Anatomia Flashcards

1
Q

Come sono disposti i diversi strati in un organo?

A

Dal lume verso l’esterno avremo:
-TONACA MUCOSA: formata da:
-epitelio di rivestimento: ha una funzione protettiva e
regolatoria degli scambi intercellulari;
-membrana basale e lamina propria: tessuto connettivo con
funzione trofo-meccanica; qui si trovano la maggior parte
delle ghiandole;
-muscolaris mucosae: tessuto muscolare liscio;
-TONACA SOTTOMUCOSA: formata da tessuto connettivo lasso;
-TONACA MUSCOLARE: formato da fibre con diverso orientamento, nell’apparato digerente ha funzione peristaltica e peristolica (permette al contenuto dell’organo di avanzare);
-TONACA SIEROSA O AVVENTIZIA: tessuto connettivo denso, serve all’organo per legarsi ai mezzi di fissità; essa è formata da:
-mesotelio: è la parte più esterna composta da epitelio pavimentoso semplice non vascolarizzato. Essendo un epitelio è in grado di produrre liquido sieroso e poggia su una lamina basale che prende il nome di strato sottomesoteliale;
-strato sottomesoteliale: è lo strato di connettivo denso su cui poggia l’epitelio, con funzione di sostegno. A differenza del mesotelio è sia vascolarizzato che innervato e costituisce lo strato più esterno dello strato connettivale che prende il nome di strato sottosieroso;
-strato sottosieroso: strato di connettivo che si pone tra la tonaca sierosa e la tonaca muscolare.

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2
Q

Qual è la differenza tra organo pieno ed organo cavo?

A

-Organo pieno: non delimita alcuna cavità;
-Organo cavo: delimita una cavità. Esempi sono la trachea, i bronchi e l’esofago. La cavità dell’organo è delimitata da pareti. Queste pareti possono avere forme e dimensioni differenti, ma anche forma e dimensioni che possono funzionalmente variare nel tempo a seconda dell’attività dell’organo. In ogni caso la cavità prende il nome di lume: può essere sempre uguale (costante) come avviene nei bronchi, dove si trovano anelli cartilaginei che delimitano un lume costante, definito anche lume reale.
Nell’esofago, invece, le pareti sono un po’ collassate su loro stesse: il lume è molto piccolo, quasi virtuale. Ma quando attraverso l’esofago deve passare il bolo alimentare queste pareti si stirano e di conseguenza il lume aumenta le proprie dimensioni. Quindi possiamo ulteriormente distinguere gli organi cavi, in organi che hanno un lume costante, da organi che hanno un lume variabile come l’uretra, vescica, vasi sanguigni.

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3
Q

Come sono disposti gli strati nei vasi sanguigni?

A

Dall’interno verso l’esterno avremo:
-TONACA INTIMA (corrispondente alla tonaca mucosa): distinta in endotelio e strato sottoendoteliale, l’omeostasi di questa tonaca è fondamentale, poichè il suo malfunzionamento può portare alla formazione di trombi;
-TONACA MEDIA (corrispondente alla tonaca muscolare): ha la funzione di regolare la vasocostrizione e la vasodilatazione;
-TONACA AVVENTIZIA: è sede dei vasa vasorum

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4
Q

Quali sono i due mesi del peritoneo?

A

In particolare, il peritoneo, ha avvolto il fegato prima nella faccia anteriore e poi nella faccia inferiore, va nella faccia posteriore, torna indietro e avvolge la parte anteriore dello stomaco ma dietro c’è il foglietto posteriore. Il foglietto anteriore, che si avvicina a quello posteriore, dopo aver rivestito la faccia posteriore del fegato e anteriore dello stomaco, forma il primo meso che prende il nome di PICCOLO OMENTO. Poi passa a rivestire anteriormente lo stomaco, va verso la parte posteriore dello stomaco ma incontra il peritoneo che torna indietro per rivestire il colon trasverso. Qui andrà a costituire quello che noi chiamiamo il mesocolon trasverso (i due foglietti si sono avvicinati). Poi dal meso colon trasverso si forma una specie di grembiule che scende anteriormente che chiamiamo GRANDE OMENTO (quindi il grande omento è un altro foglietto).
Il meso è l’affiancarsi di due foglietti peritoneali parietali NON VISCERALI. I mesi sono fondamentali perché all’interno dei mesi passano vasi, nervi, dotti escretori se ci sono, sono un po’ la porta di ingresso e di uscita. In particolare, la presenza del colon determinerà una regione che si trova al di sopra del mesocolon che chiameremo REGIONE SOVRAMESOCOLICA ed una regione che si chiama al di sotto del meso del colon, REGIONE SOTTOMESOCOLICA. Nella regione sovramesocolica il comportamento del peritoneo e del piccolo omento darà origine ad una serie di legamenti: il legamento epato-gastrico ed epato-duodenale che saranno attraversati da vasi e nervi.

