Modulo 6 Flashcards

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Q

Vita e filosofia di Gianbattista Vico

A

Nasce a Napoli il 23 giugno 1668. Si laurea in diritto, ma già nel corso dei suoi studi universitari si
appassiona alla filosofia. Nel 1699 ottiene la cattedra di retorica.
Sviluppa una prospettiva critica nei confronti della filosofia cartesiana, che andava diffondendosi anche a Napoli. Il suo capolavoro Scienza Nuova (che ebbe tre edizioni: 1725, 1730, 1744), ignorato dai suoi contemporanei, è successivamente stato riconosciuto come una delle vette del pensiero moderno, il fondamento della corrente filosofica dello stroricismo. Muore a Napoli nel 1744.
Il pensiero di Vico si articola in:
* Critica del metodo apodittico-deduttivo cartesiano , in favore di un approccio alla conoscenza che sappia radicarsi nella vita e nel suo carattere profondamente mutevole.
* Valore civile della conoscenza e della paideia, che è tale soltanto se forma cittadini in grado di mettersi con profitto al servizio dello Stato.

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2
Q

Vita e pensiero pedagogico di Gramsci

A

Nasce ad Ales (Oristano) nel 1891. Nel 1921 fu fra i fondatori del Partito Comunista d’Italia, e suo esponente di primo piano e segretario. Nel 1926 fu incarcerato dal regime fascista. Trascorre lunghi anni nel carcere di Turi. Muore nel 1937, in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni di salute.
Il pensiero pedagogico di Gramsci si articola in:
* Centralità del problema della formazione di una classe di intellettuali che sappia promuovere le istanze di riscatto popolare
* Difficoltà di selezionare gli intellettuali fra le file del popolo, che è la classe sociale normalmente esclusa dal processo di partecipazione alla vita culturale della nazione

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3
Q

Vita e pensiero pedagogico di Enzo Paci

A

Nasce a Monterado (Ancona) nel 1911. Si laurea nel 1934 a Milano in Filosofia. Nel 1943, reclutato, viene catturato in Grecia dai tedeschi e resta prigioniero in Polonia fino alla fine del conflitto. Dal 1951 insegna a Pavia. Dal 1957, fino alla fine della sua carriera di insegnamento, è professore di filosofia teoretica all’Università Statale di Milano. Nel 1951 fonda l’importante rivista aut aut, che dirige fino al 1976, anno della sua morte.
Il pensiero pedagogico di Paci si articola in:
* Lettura dell’esperienza umana in chiave esistenzialistica , ricavata dall’elaborazione originale delle correnti della filosofia tedesca e francese del primo ‘900
* Esistenzialismo matura nella corrente del relazionismo, ovvero come scoperta per l’uomo della necessità di entrare in rapporto con l’altro e come necessità di apprendere le modalità di questo rapporto.

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4
Q

Le orazioni inaugurali e il De ratione Di Vico

A

Nel 1698 a Vico viene assegnata la cattedra di retorica all’Università di Napoli. In tale veste dal 1699 tiene le orazioni inaugurali dei successivi anni accademici, in cui si fa sostenitore di una pedagogia indirizzata ai valori civili, che sappia creare cittadini consapevoli del fatto che i destini umani sono esposti ad un’infinta mutevolezza (in opposizione alla visione cartesiana).
Nelle prolusioni, Vico promuove la proposta di argomenti universali, che non si fermino ad una visione metafisica (come gli studi cartesiani), ma che siano in grado di scontrarsi con la realtà e la sua mutevolezza. Promuove una paideia di ispirazione platonica (modello costituito dalla Repubblica di Platone), che comprende:
* un tentativo di definire il carattere dell’uomo, la sua natura, a partire dalla riflessione metafisica (come ogni altra paideia)
* l’individuazione del compito supremo dell’uomo nella politica, o prassi
* l’individuazione del compito principale della cultura nel formare i cittadini, facendoli uscire dalla sfera del privato per immetterli nella sfera pubblica

La De nostri temporibus studiorum ratione è la trasposizione scritta dell’orazione inaugurale, pronunciata da Vico nel 1708, pubblicata nel 1709. Seguendo il filo delle precedenti 6 orazioni pronunciate negli anni addietro, Vico ribadisce l’atteggiamento critico nei confronti della filosofia cartesiana, che anche a Napoli si stava affermano come asse portante del metodo di studio moderno.

