Istologia Flashcards

1
Q

Qual è il diametro medio di una cellula eucariotica e di una procariotica?

A

Cellula eucariote: 20-30 micron, spermatozoo: 5-7 micron, cellula uovo: 100 micron circa (parte metabolica molto piccola)
Cellula procariote: 1-2 micron

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2
Q

Qual è il potere di risoluzione di un microscopio ottico?

A

R= lambda/2 => poichè lambda luce visibile è 400-800 nm, R massimo= 400/2=200 nm=0,2 micron (100 volte più piccolo del potere di risoluzione dell’occhio umano)

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3
Q

Quali sono gli spessori di un taglio al microtomo e all’ultramicrotomo

A

Per la microscopia ottica si utilizzano i microtomi che effettuano tagli dallo spessore di 5-10 micrometri mentre per quella elettronica vengono utilizzati gli ultramicrotomi, che hanno una lama di vetro e diamante, che effettuano tagli dallo spessore di 5 nanometri

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4
Q

Quali colorazioni mettono in evidenza particolari molecole cellulari?

A

Per i glucidi si utilizzata una reazione PAS (acido periodica di Schiff) che ha la caratteristica di sfruttare gruppi glicolici che reagiscono mediante una reazione che si chiama acido periodica di Schiff, in cui la fucsina basica che era blu ritorna rossa (si parla di metacromasia dei coloranti).
Per i mucopolisaccaridi si usa una colorazione metacromatica con blu di toluidina che dal blu vira al rosso-violetto in presenza di gruppi acidi. Le cellule o parti di cellule che invece sono ricche di lipidi hanno un’altra esigenza poiché i lipidi non possono essere fissati con le aldeidi a causa della solubilizzazione dei grassi. Per fissarli, quindi, viene utilizzata una colorazione diversa, chiamata sudan nero (solubile nei grassi liberi e coniugati), e avviene tramite il tetrossido di osmio ( OsO4 ) un metallo pesante che si lega ai gruppi etilenici -CH=CH- degli acidi grassi insaturi.

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5
Q

Quali sono le caratteristiche dei tessuti epiteliali di rivestimento?

A

-Gli epiteli sono caratterizzati da una scarsissima presenza di matrice extracellulare amorfa presenti nei sottili spazi intercellulari (15-30nm) e poggiano sempre su una membrana basale;
-le cellule sono sempre polarizzate (cellule che hanno la caratteristica di svolgere appieno differenti e specifiche funzioni) per cui hanno caratteristiche peculiari nel plasmalemma a seconda del versante (apicale o basolaterale). Quello apicale è quello che determina le caratteristiche funzionali dell’epitelio ed è rivolto verso l’esterno, mentre, quello basolaterale è rivolto verso la membrana basale e cioè verso l’interno della struttura corporea;
-le cellule sono tenacemente adese fra loro e alla membrana basale grazie alle strutture di giunzione;
-non sono vascolarizzati (quindi non avendo una propria fornitura di sangue, deve essere nutrito con sostanze diffuse dai vasi sanguigni nel tessuto sottostante).

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6
Q

Come si classificano gli epiteli in base alla derivazione embrionale?

A

Gli epiteli derivano da tutti e tre i foglietti embrionali.
- L’ ectoderma origina: l’ epidermide, le cornee, la mucosa del cavo orale e le ghiandole annesse.
- Il mesoderma origina tutti i Mesoteli quali pleura, pericardio e peritoneo, gli endoteli e l’epitelio di rivestimento delle vie uro-genitali;
- l’ endoderma origina l’epitelio di rivestimento di gran parte delle vie digerenti: esofago, stomaco, intestino tenue e crasso e tutte le ghiandole annesse, quali il fegato che produce la bile, il pancreas che produce enzimi che si riversano nell’intestino e le ghiandole gastriche ed intestinali che hanno funzione digestiva.

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7
Q

Come si classificano gli epiteli di rivestimento in base alla loro funzione?

A

-Epidermide: la quale ha come funzione di rivestire l’intero organismo;
-tonache mucose: rivestono le cavità comunicanti con l’esterno (es. l’apparato digerente e le cavità dell’apparato genito-urinario). Sono chiamate così poiché secernono muco, il quale serve a facilitare lo scorrimento di sostanze o/e evitare l’attrito di sfregamento e quindi facilitare lo scorrimento e i movimenti;
-tonache sierose: ricoprono tutte quelle cavità non comunicanti con l’esterno per ridurre l’attrito. Riveste gli organi parenchimatosi come l’intestino il quale ha un doppio epitelio di rivestimento. Alcuni esempi: il peritoneo (riveste gli organi presenti in cavità addominale), le pleure (rivestono i polmoni) e il pericardio (riveste il cuore) tutti divisi in foglietto parietale (sul lato esterno dell’organo) e viscerale (interno all’organo). Servono a ridurre l’attrito e permettere lo scorrimento degli organi che rivestono. Le tonache sierose sono chiamate così poiché, a differenza delle tonache mucose, non secernono il muco ma siero.
La differenza tra siero e muco è nella loro composizione chimica: il muco è prevalentemente glucidico mentre il siero è glicoproteico;
-endotelio: è l’epitelio di rivestimento dei vasi sanguigni e dei vasi linfatici;
-epitelio di rivestimento dei dotti escretori: riveste i dotti escretori delle ghiandole esocrine le quali sono degli epiteli secernenti, la cui funzione è portare le secrezioni all’esterno.
Un esempio di questo tessuto sono gli epiteli di rivestimento dei dotti escretori delle ghiandole-sudoripare.

