Microbiologia Flashcards
Da cosa dipendono le forme di aggregazione batteriche?
Se la scissione binaria avviene sempre su piani paralleli (sempre nella stessa direzione) si formano delle lunghe catene (questi microorganismi devono necessariamente non essere mobili, cioè senza organi di motilità, in modo da non rompere la catena); se i setti sono orientati in maniera diversa nello spazio si formano dei raggruppamenti.
Come si fa la colorazione di Gram?
- Si fissano i batteri su di un vetrino porta oggetti (durante la fissazione il batterio viene fatto asciugare o col calore su di una fiamma o a contatto con l’aria sotto una cappa, in maniera che dopo i lavaggi che verranno effettuati il batterio rimanga ancorato al vetrino);
- Si ricopre la superficie dove si trovano i batteri con un colorante, il cristalvioletto, di colore blu-viola e lo si lascia agire per un minuto: tutte le cellule assumono questo colore;
- Si utilizza un fissante/mordente (cioè una soluzione iodata, chiamata Luvol), sempre per un minuto, rimane la colorazione blu-viola;
- Si decolorano i batteri grazie all’alcol (decolorante): alcune cellule batteriche ritornano ad essere incolori, mentre altre mantengono il blu-viola e verranno chiamati GRAM-POSITIVI;
- I batteri successivamente vengono trattati con un altro colorante, la safranina, di colore rosso: i batteri blu-viola non cambiano il proprio colore, mentre quelli incolori avranno un colore rosso/rosa e verranno chiamati GRAM-NEGATIVI (processo di controcolorazione).
Indicami in ordine i vari taxa
Dominio—regno—phylum—classe—ordine—famiglia—genere—specie
Qual è la caratteristica fondamentale della parete dei micobatteri come quelli che causano la tubercolosi e la lebbra?
La parete dei micobatteri, a differenza dei batteri Gram-positivi e Gram-negativi, hanno uno strato di peptidoglicano che non è molto spesso, ma al di sopra della parete cellulare c’è uno strato di arabino-galattano e una palizzata di lipidi a lunga catena che rende la cellula completamente impermeabile ai coloranti (perché il colorante non arriva al peptidoglicano) e anche impermeabili a farmaci, detergenti e molte sostanze disinfettanti. Per sintetizzare questa struttura molto complessa, i micobatteri hanno bisogno di molto tempo e quindi sono dei batteri che crescono lentamente.
Infatti sono quelle specie che si coltivano coi tempi più lunghi, intorno ai 42-60 giorni di coltura.
Cosa contiene il citoplasma batterico?
I ribosomi →indispensabili alla sintesi proteica;
Sistemi enzimatici → che servono per il metabolismo;
Il cromosoma, circolare e superspiralizzato dalle tepoisomerasi (i vibrioni ne contengono 2).
Inoltre può contenere:
plasmidi → elementi circolari di DNA che rappresentano del materiale genetico accessorio aggiuntivo, che conferisce delle proprietà in più alla cellula batterica;
granuli → servono all’accumulo di materiali (come glicogeno, beta-idrossibutirrato, polifosfati) che hanno sia funzione di riserva energetica per la cellula sia ruolo di sintesi di materiali per la membrana plasmatica della cellula o della parete cellulare.
Come avviene la formazione della parete cellulare nei batteri?
Il processo di sintesi del peptidoglicano inizia all’interno del citoplasma. La prima fase di sintesi del peptidoglicano è la trasformazione, attraverso l’enzima MurA (target degli antibiotici), del n-acetilglucosamina udp a acido n-acetilmuramico udp: questi sono due mattoncini fondamentali dell’eterno polimero del peptidoglicano.
Una volta sintetizzata la molecola di acido n-acetilmuramico, a questa viene attaccata una sequenza pentapeptidica caratteristica per ogni specie batterica (terminante quasi sempre con D-alanina, D-alanina).