Il fine delle scienze e dell’insegnamento
* Il fine delle scienze non deve essere ricerca, di tipo cartesiano, del vero oggettivo e indubitabile, e non potrebbe neanche esserlo, visto che «tutto ciò che l’uomo può conoscere, come anche l’uomo stesso, è finito o imperfetto» (De ratione, p. 11)
* La ricerca del vero indubitabile ha prodotto la separazione dei saperi e soprattutto un razionalismo distaccato dalla realtà, mentre una pedagogia che formi i cittadini riconosce che i più grandi benefici degli studi sono conseguibili solo da chi accrescesse il suo sapere mirando al bene dello Stato, cioè al bene comune dei cittadini, restando fedele alla realtà.

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5
Q

Vico contro Cartesio

A

Sebbene riconoscesse l’importanza dei progressi che l’applicazione del metodo cartesiano aveva permesso di fare alla geometria, all’algebra e alla fisica, Vico riteneva che un sapere fondato in modo esclusivo sul principio del cogito potesse dare luogo ai seguenti problemi:
* Riduzione della ricerca ad una metafisica astratta e incapace di parlare del mondo naturale e civile
* Marginalizzazione della dimensione della fantasia, della poesia, dell’immaginazione, che non vengono più riconosciuti come attori del processo conoscitivo, ma addirittura come suoi potenziali ostacoli

«E poiché oggi l’unico fine degli studi è la verità, noi studiamo la natura in quanto ci sembra certa e non osserviamo la natura umana, perché incertissima a causa dell’arbitrio» (De ratio, p. 83)
* Il metodo cartesiano, che è ricerca di verità lampanti e incontrovertibili (il primo vero), deliberatamente trascura la conoscenza di ciò che non si lascia sottomettere al potere oggettivante della ragione.
* Il metodo cartesiano intende risalire alle leggi immutabili del reale, ma così facendo non tiene conto dei tratti irriducibilmente mutevoli e imprevedibili dell’agire umano.

Critica contro topica
* Critica: è il sapere apodittico-deduttivo in cui, secondo i cartesiani, si incarna il processo della conoscenza chiara e distinta dei concetti.
* Topica: è il processo di inventio e dispositio, ovvero la selezione e la scelta degli argomenti da sottoporre a critica, e che è radicato nella vita, dunque esposto all’azione della fantasia, delle passioni e del caso.
Quando nel processo scientifico scegliamo di occuparci di un dato argomento, chi è che porta quell’argomento all’attenzione del ricercatore? Non certo un processo di critica.
Il cuore della critica di Vico a Cartesio è che Cartesio fa partire il suo metodo da quella che Vico considera la fine. Vico ritiene che il momento cruciale nella ricerca sia il momento della selezione dell’argomento, alla formulazione di un’ipotesi. E quali elementi intervengono nell’intuizione che porta uno scienziato a produrre un’ipotesi scientifica? Elementi di natura inconscia, qualcosa che si rimanda alle passioni. Non è possibile ricondurre tale intuizione ad un processo razionale.
«Oggi si celebra solo la critica, e la topica non solo non procede ma addirittura è lasciata indietro. E ciò a torto, poiché come la scoperta degli argomenti viene per natura prima del giudizio sulla verità, così la topica, come materia di insegnamento, deve precedere la critica» (De ratione, p. 37)
* Attenzione! Critica e topica non vengono messe in contrapposizione netta da Vico, che anzi sembra volere istituire una sorta di continuità fra i due momenti.
* La scienza moderna pone a fondamento del sapere il momento della critica, ovvero dell’analisi razionale. Per Vico, tuttavia, questo è il momento conclusivo del processo conoscitivo, che prende avvio dalla nebulosa intuizione dello studioso, mossa da esigenze e inclinazioni tutt’altro che razionali.

Dalla ricerca del vero alla ricerca del verosimile
Se la verità oggettiva resta inarrivabile per l’uomo, questi deve rivolgersi ad una verità giustificata altrove, nella verosimiglianza, ovvero nel linguaggio, che è lo strumento attraverso il quale agli uomini è dato di produrre un’immagine del mondo  Analogia e metafora vengono rivalutate come strumenti attraverso cui rendere percepibile la verità attraverso la sua trasfigurazione.

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6
Q

Nesso tra educazione e politica secondo Vico (?)

A

Il nesso fra eloquentia e sapientia
Vico nota che in passato, i filosofi consideravano importante insegnare come parlare bene e persuadere gli altri, e questo ha prodotto grandi oratori come Demostene e Cicerone. Tuttavia, nel suo tempo, sembra che l’insegnamento della filosofia avesse trascurato l’arte di parlare bene, rendendo difficile esprimere in modo efficace la complessità umana.
Vico ritiene che l’eloquenza sia importante perché coinvolge sia la mente che l’animo, e mentre la mente può essere influenzata dalla logica, persuadere l’animo richiede abilità oratorie potenti.
Vico contrappone due tipi di saggezza: una basata sulla conoscenza oggettiva e una basata sulla prudenza politica e sulla capacità di persuadere le persone usando l’eloquenza. Per Vico, la vera saggezza non è solo conoscenza, ma anche la capacità di usare questa conoscenza in modo efficace nella politica e nella società, che richiede l’uso dell’eloquenza per convincere le persone attraverso la loro immaginazione e fantasia.