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5
Q

Quali sono le fibre connettivali?

A

Le fibre collagene: Queste sono proteine, le cui unità fondamentali sono costituite da microfibrille di tropocollagene. Queste proteine sono come una collana di perle, dove le perle si dispongono una dietro l’altra: si ottengono delle collane di tropocollagene e quindi le fibre collagene.
Le fibre collagene possono essere disposte in maniera parallela e diventano più resistenti alla trazione e flessibili: questo tipo di disposizione si trova nei tendini, nei legamenti. Si può immaginare la disposizione di queste fibre come quella presente all’interno delle corde delle corde di iuta, costituite da tanti filamenti di iuta molto sottili, che vengono resi paralleli e poi intrecciati. Intrecciando piccoli filamenti con altrettanti piccoli filamenti, questi divengono sempre più grandi e otteniamo la dimensione di un cavo, che può essere differente a seconda dell’uso. La stessa situazione, anche se non c’è l’intreccio, la abbiamo per tendini e legamenti: quindi la disposizione parallela la troviamo principalmente nei tessuti connettivi associati al tessuto osseo e al tessuto cartilagineo. Ciò non vuol dire che altre piccole strutture con disposizione simile non siano presenti nel nostro corpo, saranno presenti lo stesso, ma in maniera meno abbondante. Quando le fibre collagene si dispongono in maniera intrecciata, si parla di fibre reticolari; costituiscono una rete che ha il compito di contenimento. Gli organi devono avere una rete in cui le cellule del parenchima (costituito da cellule funzionali di tipo epiteliale) trovano la propria sede e il proprio sostegno, altrimenti non potrebbero svolgere la propria funzione. Di solito le fibre reticolari si trovano negli organi pieni quali il fegato, il pancreas, il polmone e così via. Invece negli organi cavi, che presentano una cavità al proprio interno, come lo stomaco, l’intestino, i vasi, la trachea, i bronchi, la faringe, vi sono sempre cellule epiteliali di rivestimento, poggianti sulla lamina basale, costituita da tessuto connettivo, che avendo funzione trofica (di sostegno) presenta una disposizione reticolare delle fibre.
Le fibre elastiche sono anch’esse costituite da proteine, in questo caso rappresentate dall’elastina. Le fibre elastiche devono conferire molta mobilità e dare la possibilità all’organo di poter ritornare nella sua posizione originaria in seguito ad uno stimolo.

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6
Q

Quali sono le funzioni del tessuto connettivo?

A

-Meccaniche di sostegno= parleremo di stroma degli organi: l’impalcatura entro la quale le cellule funzionali di un organo si organizzeranno (suddivisione in lobi/lobuli);
-Trofica: Nutrimento, all’interno del tessuto connettivo avvengono gli scambi di ossigeno e anidride carbonica, vengono inviate sostanze nutritive alle cellule e dalle cellule, le scorie vengono immesse nel connettivo che è anche la zona in cui passano i vasi che si portano all’organo diramandosi in vasi sempre più piccoli.
-Riserva: Il tessuto connettivo ha anche una grande quantità di sali minerali e lipidi. Ad esempio il tessuto adiposo è un tessuto connettivo, che rappresenta per noi una ‘centrale nucleare’: una riserva di energia che accumuliamo sotto forma di trigliceridi e mediante sistemi biochimici trasformiamo questo grasso in carboidrati, zuccheri, e infine glucosio, che viene utilizzato nel ciclo di Krebs.
Il tessuto connettivo è anche una grande riserva di calcio, soprattutto il tessuto osseo: il nostro magazzino di calcio più importante.
-Difesa: contro batteri con la produzione di anticorpi; nel tessuto connettivo sono depositati anche i macrofagi, ma fanno parte dei tessuti connettivi anche il sangue e la linfa, dove le funzioni antigeniche fanno da padrone.

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7
Q

Come vengono classificati i tessuti connettivi in base alla loro funzione?