La catena di cinque peptidi e l’acido n-acetilmuramico insieme alla n-acetilglucosamina, costituiscono l’unità fondamentale del peptidoglicano. E una volta sintetizzata, questa unità, viene trasportata all’esterno della cellula da delle undecaprenil fosfato (sono dei carrier di membrana, ovvero quelle proteine che servono a trasportare delle sostanze all’interno o all’esterno della membrana).
Una volta arrivati all’esterno della cellula batterica, questi singoli mattoncini dei peptidoglicano, devono essere attaccati tra loro per formare un singolo strato. Nei gram positivi abbiamo visto che sono attaccati vari strati per poter sovrapporsi.
Gli enzimi che si occupano di allungare la catena si chiamano transglicosilasi e servono ad attaccare fra di loro monomeri della componente glucidica (attraverso legami glicosidici beta 1,4).
Poi ci sono degli enzimi invece che servono per collegare la componente peptidica (formare, cioè, i così detti cross-linking) ed attaccare i vari strati tra di loro e si chiamano transpeptidasi. Nei Gram-postivi ci sono delle catene intermedie di pentaglicina che vengono uniti ai peptidi legati al NAM privati dell’ultima D-alanina. Nei batteri Gram positivi, negli strati sovrapposti di peptidoglicano, sono inseriti anche degli acidi lipoglicoici, come: l’acido gliceroltecoico e l’acido ribitoltecoico che servono ad aumentare la stabilità della parete cellulare.
Come possiamo classificare i virus in base alla geometria del capside?
-Capside elicoidale: le proteine (chiamate capsomeri) formano un “tubulo” che si avvolge a spirale e che circonda l’acido nucleico; la lunghezza della particella virale è quindi direttamente proporzionale alla lunghezza del genoma, mentre il suo diametro dipende dal numero di monomeri proteici.
-Capside a simmetria complessa: è tipica di alcuni batteriofagi; ha una testa che contiene il patrimonio genetico, poi c’è un’asse tubulare cavo (al suo interno ci deve poter passare l’acido nucleico quando viene iniettato nella cellula ospite) collegato alla testa da un colletto di una guaina elicoidale che lo riveste e, infine, c’è tutto l’apparato che serva al virus per aderire alla superficie di una cellula ospite e per contrarsi, quindi per renderlo capace di iniettare, attraverso la contrazione del collo, l’acido nucleico al suo interno, costituito da delle spine e da delle fibre caudali. Questa zona prende il nome di coda e rappresenta la parte terminale del virus.
Dimmi come avviene il ciclo replicativo dei virus
ADSORBIMENTO (1)
Può essere mediato tramite proteine di superficie dette proteine spike che sono o inserite nello strato fosfolipidico se il virus ha un pericapside oppure direttamente impiantate sul capside proteico, come nel caso dei virus nudi. In questo step avviene il riconoscimento tra spicule virali e recettori esposti sulla membrana della cellula ospite.
PENETRAZIONE (2) E SCAPSIDAZIONE (3)
Queste due fasi molto spesso si succedono rapidamente o comunque sono due parti concettualmente diverse ma dello stesso fenomeno. Questo può avvenire in vari modi:
-endocitosi: è caratteristico sia dei virus con pericapside che
di quelli nudi. Questo tipo di penetrazione prevede una fase
in cui si forma una estroflessione della membrana
plasmatica della cellula target che va a formare una
vescicola all’interno della quale si trovano le particelle virali.
All’interno della vescicola avvengono poi delle modifiche
che fanno sì che il nucleocapside e il pericapside, quando
presente, vengano disgregati e venga liberato il genoma
virale.
-fusione: è caratteristico solo dei virus con pericapside (es:
virus HIV). Il virus per potersi fondere con la membrana
fosfolipidica della cellula ospite deve avere a sua volta un
pericapside della medesima natura (cioè fosfolipidico), ciò
consente la liberazione del nucleocapside all’interno della
cellula. Qui poi dovrà avvenire un uncoating, cioè la
liberazione dal nucleocapside del DNA e del RNA che sarà
utile per le fasi successive.
