Modulo 2 Flashcards

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Q

Vita di Locke

A

John nasce in Inghilterra (Wrington) nel 1632. Studia medicina e fisiologia alla Christ Church di Oxford. Diventa membro della Royal Society.
1682-1689, vive in Olanda.
Rientrato in Inghilterra pubblica le sue opere più significativa: il Saggio sull’intelletto umano (1690).
Muore ad Oates, dove si era ritirato in vecchiaia, nel 1704.
Locke era un empirista, ovvero membro di quella corrente che ritiene la conoscenza come ottenibile solo attraverso la pratica, la sensibilità, la costruzione dell’esperienza.

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Q

Saggio sull’intelletto umano (1690) Locke (1.polemica contro l’innatismo, 2. la conoscenza come costruzione dell’esperienza, 3.ideacome oggetto di conoscenza, idee semplici e complesse, 4. il problema della conoscenza)

A

Opera capitale di John Locke. Si divide in quattro libri, in cui vengono affrontati i problemi legati alle forme attraverso le quali si realizza la conoscenza umana.

Analisi dei quattro libri in cui si divide il Saggio di Locke:
-I libro del Saggio: La polemica contro l’innatismo
* Non esistono idee innate negli uomini
* Critica la credenza che le idee morali esistano al di fuori della coscienza umana
* Dimostrazione del fatto che neanche l’idea di Dio è innata
-II libro del Saggio: La conoscenza come costruzione dell’esperienza
L’esperienza è definita come:
1. Percezione di un oggetto esteriore
2. Percezione riferita al soggetto stesso (del nostro mondo interiore)
Se tutto ciò che percepiamo diventa un’idea, e se le idee sono esse stesse oggetto di percezione, dobbiamo chiederci: la realtà è tutta descritta dalla nostra percezione? La risposta di Locke è negativa:
La critica del realismo “ingenuo” di Locke si fonda proprio su questo: la percezione non ci fornisce una copia perfetta della realtà esterna ma ci fornisce delle sensazioni che la nostra intelligenza elabora per costruire delle rappresentazioni. E sono i criteri di questa rielaborazione ciò di cui si deve occupare la filosofia, non i criteri di costruzione della realtà stessa.
-III libro del Saggio: Idea come oggetto di conoscenza - Idee semplici e idee complesse
L’idea è il prodotto della percezione. Le idee possono essere di due tipi:
1. Idea acquisita per mezzo della percezione (sensazione) produce idee semplici
2. Idea acquisita per mezzo della percezione interiore (riflessione) produce idee sulle operazioni fondamentali dello spirito (astrazione, memoria, volontà, giudizio, ecc)
Esistono anche le idee complesse come unione di idee semplici, che possiamo suddividere in tipologie fra cui:
a) Sostanze: ciò che costituisce la realtà di base. Es., una pianta, una sedia o un essere umano. Le sostanze sono entità separate che possiedono attributi specifici e possono svolgere ruoli nel mondo
b) Modi: le varie modalità o qualità che sono associate alle sostanze. Ovvero gli attributi, le proprietà o le caratteristiche che definiscono una sostanza. Es., il colore, la forma, la dimensione, il movimento e altre caratteristiche fisiche o qualitative di un oggetto. I modi sono ciò che dà alle sostanze le loro caratteristiche specifiche e li differenzia l’uno dall’altro.
c) Relazioni: connessioni o affetti reciproci tra le sostanze o i modi. Le relazioni emergono quando le sostanze o i modi interagiscono o sono collegati in qualche modo.

Il problema della sostanza viene posto come argomento principe della critica al realismo:
1. La sostanza esiste nella realtà o solo come idea? (Locke ritiene esista nella realtà)
2. Se esiste solo come idea, cosa resta della pretesa della scienza di cogliere la sostanza delle cose? (Locke risponde nel IV libro)

-IV libro del Saggio: Il problema della conoscenza
* Per Locke, la conoscenza non è vista come pretesa di conoscere, attraverso le idee, l’essenza delle cose, ma come capacità di cogliere in modo chiaro i rapporti formali fra le idee
* La scienza naturale, che si fonda sull’esperienza sensibile, si accontenta del livello più basso di conoscenza, sebbene ritenga di attingere a quello più alto e definitivo.