A

-Tessuti connettivi propriamente detti: che svolgono principalmente la funzione di connessione e in questo caso, a seconda della disposizione delle fibre e dell’acqua contenuta nella sostanza amorfa, si parla di tessuto connettivo fibrillare lasso, fibrillare denso, reticolare, ma si può avere anche la mescolanza di questi due elementi. In alcuni casi c’è anche abbondanza di fibre connettivali elastiche, per cui si parla di tessuto connettivo elastico: ad esempio i vasi sanguigni. Le arterie hanno uno strato a cui daremo il suo nome, in cui ci sono molte fibre elastiche, perché l’aorta, che è la nostra arteria principale, quando riceve il sangue dal cuore, che è ad una pressione altissima, non 120-140 che viene misurata al livello dell’arteria brachiale, ma è molto più alta, circa 200. E man mano che si allontana dal cuore la pressione decade. Quindi per non rompersi, l’aorta deve contenere un gran numero di fibre elastiche, cosicché quando arriva la gittata ematica si dilatano, quando passa ritornano nella posizione di partenza. Quando questo sistema non funziona più bene si ha l’arteriosclerosi: irrigidimento dei vasi che determina per questioni fisiche l’aumento della pressione sanguigna.
Un tessuto particolare è quello adiposo, che contiene le cellule adipose, che sono particolari cellule caratteristiche solo di questo tessuto.
-Tessuti di sostegno: Tessuto cartilagineo e tessuto osseo.
-Tessuti a funzione particolarmente trofica: il sangue e la linfa, sono tessuti particolari con delle proprie caratteristiche: non sono costituiti da strati di cellule, non hanno la sostanza amorfa, che è rappresentata dal plasma: un liquido in cui le cellule del sangue o della linfa si dovranno poter muovere.

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8
Q

Parlami genericamente del cuore

A

Il cuore si trova in una cavità chiamata mediastino, spazio compreso tra i due polmoni ed è avvolto da una sierosa, il pericardio. Il cuore è un muscolo striato che contraendosi, potrebbe dare luogo ad ipertrofia esattamente come tutti i muscoli striati sottoposti ad allenamento, ma questo, nel cuore, non avviene. Quindi viene ingabbiato in una struttura più rigida, una specie di tonaca avventizia, costituita da tessuto connettivo, anche detta pericardio fibroso, al cui interno troveremo la nostra sierosa con foglietto viscerale e parietale (di cui in seguito vedremo le peculiarità). Quindi nella parete del cuore, la tonaca avventizia è posta esternamente.
All’interno di un organo non possono coesistere tonaca sierosa ed avventizia ma il cuore fa eccezione in quanto presenta una pseudo tonaca avventizia (perché ha caratteristiche diverse) che chiameremo pericardio fibroso e una la tonaca sierosa, questo perché il cuore deve interagire con il diaframma ma, allo stesso tempo, non deve entrare in contatto con esso.
Il diaframma, infatti, si innalza e si abbassa mentre il cuore si contrae e si distende, quindi sono due organi che agiscono per fatti loro ma in contemporanea, garantendo che ognuno rimanga nella propria dimensione. Vedremo che ci sarà l’inserzione dei legamenti al diaframma che impediranno grossi movimenti del cuore durante l’espansione del diaframma.

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9
Q

Dove convergono tutti i mesi presenti nella cavità addominale?

A

Tutti i mesi convergono posteriormente come se fossero originati da un’unica struttura che è il mesentere. Il mesentere poi andrà a convergere verso il foglietto posteriore del peritoneo. Da qui poi il digiuno e l’ileo prenderanno il nome di intestino mesenterico.

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10
Q

Quali sono i tre piani in cui possiamo dividere il corpo umano?

A

-Piano sagittale (o mediano): un piano verticale che va dall’alto verso il basso, e che si chiama sagittale in quanto vedremo che passa attraverso una struttura che congiunge due ossa della volta cranica, le due ossa parietali, che prende il nome di sutura sagittale. Questo piano quindi parte dall’alto verso il basso e suddivide il corpo umano in due metà, una destra e una sinistra. Sebbene esternamente le due metà sembrano simili, quando vengono osservate internamente in realtà si possono notare delle differenze: il cuore è spostato verso la parte sinistra, il fegato sta sulla parte destra, lo stomaco sta a sinistra. Quindi il piano sagittale divide il corpo umano in due porzioni, un lato destro e un lato sinistro.
-Piano coronale (o frontale), anche questo piano è verticale dal basso verso il basso ed è perpendicolare al piano sagitale. Anche in questo caso il suo nome è dovuto al fatto che passa dalla sutura coronale tra l’osso frontale e le due ossa parietali. Questo piano si chiama frontale in quanto divide il copro umano in due metà, una metà anteriore (o ventrale) e una posteriore (o dorsale.
-Il piano orizzontale (o trasverso) lo conduciamo in una regione che prende il nome di piano bispinoiliaco, in quanto alle ossa dell’anca ci sono due formazioni che si chiamano spine iliache superiori. Questo piano trasversale, sempre perpendicolare agli altri due, suddivide il corpo umano in due metà: una superiore o craniale e una inferiore o caudale.
Partendo da questa suddivisione in piani è possibile tracciare tantissimi piani paralleli per ciascuno di questi tre assi del corpo.

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11
Q

Quali sono i principali termini di movimento che si utilizzano in anatomia?

