Anatomia Flashcards
Come sono disposti i diversi strati in un organo?
Dal lume verso l’esterno avremo:
-TONACA MUCOSA: formata da:
-epitelio di rivestimento: ha una funzione protettiva e
regolatoria degli scambi intercellulari;
-membrana basale e lamina propria: tessuto connettivo con
funzione trofo-meccanica; qui si trovano la maggior parte
delle ghiandole;
-muscolaris mucosae: tessuto muscolare liscio;
-TONACA SOTTOMUCOSA: formata da tessuto connettivo lasso;
-TONACA MUSCOLARE: formato da fibre con diverso orientamento, nell’apparato digerente ha funzione peristaltica e peristolica (permette al contenuto dell’organo di avanzare);
-TONACA SIEROSA O AVVENTIZIA: tessuto connettivo denso, serve all’organo per legarsi ai mezzi di fissità; essa è formata da:
-mesotelio: è la parte più esterna composta da epitelio pavimentoso semplice non vascolarizzato. Essendo un epitelio è in grado di produrre liquido sieroso e poggia su una lamina basale che prende il nome di strato sottomesoteliale;
-strato sottomesoteliale: è lo strato di connettivo denso su cui poggia l’epitelio, con funzione di sostegno. A differenza del mesotelio è sia vascolarizzato che innervato e costituisce lo strato più esterno dello strato connettivale che prende il nome di strato sottosieroso;
-strato sottosieroso: strato di connettivo che si pone tra la tonaca sierosa e la tonaca muscolare.
Qual è la differenza tra organo pieno ed organo cavo?
-Organo pieno: non delimita alcuna cavità;
-Organo cavo: delimita una cavità. Esempi sono la trachea, i bronchi e l’esofago. La cavità dell’organo è delimitata da pareti. Queste pareti possono avere forme e dimensioni differenti, ma anche forma e dimensioni che possono funzionalmente variare nel tempo a seconda dell’attività dell’organo. In ogni caso la cavità prende il nome di lume: può essere sempre uguale (costante) come avviene nei bronchi, dove si trovano anelli cartilaginei che delimitano un lume costante, definito anche lume reale.
Nell’esofago, invece, le pareti sono un po’ collassate su loro stesse: il lume è molto piccolo, quasi virtuale. Ma quando attraverso l’esofago deve passare il bolo alimentare queste pareti si stirano e di conseguenza il lume aumenta le proprie dimensioni. Quindi possiamo ulteriormente distinguere gli organi cavi, in organi che hanno un lume costante, da organi che hanno un lume variabile come l’uretra, vescica, vasi sanguigni.
Come sono disposti gli strati nei vasi sanguigni?
Dall’interno verso l’esterno avremo:
-TONACA INTIMA (corrispondente alla tonaca mucosa): distinta in endotelio e strato sottoendoteliale, l’omeostasi di questa tonaca è fondamentale, poichè il suo malfunzionamento può portare alla formazione di trombi;
-TONACA MEDIA (corrispondente alla tonaca muscolare): ha la funzione di regolare la vasocostrizione e la vasodilatazione;
-TONACA AVVENTIZIA: è sede dei vasa vasorum
Quali sono i due mesi del peritoneo?
In particolare, il peritoneo, ha avvolto il fegato prima nella faccia anteriore e poi nella faccia inferiore, va nella faccia posteriore, torna indietro e avvolge la parte anteriore dello stomaco ma dietro c’è il foglietto posteriore. Il foglietto anteriore, che si avvicina a quello posteriore, dopo aver rivestito la faccia posteriore del fegato e anteriore dello stomaco, forma il primo meso che prende il nome di PICCOLO OMENTO. Poi passa a rivestire anteriormente lo stomaco, va verso la parte posteriore dello stomaco ma incontra il peritoneo che torna indietro per rivestire il colon trasverso. Qui andrà a costituire quello che noi chiamiamo il mesocolon trasverso (i due foglietti si sono avvicinati). Poi dal meso colon trasverso si forma una specie di grembiule che scende anteriormente che chiamiamo GRANDE OMENTO (quindi il grande omento è un altro foglietto).
Il meso è l’affiancarsi di due foglietti peritoneali parietali NON VISCERALI. I mesi sono fondamentali perché all’interno dei mesi passano vasi, nervi, dotti escretori se ci sono, sono un po’ la porta di ingresso e di uscita. In particolare, la presenza del colon determinerà una regione che si trova al di sopra del mesocolon che chiameremo REGIONE SOVRAMESOCOLICA ed una regione che si chiama al di sotto del meso del colon, REGIONE SOTTOMESOCOLICA. Nella regione sovramesocolica il comportamento del peritoneo e del piccolo omento darà origine ad una serie di legamenti: il legamento epato-gastrico ed epato-duodenale che saranno attraversati da vasi e nervi.
Quali sono le fibre connettivali?
Le fibre collagene: Queste sono proteine, le cui unità fondamentali sono costituite da microfibrille di tropocollagene. Queste proteine sono come una collana di perle, dove le perle si dispongono una dietro l’altra: si ottengono delle collane di tropocollagene e quindi le fibre collagene.
Le fibre collagene possono essere disposte in maniera parallela e diventano più resistenti alla trazione e flessibili: questo tipo di disposizione si trova nei tendini, nei legamenti. Si può immaginare la disposizione di queste fibre come quella presente all’interno delle corde delle corde di iuta, costituite da tanti filamenti di iuta molto sottili, che vengono resi paralleli e poi intrecciati. Intrecciando piccoli filamenti con altrettanti piccoli filamenti, questi divengono sempre più grandi e otteniamo la dimensione di un cavo, che può essere differente a seconda dell’uso. La stessa situazione, anche se non c’è l’intreccio, la abbiamo per tendini e legamenti: quindi la disposizione parallela la troviamo principalmente nei tessuti connettivi associati al tessuto osseo e al tessuto cartilagineo. Ciò non vuol dire che altre piccole strutture con disposizione simile non siano presenti nel nostro corpo, saranno presenti lo stesso, ma in maniera meno abbondante. Quando le fibre collagene si dispongono in maniera intrecciata, si parla di fibre reticolari; costituiscono una rete che ha il compito di contenimento. Gli organi devono avere una rete in cui le cellule del parenchima (costituito da cellule funzionali di tipo epiteliale) trovano la propria sede e il proprio sostegno, altrimenti non potrebbero svolgere la propria funzione. Di solito le fibre reticolari si trovano negli organi pieni quali il fegato, il pancreas, il polmone e così via. Invece negli organi cavi, che presentano una cavità al proprio interno, come lo stomaco, l’intestino, i vasi, la trachea, i bronchi, la faringe, vi sono sempre cellule epiteliali di rivestimento, poggianti sulla lamina basale, costituita da tessuto connettivo, che avendo funzione trofica (di sostegno) presenta una disposizione reticolare delle fibre.