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8
Q

Quali sono i tipi di epiteli, eccezion fatta per quelli di rivestimento?

A

-L’epitelio ghiandolare che costituisce il parenchima delle ghiandole esocrine ed endocrine;
-l’epitelio sensoriale: si tratta di cellule epiteliali con funzione recettoriale frammiste alle normali cellule dell’epitelio. Sono di supporto alle cellule del sistema nervoso esaltando la funzione sensoriale. Non si tratta di cellule nervose in quanto non provviste di assone proprio, sono invece raggiunte da fibre nervose che trasferiscono lo stimolo al SNC. Non sono molto presenti nell’uomo, ma un buon esempio sono i calici gustativi o le cellule acustiche dell’organo del corti.

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9
Q

Quali sono le giunzioni cellulari?

A

Zonule occludens o giunzioni occludenti (sono sempre le più apicali): sono un insieme di catene proteiche intermembrana che hanno la funzione di impermeabilizzare il versante laterale. Tale impermeabilità è proporzionale al numero di filamenti proteici presenti. Può essere totale (barriera emato-encefalica o emato-testicolare) o parziale (epitelio intestinale); sono responsabili della polarizzazione della cellula, poiché, essendoci una catena di proteine intermembrana, impedisce alle proteine del versante apicale di migrare nei versanti laterali ed inferiori;
le zonule occludenti sono formate da 3 proteine di membrana: le Claudine (molecola proteica più rappresentata nella realizzazione dell’unione intercellulare), le Occludine e le JAM, le quali sono ancorate sia alle loro corrispondenti dell’altra cellula che all’actina della loro cellula.
-Giunzioni ancoranti: hanno funzione meccanica di adesione cellula-cellula e cellula-membrana basale. Si distinguono in:
-zonule (o fasce) aderenti (sono sempre sotto le zonule
occludenti): sono delle fasce perimetrali di microfilamenti di
actina ancorate alla membrana ed a proteine extracellulari;
sono formate dalle proteine: caderine (proteine
transmembrana che si legano tra di loro per permettere
l’aderenza fra le due cellule), catenine e vinculine (hanno la
funzione di attaccare le caderine all’ actina), alfa-actinina (ha
la funzione di legare le actine tra di loro e fa da ponte fino
alla vinculina);
-desmosomi:
sono composti da 3 tipi di proteine: caderine (come detto
prima, permettono l’ancoraggio delle due membrane),
placoglobina (è un’enorme proteina a forma di piastra che
ancora le caderine ai filamenti di cheratina e quindi al
citoplasma) e filamenti di cheratina (cioè i filamenti
intermedi). Quando i desmosomi si attaccano alla
membrana basale prendono il nome di emidesmosomi,
poiché si attacca alla membrana basale e non ad altre
caderine.
-Giunzioni comunicanti (o giunzioni gap) in lo spazio intercellulare può arrivare a 1,5 nm;
sono composti da 12 subunità proteiche dette connessine, 6 per ogni cellula, le quali insieme formano una macrounità detta connessone (struttura a ponte, metà in una cellula e metà nell’altra);
il connessone è suscettibile a certi stimoli che causano un cambio conformazionale da cilindro chiuso a cilindro aperto, il quale permette ai due citoplasmi delle cellule di comunicare;
gli stimoli che comandano la chiusura e l’apertura sono le variazioni di pH e la variazione della concentrazione di ioni calcio.

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10
Q

Dove si trovano i diversi tipi di epiteli di rivestimento?

A

-Epitelio pavimentoso semplice: nei mesoteli, negli endoteli, nella capsula di Bowman, nell’alveolo polmonare e sulla faccia interna del timpano;
-epitelio isoprismatico cubico semplice: nell’ovaio, nei dotti escretori ghiandolari e nella tiroide;
-epitelio prismatico semplice: stomaco ed intestino;
-epitelio prismatico semplice cigliato: piccoli bronchi, tuba uterina e nell’ampolla tubarica (qui le ciglia vibratili aiutano lo spostamento dello zigote dalla tuba all’utero)
-epitelio pseudostratificato cigliato: nei seni paranasali, nei bronchi di medie e grandi dimensioni e nell’epididimo (con la presenza, in questo caso, di stereociglia)
-epitelio pavimentoso composto non corneificato: nella vagina (epitelio pavimentoso pluristratificato molle, per la presenza di liquidi), nell’esofago e nel cavo orale (epitelio pavimentoso composto paracheratinizzato);
-epitelio prismatico composto: nell’uretra, nella congiuntiva e nella trachea (con presenza di ciglia vibratili);
-epitelio di transizione: tipico della vescica;

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11
Q

Come avviene il passaggio di sostanze attraverso l’epitelio dei capillari?