A

Abbiamo detto che come termini di movimento che eseguo sull’asse trasversale, ma utilizzando il piano frontale, sono i movimenti di flessione e di estensione. L’estensione è l’allontanamento dall’asse frontale, mentre la flessione sarà il movimento di ritorno.
Naturalmente l’argomento è un po’ più complesso quando mi riferisco a segmenti corporei che si possono muovere tra di loro. È più semplice se io parlo di flessione di tutto l’arto superiore, mentre se faccio una flessione di parte dell’arto superiore, come soltanto dell’avambraccio, a questo punto devo aggiungere un concetto, ovvero quello di flessione dell’avambraccio sul braccio.
I movimenti di allontanamento dall’asse sagittale sono i movimenti di abduzione, mentre i movimenti di adduzione sono quelli di avvicinamento al piano sagittale.
Infine, se eseguo dei movimenti di rotazione sull’asse verticale, in questo caso sull’asse frontale, avrò i movimenti di torsione, che possiamo definire intrarotazione se mi avvicino all’asse sagittale o extrarotazione se mi allontano dall’asse sagittale.
A questo, solo per l’arto superiore, possiamo definire anche dei movimenti ulteriori: il movimento di supinazione, cioè di avvicinamento all’asse sagittale (o intrarotazione), e pronazione, cioè allontanamento (o extrarotazione).
Intrarotazione ed extrarotazione possono essere anche definiti come rotazione mediale o rotazione laterale. Parliamo comunque sempre della stessa cosa (rotazione mediale = intrarotazione; rotazione laterale = extrarotazione).

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12
Q

Quali sono i tre tipi di cavità presenti nella testa e nell’addome?

A

Spazi sierosi
Sono caratterizzati dalla presenza di una membrana sierosa (Tonaca Sierosa) unitaria, continua, organizzata in un Foglietto Parietale, che delimita perifericamente tali spazi, e un Foglietto Viscerale che riveste la superficie esterna degli organi contenuti in tali spazi.
Tra i due foglietti vi è una cavità sierosa virtuale, contenente poca quantità di liquido sieroso.
In linea generale la cavità toracica vedremo che sarà delimitata inferiormente dal diaframma e superiormente è parzialmente delimitata, nel senso che la presenza di muscoli e ossa (tipo la scapola e la clavicola, che costituiscono quello che noi definiamo cingolo scapolare) delimitano solo parzialmente superiormente la cavità toracica. Vediamo però che i polmoni passano al di sopra della cavità toracica ed entrano in una cavità ulteriore, una regione che prende il nome di regione sovra-claveare o sovraclavicolare.
È vero che le cavità sono delimitate da pareti, ma non è detto che una cavità non può avere contatti con un’altra cavità; quindi, sebbene una cavità possa avere dei limiti, questo non impedisce che ci sia collegamento con altre cavità. E deve essere per forza così: tutte le cavità sono in connessione tra di loro. Ad esempio, l’aorta, l’esofago, la trachea, la vena cava inferiore dovranno passare dalla cavità toracica a quella addominale, e per fare ciò utilizzeranno particolari fori presenti nel diaframma per passare da una parte all’altra.
Quindi all’interno della cavità toracica, che è delimitata dalle coste antero-lateralmente, dal canale vertebrale posteriormente, dal diaframma inferiormente, sono presenti degli organi, che a loro volta sono contenuti in un’altra cavità.
La cavità toracica, infatti, comprende: le cavità pleuriche con i polmoni, il mediastino, spazio posto tra le pleure che a sua volta contiene la cavità pericardica con il cuore, la trachea, i bronchi, l’esofago, il timo. Quindi man mano io definisco delle cavità, e tutte queste cavità hanno dei limiti.
Perché si può parlare di cavità addominopelvica? Il limite tra la cavità addominale e la cavità pelvica è il peritoneo, che all’interno della cavità addominopelvica ha definito uno spazio intraperitoneale ed extraperitoneale. Tuto ciò che è contenuto al di sopra del diaframma più o meno fa parte di quella che è la cavità addominale.
La cavità addominale contiene: fegato, cistifellea, stomaco, intestino, milza, reni e ureteri.
La cavità pelvica contiene: la vescica urinaria, organi dell’apparato genitale (in questo caso se parliamo di un apparato genitale femminile troveremo l’utero, le tube e le ovaie, mentre se parliamo di apparato genitale maschile sarà presente la prostata) e parte dell’intestino crasso(ossia il sigma e il retto).

Spazi meningei
Le meningi sono tre strutture che coprono il sistema nervoso centrale, e siccome parleremo abbondantemente delle meningi per ora le lasciamo perdere.
Ciò che possiamo anticipare è che la presenza di tre meningi sovrapposte consente teoricamente di riconoscere degli spazi meningei.

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13
Q

Quali sono i rilievi e gli avvallamenti delle ossa?

