
2) Necessità di programmare l’azione come strategia, anziché come programma. In un mondo non più retto da una consequenzialità deterministica, non ha più senso programmare, ha molto più senso elaborare strategie (ovvero, in base all’obbiettivo determino le mie azioni)
3) Integrazione del principio di Pascal della scommessa , alla strategia. Ovvero, quando si sviluppa una strategia d’azione, è importante considerare le incertezze e le possibilità impreviste. Quando si agisce in un ambiente complesso e dinamico, non si può conoscere con certezza tutte le conseguenze delle azioni. Quindi, è necessario prendere decisioni basate su probabilità, stime e rischi.
Vecchie forme di identità
Nella sua riflessione sull’educazione del futuro, Morin sottolinea come un concetto della cultura novecentesca, quello di “identità”, sebbene nella recente storia sia stato adoperato in maniera criminale come strumento di legittimazione politica di violenze e persecuzioni, non possa essere rimosso, ma ampliato, fino ad inglobare entità sovranazionali, o addirittura fino ad inglobare l’identità “terrestre”. «Tutto ci indica, oggi, che il potere dello Stato-nazione potrebbe e dovrebbe essere superato» (La testa ben fatta)
Lo Stato-Nazione è l’apparato che ha caratterizzato la storia mondiale recente e che negli ultimi decenni è entrato in crisi. L’apparato dello Stato-Nazione si compone dei seguenti elementi essenziali:
* Comunità/società: società retta da regole comuni e comunità identitaria o comunità di destino
* Entità mitologica: Stato-Nazione come incarnazione del ruolo materno e paterno nei confronti dei propri cittadini/figli
* Religione nazionale: Stato-Nazione come struttura mitopoietica (che tende ad inventare miti) che genera identificazione e promuove l’unione fra concittadini.

  • Secondo Morin, il potere dello Stato-nazione di cementare l’identità dei suoi concittadini non può e non deve essere abolito, ma dovrebbe soltanto essere trasferito su un piano differente e più ampio.
  • I processi di costituzione dell’identità europea sono un esempio di trasposizione del sentimento identitario all’interno di una realtà sovranazionale
  • I processi di costituzione dell’identità europea (e successivamente mondiale) contemplano anche il riconoscimento della diversità (alterità) culturale portatrice di atteggiamenti ostili e minacciosi. La diversità non viene più riconosciuta nel nemico esterno, ma in quello interno, cioè nei nostri difetti culturali, che devono essere individuate e combattute

L’identità europea
Secondo Morin, c’è necessità di riconoscere l’esistenza di una storia e di un destino comune degli Stati-Nazione europei, attraverso il quale risolvere ed integrare anche le conflittualità, nella prospettiva di generare un’identità europea.

L’identità terrestre
«Infine dovremmo concepire una storia generale dell’umanità che comincia non nel 1492, ma molte decine di migliaia di anni prima, con la diaspora dell’homo sapiens su tutto il pianeta, comprese le isole del Pacifico. Dopo questa diaspora si erano create le grandi separazioni tra frammenti dell’umanità» (La testa ben fatta, p. 72)

Gli elementi dell’identità terrestre:
* Comunità di destino: comune minaccia rappresentata dalle armi nucleari, dai danni prodotti all’ecosistema, dai virus.
* Identità umana: comune discendenza genetica dall’homo sapiens e dalla sua vicenda evolutiva, che comprende soprattutto la diffusa capacità di trascendere la natura in cultura.
* Identità genetica: comune appartenenza all’animale/uomo e alla classe dei mammiferi.

Limiti del pensiero scientifico moderno
A partire da Cartesio, la prassi della ricerca scientifica si identifica nei principi di:
1) Separazione: separare la sintesi originaria in problemi di dimensione e natura minore
2) Riduzione: ridurre l’unità del problema ad aspetti più piccoli; ridurre il problema esclusivamente a ciò che può essere misurato

La riforma del pensiero
È necessario adeguare il pensiero all’epoca della complessità:
1) Attraverso un pensiero che unisce e che restituisce l’idea del complexus (= ciò che è tessuto insieme)
2) Riconoscere che la conoscenza delle parti è efficace soltanto se accompagnata dalla conoscenza d’insieme
3) Riconoscere e trattare fenomeni multidimensionali, anziché accordare preferenza alle loro sotto dimensioni

Il pensiero scientifico moderno, ossessionato dall’idea della misurabilità, ha ridotto la sua sfera di interesse esclusivamente agli oggetti che rispondono alla sua esigenza di valutazione quantitativa. La riforma del pensiero, proposta da Morin, vorrebbe riportare al centro dell’interesse anche quei fenomeni che sfuggono alla misurazione quantitativa, ovvero quelle forme si sapere che si basano sull’empatia, sull’intuizione o sulla serendipità.

«C’è una conoscenza che è comprensiva e che si fonda sulla comunicazione, sull’empatia e persino sulla simpatia inter-soggettiva» (La testa ben fatta, p. 96). Si tratta di una conoscenza che collega le scienze naturali e umane. Le scienze umane, come ad esempio la storia, promuovono la comprensione, una sorta di immedesimazione empatica del soggetto che viene conosciuto. Le scienze naturali invece promuovono la spiegazione.
Come si può passare da una visione improntata prettamente alla spiegazione, verso una che si pone verso la comprensione?
* Riconoscimento dei limiti del pensiero calcolante a partire dalle riflessioni dei filosofi della scienza del ‘900, che riflettono sulle insufficienze del principio di induzione
* Riconoscimento del contributo della letteratura e delle scienze umane per la definizione del concetto di complessità.

Principi guida per la riforma del pensiero secondo Morin
1) Principio sistemico ed organizzazionale: legare la conoscenza delle parti alla conoscenza del tutto (non fermarsi alla iperspecializzazione)
2) Principio “ologrammatico”: evidenziare la caratteristica delle organizzazioni complesse, nelle quali non solo la parte è nel tutto, ma in cui anche il tutto è inscritto in una parte (es. la cellula)
3) Principio dell’anello retroattivo: rottura del principio di causalità lineare, che permette la conoscenza dei sistemi auto-regolatori (consapevolezza che la conoscenza delle cause può modificare l’interpretazione degli effetti, e viceversa). Fondato sull’ipotesi che la storia non proceda seguendo un principio di causa/effetto, ma un principio di auto organizzazione, per cui gli effetti possono modificare a posteriori l’interpretazione delle cause.
4) Principio dell’anello ricorsivo: descrittore dei sistemi di auto-produzione e di auto-organizzazione. La società umana ne è un esempio, perché è il prodotto degli individui, ma diventa al contempo produttrice di individualità (es. giovanilizzazione e cerebralizzazione è un tipo di anello ricorsivo)
5) Principio dell’autonomia/dipendenza: gli esseri umani sono auto-eco-organizzatori, nel senso che consumano energia per mantenere la propria autonomia
6) Principio dialogico: dialettica ordine/disordine che innerva la vita sin dall’origine dell’universo e principio produttore della complessità
7) Principio della reintegrazione del soggetto conoscente in ogni processo di conoscenza: si fonda sul principio che ogni conoscenza è una ricostruzione nella quale un individuo partecipa alla rappresentazione di una porzione di realtà

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