Riflettendo sulle differenze fra la lingua italiana e quella francese , Vico sottolinea come:
*La lingua di chi cerca la verità oggettiva (francese, la lingua di Cartesio) è povera di immagini, perché ricerca la precisione
*La lingua dell’eloquenza (italiano) è una lingua sintetica, che fa appello ai chiaroscuri dell’animo, che attrae l’ascoltatore attraverso «immagini corporee» (De ratione, p. 99)

Il principio del verum ipsum factum
Vico sostiene il principio del verum ipsum factum, il vero è il fatto stesso. Per esempio, Vico ritiene che le “cose” della fisica siano solo verosimili, e non vere; perché la geometria fornisce alla fisica solo il metodo, non la dimostrazione. “Dimostriamo le cose geometriche perché le facciamo; se potessimo dimostrare le cose fisiche, noi le faremmo” (De ratio, p. 57)
* Secondo Vico, il saggio è colui che riconosce che l’uomo non conosce il vero oggettivo, ma solo il verosimile, a differenza dei dotti che si illudono che «questa fisica, insegnata con il metodo geometrico, è la stessa natura» (De ratione, p. 53).
* Per Vico vale il principio per cui lo spirito umano non può conoscere se non ciò che egli stesso ha fatto, dunque piuttosto che conoscere il vero oggettivo della natura, questi ritiene conoscibili soltanto i modi verosimili attraverso cui nel tempo l’uomo ha interpretato la natura.
* La conoscenza scaturisce dall’innata capacità degli uomini di conoscere il mondo “per immagini”, ovvero di fare poesia (dal greco póiēsis, deriv. di poiêin ”fare, produrre”). La conoscenza non è dunque semplice adeguatio (corrispondenza) della ragione alla verità oggettiva, ma creazione della verità da parte degli uomini attraverso la parola. La verità è dunque nel prodotto umano per eccellenza, la storia.

Una pedagogia di ispirazione civile
«Quanto alla scienza, essa differisce dalla prudenza civile proprio in questo: eccellono nella scienza quelli che ricercano una causa sola da cui poter ricavare molteplici fenomeni della natura, mentre nella civile prudenza prevalgono quelli che ricercano quante più cause di un sol fatto per congetturarne quale sia la vera» (De ratio, p. 85)
* Esiste una declinazione anticartesiana nel rapporto fra erudizione e vita civile.
* Genesi di una filosofia e di una pedagogia di orientamento storico e civile
* Il valore che deve essere promosso dalla pedagogia è quello della prudentia, anziché la ricerca di verità eterne, intesa come capacità di mediare fra la ratio e la mutevolezza dell’animo umano.

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7
Q

Benedetto Croce e Gramsci e il problema della cultura delle classi popolari

A

Durante l’ultimo governo Giolitti (caduto nel luglio 1921) uno dei problemi che provò ad affrontare l’allora ministro dell’Istruzione Benedetto Croce riguardò i temi dell’esame di Stato e della riorganizzazione della scuola secondaria . Nel primo caso il tema era quello della selezione in entrata o in uscita dalla scuola, nel secondo quello dell’accesso all’istruzione superiore.

Benedetto Croce (1866 – 1954) - Politica e pedagogia
«Il rapporto (fra pedagogia e politica) è e deve rimanere tensionale, ora di aut-aut, ora di et-et, ora di ascolto, ora di separazione, ora di opposizione, e sempre reciprocamente» (F. Cambi, Introduzione alla filosofia dell’educazione)
Il pensiero di Croce sulla pedagogia si articola in:
* Il rapporto fra pedagogia e politica è l’elemento centrale della riflessione filosofica moderna sull’educazione
* La pedagogia è l’indicatore dei rapporti di subalternità/egemonia all’interno del corpo sociale. Riguardo a questo punto, Croce si chiede se l’insegnamento sia davvero sempre uno strumento di emancipazione. Egli ritiene che l’insegnamento possa trasformarsi potenzialmente in strumento, nelle mani della classe dominante, per perpetrare la sua egemonia. È quindi necessario pensare ad una scuola che non replichi le diseguaglianze sociali, ma le risolva.