-iniezione: processo specializzato che si realizza solo per i
batteriofagi. Il colletto si può contrarre fino a favorire il
passaggio dell’acido nucleico attraverso l’asse tubulare cavo
e iniettarlo nella cellula ospite.
ESPRESSIONE E REPLICAZIONE DEL GENOMA VIRALE (4)
I virus sfruttano l’apparato biosintetico della cellula ospite per i processi di trascrizione, traduzione e replicazione del genoma, il quale serve a vari scopi, tra cui la sintesi delle proteine virali.
In genere avviene in vari step:
-sintesi delle proteine virali precoci: sono delle proteine
regolative che servono a cadenzare le funzioni delle
proteine che verranno successivamente sintetizzate. Grazie
a queste proteine virali precoci avviene la replicazione del
genoma che servirà poi per la progenie cellulare e spesso
queste proteine, inoltre, attuano un’inibizione della sintesi
delle macromolecole cellulari (🡪 al visus importa
unicamente produrre le proteine per la replicazione del suo
genoma e quelle per inibire la sintesi proteica cellulare).
-replicazione del genoma
-sintesi delle proteine tardive: sono delle proteine strutturali, quindi quelle del capside e quelle inserite nel pericapside.
ASSEMBLAGGIO DEI NUCLEOCAPSIDI (5)
Avviene in prossimità della membrana cellulare, nella porzione in cui vengono organizzate le proteine virali e si ha poi la liberazione dei virioni.
LIBERAZIONE DEI VIRIONI MATURI (6)
Può avvenire in due modi:
-lisi della cellula ospite: la cellula ospite muore e libera
all’esterno dopo una lisi cellulare tutti i nuovi virioni che
sono fondamentalmente dei virus nudi, in quanto questo
tipo di lisi e di liberazione è caratteristico dei virus che non
hanno bisogno dell’involucro pericapsidico
-gemmazione: prevede che il nucleocapside assemblato
passi attraverso la membrana cellulare arricchita di proteine
virali e i nuovi virioni gemmino all’esterno portandosi dietro
l’involucro che originariamente costituiva la membrana
cellulare della cellula ospite🡪 caratteristica dei virus che
necessitano di pericapside che, quindi, riprendono il loro
involucro fosfolipidico all’uscita come l’hanno ceduto
all’ingresso.
Qual è la differenza tra infezione litica e infezione latente e cosa sono i batteriofagi temperati?
Quando un virus infetta una cellula eucariotica o procariotica, può fondamentalmente comportarsi in due modi e quindi abbiamo anche una classificazione sulla base del comportamento che poi il virus assume una volta che è penetrata all’interno della cellula.
-Infezione LITICA: morte e lisi della cellula ospite in conseguenza della produzione di progenie virale;
-infezione LATENTE: molti virus, soprattutto i virus erpetici, vanno incontro a una fase in cui non vi è produzione di progenie virale, quindi, in alcuni periodi della “vita” del virus, questo coabita all’interno della cellula sotto forma di patrimonio genetico virale in forme integrate nel DNA o in forma episomiale (forma circolarizzata che rimane vicino ai cromosomi senza integrarsi), denominata fase di latenza. Vi sono poi dei segnali cellulari che fanno sì che termini la fase di latenza con una riattivazione del genoma, il quale diventa codificante per le proteine virali e dà origine alle nuove particelle virali.
Un risvolto importante della presenza del genoma virale all’interno della cellula microbica per lunghi periodi sotto forma di latenza è quello di avere una correlazione diretta con i processi di degenerazione tumorale. Questo è un modello patogenetico di tanti tumori come, ad esempio, tutti quelli correlati ai virus epatitici maggiori (B e C).