Le fibre elastiche sono anch’esse costituite da proteine, in questo caso rappresentate dall’elastina. Le fibre elastiche devono conferire molta mobilità e dare la possibilità all’organo di poter ritornare nella sua posizione originaria in seguito ad uno stimolo.
Quali sono le funzioni del tessuto connettivo?
-Meccaniche di sostegno= parleremo di stroma degli organi: l’impalcatura entro la quale le cellule funzionali di un organo si organizzeranno (suddivisione in lobi/lobuli);
-Trofica: Nutrimento, all’interno del tessuto connettivo avvengono gli scambi di ossigeno e anidride carbonica, vengono inviate sostanze nutritive alle cellule e dalle cellule, le scorie vengono immesse nel connettivo che è anche la zona in cui passano i vasi che si portano all’organo diramandosi in vasi sempre più piccoli.
-Riserva: Il tessuto connettivo ha anche una grande quantità di sali minerali e lipidi. Ad esempio il tessuto adiposo è un tessuto connettivo, che rappresenta per noi una ‘centrale nucleare’: una riserva di energia che accumuliamo sotto forma di trigliceridi e mediante sistemi biochimici trasformiamo questo grasso in carboidrati, zuccheri, e infine glucosio, che viene utilizzato nel ciclo di Krebs.
Il tessuto connettivo è anche una grande riserva di calcio, soprattutto il tessuto osseo: il nostro magazzino di calcio più importante.
-Difesa: contro batteri con la produzione di anticorpi; nel tessuto connettivo sono depositati anche i macrofagi, ma fanno parte dei tessuti connettivi anche il sangue e la linfa, dove le funzioni antigeniche fanno da padrone.
Come vengono classificati i tessuti connettivi in base alla loro funzione?
-Tessuti connettivi propriamente detti: che svolgono principalmente la funzione di connessione e in questo caso, a seconda della disposizione delle fibre e dell’acqua contenuta nella sostanza amorfa, si parla di tessuto connettivo fibrillare lasso, fibrillare denso, reticolare, ma si può avere anche la mescolanza di questi due elementi. In alcuni casi c’è anche abbondanza di fibre connettivali elastiche, per cui si parla di tessuto connettivo elastico: ad esempio i vasi sanguigni. Le arterie hanno uno strato a cui daremo il suo nome, in cui ci sono molte fibre elastiche, perché l’aorta, che è la nostra arteria principale, quando riceve il sangue dal cuore, che è ad una pressione altissima, non 120-140 che viene misurata al livello dell’arteria brachiale, ma è molto più alta, circa 200. E man mano che si allontana dal cuore la pressione decade. Quindi per non rompersi, l’aorta deve contenere un gran numero di fibre elastiche, cosicché quando arriva la gittata ematica si dilatano, quando passa ritornano nella posizione di partenza. Quando questo sistema non funziona più bene si ha l’arteriosclerosi: irrigidimento dei vasi che determina per questioni fisiche l’aumento della pressione sanguigna.
Un tessuto particolare è quello adiposo, che contiene le cellule adipose, che sono particolari cellule caratteristiche solo di questo tessuto.
-Tessuti di sostegno: Tessuto cartilagineo e tessuto osseo.
-Tessuti a funzione particolarmente trofica: il sangue e la linfa, sono tessuti particolari con delle proprie caratteristiche: non sono costituiti da strati di cellule, non hanno la sostanza amorfa, che è rappresentata dal plasma: un liquido in cui le cellule del sangue o della linfa si dovranno poter muovere.
Parlami genericamente del cuore
Il cuore si trova in una cavità chiamata mediastino, spazio compreso tra i due polmoni ed è avvolto da una sierosa, il pericardio. Il cuore è un muscolo striato che contraendosi, potrebbe dare luogo ad ipertrofia esattamente come tutti i muscoli striati sottoposti ad allenamento, ma questo, nel cuore, non avviene. Quindi viene ingabbiato in una struttura più rigida, una specie di tonaca avventizia, costituita da tessuto connettivo, anche detta pericardio fibroso, al cui interno troveremo la nostra sierosa con foglietto viscerale e parietale (di cui in seguito vedremo le peculiarità). Quindi nella parete del cuore, la tonaca avventizia è posta esternamente.
All’interno di un organo non possono coesistere tonaca sierosa ed avventizia ma il cuore fa eccezione in quanto presenta una pseudo tonaca avventizia (perché ha caratteristiche diverse) che chiameremo pericardio fibroso e una la tonaca sierosa, questo perché il cuore deve interagire con il diaframma ma, allo stesso tempo, non deve entrare in contatto con esso.
Il diaframma, infatti, si innalza e si abbassa mentre il cuore si contrae e si distende, quindi sono due organi che agiscono per fatti loro ma in contemporanea, garantendo che ognuno rimanga nella propria dimensione. Vedremo che ci sarà l’inserzione dei legamenti al diaframma che impediranno grossi movimenti del cuore durante l’espansione del diaframma.
Dove convergono tutti i mesi presenti nella cavità addominale?
Tutti i mesi convergono posteriormente come se fossero originati da un’unica struttura che è il mesentere. Il mesentere poi andrà a convergere verso il foglietto posteriore del peritoneo. Da qui poi il digiuno e l’ileo prenderanno il nome di intestino mesenterico.
Quali sono i tre piani in cui possiamo dividere il corpo umano?
-Piano sagittale (o mediano): un piano verticale che va dall’alto verso il basso, e che si chiama sagittale in quanto vedremo che passa attraverso una struttura che congiunge due ossa della volta cranica, le due ossa parietali, che prende il nome di sutura sagittale. Questo piano quindi parte dall’alto verso il basso e suddivide il corpo umano in due metà, una destra e una sinistra. Sebbene esternamente le due metà sembrano simili, quando vengono osservate internamente in realtà si possono notare delle differenze: il cuore è spostato verso la parte sinistra, il fegato sta sulla parte destra, lo stomaco sta a sinistra. Quindi il piano sagittale divide il corpo umano in due porzioni, un lato destro e un lato sinistro.