A

Essendo delle cellule pavimentose semplici molto appiattite, le cellule hanno una forma a tessera di mosaico viste dall’ alto ma viste in sezione ,saranno molto sottili che si allargano nella zona dove c’ è il nucleo . Nel caso in cui le giunzioni cellulari siano molto fitte ci sarà un impermeabilità del capillare (capillare continuo) , se invece sono poche ci sarà maggiore permeabilità (come nei capillari fenestrati, in cui la cellula non è rotta perchè ci sono sempre le pareti di membrana, lascia semplicemente dei passaggi in modo che ci sia una velocità di attraversamento notevole dal sangue ai tessuti circostanti). Quando il capillare è continuo, le sostanze devono passare nella cellula e questo meccanismo di passaggio consente alle cellule endoteliali di controllare le entrate e le uscite con meccanismo recettoriale. I recettori sono posti sul versante interno apicale perché è a contatto col lume dell’ organo mentre quello basale è quello a contatto con il connettivo. Il il passaggio delle sostanze nelle cellule endoteliali segue sempre una direzione, cioè dal versante apicale a quello basale. Ci saranno dei recettori specifici che capteranno la presenza di alcune sostanze e creeranno una endocitosi. La vescicola contenente la molecola ,poi, migrerà all’interno del citoplasma e verrà esocitata sul versante basale; questo fenoemeno nell’ insieme prende il nome di transcitosi (accoppiamento di endocitosi ed esocitosi). Siccome questo fenomeno è molto diffuso nelle cellule endoteliali si parla proprio di un organello-vescicolo-vacuolare tipico delle cellule endoteliali . Non solo le molecole passano attraverso le cellule endoteliali, ma durante i processi infettivi alcuni globuli bianchi ( granulociti neutrofili ) migrano dal sangue fino alla sede dell’ infezione. Questo meccanismo di attraversamento delle cellule endoteliali viene mediato da uno stop della cellula intesa come globulo bianco che si blocca in un punto, aderisce a dei recettori di tipo integrinico alla cellula endoteliale e poi le cellule endoteliali si aprono e lasciano passare il granulocita, ,attraverso lo spazio intercellulare . Questo meccanismo prende il nome di diapedesi o extravasazione leucocitaria. Una chemiotassi è una migrazione indotta da sostanze chimiche in una determinata direzione, perché nella zona dell’ infezione sono rilasciate in particolare citochine. Il passaggio di queste sostanze è favorito da un aumento di pressione ematica oppure un allargamento delle arteriole regolata dalla tonaca muscolare. Quest’ultima si trova intorno ai vasi sanguigni , si può restringere o allargare e sono proprio le cellule endoteliali e le cellule del sangue che possono produrre delle sostanze chimiche ( i leucotrieni e altre ) in grado di agire sulle cellule muscolari lisce delle arteriole.

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12
Q

Quali sono le cellule presenti nell’epitelio intestinale?

A

L’ epitelio intestinale è formato dagli enterociti, dalle cellule caliciformi mucipare e dalle cellule indifferenziate (tre tipi cellulari),mentre nelle cripte del Lieberkuhn ce ne sono cinque. Troviamo i tre tipi precedenti, soprattutto le cellule indifferenziate, e poi altri due tipi: delle cellule con funzione esocrina,le cellule di Paneth, che producono degli enzimi con funzione digestiva e antipatogenica ( Il lisozima ) e altre cellule con funzione endocrina ( producono ad esempio la colecistochinina e la pancreozimina).

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13
Q

Quali sono le cellule dell’epidermide, oltre ai cheratinociti?

A

-Cellule di Langerhans: sono cellule con prolungamenti brevi, localizzate a livello dello strato spinoso e granuloso dell’epidermide, intervallate ai cheratinociti. Esse svolgono una funzione di difesa, ovvero guidano una risposta rispetto ad antigeni ed aggressori esterni. Ciò è possibile grazie ad un meccanismo di produzione di sostanze chimiche cellulari della famiglia delle citochine, in particolare delle interleuchine. Le cellule di Langerhans producono soprattutto interleuchina di tipo 1 che funge da agente chemiotattico per le altre cellule della difesa, quindi attira sulla zona di infezione i granulociti neutrofili. La migrazione di granulociti neutrofili avviene grazie al sangue che si trova nel tessuto connettivo sottostante, ovvero il derma. Questi granulociti neutrofili cercheranno poi di raggiungere la zona di penetrazione dell’agente estraneo.
-Melanociti: si trovano a livello dello strato basale o nei primi strati spinosi. Sono cellule di grandi dimensioni, aventi lunghi prolungamenti in tutte le direzioni (il loro aspetto è quasi simile ad un neurone). La caratteristica dei melanociti è quella di produrre dei granuli, chiamati melanosomi, i quali vengono rilasciati tra i cheratinociti dello strato spinoso e granuloso. I melanosomi, così come i cheratinosomi esocitati dai cheratinociti, si vanno a porre negli spazi intercellulari, creando un tutt’uno nell’involucro cellulare corneificato. Questo avviene man mano che le cellule maturano, arrivano agli strati più superficiali e diventano costituite da involucro cellulare corneificato. Anche alla fine del meccanismo di differenziamento, negli spazi tra le cellule, restano i granuli che erano stati secreti più in profondità.

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14
Q

Quali sono i criteri con i quali si classificano le ghiandole esocrine?