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3
Q

Critica di Locke all’innatismo

A

Non esistono principî innati nella mente – La critica di Locke all’innatismo:
-Secondo gli innatisti, esistono delle idee innate, e queste possono essere individuate tramite il principio dell’assenso universale e della distinzione, ovvero tutti concordano su quelle idee distinte (ad es. cos’è il bene).
-Locke ribatte che se davvero le idee distinte, che riscuotono l’assenso universale, fossero innate, allora dovremmo immaginare che milioni di idee siano innate.
1) Gli innatisti ritengono che le idee innate esistano, ma che non tutti, o non sempre, riescano a percepirle
2) Se il punto 1 fosse vero, allora dovremmo addirittura concludere che tutte le idee possono essere innate. Infatti, non potremmo distinguere fra idee innate e idee acquisite. O, all’opposto, dovremmo riconoscere che nessuna idea è innata.
Chi è fuori dai parametri sociali, come bambini, i dementi, o i selvaggi ci insegna che anche in persone così poco toccate dal senso comune non è possibile riconoscere dei principi innati.

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4
Q

Dunque, se Locke sostiene che non esistano idee innate, da dove originano le idee?

A

L’intelligenza umana si alimenta attraverso due canali:
1) Sensazione: che permette di acquisire conoscenza degli oggetti esterni attraverso i sensi
2) Riflessione: che consiste nel fare esperienza (o avere percezione) dei propri processi mentali
N.B.: come è evidente nei bambini, la riflessione si sviluppa solo successivamente. E la conoscenza non è mai conoscenza diretta, ma conoscenza delle rappresentazioni che produciamo attraverso l’esperienza.

Per dimostrare che l’uomo inizia a pensare non appena è in grado di percepire, Locke vuole smentire coloro i quali ritengono che il pensiero sia attività consustanziale dell’anima. L’anima non pensa sempre:
* 1° argomento: il sonno – nel sonno noi non pensiamo come nella veglia perché non percepiamo
* 2° argomento: l’infanzia – il bambino pensa in maniera confusa perché non ha ancora fissato le idee in modo che siano distinte sufficientemente bene fra di loro

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5
Q

Locke e i suoi pensieri sull’educazione: percosse, innatismo morale, educazione per gentleman

A

Locke affronta il dilemma dell’educazione negli scritti Some thoughts concerning Education (1693) per soddisfare le richieste dell’amico Edward Clarke, il quale chiedeva consigli circa l’educazione del proprio figlio. L’opera è stata più volta ampliata nel tempo dallo stesso Locke.

Abbandono del sensismo
Le percosse non sono uno strumento idoneo ad educare, quanto lo sono invece l’infusione del sentimento di adeguatezza alla società, l’amore di sé e la capacità di riflettere: esaltazione del valore della riflessione

Esistono principi morali innati?
* Bisogna appellarsi alla ragione dei fanciulli, che non significa ragionare con loro sui fondamenti morali, ma fornire le spiegazioni che sono in grado di comprendere sui modi del comportamento
* Tutta l’umanità, per vivere in comunità, rispetta delle regole. Ma se fossero innate, allora dovremmo dire che le regole di condotta dei delinquenti sono identiche a quelle degli uomini onesti.

Educazione per gentlemen
Il fine dell’educazione è, secondo Locke, l’educazione del gentlemen, perché il gentlemen è colui che sa districarsi in tutti i contesti, dunque sa adeguare la sua condotta ai molti contesti della vita sociale, per i quali non vale un principio morale universale. I Pensieri non si rivolgono a tutti, ma ai precettori e ai ragazzi dell’alta società. Il prodotto di una buona educazione è il gentlemen, colui che sa usare le “buone maniere” in ogni contesto sociale. Dunque un’educazione estetica più che etica?

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6
Q

Vita di David Hume

A

Nasce ad Edimburgo nel 1704. Dopo gli studi, nel 1734 si trasferì in Francia fino al 1737, lavorando alla composizione del suo Treatise of human nature (trattato sulla natura umana) pubblicati tra il 1739 e il 1740. Tra il 1741 e il 1751 pubblica le opera raccolte nel Saggio sull’intelletto umano. Tornato in Francia, visse i fermenti dell’Illuminismo, tanto da diventare amico personale di Rousseau, che nel 1766 lo raggiunse in Scozia per un breve periodo. Muore ad Edimburgo nel 1776. Si occupò di esplorare il concetto di inferenza.

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Q

Il concetto di inferenza: deduttiva e induttiva

A

Il concetto di inferenza: «Nel linguaggio filosofico, con inferenza si indica ogni forma di ragionamento con cui si dimostri il logico conseguire di una verità da un’altra; sinonimo quindi di illazione» (Enciclopedia Treccani)
Nel linguaggio scientifico l’inferenza è il processo logico attraverso il quale viene stabilita la verità di un postulato.
La scienza riconosce due principali tipologie di inferenza: deduttiva e induttiva.