-Piano coronale (o frontale), anche questo piano è verticale dal basso verso il basso ed è perpendicolare al piano sagitale. Anche in questo caso il suo nome è dovuto al fatto che passa dalla sutura coronale tra l’osso frontale e le due ossa parietali. Questo piano si chiama frontale in quanto divide il copro umano in due metà, una metà anteriore (o ventrale) e una posteriore (o dorsale.
-Il piano orizzontale (o trasverso) lo conduciamo in una regione che prende il nome di piano bispinoiliaco, in quanto alle ossa dell’anca ci sono due formazioni che si chiamano spine iliache superiori. Questo piano trasversale, sempre perpendicolare agli altri due, suddivide il corpo umano in due metà: una superiore o craniale e una inferiore o caudale.
Partendo da questa suddivisione in piani è possibile tracciare tantissimi piani paralleli per ciascuno di questi tre assi del corpo.
Quali sono i principali termini di movimento che si utilizzano in anatomia?
Abbiamo detto che come termini di movimento che eseguo sull’asse trasversale, ma utilizzando il piano frontale, sono i movimenti di flessione e di estensione. L’estensione è l’allontanamento dall’asse frontale, mentre la flessione sarà il movimento di ritorno.
Naturalmente l’argomento è un po’ più complesso quando mi riferisco a segmenti corporei che si possono muovere tra di loro. È più semplice se io parlo di flessione di tutto l’arto superiore, mentre se faccio una flessione di parte dell’arto superiore, come soltanto dell’avambraccio, a questo punto devo aggiungere un concetto, ovvero quello di flessione dell’avambraccio sul braccio.
I movimenti di allontanamento dall’asse sagittale sono i movimenti di abduzione, mentre i movimenti di adduzione sono quelli di avvicinamento al piano sagittale.
Infine, se eseguo dei movimenti di rotazione sull’asse verticale, in questo caso sull’asse frontale, avrò i movimenti di torsione, che possiamo definire intrarotazione se mi avvicino all’asse sagittale o extrarotazione se mi allontano dall’asse sagittale.
A questo, solo per l’arto superiore, possiamo definire anche dei movimenti ulteriori: il movimento di supinazione, cioè di avvicinamento all’asse sagittale (o intrarotazione), e pronazione, cioè allontanamento (o extrarotazione).
Intrarotazione ed extrarotazione possono essere anche definiti come rotazione mediale o rotazione laterale. Parliamo comunque sempre della stessa cosa (rotazione mediale = intrarotazione; rotazione laterale = extrarotazione).
Quali sono i tre tipi di cavità presenti nella testa e nell’addome?
Spazi sierosi
Sono caratterizzati dalla presenza di una membrana sierosa (Tonaca Sierosa) unitaria, continua, organizzata in un Foglietto Parietale, che delimita perifericamente tali spazi, e un Foglietto Viscerale che riveste la superficie esterna degli organi contenuti in tali spazi.
Tra i due foglietti vi è una cavità sierosa virtuale, contenente poca quantità di liquido sieroso.
In linea generale la cavità toracica vedremo che sarà delimitata inferiormente dal diaframma e superiormente è parzialmente delimitata, nel senso che la presenza di muscoli e ossa (tipo la scapola e la clavicola, che costituiscono quello che noi definiamo cingolo scapolare) delimitano solo parzialmente superiormente la cavità toracica. Vediamo però che i polmoni passano al di sopra della cavità toracica ed entrano in una cavità ulteriore, una regione che prende il nome di regione sovra-claveare o sovraclavicolare.
È vero che le cavità sono delimitate da pareti, ma non è detto che una cavità non può avere contatti con un’altra cavità; quindi, sebbene una cavità possa avere dei limiti, questo non impedisce che ci sia collegamento con altre cavità. E deve essere per forza così: tutte le cavità sono in connessione tra di loro. Ad esempio, l’aorta, l’esofago, la trachea, la vena cava inferiore dovranno passare dalla cavità toracica a quella addominale, e per fare ciò utilizzeranno particolari fori presenti nel diaframma per passare da una parte all’altra.
Quindi all’interno della cavità toracica, che è delimitata dalle coste antero-lateralmente, dal canale vertebrale posteriormente, dal diaframma inferiormente, sono presenti degli organi, che a loro volta sono contenuti in un’altra cavità.
La cavità toracica, infatti, comprende: le cavità pleuriche con i polmoni, il mediastino, spazio posto tra le pleure che a sua volta contiene la cavità pericardica con il cuore, la trachea, i bronchi, l’esofago, il timo. Quindi man mano io definisco delle cavità, e tutte queste cavità hanno dei limiti.
Perché si può parlare di cavità addominopelvica? Il limite tra la cavità addominale e la cavità pelvica è il peritoneo, che all’interno della cavità addominopelvica ha definito uno spazio intraperitoneale ed extraperitoneale. Tuto ciò che è contenuto al di sopra del diaframma più o meno fa parte di quella che è la cavità addominale.
La cavità addominale contiene: fegato, cistifellea, stomaco, intestino, milza, reni e ureteri.
La cavità pelvica contiene: la vescica urinaria, organi dell’apparato genitale (in questo caso se parliamo di un apparato genitale femminile troveremo l’utero, le tube e le ovaie, mentre se parliamo di apparato genitale maschile sarà presente la prostata) e parte dell’intestino crasso(ossia il sigma e il retto).
Spazi meningei
Le meningi sono tre strutture che coprono il sistema nervoso centrale, e siccome parleremo abbondantemente delle meningi per ora le lasciamo perdere.
Ciò che possiamo anticipare è che la presenza di tre meningi sovrapposte consente teoricamente di riconoscere degli spazi meningei.
Quali sono i rilievi e gli avvallamenti delle ossa?
-Le apofisi sono delle sporgenze tozze e brevi con una base d’origine molto larga. Un esempio è la
porzione terminale dell’omero, oppure del femore.