Cultura popolare e folklore
* Le osservazioni di Croce sul folklore popolare lo identificano come momento di riflessione sulla cultura popolare, o subalterna, contrapposta a quella egemonica. A questo proposito, Croce riteneva necessario studiare la cultura popolare con nuovi approcci, e anche di inserirla nei curriculi formativi degli insegnanti.
* Gramsci parla di “Folklore progressivo”: cioè necessità di superare il folklore, di trasformarne la dimensione di cultura subalterna, rinnovandolo e rimuovendo l’opposizione con la cultura moderna. Quindi far confluire il folklore all’interno della cultura moderna, attraverso l’eliminazione degli elementi magico/tradizionali ancora presenti nella cultura folklorica. Questo riassorbimento degli elementi magici, allo scopo di inserire il folklore nella cultura moderna, dovrebbe essere il compito principale della scolarizzazione delle classi subalterne.

Il problema degli intellettuali
«Tutti gli uomini sono intellettuali, si potrebbe dire […]. Ma non tutti gli uomini hanno nella società la funzione degli intellettuali» (Gramsci, Quaderno XII p. 1516)
Che cosa definiamo con la parola “intellettuale”?
*Intellettuale è chiunque abbia una propria visione del mondo, dunque potenzialmente tutti sono intellettuali
*La definizione di intellettuale va ricercata non nelle caratteristiche del singolo, ma nel rapporto che il singolo stringe con la società, e nel ruolo che svolge al suo interno.

Gradualità all’interno della sfera degli intellettuali e delle loro funzioni:
*Al gradino più alto, troviamo i creatori delle scienze, della filosofia, dell’arte, ecc
*Al gradino più basso, troviamo gli “amministratori” del sapere acquisito.
In quanto «commessi» del gruppo dominante, gli intellettuali sono funzionali alla classe egemone, il cui potere di mantenimento dello status quo è proporzionale alla qualità degli intellettuali che produce.

Scuola e folklore
«La scuola, col suo insegnamento, è lotta contro il folclore» (Gramsci, Quaderno XII, p.1540) Infatti:
* La scuola gentiliana si fondava sul concetto di lavoro, e sulla conoscenza della natura ai fini del suo dominio
* L’insegnamento elementare, per Gramsci, è il primo passaggio verso la dissoluzione dell’universo culturale folklorico, costruito sull’intuizione magico religiosa del mondo, anziché sulla conoscenza delle sue fondamenta storiche, ovvero del suo essere prodotto di una storia culturale totalmente umana.

«Anche la meccanicità dello studio grammaticale era avviata dalla prospettiva culturale» (Gramsci, Quaderno XII)
* La meccanicità dello studio è volta all’abitudine della diligenza, alla compostezza fisica e morale, al di là del contenuto dello studio medesimo.
* La creazione di una classe intellettuale dipende dall’efficacia con cui in alcuni individui si radica l’abitudine (anche fisica) allo studio, allo stare seduti e concentrati per intere ore.

Per Gramsci, lo studio delle lingue morte è funzionale alla creazione di una concezione storicistica della vita e della cultura, del mondo e della vita, che nello studente dovrebbe diventare «una seconda natura, quasi una spontaneità»
Per la ricerca del principio educativo
* La fioritura delle “scuole tecniche” è vista da Gramsci come un pericolo di duplicazione delle iniquità sociali: nelle scuole tecniche non si formano intellettuali, ma lavoratori
* è necessario riformare i programmi scolastici nella prospettiva di:
1) Alimentare la partecipazione consapevole alla vita democratica (e non solo produttiva) del Paese
2) Garantire la possibilità di «adattamento psico-fisico» allo studio da parte di tutti
3) Sviluppare nuove forme di intellettualismo, basate sulla capacità di mescolarsi attivamente nella vita pratica, nel lavoro che è produzione di mondo, di storia e di rapporti sociali.

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8
Q

Esistenzialismo e pedagogia: Martin Heidegger (1889 – 1976)

A

Fu filosofo nazista, esponente dell’esistenzialismo. Con l’esistenzialismo si afferma una visione del mondo e dell’uomo nuova e molto differente rispetto alla proposta filosofica dell’idealismo .
Nella riflessione di Heidegger, diventano cruciali:
* Il problema del tempo: una lettura dell’esperienza umana secondo la categoria della temporalità
* Il concetto di gettatezza : indica il fatto che gli esseri umani si trovano gettati nel mondo senza avere un controllo completo sulla loro esistenza.
* La questione della autenticità/inautenticità dell’esistenza: con inautenticità dell’esistenza, Heidegger indica la condizione nella quale normalmente l’uomo si ritrova, non ha un’accezione negativa, è il lasciarsi vivere, accettare il senso comune. Dell’esperienza inautentica dell’esistenza fanno parte: conformità sociale, ricerca di appagamento superficiale, fuga dalla responsabilità.