A

1)Classificazione secondo criteri di posizione:
-EXTRAPARIETALI: fanno parte di questa categoria: pancreas,
fegato, ghiandole salivari. Esse sono ghiandole che
costituiscono un organo a sé;
-PARIETALI: ghiandole che si trovano nella parete di un organo.
Vista la posizione bisogna osservare in quale strato della
parete dell’organo sono poste. Le ghiandole esocrine possono
trovarsi nel connettivo, non possono invece interrompere il
tessuto muscolare.
Le parietali si differenziano ulteriormente in:
GHIANDOLE CORIALI: presenti nella tonaca propria (che corrisponde allo strato di connettivo della cute chiamato derma, anche noto come corion);
GHIANDOLE SOTTOMUCOSE: presenti nella sottomucosa,
sono le più grandi in quanto la sottomucosa è uno strato
maggiore rispetto alla tonaca propria;
2)Classificazione secondo la modalità di secrezione:
Il parenchima, fatto da cellule secernenti, produce il secreto. Le
cellule riversano il secreto sintetizzato all’esterno del
citoplasma in tre modi diversi che ne consentono la
classificazione in:
-MEROCRINE: riversano il secreto per esocitosi;
-APOCRINE: amputazione della parte apicale della cellula
-OLOCRINE: distacco dell’intera cellula che va poi a formare il secreto.
3)Classificazione secondo il tipo di secrezione:
-Sierosa: secreto proteico;
-Mucosa: secreto glucidico;
-Mista: secreto in parte proteico e in parte glucidico.
Le ghiandole che producono secreto lipidico non sono classificate.
4)Classificazione secondo i dotti escretori:
In base alle caratteristiche dei dotti, le ghiandole esocrine si dividono in:
● SEMPLICI: hanno un unico dotto escretore, cioè un dotto che parte dalla ghiandola come dotto unico;
● COMPOSTE: sono le più grandi, hanno un dotto escretore ramificato fino ai diversi adenomeri.
5)Classificazione secondo la forma dell’adenomero (parte che produce il secreto):
● TUBULARI: hanno forma a tubulo;
● TUBULARI-GLOMERULARI: hanno una forma a tubulo avvolto su sé stesso a formare un “gomitolo”;
● TUBULARI-RAMIFICATE;
● ACINOSE: forma ad acino d’uva (la cavità centrale è molto piccola);
● ALVEOLARI: forma ad alveolo (è una sfera cava). Questo perché l’alveolo ha la possibilità di accumulare secreto prodotto dalle cellule, per poi espellerlo velocemente in grandi quantità, quando necessario. Sono ghiandole alveolari la prostata, la ghiandola mammaria (essa produce latte in molto tempo, questo latte si accumula e viene poi consumato dal bambino in tempo relativamente breve);
● TUBULO-ACINOSE o TUBULO-ALVEOLARI: hanno forme miste.

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15
Q

Quali sono le funzioni del fegato?

A

FUNZIONE ESOCRINA: per secrezione merocrina, gli epatociti portano all’esterno, tra una cellula e l’altra, il loro secreto (la bile), poi convogliato in condottini biliari per poter arrivare, alla fine, al dotto biliare e successivamente al dotto cistico.
FUNZIONE FILTRO: Affinché tale funzione venga espletata correttamente, il sangue deve venire a contatto diretto con le cellule. Ciò avviene attraverso la relazione tra componente ghiandolare esocrina e connettivo (stroma), il quale, attraversando tutto il parenchima epatico, porta vasi sanguigni al fegato. Questi vasi sanguigni sono discontinui, hanno una rete capillare fenestrata e presentano addirittura dei fori tra le cellule (hanno quindi poche giunzioni occludenti).
Il percorso del sangue è il seguente: esso parte dagli enterociti, cellule intestinali. In queste cellule quello che viene assorbito passa al versante basale, arriva nel connettivo dell’intestino e giunge, attraverso un sistema di capillari e vasi chiliferi alla vena porta. Questa vena distribuisce il sangue carico di sostanze nutritive (ed eventualmente sostanze tossiche), a delle vene che passano tra un lobulo e l’altro del fegato (il percorso, nello specifico, è vene lobari -> vene lobulari -> vene interlobulari). A questo punto comincia la filtrazione. Tra le vene interlobulari e la vena centrolobulare ci sono i sinusoidi epatici che vanno a ridosso degli epatociti.
Il sangue refluo dall’intestino arriva, quindi, alle vene interlobulari, passa vicino agli epatociti attraverso i sinusoidi epatici, i quali hanno poche giunzioni occludenti e sono quindi tutti forati, gli epatociti fungono da filtro e riversano il sangue al centro del lobulo epatico, nella vena centrolobulare. Da questa vena si passa a quella sottolobulare, poi alle vene epatiche e alla vena cava inferiore che porta il sangue al cuore.
In tutto questo processo, il contatto più stretto tra sangue ed epatociti viene svolto dall’endotelio dei sinusoidi epatici e dagli epatociti, tutto il resto è un sistema di distribuzione. Questo processo consente l’azione di filtro e di detossificazione svolta dal fegato.

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16
Q

Come si classificano le ghiandole endocrine in base alla forma?

A
  • Ghiandole a cordoni e ammassi cellulari solidi: queste cellule osservate in sezione sono visibili organizzate in cordoni o in ammassi cellulari, quasi tutte le ghiandole endocrine appartengono a questa categoria, come ad esempio le paratiroidi, il surrene e la componente endocrina del pancreas e ipofisi;
  • Follicolari: la tiroide è l’unica ghiandola endocrina che ha la caratteristica di avere la componente secernente organizzata a costituire dei follicoli che morfologicamente ricordano acini e alveoli, infatti, queste cellule si organizzano a formare delle sfere con una cavità centrale;
  • Interstiziali: esiste la possibilità che le ghiandole endocrine si organizzino a costituire delle cellule con funzione endocrina disperse nell’interstizio di un organo con funzione diversa. Ritroviamo queste strutture in: ovaio, testicoli e cellule parafollicolari della tiroide.
17
Q

Quali differenze sono riscontrabili tra le cellule delle ghiandole endocrine a secrezione proteica e quelle a secrezione lipidica?