Le tuberosità sono sporgenze arrotondate che originano con una base larga e non ben delimitata. Formazione che protrude dalla formazione dell’osso. Le tuberosità possono avere diverse dimensioni, se sono più piccole vengono chiamate tubercoli. Possono anche presentare delle sporgenze chiamate processi (che hanno una radice stretta). Un esempio è il processo xifoideo, che ha l’aspetto di una specie di uncino. Esiste anche il processo coronoideo, così come anche l’acromion.
Esistono anche dei rilievi chiamati spine, sporgenze brevi che terminano a punta. Ad esempio, lo sono la spina della scapola o la spina iliaca.
La vertebra ha dei processi trasversi che sono processi spinosi, però in alcuni casi assumono anche un’altra caratteristica: siccome sono trasversali rispetto alla struttura dovremmo chiamarli processi spinosi trasversi, ma sarebbe troppo lungo, quindi dobbiamo togliere il prefisso “spinoso” e li chiameremo soltanto processi trasversi. Ricapitolando, sono rilievi: le APOFISI, le TUBEROSITA’ e i TUBERCOLI, i PROCESSI e le SPINE.
-AVVALLAMENTI.
Trattasi di depressioni ossee. Gli avvallamenti si distinguono in: SOLCHI (sottili e a margini stretti), FOSSE ( fessurazioni arrotondate) e DOCCE ( fessurazioni allungate).
Come vengono classificate le sinartrosi?
In base alla interposizione di tessuto tra un osso e l’altro, noi possiamo classificarle come:
-Sindesmosi: in cui c’è interposizione di tessuto connettivo fibroso Le sinfisi sono costituite da tessuto connettivo fibroso (o fibro-cartilagineo); In base alla formazione o alla forma delle ossa, potremo avere, nell’ambito delle sindesmosi, le suture.
-Sincondrosi (da “condros”=cartilagine) interposizione di cartilagine di tipo ialino L’accrescimento di un tessuto cartilagineo, essendo questo non vascolarizzato, è ovviamente molto più veloce. La cartilagine metafisaria è molto ridotta; questa metafisi si accresce notevolmente, dopodiché una volta finito quel tipo di accrescimento, la cartilagine viene sostituita da tessuto osseo, scompare la metafisi e si forma la sinostosi. Nella prima decade di vita, e fino alla seconda decade, il nostro corpo aumenta di dimensioni ma l’aumento della statura nella prima decade di vita è notevolmente maggiore rispetto alla seconda; infatti, se andassimo a confrontare un bambino che ha un anno e un bambino che ne ha tre anni, potremmo notare che ha quasi triplicato la sua altezza; questo vuol dire che, nei bambini molto piccoli, tutte queste ossa sono ricche di cartilagine metafisaria. L’accrescimento avviene gradualmente, quindi non ci può essere “mezzo metro” di cartilagine metafisaria, perché questo renderebbe l’osso instabile, quindi si avrà un piccolo accrescimento, una successiva sostituzione e poi una seconda fase di accrescimento. Si potrebbe pensare che l’accrescimento avvenga costantemente nel tempo, ma, in realtà, ci sono dei periodi in cui il bambino cresce di più, specialmente il periodo legato alla primavera-estate (per le condizioni ambientali, perché l’osso, per poter essere resistente, ha bisogno di vitamina D, che si produce grazie al Sole). Un bambino che ha avuto una frattura a legno verde (una frattura a legno verde significa una frattura in prossimità della metafisi) avrà una ripresa molto veloce, poiché la frattura si rimarginerà in tempi molto più brevi rispetto ad una frattura ossea tipica.;
-Sinòstosi: interposizione di tessuto osseo. In realtà quando c’è l’interposizione di tessuto osseo l’articolazione diventa completamente fissa; infatti, la sinostosi è l’evoluzione di una sindesmosi e di una sincondrosi, cioè quando questa articolazione non deve più produrre il movimento, il tessuto connettivo fibroso, o la cartilagine ialina, viene sostituita da tessuto osso e questo crea la sinostosi. Questo è ciò che accade a livello del cranio (quando studierete il cranio, vedrete che il cranio di un neonato è costituito da ossa singole. Queste ossa hanno la loro indipendenza, fino a che non si ha l’accrescimento osseo. Nel momento in cui non abbiamo più l’accrescimento osseo, quella cartilagine o quel tessuto fibroso viene sostituito da tessuto osseo e quindi l’osso diventa un’unica struttura).
-Sinfisi: c’è l’interposizione sia di cartilagine ialina sia di connettivo fibroso quindi avremo una cartilagine ialina fibro-elastica. Le sinfisi le abbiamo soltanto
in due parti corporee: una è rappresentata dai 2 margini anteriori delle due ossa pubiche che saranno articolate tra di loro mediante l’interposizione di una sinfisi detta pubica.
L’altra sinfisi la andiamo a trovare a livello dei corpi vertebrali.
La colonna vertebrale è fatta dalla sovrapposizione di vertebre. Una parte delle vertebre che chiameremo corpo della vertebra, in cui c’è una parte bianca che è costituita dalla deposizione di anelli fibro-cartilaginei, disposti in maniera concentrica, a cipolla. Al centro, abbiamo una struttura di tipo
connettivale, che prende il nome di nucleo polposo, contenente una maggior concentrazione di tessuto connettivo denso (non più fibro-cartilagineo) che ha un ruolo molto importante, ossia quello di poter permettere dei piccoli scivolamenti tra una vertebra e l’altra, permettendo i movimenti di flessione ed estensione del corpo; se non avessimo l’interposizione della sinfisi, noi avremmo due ossa simili a due mattoni, vicine tra loro ma che non si possono muovere.
Perché abbiamo interposizione di tessuto fibro-cartilaginea tra le due ossa pubiche?
È importante che ci sia perché le due ossa pubiche chiudono anteriormente il canale del parto. Questa struttura fibro-cartilaginea, grazie poi all’azione degli ormoni (soprattutto del progesterone) diventa molto più imbibita di acqua e dunque più morbida; in questo modo, noi possiamo ampliare la dimensione del bacino e, quindi, permettere il passaggio del feto. Nell’uomo, nonostante non partorisca, è presente lo stesso perché la struttura corporea è più o meno la stessa. Inoltre, abbiamo anche la formazione della sinfisi che seppur abbia meno importanza, dobbiamo considerare che sulle ossa del bacino si inseriranno una serie di muscoli che costituiranno il pavimento pelvico e, attraverso lo stretto inferiore, passa il canale anale e l’uretra che sono organi mobili, la cui mobilità dipende proprio dalla presenza di queste strutture.