I batteriofagi sono dei virus che infettano i batteri. Essi sono un modello genetico abbastanza interessante perché quando infettano la cellula possono sia dare origine a un ciclo litico diretto, quindi morte della cellula con liberazione all’esterno della progenie virale, oppure, se le condizioni sono adatte, il genoma del virus non viene replicato direttamente ma si integra sotto forma di profago all’interno del DNA del batterio e rimane in questo stato per periodi indefiniti, fino a che non si riattiva per dare origine ad un nuovo ciclo litico. Quest’ultimo processo prende il nome di ciclo lisogenico. Il motivo per cui i fagi rimangano latenti per un certo periodo di tempo, integrati sotto forma solamente di cicatrice all’interno del genoma, e a un certo punto si riattivino, riprendono la loro attività replicativa, è solo parzialmente delucidato.
Cosa sono le fimbrie o pili?
Sono una strutture filamentose opzionali rigide ma flessibili presenti solo nei batteri Gram negativi che servono ad ancorare la cellula batterica ad uno specifico substrato.
Hanno un diametro di 4-8 nm e quindi sono visibili solo al microscopio elettronico. Sono costituite da un polimero di una proteina globulare detta pilina. Sulla punta di questa struttura sono presenti delle proteine accessorie che sono i veri e propri effettori del legame, ovvero quelle che vengono riconosciute dal recettore e danno specificità a questa struttura. A seconda delle proteine che si trovano sulla punta di questa struttura proteica ci sarà una tendenza ad attaccarsi ad alcune mucose o membrane rispetto ad altre.
Queste strutture caratteristiche hanno quindi la capacità di riconoscere delle molecole esposte solo su alcune linee cellulari e si attaccheranno preferibilmente a quelle linee cellulari..
I batteri dotati di pili, per colonizzare l’ospite (ad esempio la mucosa dell’intestino) devono in primis adattarsi all’ambiente e alla convivenza con altri batteri e quindi devono aderire alle superfici fisse che ci sono in quella situazione. Hanno bisogno di aderirsi alla parete dell’intestino perchè il bolo alimentare opera un’azione meccanica di rimozione di quello che c’è all’interno dell’intestino. Quindi se i batteri non aderissero alla superficie sarebbero costantemente eliminati tramite il passaggio del bolo alimentare. Tuttavia tutti gli epiteli vanno incontro ad un fenomeno di desquamazione che porta via i batteri adesi. Quindi in alcuni momenti è utile che il batterio sia adeso alla cellula mentre in altri momenti è utile staccarsi perché la cellula sta per essere eliminata.
Quindi il batterio ha dei processi di produzione alternativa delle fimbrie che le servono per attaccarsi alla cellula. Quindi come se fosse un interruttore può attivare o disattivare la trascrizione dei geni che codificano per le proteine delle fimbrie. In alcuni momenti quando è utile la cellula batterica produce e rimane adesa alla mucosa mentre in altri momenti quando non è più utile si stacca in modo da poter dare una colonizzazione persistente a livello intestinale alternando la fase fimbriata alla fase non fimbriata.
Questo fenomeno si chiama variazione di fase ed è un meccanismo basato sulla regolazione dell’espressione genica, quindi sulla regolazione genica delle fimbrie. L’espressione di questi geni dipende dalle condizioni ambientali (pH; presenza di 02 e di nutrienti).
Ci sono alcuni batteri per i quali i pili rappresentano un importante determinante di patogenicità. Nello specifico Neisseria gonorrhoree agente eziologico della gonorrea (malattia sessualmente trasmissibile) ed Escherichia coli che è un uropatogeno ed è in grado di dare infezione delle vie urinarie.
Cosa sono i flagelli?