A

Le cellule delle ghiandole endocrine a secrezione proteica vengono colorate abbastanza bene (sempre in relazione, ovviamente alla quantità di ormone prodotto). L’ormone è racchiuso in vescicole utili a evitare la dispersione della proteina nel citosol e viene secreto dal versante basale della ghiandola poiché a in questa parte avviene il contatto con i vasi.
Nelle ghiandole endocrine a secrezione steroidea, invece, osserviamo grande presenza di reticolo liscio, secreto organizzato in grandi gocce lipidiche con assenza di vescicole (data la caratteristica idrofobica del secreto che non gli permette di disperdersi nel citosol) e grande presenza di mitocondri con creste particolarmente sviluppate con forma tubulare.

18
Q

Quale tipo di secrezione hanno le principali ghiandole esocrine?

A

-Ghiandole salivari maggiori: 2 parotidi e 2 sottomandibolari (a secrezione prevalentemente sierose), 2 sottolinguali (a secrezione prevalentemente mucosa, di forma tubulo-acinose;
-ghiandola sottolinguale a secrezione mista;
-cripte del Lieberkhun: forma tubulare semplice con una parte secernente esocrina rappresentata dalle cellule di Paneth, le quali secernono sostanze a carattere digestivo (peptidasi e lipasi) nella mucosa dell’intestino (versante apicale);
-ghiandole sudoripare: tubulari semplici o ramificate;
-pancreas esocrino: ghiandola acinosa composta;
-ghiandola mammaria: alveolare composta;
-prostata: ghiandola otricolare composta (con una grossa cavità centrale).

19
Q

Quali ormoni sono prodotti dalla corticale del surrene?

A

-La zona glomerulare (più esterna) produce gli ormoni mineral-corticoidi, tra cui l’aldosterone, che hanno un ruolo importante nel gestire l’equilibrio minerale dell’organismo ed in particolare il riassorbimento di acqua e sodio. La concentrazione dei sali minerali dipende da quanta acqua viene ovviamente escreta a livello renale, questa zona è quindi responsabile dell’equilibrio elettrolitico dei nostri fluidi corporei.
-La zona fascicolata produce gli ormoni glucocorticoidi ovviamente responsabili del mantenimento dell’equilibrio dei glucidi e tra questi ha particolare rilievo il cortisolo, infatti, l’ACTH prodotto dalle cellule cromofobe dell’adenoipofisi agisce solo sulla zona fascicolata della corteccia surrenale.
-La parte più profonda della corteccia del surrene, la zona reticolata, produce ormoni sessuali tra cui il deidroepiandrosterone (DHEA), che è un analogo del testosterone, è un ormone androgeno (da andros=uomo) mascolinizzante tipico del sesso maschile responsabile dell’espressione dei caratteri sessuali secondari maschili ed è presente sia nel maschio che nella femmina, quindi questo vuol dire che nel maschio ci sono anche gli estrogeni e che nella femmina ci sono anche androgeni, ma è l’equilibrio che è diverso. In particolare nella femmina gli estrogeni vengono prodotti durante l’età fertile in maniera importante e abbondante dalla ghiandola interstiziale dell’ovaio, nel maschio, invece, il testosterone può trasformarsi in estrogeni, infatti le due molecole sono molto simili (motivo per cui tutto l’eccesso di ormoni androgeni, assunti in maniera esogena, si trasforma in ormoni estrogeni con tutti gli effetti del caso: ecco perché in alcuni culturisti, per esempio, si manifesta un aumento dimensionale della ghiandola mammaria (ginecomastia) come effetto secondario; ovviamente altre problematiche possono sopraggiungere poiché un’assunzione di ormoni sessuali dove non è necessario crea sempre squilibri). Anche nel sesso femminile sono prodotti gli ormoni maschili dalla ghiandola surrenale, motivo per cui dovremmo immaginare che nel sesso femminile, nell’arco della vita, c’è un momento in cui i caratteri sessuali secondari femminili perdono d’importanza e di manifestazione e si arriva quasi a una mascolinizzazione dell’aspetto nelle donne anziane: aumentano i peli e cambia la disposizione del grasso corporeo, perché gli estrogeni crollano e gli ormoni androgeni continuano ad essere ancora prodotti dalla ghiandola surrenale (queste sostanze le studieremo nella fisiologia e nella patologia). Alcuni problemi che si creano nelle donne giovani di sterilità o anche di squilibri ormonali a volte derivano da una iperattività delle cellule della zona reticolata che ovviamente producono una quantità eccessiva di ormoni androgeni in donne ancora in età fertile, creando uno scompenso.

20
Q

Quali sono le cellule bersaglio degli ormoni prodotti dalle cellule parafollicolari?

A

Le cellule parafollicolari della tiroide sono un tipo di ghiandola endocrina interstiziale che, in antitesi alle paratiroidi (che secernono paratormone), regolano la concentrazione di calcio nel sangue producendo calcitonina.
Avranno sicuramente come bersaglio cellule che sono nel tessuto osseo perché il serbatoio del calcio è l’osso, poi ovviamente sarà coinvolto anche il rene perché può lasciarlo andare o trattenerlo (il calcio) e quindi avrà comunque un suo ruolo.

21
Q

Come vengono rilasciati nel sangue gli ormoni tiroidei?