Che cosa differenzia in termini costitutivi il tessuto cartilagineo dal tessuto connettivo lasso, che fa sì che la cartilagine abbia una consistenza maggiore? Quando i fibroblasti si trasformano in condroblasti, si creano delle cellette, tant’è che parleremo di lacune cartilaginee, che hanno una maggior concentrazione di sostanze, e quindi una maggior concentrazione di matrice rispetto ad un tessuto connettivo in cui la matrice è costituita dalla fase disperdente (fase acquosa) con la disposizione di fibre connettivali. Nella cartilagine, queste lacune assumono una struttura molto più complessa rispetto al connettivo, rendendo tutto più stabile, grazie anche alle fibre elastiche; dunque, le caratteristiche sono completamente diverse dalla formazione connettivale.
Come si classificano le suture?
Per quanto riguarda invece le suture, esse possono avere forme differenti. Le suture sono delle articolazioni non mobili, in cui dapprima ci può essere l’interposizione di tessuto connettivo o cartilagineo, e poi subiranno un processo di sinostosi.
A seconda della loro morfologia, quindi della loro forma, le suture possono avere una forma armonica, una forma
dentata o una forma squamosa.
- La forma armonica è quella in cui ci sono i due capi ossei che si affiancano, che hanno delle strutture piuttosto lisce (per esempio le due ossa nasali, che si avvicinano all’osso frontale e tra di loro in una regione più o meno pianeggiante chiamata glabella).
-Poi abbiamo delle suture che invece sono definite squamose. Ne è un esempio l’osso temporale: il cui margine interno è meno esposto ed è più
sottile rispetto al margine esterno; questo vuol dire che, quando due
ossa si avvicineranno (in questo caso l’osso temporale, le due ossa parietali e parte dell’osso frontale, e dell’osso zigomatico), c’è la sovrapposizione di un osso su un altro, come le squame di un pesce: le squame sono sovrapposte in maniera tale da non lasciare spazio. Quindi, quando è presente questo tipo di taglio, non parallelo all’asse dell’osso e quindi inclinato, vuol dire che un osso si sovrappone rispetto all’altro: questa è una sutura di tipo squamoso.
-Poi abbiamo quella che noi chiamiamo sutura vera e propria, che in realtà dovremmo chiamare sutura dentellata. Con il termine sutura, semplicemente intendiamo dei margini ossei che presentano una dentellatura, che è il negativo dell’altra estremità dell’osso che sta vicino, con il quale si va ad articolare; questi denti si devono incastrare tra di loro, dapprima con interposizione di tessuto fibroso o tessuto cartilagineo e poi con una specie di saldatura di tipo osseo. Questo è quello che accade a tutte le ossa della testa.
Questo è l’osso frontale.
La dentellatura si incastra tra le varie ossa.
Posteriormente è presente l’osso occipitale.
Questa linea così frastagliata è una sutura tra le due ossa parietali e prende il nome di sutura sagittale. Attraverso questa sutura, facciamo passare il piano sagittale; quindi, questa sutura si troverà esattamente nella posizione mediana del nostro corpo.
La sutura presente posteriormente, tra le due ossa parietali e l’osso posteriore occipitale, forma un lambda tanto che è chiamata sutura lambdoidea. Infine, c’è la sutura con l’osso frontale chiamata sutura coronale, attraverso la quale passa il piano frontale.
Nel cranio di un neonato le suture non ci sono. Si possono osservare benissimo singolarmente le varie ossa, tra cui le due ossa parietali. L’osso frontale nasce come due ossa separate che poi, medialmente, si uniscono in questa sutura chiamata sutura metopica, che poi
scompare con un processo di ossificazione, per cui l’osso frontale diventerà un unico osso. Dove si incrociano le varie ossa, per esempio tra le due ossa frontali e le due ossa temporali, c’è molto spazio.
Questo spazio ha una forma triangolare e ne abbiamo uno a livello laterale, tra l’osso temporale e l’osso occipitale, e uno posto posteriormente a livello della sutura lambdoidea. Questi spazi prendono il nome di fontanelle e sono costituite da tessuto connettivo.
Come possiamo classificare le diartrosi dal punto di vista morfologico e morfofunzionale?
Dal punto di vista morfologico possiamo definire le diartrosi, in:
-Semplici: avvolte da un’unica capsula articolare, qui l’articolazione viene definita come bi-ossea mono-cavitaria;
-Composte: le due cavità sono separate da un disco, infatti l’articolazione è definita bi-ossea bi-cavitaria;
-Complesse: articolazione poli-ossea es. gomito che ha una cavità e carpo che ha tantissime cavità.
Dal punto di vista morfofunzionale possiamo effettuare un’ulteriore classificazione delle diartrosi.
-Un capo osseo di forma sferica è contenuto in una cavità di forma sferica e ruota in essa, in questo caso possiamo svolgere movimenti in tutti e tre gli assi e rotazione pari a 360 gradi. Questa è l’articolazione più mobile del nostro corpo ed è chiamata enartrosi (o diartrosi sferica) es. articolazione coxo-femorale e gleno-omerale, che sono le nostre due articolazioni più mobili nel corpo.
-il capo osseo ha una forma di ellissoide e di conseguenza può eseguire movimenti solo in un’asse (molto spesso sull’asse minore) e questi piccoli movimenti sono di tipo angolare. Questa articolazione è chiamata condilartrosi. (es. temporomandibolare)
-articolazione a sella: in questo caso una struttura ad arco entra in una struttura arciforme. Possiamo fare movimento solo su un’asse trasversale e anche in questo caso è di tipo angolare. Es. articolazione tra sterno e clavicola.
- struttura a forma di cilindro ruota all’interno di un altro cilindro dando vita ad una ginglimo laterale o trocoide, in cui due ossa sono disposte in maniera parallela, un osso è disposto in un cavità e può ruotare in essa. es. radio e ulna
-oppure possiamo avere sempre i due cilindri, ma la rotazione avviene su un’asse trasversale rispetto ai capi ossei, in questo caso parliamo di un’articolazione ginglimo angolare o troclea con un movimento di tipo angolare. Es. omero e ulna che causano flesso estensione avambraccio su braccio
-possiamo avere anche due superfici articolari pianeggianti possono solo scivolare una sull’altra generando piccolissimi movimenti. Queste articolazioni sono chiamate artrodie.