I flagelli sono delle strutture opzionali della cellula batterica, sono più grandi rispetto alle fimbrie ed hanno anche una finalità diversa, ovvero quella di garantire alle cellule la possibilità di muoversi. Un batterio ha la necessità di muoversi per rispondere ad uno stimolo che è la necessità di nutrienti. Un batterio che si sposta è più efficiente nel ritrovare nutrienti rispetto ad uno che rimane fermo perché può accedere a delle zone non ancora colonizzate dai batteri della sua specie e quindi accedere a nutrienti nuovi. I flagelli sono delle strutture filamentose elicoidali dal diametro di circa 14 nm e sono lunghe qualche micrometro, quindi sono più grandi e più lunghi dei pili.
I flagelli sono polimeri di proteine globulari (in particolare della flagellina) e possono avere distribuzioni diverse: ci possono essere flagelli polari: tutti distribuiti uniformemente ad una delle due estremità della cellula polarizzata, oppure flagelli peritrichi: distribuiti lungo tutto il perimetro della cellula.
Quando questi flagelli ruotano in un senso antiorario causano l’avanzamento della cellula batterica mentre quando ruotano in senso inverso causano un arretramento.
Ci sono anche movimenti trasversali: e quindi l’organizzazione dei flagelli sulla superficie batterica, anche se sono polari, non è fissa.
Ci sono dei momenti in cui si ha la necessità di avere un flagello polare per spostarsi in una direzione poi fasi in cui queste direzioni devono essere cambiate e quindi deve essere modificato anche l’orientamento dei flagelli sulla cellula e si hanno così dei cambiamenti di direzioni angolari. Si alternano fasi di avanzamento rettilineo della cellula (run) a fasi di tumble, cioè un cambiamento dell’orientamento e altre fasi di avanzamento. Questo alternarsi di movimento serve per comportarsi di fatto come le cellule del sistema immunitario cioè per espletare la funzione chemiotattica ovvero muoversi all’interno di una fonte di sostanze che interessano.
Ci sono alcuni metodi di laboratorio abbastanza semplici per studiare la motilità batterica e serve per differenziare tra di loro alcune specie patogene. I batteri non mobili possono essere differenziati da quelli mobili attraverso l’utilizzo di un terreno solido con percentuale di Agar ridotta denominata agar molle.
I batteri mobili sciamano e si muovono per tutto il terreno di coltura, mentre quelli non flagellati rimarrano fermi nel sito di inoculo.
La differenza è che quelli non mobili finiscono il nutrimento mentre quelli mobili lo finiranno quando terminerà la provetta.
Questo si può fare anche su diversi terreni non necessariamente disposto in una provetta ma anche in una piastra petri (contenitore rotondo di plastica di circa 8 cm di diametro che serve per contenere questi terreni agarizzati).
I flagelli si impiantano sulla parete cellulare mediante un corpo basale che, a differenza delle altre adesine e dei pili, ha bisogno di un ‘motore’ che permetta la rotazione e quindi di energia. Il gradiente protonico di membrana è proprio l’energia che serve per far ruotare il flagello.
Non esistono solo flagelli esterni alla cellula ma ci sono anche batteri che hanno degli endoflagelli. Gli endoflagelli sono flagelli situato nello spazio periplasmico. È un esempio le spirochete come la T. pallidum che è responsabile della sifilide. Queste cellule con le strutture endoflagellari non fanno altro che ruotare attorno a sé stessi e consentono di far ruotare tutta la cellula batterica che si avvolge si dia avvolge e quindi può avanzare o retrocedere.
Come possono essere trasferiti i plasmidi?
Il plasmide coniugativo codifica per un pilo, detto pilo F o pilo sessuale. La cellula che ha un plasmide coniugativo e codifica quindi per un pilo coniugativo è detta cellula F positiva. Questa cellula F positiva può incontrare una cellula F negativa (che non ha il plasmide) e riconoscere delle strutture proteiche di membrana tipiche della cellula F negativa. A questo punto avviene un legame tra una cellula F positiva ed una F negativa attraverso il pilo sessuale. Una volta avvenuto questo legame si ha la formazione di un ‘bridge’ o ponte citoplasmatico tra le due cellule. Le due cellule quindi si avvicinano attraverso la retrazione del pilo e si forma un ponte di citoplasma attraverso il quale viene trasmessa una copia di plasmide coniugativo. Attraverso questo canale di citosol una copia replicata del plasmide coniugativo passa anche alla cellula F negativo e a quel punto diventa F positiva. Esiste quindi una cellula donatrice ed una ricevente.