A

-Le apofisi sono delle sporgenze tozze e brevi con una base d’origine molto larga. Un esempio è la
porzione terminale dell’omero, oppure del femore.
Le tuberosità sono sporgenze arrotondate che originano con una base larga e non ben delimitata. Formazione che protrude dalla formazione dell’osso. Le tuberosità possono avere diverse dimensioni, se sono più piccole vengono chiamate tubercoli. Possono anche presentare delle sporgenze chiamate processi (che hanno una radice stretta). Un esempio è il processo xifoideo, che ha l’aspetto di una specie di uncino. Esiste anche il processo coronoideo, così come anche l’acromion.
Esistono anche dei rilievi chiamati spine, sporgenze brevi che terminano a punta. Ad esempio, lo sono la spina della scapola o la spina iliaca.
La vertebra ha dei processi trasversi che sono processi spinosi, però in alcuni casi assumono anche un’altra caratteristica: siccome sono trasversali rispetto alla struttura dovremmo chiamarli processi spinosi trasversi, ma sarebbe troppo lungo, quindi dobbiamo togliere il prefisso “spinoso” e li chiameremo soltanto processi trasversi. Ricapitolando, sono rilievi: le APOFISI, le TUBEROSITA’ e i TUBERCOLI, i PROCESSI e le SPINE.
-AVVALLAMENTI.
Trattasi di depressioni ossee. Gli avvallamenti si distinguono in: SOLCHI (sottili e a margini stretti), FOSSE ( fessurazioni arrotondate) e DOCCE ( fessurazioni allungate).

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14
Q

Come vengono classificate le sinartrosi?

A

In base alla interposizione di tessuto tra un osso e l’altro, noi possiamo classificarle come:
-Sindesmosi: in cui c’è interposizione di tessuto connettivo fibroso Le sinfisi sono costituite da tessuto connettivo fibroso (o fibro-cartilagineo); In base alla formazione o alla forma delle ossa, potremo avere, nell’ambito delle sindesmosi, le suture.
-Sincondrosi (da “condros”=cartilagine) interposizione di cartilagine di tipo ialino L’accrescimento di un tessuto cartilagineo, essendo questo non vascolarizzato, è ovviamente molto più veloce. La cartilagine metafisaria è molto ridotta; questa metafisi si accresce notevolmente, dopodiché una volta finito quel tipo di accrescimento, la cartilagine viene sostituita da tessuto osseo, scompare la metafisi e si forma la sinostosi. Nella prima decade di vita, e fino alla seconda decade, il nostro corpo aumenta di dimensioni ma l’aumento della statura nella prima decade di vita è notevolmente maggiore rispetto alla seconda; infatti, se andassimo a confrontare un bambino che ha un anno e un bambino che ne ha tre anni, potremmo notare che ha quasi triplicato la sua altezza; questo vuol dire che, nei bambini molto piccoli, tutte queste ossa sono ricche di cartilagine metafisaria. L’accrescimento avviene gradualmente, quindi non ci può essere “mezzo metro” di cartilagine metafisaria, perché questo renderebbe l’osso instabile, quindi si avrà un piccolo accrescimento, una successiva sostituzione e poi una seconda fase di accrescimento. Si potrebbe pensare che l’accrescimento avvenga costantemente nel tempo, ma, in realtà, ci sono dei periodi in cui il bambino cresce di più, specialmente il periodo legato alla primavera-estate (per le condizioni ambientali, perché l’osso, per poter essere resistente, ha bisogno di vitamina D, che si produce grazie al Sole). Un bambino che ha avuto una frattura a legno verde (una frattura a legno verde significa una frattura in prossimità della metafisi) avrà una ripresa molto veloce, poiché la frattura si rimarginerà in tempi molto più brevi rispetto ad una frattura ossea tipica.;
-Sinòstosi: interposizione di tessuto osseo. In realtà quando c’è l’interposizione di tessuto osseo l’articolazione diventa completamente fissa; infatti, la sinostosi è l’evoluzione di una sindesmosi e di una sincondrosi, cioè quando questa articolazione non deve più produrre il movimento, il tessuto connettivo fibroso, o la cartilagine ialina, viene sostituita da tessuto osso e questo crea la sinostosi. Questo è ciò che accade a livello del cranio (quando studierete il cranio, vedrete che il cranio di un neonato è costituito da ossa singole. Queste ossa hanno la loro indipendenza, fino a che non si ha l’accrescimento osseo. Nel momento in cui non abbiamo più l’accrescimento osseo, quella cartilagine o quel tessuto fibroso viene sostituito da tessuto osseo e quindi l’osso diventa un’unica struttura).
-Sinfisi: c’è l’interposizione sia di cartilagine ialina sia di connettivo fibroso quindi avremo una cartilagine ialina fibro-elastica. Le sinfisi le abbiamo soltanto
in due parti corporee: una è rappresentata dai 2 margini anteriori delle due ossa pubiche che saranno articolate tra di loro mediante l’interposizione di una sinfisi detta pubica.
L’altra sinfisi la andiamo a trovare a livello dei corpi vertebrali.
La colonna vertebrale è fatta dalla sovrapposizione di vertebre. Una parte delle vertebre che chiameremo corpo della vertebra, in cui c’è una parte bianca che è costituita dalla deposizione di anelli fibro-cartilaginei, disposti in maniera concentrica, a cipolla. Al centro, abbiamo una struttura di tipo
connettivale, che prende il nome di nucleo polposo, contenente una maggior concentrazione di tessuto connettivo denso (non più fibro-cartilagineo) che ha un ruolo molto importante, ossia quello di poter permettere dei piccoli scivolamenti tra una vertebra e l’altra, permettendo i movimenti di flessione ed estensione del corpo; se non avessimo l’interposizione della sinfisi, noi avremmo due ossa simili a due mattoni, vicine tra loro ma che non si possono muovere.
Perché abbiamo interposizione di tessuto fibro-cartilaginea tra le due ossa pubiche?
È importante che ci sia perché le due ossa pubiche chiudono anteriormente il canale del parto. Questa struttura fibro-cartilaginea, grazie poi all’azione degli ormoni (soprattutto del progesterone) diventa molto più imbibita di acqua e dunque più morbida; in questo modo, noi possiamo ampliare la dimensione del bacino e, quindi, permettere il passaggio del feto. Nell’uomo, nonostante non partorisca, è presente lo stesso perché la struttura corporea è più o meno la stessa. Inoltre, abbiamo anche la formazione della sinfisi che seppur abbia meno importanza, dobbiamo considerare che sulle ossa del bacino si inseriranno una serie di muscoli che costituiranno il pavimento pelvico e, attraverso lo stretto inferiore, passa il canale anale e l’uretra che sono organi mobili, la cui mobilità dipende proprio dalla presenza di queste strutture.
Che cosa differenzia in termini costitutivi il tessuto cartilagineo dal tessuto connettivo lasso, che fa sì che la cartilagine abbia una consistenza maggiore? Quando i fibroblasti si trasformano in condroblasti, si creano delle cellette, tant’è che parleremo di lacune cartilaginee, che hanno una maggior concentrazione di sostanze, e quindi una maggior concentrazione di matrice rispetto ad un tessuto connettivo in cui la matrice è costituita dalla fase disperdente (fase acquosa) con la disposizione di fibre connettivali. Nella cartilagine, queste lacune assumono una struttura molto più complessa rispetto al connettivo, rendendo tutto più stabile, grazie anche alle fibre elastiche; dunque, le caratteristiche sono completamente diverse dalla formazione connettivale.