Inferenze deduttive
-Le inferenze deduttive si fondano sul sillogismo aristotelico che inferisce le verità particolari a partire da verità di tipo universale. Nell’inferenza deduttiva, o ragionamento deduttivo, esiste una relazione appropriata fra le premesse (a/b) e la conclusione (c). Se le premesse siano vere o meno è una questione che non influenza la natura deduttiva del ragionamento. Esempio: SE Tutti i francesi amano il vino rosso & Pierre è francese ALLORA Pierre ama il vino rosso
-Limiti dell’inferenza deduttiva: La deduzione si basa sul principio della osservazione dei dati: per dedurre la verità dai dati dobbiamo essere sicuri della loro completezza. Disponiamo sempre di questa sicurezza?
SE Tutti i corvi sono neri & Giorgio è un corvo ALLORA Giorgio è nero: Questa deduzione fu ritenuta inattaccabile fino a quando gli esploratori europei non scoprirono l’esistenza dei corvi bianchi in Australia

Le inferenze induttive
Nelle inferenze induttive la connessione logica fra premesse e conclusioni non è implicita: premesse vere possono generare conclusioni false. Esempio: SE Le prime cinque uova della scatola da sei sono marce & Su tutte le uova è riportata la stessa data di scadenza ALLORA Anche il sesto uovo sarà marcio: Di norma l’inferenza, in scienza, è induttiva e ci affidiamo alle inferenze induttive anche nella vita di ogni giorno

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8
Q

Da dove originano le idee secondo Hume? (idee e impressioni)

A

Nel suo trattato del 1748, Hume distingue idee e impressioni.
Hume ritiene che si possano dividere tutte le percezioni (rappresentazioni mentali di cosa si è impresso sui nostri sensi) della mente in due classi distinte da differenti gradi di forza.
Pensieri o idee: meno potenti e vivide. Riguardano il pensiero di cosa si è percepito. Le idee, anche le più complesse, possono essere ricondotte a pensieri più semplici (per es. l’idea di Dio, che è infinità, sorge dalla riflessione sui processi della mente umana)
Impressioni: qualcosa di più forte, che resta impresso nella memoria. «Tutte le nostre idee e percezioni, più o meno deboli, sono copie delle nostre impressioni» (D. Hume, 1748) Le impressioni che non possono essere conosciute per una carenza degli organi sensoriali, non generano idee o pensieri corrispondenti. Tuttavia, chi non può cogliere una particolare gradazione dell’azzurro, potrebbe sopperire al difetto attraverso l’immaginazione. Questa proposta non è tuttavia sufficiente per contraddire la convinzione dell’origine sensibile delle idee.

L’associazione (o connessione) delle idee
Esiste un principio di connessione fra i pensieri. Essi, infatti, si presentano con un certo metodo e con una certa regolarità.
I principi di associazione delle idee sono:
* Principio di Somiglianza: un ritratto riconduce naturalmente il pensiero all’originale
* Principio di Contiguità: la visione di una stanza in una casa introduce la domanda intorno alle altre stanze
* Principio di Causa-effetto: la visione di una ferita induce a riflettere sul dolore che ne segue, o sull’urto che l’ha provocata.

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9
Q

Il problema dell’evidenza di ciò che è reale per Hume: Cos’è l’evidenza? Il principio causa-effetto?

A

• L’evidenza è la conoscenza di una legge ripetitiva, che la natura segue, tant’è vero che possiamo fidarci dell’esistenza di questa legge anche quando non la percepiamo. È la garanzia che le nostre inferenze induttive hanno un’alta probabilità di essere vere. È la fiducia che poniamo nella relazione che esiste tra tutti gli oggetti del mondo esterno, secondo il principio di causa e effetto.
• La ricerca dell’evidenza è vista come ricerca di un principio conoscitivo in grado di andare al di là della testimonianza della memoria e dei sensi, ritenuti non degni di fede assoluta
• Dunque, su che cosa possiamo fondare il principio di evidenza?
«Tutti i ragionamenti relativi a materie di fatto sembrano fondati sulla relazione di causa ed effetto» (Hume, 1748).
Secondo Hume la relazione causa-effetto non si consegue in nessun caso mediante ragionamenti a priori; ma nasce interamente dall’esperienza quando troviamo che certi particolari oggetti sono costantemente congiunti tra loro.
• Secondo Hume, se fossimo portati per la prima volta nel mondo, noi non riusciremmo a individuare le relazioni di causa-effetto, neanche quelle più semplici, attraverso il solo sforzo della ragione, perché costruiamo le connessioni attraverso l’esperienza. Solo attraverso l’osservazione, che poi diventa consuetudine, mi convinco delle connessioni