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9
Q

Esistenzialismo e pedagogia: Karl Jaspers (1883 – 1969)

A

Karl Jaspers, filosofo e medico tedesco, intreccia le tematiche della filosofia dell’esistenza con quelle della psicopatologia:
* Il problema della situazione limite: Jaspers ha introdotto il concetto di “situazione limite” per esplorare le sfide esistenziali che gli individui affrontano quando si trovano di fronte a eventi o situazioni che non riescono a comprendere appieno. Queste situazioni possono includere esperienze di sofferenza, crisi esistenziali o momenti in cui ci si confronta con i limiti della conoscenza umana
* Autenticità come comunicazione e relazione: Per Jaspers, l’autenticità non è solo una questione di auto-riflessione individuale, ma anche di comunicazione e relazione con gli altri. L’autenticità implica la capacità di comunicare apertamente e onestamente con gli altri e di stabilire relazioni sincere. Ciò significa che, mentre si cerca il significato della propria esistenza, si dovrebbe anche cercare di comprendere gli altri e connettersi con loro in modo autentico.
* Filosofia tra naufragio o riformulazione della propria visione del mondo: Questo punto riflette la tensione che Jaspers vede nella filosofia e nell’esistenza umana. Gli individui possono trovarsi in situazioni di “naufragio” esistenziale, in cui le loro convinzioni e la loro visione del mondo vengono sfidate o crollano. Tuttavia, Jaspers vede anche la possibilità di “riformulare” la propria visione del mondo attraverso la riflessione critica e la ricerca di nuovi significati. La filosofia, per Jaspers, può essere uno strumento per affrontare questa tensione tra naufragio e riformulazione, consentendo agli individui di esplorare in modo creativo nuove prospettive sulla vita e sulla realtà.

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10
Q

Esistenzialismo italiano e Enzo Paci

A
  • Tra i principali rappresentanti dell’esistenzialismo italiano, è fondamentale menzionare Luigi Pareyson ed Enzo Paci, che hanno contribuito in due importanti modi:
  • Hanno reinterpretato e adattato le tematiche dell’esistenzialismo tedesco, come l’angoscia, la libertà, e l’autenticità, in un contesto italiano. Hanno inoltre dato un’impronta positiva all’esistenzialismo italiano, enfatizzando la ricerca del significato e della realizzazione personale come elementi cruciali nella vita individuale.
  • Hanno aperto un dialogo con il pensiero storicista italiano, in particolare con le idee di Benedetto Croce. Hanno cercato di coniugare le preoccupazioni esistenzialiste con l’attenzione alla storia e alla cultura italiane.

Enzo Paci (1911 – 1976)
Il problema della relazione e della irreversibilità del tempo è il fulcro dell’esistenzialismo di Paci, insieme ad ambiguità ed angoscia. Egli riarticola in modo originale le questioni aperte dalla tradizione tedesca, mettendo al centro del discorso il problema del bisogno, del vitale e della progettualità nel tempo della propria identità.

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11
Q

Relazionismo come paideia secondo Paci (?)

A
  • Il relazionismo, ovvero la dottrina filosofica che concepisce la realtà come un sistema di relazioni, è visto da Paci come paideia, ovvero come:
    -processo di presa di coscienza della negatività connaturata all’esistenza, e come tentativo di progettarsi al di là della negatività
    -educarsi a resistere al richiamo dell’isolamento, della autoreferenzialità, e come abitudine ad aprirsi all’altro, anche se spaventoso

La rielaborazione di Paci dell’angoscia secondo l’esistenzialismo tedesco di Heidegger
«L’individuo non è una sostanza compiuta in sé stessa, ma un compito da assolvere» (Tempo e relazione, 1965, di Enzo Paci)
All’interno del libro Tempo e relazione, c’è una ripresa del tema esistenzialistico tedesco dell’angoscia, intesa non più come punto di arrivo della riflessione (secondo Heidegger), ma come punto di partenza del percorso di formazione dell’Io, e come fardello da cui l’Io deve liberarsi attraverso la costruzione di sé

La rielaborazione di Paci dell’angoscia secondo il tema freudiano
Ripresa del tema freudiano dell’angoscioso distacco dalla madre:
* Senso di scissione come elemento costitutivo dell’Io
* Esistenza come tensione fra volontà di permanenza e necessità di trasformazione
* Doppia natura del tempo: scissione fra tempo organico e tempo umano

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