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15
Q

Come si classificano le suture?

A

Per quanto riguarda invece le suture, esse possono avere forme differenti. Le suture sono delle articolazioni non mobili, in cui dapprima ci può essere l’interposizione di tessuto connettivo o cartilagineo, e poi subiranno un processo di sinostosi.
A seconda della loro morfologia, quindi della loro forma, le suture possono avere una forma armonica, una forma
dentata o una forma squamosa.
- La forma armonica è quella in cui ci sono i due capi ossei che si affiancano, che hanno delle strutture piuttosto lisce (per esempio le due ossa nasali, che si avvicinano all’osso frontale e tra di loro in una regione più o meno pianeggiante chiamata glabella).
-Poi abbiamo delle suture che invece sono definite squamose. Ne è un esempio l’osso temporale: il cui margine interno è meno esposto ed è più
sottile rispetto al margine esterno; questo vuol dire che, quando due
ossa si avvicineranno (in questo caso l’osso temporale, le due ossa parietali e parte dell’osso frontale, e dell’osso zigomatico), c’è la sovrapposizione di un osso su un altro, come le squame di un pesce: le squame sono sovrapposte in maniera tale da non lasciare spazio. Quindi, quando è presente questo tipo di taglio, non parallelo all’asse dell’osso e quindi inclinato, vuol dire che un osso si sovrappone rispetto all’altro: questa è una sutura di tipo squamoso.
-Poi abbiamo quella che noi chiamiamo sutura vera e propria, che in realtà dovremmo chiamare sutura dentellata. Con il termine sutura, semplicemente intendiamo dei margini ossei che presentano una dentellatura, che è il negativo dell’altra estremità dell’osso che sta vicino, con il quale si va ad articolare; questi denti si devono incastrare tra di loro, dapprima con interposizione di tessuto fibroso o tessuto cartilagineo e poi con una specie di saldatura di tipo osseo. Questo è quello che accade a tutte le ossa della testa.
Questo è l’osso frontale.
La dentellatura si incastra tra le varie ossa.
Posteriormente è presente l’osso occipitale.
Questa linea così frastagliata è una sutura tra le due ossa parietali e prende il nome di sutura sagittale. Attraverso questa sutura, facciamo passare il piano sagittale; quindi, questa sutura si troverà esattamente nella posizione mediana del nostro corpo.
La sutura presente posteriormente, tra le due ossa parietali e l’osso posteriore occipitale, forma un lambda tanto che è chiamata sutura lambdoidea. Infine, c’è la sutura con l’osso frontale chiamata sutura coronale, attraverso la quale passa il piano frontale.
Nel cranio di un neonato le suture non ci sono. Si possono osservare benissimo singolarmente le varie ossa, tra cui le due ossa parietali. L’osso frontale nasce come due ossa separate che poi, medialmente, si uniscono in questa sutura chiamata sutura metopica, che poi
scompare con un processo di ossificazione, per cui l’osso frontale diventerà un unico osso. Dove si incrociano le varie ossa, per esempio tra le due ossa frontali e le due ossa temporali, c’è molto spazio.
Questo spazio ha una forma triangolare e ne abbiamo uno a livello laterale, tra l’osso temporale e l’osso occipitale, e uno posto posteriormente a livello della sutura lambdoidea. Questi spazi prendono il nome di fontanelle e sono costituite da tessuto connettivo.