Nella coniugazione viene trasferito un filamento singolo di DNA del plasmide che poi viene replicato nel ricevente e nel donatore venendo sintetizzati filamenti complementari di DNA. Al termine del processo si hanno due cellule F positive ciascuna contenente il plasmide coniugativo, in modo che entrambe le cellule possono fungere da donatrici.
Le caratteristiche principali dei plasmidi coniugativi sono:
possibilità di rapida diffusione in una popolazione batterica, non c’è bisogno di aspettare la generazione successiva ma il trasferimento avviene normalmente anche tra cellule coetanee (trasferimento genetico orizzontale);
avviene anche tra cellule batteriche di specie diversa, non sempre il donatore e il ricevente sono della stessa specie ma anche specie differente tra di loro purché abbiano il recettore di membrana che serve per il legame del pilo.
Questo meccanismo ha delle importanti implicazioni per la trasmissione di geni contenti informazione di resistenza, virulenza e pattern metabolici e nella trasmissione di informazioni genetiche che serve proprio per la resistenza agli antibiotici e determinanti di patogenicità.
Tuttavia durante la coniugazione non vengono trasferiti solo plasmidi coniugativi perché nelle cellule donatrici al momento della coniugazione oltre al plasmide coniugativo possono esserci anche altri frammenti di DNA che attraverso quel ponte citoplasmatico possono accidentalmente passare.
La coniugazione è uno dei meccanismi di trasmissione dell’informazione genetica tra i batteri. Ci sono anche: trasformazione e trasduzione semplice.
Quali sono nei batteri i metodi di trasferimento genico orizzontale?
1)Trasformazione: meccanismo, messo in atto frequentemente dagli Streptococchi del cavo orale e delle altre vie aeree, in cui il batterio è in grado di captare dall’esterno dei frammenti di DNA libero appartenenti ad altre cellule, lo internalizza e lo può integrare nel suo genoma. Del DNA libero all’esterno della cellula batterica lo si trova quando ci sono cellule batteriche morte nell’ambiente.
2)Coniugazione: trasmissione di elementi genetici mobili come i plasmidi tramite strutture specializzate che possono conferire ai batteri la capacità di collegare il loro citosol.
3)Trasduzione: avviene tramite un vettore fagico, cioè un virus che è in grado di infettare un batterio.
Può essere di due tipi:
-Trasduzione generalizzata: è un processo relativamente accidentale in cui un fago (virus che infetta batteri) riconosce il recettore di superficie del batterio e libera all’interno del citoplasma del batterio il suo patrimonio genetico. A livello del citosol avviene una replicazione del patrimonio genetico sia del fago che del batterio (quando la cellula si replica), si generano in questo processo frammenti di DNA misti.
Quando vengono riassemblate le particelle fagiche e il batterio ospite va incontro a morte per lisi, all’interno della nuova generazione di fagi possono essere internalizzati, oltre a porzioni di genoma fagico, anche porzioni di genoma della cellula ospite.
Questo dà origine a fagi che infetteranno un’altra generazione di batteri e trasmetteranno, insieme al loro patrimonio genetico, anche parte dell’informazione genetica del batterio ucciso.
Una volta immesse all’interno del citoplasma queste porzioni di DNA, queste per ricombinazione possono essere integrate all’interno del genoma della nuova cellula ospite batterica.
-Trasduzione specializzata: è un processo più selettivo e “guidato dal fago”.
Quando si verifica un’infezione fagica in una cellula batterica ospite, il DNA del fago può essere integrato all’interno del genoma del batterio in posizioni specifiche
o rimanere in maniera episomale, cioè circolarizzato all’interno del citosol (ma più frequentemente viene integrato).