A

A seguito di un segnale l’adenoipofisi rilascia nel sangue il TSH che viaggia fino all’organo bersaglio cioè la tiroide e fino alle cellule bersaglio che sono i tireociti. I tireociti ha dei recettori specifici (essendo il TSH un ormone proteico), espressi sulla superficie basale che legano il TSH e questo legame recettore-ormone-TSH avvia una cascata del segnale intracellulare che porta alla formazione di lisosomi specifici e all’attivazione di un processo di endocitosi sul compartimento apicale del tireocita, per cui la colloide viene endocitata e, la vescicola endocitotica, grazie al segnale del TSH, si fonde con degli enzimi lisosomiali (appositamente prodotti) che portano alla digestione della tireoglobulina iodinata (presente nella colloide), e viene trasformata in T3 e T4 (triiodiotironina e la tetraiodiotironina, o tiroxina). A questo punto gli ormoni maturi possono essere rilasciati dal compartimento di membrana basale verso il connettivo e finire nel sangue.

22
Q

Parlami dei glicosamminoglicani e delle glicoproteine

A

I glicosamminoglicani e le glicoproteine sono componenti della matrice amorfa dei tessuti connettivi. I glicosaminoglicani sono polisaccaridi lineari e, nello specifico, sono unità disaccaridiche ripetute di:
-acido uronico (acido D-glicuronico o L-iduronico);
-amino-zucchero (D-glucosamina o D-alattosamina).
I glicosaminoglicani sono tanti e variano a seconda del tessuto; sono presenti in tutti i tessuti connettivi, sia nei propriamente detti, sia negli specializzati. Tra questi, uno dei più noti, è l’acido ialuronico presente nel derma, il tessuto connettivo sottoepidermico che durante l’invecchiamento cede e porta alla formazione di rughe e al cedimento verso il basso dei tessuti: non è, però, l’acido ialuronico direttamente a legare l’acqua ma ci sono altri glicosaminoglicani in grado di farlo. Questi ultimi hanno una caratteristica differente rispetto all’acido ialuronico poichè sono anioni instabili caratterizzati dal gruppo SO3-
che lega l’acqua. Tutto ciò è fondamentale perché, essendo l’acqua la componente principale della matrice amorfa, essa deve essere stabilizzata e questo avviene soprattutto ad opera di questi anioni instabili detti glicosaminoglicani solforati, come il condroitin solfato, il cheratan solfato, il dermatan solfato e l’eparina, caratterizzati dai gruppi anionici SO3-
per cui risultano fortemente basofili (i solforati si trovano sempre legati ad altre molecole, mentre l’unico che può trovarsi singolarmente è l’acido ialuronico).
La viscosità è un fattore importante poiché da essa dipende la tensione superficiale che i glicosamminoglicani danno alla matrice extracellulare.
Nelle glicoproteine, dal punto di vista della composizione, è più elevata la componente proteica rispetto a quella glucidica; alcuni esempi di molecole glicoproteiche sono la fibronectina, la laminina, l’entactina, la condronectina e l’osteonectina presenti nella matrice extracellulare dei connettivi e, nel caso della laminina, nella membrana basale. La loro funzione principale è quella di facilitare l’interazione all’interno del tessuto connettivo tra la cellula e il tessuto stesso (interazione cellula-substrato) consentendo l’adesione della cellula a punti specifici del tessuto. Nello spazio extracellulare sono presenti delle glicoproteine (fibronectina e laminina) che si associano, formando un reticolato, e determinano la formazione di un’adesione focale grazie alla presenza di domini che si legano a delle integrine di superficie definendo così un rinforzo generale del citoscheletro della cellula. Le adesioni focali sono formate da tutte quelle cellule capaci di aderire al substrato e tale adesione, nella maggior parte dei casi, viene garantita da un’interazione integrine-glicoproteine della matrice extracellulare del connettivo. Alcune cellule sono in grado di creare delle adesioni focali particolarmente sviluppate che prendono il nome di podosomi, tipiche degli osteoclasti (cellule che aderiscono alla matrice extracellulare del tessuto osseo per riassorbirlo), delle cellule dendritiche e dei monociti.

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Q

Parlami dei proteoglicani

A

L’insieme dei glicosamminoglicani e delle proteine definisce quelli che sono i proteoglicani, presenti nella componente amorfa dei tessuti connettivi.
Il tronco dell’albero è costituito dall’asse proteico, mentre i rami sono i GAG e, nel bilancio generale, si nota una piccola percentuale di proteine associata ad una prevalenza di zuccheri.
Molto spesso, però, un proteoglicano può polimerizzare formando dei veri e propri polimeri proteoglicanici, come nel caso dell’aggrecano. In questo esempio, riprendendo la metafora precedente, il tronco dell’albero è rappresentato dall’acido ialuronico, i rami dagli assi proteici e le foglie dai GAG. Inoltre, il legame tra acido ialuronico e l’asse proteico del singolo proteoglicano è consentito da proteine globulari chiamate link protein.
L’acido ialuronico è in grado di legare l’acqua proprio attraverso questi aggregati molecolari che sono tipici di quel tessuto connettivo che ha fortemente bisogno di stabilizzarla, la cartilagine: rispetto al derma che è solamente sottoepidermico, il tessuto cartilagineo riveste le articolazioni che spesso subiscono un carico violento e, essendo caratterizzato da un’elevata idratazione, affinché si eviti una dispersione (dovuta alla pressione del carico) della quantità d’acqua, quest’ultima viene stabilizzata grazie ai legami dei polimeri proteoglicanici.
In alcuni casi si verifica una depolimerizzazione di alcuni proteoglicani che si staccano dall’asse principale. Più sono integre queste strutture e più la cartilagine è in grado di trattenere l’acqua: a seguito di traumi eccessivi o dell’invecchiamento, tali polimeri si disfano, il tessuto non è abbastanza idratato e si verificano i tipici fenomeni artrosici. Questo tipo di trama fornisce un’immagine della matrice simile ad una spugna, infatti, i proteoglicani, oltre a legare l’acqua, svolgono una funzione di filtro da e verso i capillari e, spesso, hanno un’azione recettoriale: nell’ambito del proteoglicano ci sono delle porzioni molecolari che fungono da recettore per alcune molecole fondamentali all’interno del tessuto connettivo, come l’FGF (Fibroblast Growth Factors). Le cellule presenti nei tessuti connettivi propriamente detti si chiamano fibroblasti e possono essere indotti alla loro attività metabolica da un fattore di crescita che, arrivando a questi attraverso i vasi sanguigni, interagisce con dei recettori specifici esposti sulla superficie di alcune porzioni dei proteoglicani.