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16
Q

Come possiamo classificare le diartrosi dal punto di vista morfologico e morfofunzionale?

A

Dal punto di vista morfologico possiamo definire le diartrosi, in:
-Semplici: avvolte da un’unica capsula articolare, qui l’articolazione viene definita come bi-ossea mono-cavitaria;
-Composte: le due cavità sono separate da un disco, infatti l’articolazione è definita bi-ossea bi-cavitaria;
-Complesse: articolazione poli-ossea es. gomito che ha una cavità e carpo che ha tantissime cavità.

Dal punto di vista morfofunzionale possiamo effettuare un’ulteriore classificazione delle diartrosi.
-Un capo osseo di forma sferica è contenuto in una cavità di forma sferica e ruota in essa, in questo caso possiamo svolgere movimenti in tutti e tre gli assi e rotazione pari a 360 gradi. Questa è l’articolazione più mobile del nostro corpo ed è chiamata enartrosi (o diartrosi sferica) es. articolazione coxo-femorale e gleno-omerale, che sono le nostre due articolazioni più mobili nel corpo.
-il capo osseo ha una forma di ellissoide e di conseguenza può eseguire movimenti solo in un’asse (molto spesso sull’asse minore) e questi piccoli movimenti sono di tipo angolare. Questa articolazione è chiamata condilartrosi. (es. temporomandibolare)
-articolazione a sella: in questo caso una struttura ad arco entra in una struttura arciforme. Possiamo fare movimento solo su un’asse trasversale e anche in questo caso è di tipo angolare. Es. articolazione tra sterno e clavicola.
- struttura a forma di cilindro ruota all’interno di un altro cilindro dando vita ad una ginglimo laterale o trocoide, in cui due ossa sono disposte in maniera parallela, un osso è disposto in un cavità e può ruotare in essa. es. radio e ulna
-oppure possiamo avere sempre i due cilindri, ma la rotazione avviene su un’asse trasversale rispetto ai capi ossei, in questo caso parliamo di un’articolazione ginglimo angolare o troclea con un movimento di tipo angolare. Es. omero e ulna che causano flesso estensione avambraccio su braccio
-possiamo avere anche due superfici articolari pianeggianti possono solo scivolare una sull’altra generando piccolissimi movimenti. Queste articolazioni sono chiamate artrodie.
Bisogna fare attenzione quando definiamo l’articolazione del ginocchio; il femore ha l’epifisi distale terminante con due condili (superficie leggermente concava che si inserisce in una convessa), in questo caso posiamo definire l’articolazione tra femore e tibia come doppia condilartrosi, poiché i due condili si muoveranno in sincrono possiamo definirla come una troclea, in quanto in entrambi i casi abbiamo un movimento di tipo angolare.

17
Q

Come possiamo classificare i muscoli?