Bisogna fare attenzione quando definiamo l’articolazione del ginocchio; il femore ha l’epifisi distale terminante con due condili (superficie leggermente concava che si inserisce in una convessa), in questo caso posiamo definire l’articolazione tra femore e tibia come doppia condilartrosi, poiché i due condili si muoveranno in sincrono possiamo definirla come una troclea, in quanto in entrambi i casi abbiamo un movimento di tipo angolare.
Come possiamo classificare i muscoli?
Possiamo classificare i muscoli dal punto di vista morfologico:
-i muscoli classici hanno un ventre muscolare che termina con due inserzioni tendinee che rappresentano un sistema di ancoraggio del muscolo sulle ossa;
-altri da un lato hanno un unico tendine, dall’altro il lato si biforca(bicipite) determinando due movimenti che possono anche essere diversi; se un muscolo ha tre capi parliamo di tricipite, se ne ha quattro di quadricipite;
-muscolo digastrico è formato da due ventri aventi ciascuno un tendine di inserzione proprio e uno in comune; contraendosi ogni parte genererà un movimento diverso, ad esempio è presente in muscoli della masticazione dove ciascun ventre è innervato da un nervo diverso;
-muscolo sartorio è un muscolo molto particolare, è sottile a forma di s e permette movimenti particolari come l’accavallamento delle gambe;
-muscolo pennato invece da una parte ha un tendine che origina dall’estremità mentre dall’altra il tendine si approfonda nelle fasce muscolari e può avere singola o multipla forma, il deltoide ad esempio è un muscolo tripennato che ha tre capi inseriti in scapola, acromion e clavicola;
-muscoli nastriformi hanno tendini che non hanno più forma di cordoncino ma di nastro, in questo caso non si parla più di tendini ma di aponevrosi, come nel caso del muscolo del grande pettorale; un altro esempio è il muscolo retto dell’addome che è sempre un muscolo di tipo laminare ma a differenza che nel muscolo del grande pettorale, le aponevrosi non sono disposte ai lati ma in maniera trasversale rispetto al muscolo. Questi muscoli svolgono un azione di movimento ma anche di contenimento (sostituiscono la componente scheletrica): ciò spiega perché le fasce addominali sono molto imponenti, proprio perché se abbiamo un rilassamento del muscolo retto dell’addome abbiamo una prominenza del ventre (data dall’accumulo di tessuto adiposo) ciò determinerà una presenza troppo imponente della “pancia”, costituita da tessuto adiposo e il muscolo retto dell’addome non riesce più a svolgere la propria funzione.
-muscoli a disposizione circolare sono gli unici che non seguono la regola del fulcro, creano un diametro centrale, vengono definiti orbicolari e quando si contraggono riducono il proprio diametro e ciò serve a spostare in avanti o indietro alcuni elementi;
-muscoli sfinteri contraendosi chiudono il lume e permettono ad esempio l’apertura dell’apparato digerente e urinario.
Quali sono gli organi accessori alle diartrosi?
Affinché le ossa si articolino in una diartrosi è necessario che ci sia congruità, ossia che abbiano la stessa forma per muoversi e determinare l’esecuzione di un giusto movimento; quando questo non avviene si ricorre agli organi accessori. Questi sono:
-Cercine: permette l’ampliamento della cavità, creando un ambiente più idoneo per contenere completamente l’osso, grazie a tessuto fibroso cartilagineo che va a formare delle strutture concentriche che donano anche maggior sostegno all’osso. Ciò è particolarmente evidente nella cavità glenoidea nell’articolazione della spalla: in questo caso la testa dell’omero è 5 volte più grande della cavità in cui deve essere contenuta. La presenza di questi cercini permetterà l’ampliamento della cavità stessa.
es. fossa acetabolare che si dovrà articolare con testa del femore
-Legamenti fibrosi: costituiti da tessuto connettivo denso fibroso con fasci disposti in maniera parallela così da conferire maggiore resistenza alla trazione, hanno il ruolo di stabilizzare l’articolazione ed impedire la dislocazione dei capi ossei durante il movimento. Fungono anche da supporto alla capsula articolare.
E’ utile ricordare che i legamenti collaterali non permettono intra ed extra rotazione maggiore di quella consentita
es. legamento pettineo
-Dischi e menischi: poiché le ossa che vanno a contatto non hanno sempre la stessa forma, andando a creare troppo spazio tra loro con eventuale rischio di dislocazione, i dischi e menischi, strutture fibrocartilaginee, vanno a riempire questo spazio vuoto. I dischi vanno da una parte all’altra della capsula suddividendola in due capi articolari mentre nei menischi non sono delle interruzioni in questa forma sferica.
es. ginocchio ha due menischi (laterale e mediale)
-Borse sinoviali (o “mucose”): possono essere considerati come dei “palloncini” riempiti di sostanza gelatinosa (esempio della prof) che riempiono spazio che, altrimenti, potrebbe determinare la dislocazione dei capi ossei, grazie a liquido gelatinoso. La loro capacità deve essere quella di poter essere compresse ma non danneggiate così da attutire i movimenti. Può succedere che il troppo attrito comporti processi infiammatori per le borse, dando una patologia nota come borsite; l’infiammazione viene definita con la regola delle tre R che corrispondono in italiano a dolore, rossore e calore.
es. borse sinoviali presenti nell’arto interiore e superiore
-Guaine tendinee: stabilizzano articolazione formando un’unità funzionale con capsula e legamenti pur rimanendo elementi singoli. Parteciperanno tutti quindi, alla funzione dell’articolazione stessa.
Quali sono i tre tempi di abduzione dell’arto superiore?