24
Q

Parlami di come si classificano i tessuti connettivi

A

I tessuti connettivi propriamente detti costituiscono una categoria a sé perché non hanno una funzione specifica e sono “propriamente detti” perché possiedono le caratteristiche tipiche dei tessuti connettivi, ovvero cellule immerse in una matrice extracellulare. Si suddividono in base alle proporzioni delle componenti extracellulari in:
-Tessuti connettivi lassi, prevalenza di componente amorfa;
-Tessuti connettivi densi, nella componente extracellulare sono più abbondanti le fibre;
-Tessuti connettivi reticolari, le fibre sono disposte non in grossi fasci, ma a rete;
-Tessuti adiposi, tra le cellule vi è un’abbondanza di adipociti, dunque non più una differenza a livello della matrice ma a livello di tipologia cellulare.
-Tutte queste differenze identificano la funzione principale di questi tessuti: tutti hanno funzione di difesa, funzione meccanica e metabolica ma a seconda della tipologia prevale una piuttosto che un’altra: infatti, il tessuto connettivo lasso ha una funzione difensiva in quanto la componente amorfa concede un maggiore spazio per i vasi sanguigni che contengono le cellule specializzate nella difesa, i globuli bianchi; il tessuto connettivo denso, possedendo un’abbondante rete filamentosa fornita dalle fibre collagene, ha prettamente una funzione meccanica; la funzione principale del tessuto adiposo è metabolica perché gli adipociti, avendo una funzione di accumulo di sostanze di riserva, regolano indirettamente il metabolismo dell’organismo. In sintesi, i tessuti connettivi propriamente detti hanno un ruolo di sostegno, nutrimento, difesa, supporto meccanico o funzionale agli epiteli con cui sono a contatto (nel caso dello stroma gli epiteli con funzione secernente con cui sono a contatto).

I tessuti connettivi specializzati possiedono delle caratteristiche differenti per risaltare una singola funzione che può essere:
-Di sostegno, come nel caso del tessuto osseo che conferisce rigidità e consente di mantenere la forma e dare inserzione ai muscoli o del tessuto cartilagineo che è connesso alla funzionalità delle ossa (fornisce sostegno nel caso delle cartilagini nasali o della cartilagine del padiglione auricolare o delle coste o delle superfici articolari);
-Di trasporto, come nel caso del sangue e della linfa che veicolano il plasma e alcuni globuli bianchi e attraverso le cellule principali (globuli rossi) veicolano anche gas respiratori e, in particolare, l’ossigeno;
-Di ricambio delle cellule del sangue, come nel caso del tessuto emopoietico mieloide (midollo osseo) che ha la funzione di produrre nuove cellule del sangue (no di distruggerle: azione svolta solitamente dalla milza);
-Di difesa, come nel caso del tessuto emopoietico linfoide che si racchiude principalmente negli organi linfoidi tra cui, ad esempio, i linfonodi, un distretto di tessuto dove maturano e svolgono la loro funzione alcune cellule del sangue e, in particolare, i linfociti.

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Q

Dimmi le 4 tipologie di fibre collagene

A

-Il collagene di tipo 1 è il più diffuso dal punto di vista quantitativo, esso è prodotto da fibroblasti, osteoblasti, odontoblasti ed anche, in minima parte, dai condroblasti. La sua caratteristica fondamentale è l’elevata resistenza alle forze di tensione, ed è per questo che tale fibra risiede nel tessuto più resistente, ovvero in quello osseo, oltre che nei connettivi propriamente detti più resistenti (come il derma), nei connettivi fibrosi accessori alla funzione muscolo-scheletrica (tendini), nella dentina (molto simile al tessuto osseo, sia come caratteristiche meccaniche, che come grado di mineralizzazione, ovvero componente inorganica della matrice) e anche a costituire la capsula di alcuni organi parenchimatosi. Infine, anche la cartilagine fibrosa (la più resistente) contiene fibre collagene di tipo 1. Queste fibre hanno invece scarsa capacità di interazione con i glicosamminoglicani, l’unica lieve interazione è con il dermatan solfato. L’ultima caratteristica che dobbiamo sottolineare riguarda la loro struttura: le fibrille di collagene di tipo 1 saranno tante, in modo tale da formare fibre molto spesse. (il prof cita l’esempio del pacco di spaghetti).
-Il collagene di tipo 2 viene sintetizzato dai condroblasti ed è quindi quello tipico del tessuto cartilagineo; si trova nella cartilagine ialina ed in quella elastica ed ha una struttura costituita da fibre disperse e sottili per consentire una resistenza ad altri tipi di forze: quelle di pressione intermittente, a cui è tipicamente sottoposto il tessuto cartilagineo, basti pensare alla cartilagine ialina delle superfici articolari.
-Il collagene di tipo 3 le cellule che lo sintetizzano sono: fibroblasti, cellule di Schwann (cellule che formano il rivestimento della guaina delle fibre nervose), gli epatociti (a supporto dello stroma del fegato) e le cellule muscolari lisce. La funzione di queste fibre è quella di mantenere la struttura in organi in grado di cambiare morfologia e dimensione. Sono ovviamente fibre disperse per quanto riguarda la struttura, e sono presenti in tessuti quali: muscolare liscio, l’endonevrio (connettivo associato alle fibre nervose), il fegato, l’utero, la milza, il rene ed il polmone. Tutti questi organi hanno la capacità di modificare la propria morfologia e dimensione.
-Il collagene di tipo 4 è soprattutto collocato a livello delle membrane basali e le fibre sono molto deboli dal punto di vista meccanico, e sono sottili; esse sono prodotte dalle cellule endoteliali (ed anche altre cellule epiteliali) e la loro funzione è quella di mediare gli scambi tra epitelio di rivestimento e connettivo, dove passano i vasi sanguigni.