Il DNA virale rimane dormiente per un tempo indefinito fino a quando, per stimoli che conosciamo relativamente poco, il fago decide di scindersi, uscire dalla cellula batterica e dare origine ad un’altra generazione di fagi. Quindi il DNA del profago integrato viene escisso dal cromosoma batterico, circolarizzato e utilizzato come stampo per la nuova progenie fagica.
Quando questo processo di escissione di DNA profagico è preciso, il genoma dei nuovi fagi è esattamente identico a quello ancestore della generazione precedente.
Mentre, quando questa escissione non è precisa il fago si porta con sé alcuni frammenti del DNA batterico fiancheggiante.
Pertanto, a differenza della trasduzione generalizzata che è più casuale, quella specializzata è guidata dal fago che si inserisce in punti specifici e può portare con sé dei pezzettini di informazione genetica adiacenti al sito del suo inserimento.
Come si classificano i batteri in base alla tensione di ossigeno di cui hanno bisogno?
In base alla tensione di ossigeno dei batteri, questi si possono classificare in:
-Aerobi obbligati: necessitano della presenza di ossigeno atmosferico per crescere (hanno sempre un metabolismo aerobio).
Ne esistono pochi e tra questi il più importante è il Mycobacterium tuberculosis, l’agente eziologico della tubercolosi, che cresce solo nei tessuti ad alta concentrazione di O2 come polmoni, reni, encefalo e osso (midollare dell’osso è un tessuto riccamente ossigenato).
(n.d.s. Il sangue è più abbondante nelle parti inferiori perché tende a scendere mentre l’ossigeno è più abbondante nelle parti superiori. Pertanto, all’interno del polmone le lesioni da Mycrobacterium molecolare sono più frequenti nella parte apicale perché lì trova più ossigeno.)
-Anaerobi obbligati: sopravvivono e crescono solo in assenza di ossigeno che risulta “tossico” per questi batteri.
Un esempio è il Clostridum tetani, l’agente eziologico del tetano che produce una tossina che induce una contrazione spasmotica dei muscoli del volto e dei grandi muscoli degli arti e del tronco. (n.d.s. il professore spiega che le spore del tetano non si trovano nella ruggine ma negli escrementi dei grandi erbivori come i cavalli e germinano solo in assenza di ossigeno. Quindi una ferita deve essere profonda, lacerata e contaminata affinché ci sia il rischio di contrarre il tetano, inoltre bisogna valutare se c’è una storia non nota di vaccinazione antitetanica prima di considerare la somministrazione di antitetanica e immunoglobuline. Ci sono delle linee guida internazionali a riguardo).
-Anaerobi aerotolleranti: possono crescere sia in assenza che in presenza di ossigeno atmosferico ma non lo utilizzano; hanno sempre un metabolismo anaerobio ma non vengono uccisi da eccessive tensioni di ossigeno.
Un esempio è lo Streptococcus pyogenes.
-Aerobi-anaerobi facoltativi: possono crescere sia in assenza che in presenza di ossigeno atmosferico; in presenza di ossigeno lo utilizzano (metabolismo aerobio) e crescono meglio ma tollerano anche l’anaerobiosi.
Un esempio è lo Staphylococcus aureus.
Si tratta di specie che crescono dappertutto: sulla cute, sulle ferite, nei siti profondi di infezione ecc.
-Microaerofili: batteri che necessitano di una tensione specifica di ossigeno per crescere, in alte quantità è “tossico”. Sono difficili da coltivare in quanto esigenti.
Un esempio è l’Helicobacter pyilori che si trova solo nello stomaco quindi non è tanto tollerante in termini di ambiente, gli ci vuole un ambiente che ha una determinata tensione di ossigeno.