Questi movimenti si eseguono sull’asse sagittale e sul piano frontale, noi allontaniamo l’arto dall’asse sagittale. Il movimento massimo di abduzione è pari ad un angolo di 180°, tuttavia, per eseguirlo dobbiamo utilizzare una serie di articolazioni ed una serie di muscoli, per capire questo concetto, dobbiamo suddividere l’abduzione in 3 tempi:
*primo tempo: va da 0° a 90°, qui l’articolazione interessata è la gleno-omerale. A 90° il trochite viene a trovarsi al di sotto dell’acromion, per questo l’articolazione si blocca. Per questo movimento descritto vengono coinvolti i muscoli deltoide e sovraspinato. Ricordiamo anche il fenomeno dell’impingement (durante i movimenti di abduzione ci può essere uno stress, soprattutto del muscolo sovraspinato, in quanto, durante questi movimenti si viene a trovare tra l’acromion superiormente e la testa dell’omero, in particolare il trochite. Avviene che, andando a “sbattere” costantemente, si può venire a trovare in una situazione di conflitto)
*secondo tempo: per poter proseguire con il movimento, scomodiamo l’articolazione sterno-clavicolare e acromion-clavicolare assistiamo allo spostamento esterno dell’angolo inferiore della scapola (movimento a campana). Di conseguenza l’acromion si sposta verso l’alto liberando il trochite, e permettendo di abdurre fino ad un massimo di 150°. In questa situazione intervengono altri due muscoli diversi dai precedenti che sono: il trapezio ed il gran dentato.
*terzo tempo: per poter eseguire il massimo dell’abduzione incliniamo i muscoli dorsali controlaterali. Il movimento lo possiamo eseguire con tutti e due gli arti, tuttavia, quando eseguiamo un movimento fino ai 150° andiamo a considerare le articolazioni del lato interessato o di entrambi, mentre quando l’abduzione arriva a 180° abbiamo la necessità di utilizzare la regione del tronco (mediante un movimento di estensione) per completare il processo.
Con questa ultima dimostrazione, possiamo sottolineare un aspetto: quando noi compiamo un movimento non utilizziamo MAI solo i tre muscoli che teoricamente sono interessati, c’è sempre anche l’interazione di altri muscoli accessori al movimento stesso se la nostra intenzione finale è quella di abdurre l’arto fino ai 180° (è come se il processo fosse continuo e consequenziale: inizia il primo tempo e prima che finisca incomincia già il secondo, così anche alla conclusione del secondo inizia contemporaneamente il terzo, scomodando tutti i muscoli necessari al fine).
Parlami della cuffia dei rotatori
Descriviamo ora la cuffia dei rotatori. Essa è costituita da 4 muscoli: il sottoscapolare prende origine dal margine mediale della scapola ed occupa tutta la fossa sottoscapolare, per andare ad inserirsi al livello del trochine. Poiché si inserisce sul trochine, contraendosi accorcia i suoi fasci e può addurre e intraruotare il braccio spostando in basso la testa dell’omero. Quindi il muscolo adduce il braccio determinandone una rotazione interna o mediale.
Successivamente troviamo i muscoli sovraspinato, sottospinato e piccolo rotondo (quest’ultimo lo distinguiamo dal grande rotondo, che si trova al di sotto del piccolo, ma non prende parte alla cuffia dei rotatori).
Il muscolo sovraspinato (o sovraspinoso) occupa completamente la fossa sovraspinata e prende origine dal margine superiore mediale della scapola e si va ad inserire sul trochite. Esso abduce il braccio agendo in sinergia con il muscolo deltoide.
Ricapitolando: il sottoscapolare adduce e ruota internamente, il sovraspinoso abduce e ruota esternamente, pertanto, ha azione opposta.
Il muscolo sottospinato occupa la fossa omonima, si inserisce sulla faccetta media del trochine dopo essere passato al di sotto dell’acromion e dietro l’articolazione glenomerale; la sua azione sarà analoga al sovraspinato determinando con la sua contrazione la rotazione esterna del braccio. Stessa cosa il muscolo piccolo rotondo che origina in una superficie ossea posta tra la fossa sottospinata e il margine laterale della scapola, inserendosi nella faccetta anteriore del trochine e determina con la sua contrazione la rotazione laterale o esterna del braccio.
Parlami della clavicola
La nostra gabbia toracica presenta due ossa piatte: lo sterni e la clavicola. Essa è a forma di S allungata e con tre superfici. Riconosceremo una porzione superiore: si presenta piuttosto liscio (i muscoli che lo circondano sono piuttosto ampi, quindi questa sua struttura “liscia” non crea problemi con la loro interazione), ed una inferiore: qui c’è una depressione (che evidenzia la forma ad S) che viene definita solco succlavio. Il nome del solco è dovuto all’inserzione del muscolo presente in quella zona, il muscolo subclavium o succlavio. A livello terminale della porzione laterale (dove si inerisce il muscolo succlavio) c’è la tubercolosità coraicoidea che terminerà a sua volta con il processo coracoideo; continuando evidenziamo le due estremità dell’osso:
*Estremità laterale (acromiale): è un’estremità pianeggiante che si andrà ad articolare per mezzo di un’artrodia con l’acromion (processo della scapola);
*Estremità mediana (sternale): è un po’ più complessa, in quanto l’articolazione tra clavicola e sterno è un’articolazione a sella. Pertanto, questo lato presenterà una forma un po’ incavata per accogliere questo particolare tipo di articolazione con lo sterno stesso.
L’articolazione sterno-clavicolare (o sterno-claveare) è una diartrosi a sella, per cui osserviamo la cartilagine (in azzurro) e la presenza di due dischi articolari, i quali, dividono la cavità articolare in parte superiore ed inferiore. Ovviamente quest’articolazione è supportata e racchiusa all’interno della capsula articolare (non visibile in immagine perché tagliata) cui è ulteriormente rafforzata dal legamento sterno-clavicolare anteriore ed il legamento sterno-clavicolare posteriore. Quest’articolazione viene ancora rafforzata anche dal legamento costo-clavicolare. Quest’ultimo parte dalla faccia posteriore, in prossimità dell’origine della terminazione sternale, e si va ad inserire sulla cartilagine della prima costa. Tuttavia, dalla cartilagine della prima costa, prende origine un piccolo muscolo, il muscolo subclavium che si andrà ad inserire tra la clavicola e la scapola.
Per mezzo di quest’ultima articolazione vedremo che ci saranno degli scivolamenti verso l’alto, verso il basso della clavicola ed essa sarà la protagonista dell’interazione clavicola-scapola determinando il movimento a campana della scapola.
L’articolazione tra la clavicola e la formazione terminale della scapola (acromion) è un’artrodia che presenta quindi la sua capsula e le sue componenti, essa sarà supportata dal legamento coraco-clavicolare che nasce tra il processo coracoideo della scapola e della clavicola.