26
Q

Parlami del mastocita

A

Il mastocita è fortemente basofilo, e quindi il suo nucleo e citoplasma sono fortemente acidi. Questa cellula contiene una granulazione intracitoplasmatica molto acida e si evidenzia con il blu di toluidina. L’ingrandimento che viene visualizzato serve ad evidenziare, appunto, i granuli basofili. Queste cellule hanno una certa mobilità, ed hanno una dimensione che può raggiungere anche i 30 micron. Sono caratterizzate da una certa granulazione, ed alcuni connettivi sono particolarmente ricchi di tali cellule: quelli della regione addominale e del peritoneo. Nei granuli di questi mastociti vi sono eparina ed istamina (queste sostanze rendono acidi i granuli). L’eparina è un derivato di un glicosamminoglicano che è connesso nei processi di emostasi e coagulazione, ed ha un effetto anticoagulante. L’istamina ha invece la funzione di aumentare la dilatazione e la permeabilità vascolare, facilitando il processo di diapedesi e sostenendo l’infiammazione. Oltre a queste due sostanze, i mastociti contengono altre citochine che sostengono l’infiammazione: si tratta di acido arachidonico, contenuto in appositi granuli, e che deriva dai fosfolipidi di membrana dello stesso mastocita. La sua funzione è sempre quella di aumentare la permeabilità vascolare, e in particolare, favorisce la contrazione della muscolatura liscia dei bronchi (è un segnale di sofferenza dell’organismo, di difficoltà respiratoria); esso ha anche un ruolo chemiotattico. Tutte queste funzioni in realtà sono tipiche dei leucotrieni, che sono sostanze derivanti dall’acido arachidonico. Il ruolo chemiotattico è sostenuto da altre sostanze: le interleuchine, la cui sigla è IL (letto in inglese). Soprattutto IL-4, IL-5 e IL-6 sono all’interno dei mastociti, oltre che una citochina pro-infiammatoria molto importante chiamata TNF alfa, e due fattori di crescita che sono: TGF beta e FGF.

27
Q

Parlami del processo di lipogenesi

A

A livello del lume intestinale i nostri grassi assunti con l’alimentazione vengono scissi dalle lipasi. Gli acidi grassi entrano nell’enterocita dal suo versante apicale, e qui, a livello del reticolo endoplasmatico liscio, vengono nuovamente trasformati in trigliceridi per poi passare nello spazio intercellulare ed entrare in quella che è la circolazione linfatica dei vasi chiliferi (nella linfa, nel plasma che è nel connettivo subito al di sotto dell’epitelio dell’intestino). Questi trigliceridi quindi viaggiano, insieme a delle proteine, sottoforma di sostanze chiamate lipoproteine, per raggiungere il sangue e, tramite la vena porta, giungono al fegato. Una volta arrivati al fegato vengono distribuiti tramite la vena cava inferiore, fino a giungere in prossimità dell’adipocita. A questo punto, l’adipocita può conservare o utilizzare energia: se nel sangue vi è un’elevata quantità di lipidi (trigliceridi), zuccheri (glucosio) o di proteine, l’adipocita può portare tali molecole in eccesso al suo interno avviando un processo di lipogenesi. Da ciò capiamo che anche proteine e zuccheri possono essere trasformati in lipidi ed accumulati, come tali, negli adipociti. Come abbiamo visto, i trigliceridi sono molecole abbastanza complesse, che per entrare in una cellula devono essere scisse; nel caso dei vasi capillari in prossimità dell’adipocita, vi è una lipoprotein lipasi con il ruolo di formare nuovamente acidi grassi e glicerolo per consentirgli di entrare nella cellula. Una volta dentro, essi subiscono il processo di lipogenesi, tornano ad essere trigliceridi, e vanno a costituire la goccia lipidica. La lipogenesi ha una regolazione ormonale data dall’insulina. Esso è l’ormone ipoglicemizzante e quindi cerca di eliminare lo zucchero dal sangue portandolo verso gli adipociti e, questo processo, vale anche per i lipidi presenti in circolo nel sangue. Tutto ciò avviene attraverso l’attivazione di un enzima: PI3K che è una chinasi che stimola un trasportatore di membrana per il glucosio, che porta all’interno della cellula il glucosio, e attiva la sua trasformazione in lipidi. L’insulina, inoltre, stimola il processo di micropinocitosi, che è una pinocitosi di sostanze liquide; a questo punto, sia proteine che acidi grassi possono entrare nella cellula (appunto grazie alla micropinocitosi).