Quando utilizziamo un terreno di coltura in provetta per la coltivazione dei batteri (terreno semisolido), i batteri si concentrano preferenzialmente a livello di alcune porzioni del terreno di coltura a seconda delle loro capacità di utilizzare e tollerare l’ossigeno e la CO2. Quindi i batteri aerobi obbligati crescono sulla parte superficiale che è quella a diretto contatto con l’ossigeno.
Gli anaerobi obbligati al contrario vanno dalla parte opposta dove c’è il minor ossigeno possibile.
Poi ci sono gli anaerobi-aerobi facoltativi che crescono dappertutto e i microareofili che crescono solo dove c’è una tensione intermedia
Quali sono i principali terreni differenziatori?
1)Agar-sangue: terreno solido addizionato con sangue animale, è un terreno a larga crescita. Aggiungendo al terreno, che normalmente è giallastro come il brodo (dato che l’Agar è incolore) gli eritrociti, diventa rosso.
Quando vado a seminare su un terreno rosso alcune specie batteriche, queste potrebbero avere capacità emolitica, cioè sono in grado di lisare gli eritrociti. Si possono avere vari tipi di emolisi:
-emolisi completa: detta beta-emolisi, il terreno risulta giallo-trasparente (i batteri secernano delle emolisine potenti per cui gli eritoriciti vengono completamente lisati e quindi il colore del terreno non è più rosso ma giallo originario).
-emolisi parziale: alfa-emolisi, il terreno risulta verdastro (l’emolisi non restituisce trasparenza completa al terreno).
-emolisi assente: gamma-emolisi, il terreno è invariato ed è a larga crescita perché il sangue è nutriente
2)Orientation agar: è un terreno differenziatore non selettivo, al quale vengono aggiunte dei cromogeni, cioè sostanze colorate che vengono captate e inglobate nella parete e nelle strutture esterne di alcune specie batteriche.
In base al colore che viene assorbito è possibile sospettare la specie di appartenenza del campione.
Ad esempio la specie Eschericacoli capta il colorante rosa e quindi diventa rosa nel terreno.
Abbiamo poi terreni più sofisticati che possono essere contemporaneamente differenziatori e selettivi per esempio:
3)Terreno agar-sale-mannite: È un terreno selettivo per stafilococchi (che crescono in gruppi) perché contiene un’alta concentrazione di sale NaCl che inibisce la crescita della maggior parte dei batteri ma non degli stafiloccocchi, genere alofilo che tollera elevate concentrazioni di sodio, cloro e di altre sostanze alogene.
(n.d.s. Il professore fa l’esempio del prosciutto che va salato per inibire la crescita di alcuni batteri, soprattutto enterococchi e streptococchi, che non essendo alofili muoiono quando c’è tanto sale. Invece gli stafilococchi non muoiono in presenza di sale e quindi crescono anche sul prosciutto).
Questo terreno è anche differenziatore in quanto contiene, insieme alle alte concentrazioni di NaCl, il mannitolo (zucchero) e un indicatore di pH.
Quando avviene la fermentazione del mannitolo il pH del terreno si abbassa e l’indicatore di pH presente al suo interno dal colore rosso-rosa di base vira verso il colore giallo (come le cartine tornasole che a seconda del pH della soluzione cambiano colore).
È un terreno differenziatore perché non tutte le specie appartenenti al genere Staphylococcus sono in grado di fermentare il mannitolo e solo quelle che lo fanno danno un viraggio del terreno verso il giallo.
Lo Staphylococcus aureus, che è la principale specie patogena appartenente al genere Staphylococcus, è l’unico, con qualche eccezione, in grado di fermentare il mannitolo.
Quindi questo terreno è stato costruito in modo da poter rapidamente visualizzare la specie all’interno degli Stafilococchi più patogena e pericolosa: la specie più patogena Staphylococcus aureus diventa gialla mentre le altre specie che in genere sono innocue rimangono rosa-rosso come il terreno.
Esempio di stafiloccocchi non patogeni è lo Staphylococcus epidermidis che abita sulla superficie cutanea dell’organmo umano.