Osservare il comportamento ricorsivo della natura è ciò che ci porta a considerare gli oggetti legati da una relazione di causa/effetto. Noi non saremmo condotti a inferire l’esigenza della connessione fra gli oggetti ad una prima osservazione, ma poiché le osservazioni si moltiplicano, allora estendiamo questo giudizio a qualunque oggetto e stimiamo ogni oggetto essere causa o effetto rispetto agli altri.
«Un evento tien dietro ad un altro evento; ma noi non riusciamo a cogliere alcun legame fra di essi. Essi sembrano congiunti, mai connessi. E poiché non possiamo avere l’idea di qualche cosa che non si presenti né ai nostri sensi esterni, né al sentimento interno, la conclusione necessaria sembra essere che non abbiamo affatto alcuna idea di connessione o di potere» (D. Hume, 1748)

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10
Q

Connessione e congiunzione per Hume

A

Il caso non esiste, ma crediamo che esista perché siamo abituati ad ottenere dalla natura sempre le stesse risposte. Immaginiamo di avere un dado con 100 facce e che 99 facce riportino tutte il numero 5: nascerebbe in noi la credenza della maggiore probabilità che si realizzi 5 ad ogni lancio. Tuttavia, cambiando prospettiva, dovremmo riconoscere che tutte le facce hanno la probabilità di uscire di 1/100.

La “connessione necessaria”
Hume afferma che la “connessione necessaria” tra gli oggetti, che percepiamo come una relazione di causa-effetto, è qualcosa che non possiamo percepire direttamente attraverso i nostri sensi. Questo significa che non possiamo vedere, udire, toccare o percepire in alcun modo la causa effettiva di un evento che segue un altro. Ad esempio, non possiamo vedere direttamente come la nostra volontà influenzi il nostro corpo. Ad esempio, vedendo il sole tramontare, diamo per scontato che risorgerà l’indomani, crediamo dunque che tra questi eventi ci sia una connessione. Tuttavia, gli eventi dovrebbero essere considerati singolarmente. La mente umana, invece, tende ad accomunare eventi simili e a considerare che essi obbediscono alla stessa legge. È importante seguire il discorso di Hume anche nelle scelte linguistiche: la mente umana non percepisce veramente l’idea di connessione necessaria, ma «sente» una congiunzione e inferisce erroneamente l’esistenza di una connessione.
Secondo Hume:
1) sebbene non possiamo percepire direttamente la connessione causale tra due eventi, quando diciamo di conoscere un “potere” o una capacità in una causa, in realtà stiamo identificando una circostanza specifica che sembra correlata a un certo effetto. In altre parole, quando diciamo che una cosa causa un’altra, ciò che stiamo davvero facendo è osservare una circostanza che si verifica costantemente prima dell’effetto desiderato, anche se non possiamo spiegare il motivo profondo di questa connessione.
2) noi non abbiamo il controllo totale delle nostre facoltà mentali (così come non lo abbiamo per il corpo). Non controlliamo, ad esempio, i nostri sentimenti.
3) La nostra capacità di controllo non è costante nel tempo, la malattia o la vecchiaia possono farla diminuire.

Possiamo fornire una spiegazione supernaturale della connessione necessaria? Secondo Hume:
1) Una spiegazione divina è al di là delle nostre facoltà di intendimento: «il nostro filo è troppo corto per misurare le profondità di questi immensi abissi» (D. Hume, p. 78)
2) Non abbiamo possibilità di apprendere nulla dell’Essere supremo, perché non abbiamo altro orizzonte che quello delle nostre facoltà

Il ruolo dell’immaginazione
La principale differenza fra connessione e congiunzione:
-la congiunzione appare quando si osserva un fenomeno per la prima volta; (es, tocchiamo per la prima volta il fuoco e ci bruciamo. Nasce in noi l’idea di una congiunzione, tra fuoco e bruciare)
-la connessione appare quando il fenomeno viene osservato più volte. (Dopo aver toccato il fuoco più volte, ed esserci bruciati più volte, ci convinciamo di una connessione tra questi due fattori, ovvero ci convinciamo che esista una legge stabile che li governa. Hume però afferma che se fosse una legge stabile, probabilmente la conosceremmo fin da subito. Non ci sono differenze sostanziali fra la prima volta in cui osserviamo un fenomeno e le successive: l’unica differenza è rappresentata dall’intervento dell’abitudine e dell’immaginazione.)

Per Hume, è dunque possibile uscire dall’illusione che ci fa sembrare tutti gli oggetti e gli eventi della natura collegati fra loro, se impariamo a considerare gli eventi naturali singolarmente e non necessariamente in connessione fra loro.

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