Parlami dell’articolazione del gomito
L’articolazione del gomito è data dalla combinazione di tre diverse articolazioni:
-giglimo angolare o troclea tra omero e ulna
-giglimo laterale o trocoide tra radio e ulna prossimalmente;
-condilartrosi ellissoidale tra omero e radio.
Le 3 articolazioni sono avvolte in un’unica capsula con dei legamenti che andranno a stabilizzare le articolazioni stesse, come i legamenti collaterali ulnari e radiali.
Consente movimenti di estensione e flessione dell’avambraccio, ma anche di rotazione, pronazione e supinazione di avambraccio e mano.
Radio e ulna sono come due cilindri dove un cilindro ruota in un altro cilindro; la struttura che fa ruotare è il legamento anulare mentre è stabilizzata dai legamenti collaterali mediale ulnare e laterale radiale. Il legamento collaterale radiale prende origine dal margine inferiore dell’epicondilo laterale dell’omero e va ad inserirsi al di sotto del collo del radio, confondendosi con il legamento anulare. Il legamento collaterale ulnare prende origine dal margine inferiore dell’epitroclea per andarsi a inserire al di sotto di quello che è il processo coronoideo.
Si ha anche il legamento quadrato come continuazione del legamento anulare per andare a inserirsi nella tuberosità ulnare. Al di sotto dell’olecrano c’è la borsa mucosa olecranica che lo protegge. Una fattura all’olecrano si può avere in seguito a traumi di molte cadute da moto o da bicicletta che possono determinare la frattura che porta ad immobilizzare il braccio che sarà inutilizzato in tutte le sue funzioni. Dalla foto si notano la membrana sinoviale che produce il liquido sinoviale, la situazione posteriore e anteriore in flessione.
Parlami del radio
Il radio, dell’estremità prossimale, risulta essere molto più piccolo dell’ulna, mentre al contrario succede all’estremità distale. Questo poiché il radio parteciperà principalmente all’articolazione radio-carpica, dove l’ulna non partecipa direttamente, infatti non si ha l’ulno-carpica.
Il radio può essere paragonato ad una colonna (come quelle che si trovano nelle chiese) con una struttura centrale sormontata da un capitello, cioè testa o capitello del radio; la testa del radio è cilindrica e subito dopo si restringe per dare origine a quello che è il collo del radio. La testa è completamente avvolta dalla cartilagine articolare e presenta una depressione, la cosiddetta la fossa della testa del radio. è quella che permette i movimenti di rotazione del condilo. Attorno al condilo si solleva un legamento anulare, il quale serve a creare un’articolazione trocoide, quindi due cilindri che ruotano uno sull’altro, che stabilizza l’articolazione radio-ulnare nella prono-supinazione. Medialmente c’è questa superficie rugosa, la tuberosità del radio, che si articola con una sindesmosi o sincondrosi con l’ulna stessa. Verso l’estremità distale, il radio assume una forma piuttosto triangolare, in cui si possono osservare una faccia posteriore, un margine posteriore, una faccia posto-laterale, una faccia postero-mediale, una faccia inferiore, una faccia volare o anteriore.
Sul margine mediale c’è una formazione piuttosto appuntita, detta cresta interossea, che serve a dare inserzione alla membrana interossea. Si tratta di una sorta di nastro di natura fibro-connettivale che si verrà a creare tra radio e ulna. Inferiormente il radio si apre per generare una struttura piramidale e presenta posteriormente un tubercolo dorsale che termina lateralmente con un processo che prende il nome di processo stiloideo. Medialmente c’è l’incisura ulnare per l’articolazione con l’ulna.
Parlami dell’ulna
Anche l’ulna assume una forma cilindrica, tozza in prossimità dell’epifisi prossimale. Sulla faccia posteriore c’è un processo tozzo di nome olecrano che a sua volta prevede un ulteriore processo a forma spinosa detto spina dell’olecrano, ma in realtà si considerano insieme come unico processo. Posteriormente è rivestito da periostio, mentre anteriormente ricorda il becco di un’aquila; infatti presenta questo processo appuntito e subito medialmente e anteriormente ha una incisura trocleare che ruota attorno alla troclea. (La si può immaginare prendendo due bicchieri di plastica leggermente allargati all’apice dove si beve. Mettiamo uno sull’altro i due bicchieri con le basi coincidenti, creando un tipo di clessidra con i due poli più stretti, dove l’incisura trocleare ruota e le due estremità che formano l’olecrano)
Anteriormente e medialmente l’ulna termina con una sporgenza simile ad un uncino, chiamato processo coronoideo, che si inserirà nella fossa coronoidea dell’omero. Medialmente vi è tuberosità ulnare che si articola con il radio. La struttura è liscia e darà inserzione a molti muscoli. Inferiormente presenta una struttura simile ad un condilo che si legherà al radio che è l’unico a ruotare. Anche l’estremità distale dell’ulna presenta un processo spinoso stiloideo.
Gli elementi salienti sono la fovea capitis (o fossa della testa del radio), la tuberosità radiale definita anche bicipitale perché si inserirà il tendine distale del muscolo bicipite, l’incisura ulnare del radio, processo coronoideo, olecrano e la tuberosità ulnare.
La base dell’epifisi distale del radio non è pianeggiante ma presenta due depressioni che sono una laterale per l’articolazione con lo scafoide e l’altra quadrangolare con l’osso semilunare. Queste due ossa della fila prossimale del carpo entreranno nella costituzione della articolazione radio-carpica.
L’ulna ha lunghezza maggiore rispetto al radio perché il radio si inserisce inferiormente al processo coronoideo e si vedono la sua testa e il suo collo con il legamento anulare del radio. Nell’immagine si vedono le due ossa nelle posizioni funzionali, nella supinazione le due ossa sono parallele mentre nella pronazione la testa del radio ruota attorno all’ulna e formano una specie di x incrociandosi. Questo è il motivo per cui tra le due ossa c’è uno spazio occupato da una membrana interossea, una sindesmosi di tessuto connettivo che stabilizza le due ossa durante i movimenti di prono-supinazione. Durante la supinazione processo stiloideo risulta essere sullo stesso piano dell’ulna, invece in pronazione si dispone anteriormente a quella che è l’ulna. La testa del radio si trova in connessione con il processo coronoideo e come sulla faccia anteriore dell’ulna si trova la cartilagine articolare.