A

Possiamo classificare i muscoli dal punto di vista morfologico:
-i muscoli classici hanno un ventre muscolare che termina con due inserzioni tendinee che rappresentano un sistema di ancoraggio del muscolo sulle ossa;
-altri da un lato hanno un unico tendine, dall’altro il lato si biforca(bicipite) determinando due movimenti che possono anche essere diversi; se un muscolo ha tre capi parliamo di tricipite, se ne ha quattro di quadricipite;
-muscolo digastrico è formato da due ventri aventi ciascuno un tendine di inserzione proprio e uno in comune; contraendosi ogni parte genererà un movimento diverso, ad esempio è presente in muscoli della masticazione dove ciascun ventre è innervato da un nervo diverso;
-muscolo sartorio è un muscolo molto particolare, è sottile a forma di s e permette movimenti particolari come l’accavallamento delle gambe;
-muscolo pennato invece da una parte ha un tendine che origina dall’estremità mentre dall’altra il tendine si approfonda nelle fasce muscolari e può avere singola o multipla forma, il deltoide ad esempio è un muscolo tripennato che ha tre capi inseriti in scapola, acromion e clavicola;
-muscoli nastriformi hanno tendini che non hanno più forma di cordoncino ma di nastro, in questo caso non si parla più di tendini ma di aponevrosi, come nel caso del muscolo del grande pettorale; un altro esempio è il muscolo retto dell’addome che è sempre un muscolo di tipo laminare ma a differenza che nel muscolo del grande pettorale, le aponevrosi non sono disposte ai lati ma in maniera trasversale rispetto al muscolo. Questi muscoli svolgono un azione di movimento ma anche di contenimento (sostituiscono la componente scheletrica): ciò spiega perché le fasce addominali sono molto imponenti, proprio perché se abbiamo un rilassamento del muscolo retto dell’addome abbiamo una prominenza del ventre (data dall’accumulo di tessuto adiposo) ciò determinerà una presenza troppo imponente della “pancia”, costituita da tessuto adiposo e il muscolo retto dell’addome non riesce più a svolgere la propria funzione.
-muscoli a disposizione circolare sono gli unici che non seguono la regola del fulcro, creano un diametro centrale, vengono definiti orbicolari e quando si contraggono riducono il proprio diametro e ciò serve a spostare in avanti o indietro alcuni elementi;
-muscoli sfinteri contraendosi chiudono il lume e permettono ad esempio l’apertura dell’apparato digerente e urinario.

18
Q

Quali sono gli organi accessori alle diartrosi?

A

Affinché le ossa si articolino in una diartrosi è necessario che ci sia congruità, ossia che abbiano la stessa forma per muoversi e determinare l’esecuzione di un giusto movimento; quando questo non avviene si ricorre agli organi accessori. Questi sono:
-Cercine: permette l’ampliamento della cavità, creando un ambiente più idoneo per contenere completamente l’osso, grazie a tessuto fibroso cartilagineo che va a formare delle strutture concentriche che donano anche maggior sostegno all’osso. Ciò è particolarmente evidente nella cavità glenoidea nell’articolazione della spalla: in questo caso la testa dell’omero è 5 volte più grande della cavità in cui deve essere contenuta. La presenza di questi cercini permetterà l’ampliamento della cavità stessa.
es. fossa acetabolare che si dovrà articolare con testa del femore
-Legamenti fibrosi: costituiti da tessuto connettivo denso fibroso con fasci disposti in maniera parallela così da conferire maggiore resistenza alla trazione, hanno il ruolo di stabilizzare l’articolazione ed impedire la dislocazione dei capi ossei durante il movimento. Fungono anche da supporto alla capsula articolare.
E’ utile ricordare che i legamenti collaterali non permettono intra ed extra rotazione maggiore di quella consentita
es. legamento pettineo
-Dischi e menischi: poiché le ossa che vanno a contatto non hanno sempre la stessa forma, andando a creare troppo spazio tra loro con eventuale rischio di dislocazione, i dischi e menischi, strutture fibrocartilaginee, vanno a riempire questo spazio vuoto. I dischi vanno da una parte all’altra della capsula suddividendola in due capi articolari mentre nei menischi non sono delle interruzioni in questa forma sferica.
es. ginocchio ha due menischi (laterale e mediale)
-Borse sinoviali (o “mucose”): possono essere considerati come dei “palloncini” riempiti di sostanza gelatinosa (esempio della prof) che riempiono spazio che, altrimenti, potrebbe determinare la dislocazione dei capi ossei, grazie a liquido gelatinoso. La loro capacità deve essere quella di poter essere compresse ma non danneggiate così da attutire i movimenti. Può succedere che il troppo attrito comporti processi infiammatori per le borse, dando una patologia nota come borsite; l’infiammazione viene definita con la regola delle tre R che corrispondono in italiano a dolore, rossore e calore.
es. borse sinoviali presenti nell’arto interiore e superiore
-Guaine tendinee: stabilizzano articolazione formando un’unità funzionale con capsula e legamenti pur rimanendo elementi singoli. Parteciperanno tutti quindi, alla funzione dell’articolazione stessa.

19
Q

Quali sono i tre tempi di abduzione dell’arto superiore?

A

Questi movimenti si eseguono sull’asse sagittale e sul piano frontale, noi allontaniamo l’arto dall’asse sagittale. Il movimento massimo di abduzione è pari ad un angolo di 180°, tuttavia, per eseguirlo dobbiamo utilizzare una serie di articolazioni ed una serie di muscoli, per capire questo concetto, dobbiamo suddividere l’abduzione in 3 tempi:
*primo tempo: va da 0° a 90°, qui l’articolazione interessata è la gleno-omerale. A 90° il trochite viene a trovarsi al di sotto dell’acromion, per questo l’articolazione si blocca. Per questo movimento descritto vengono coinvolti i muscoli deltoide e sovraspinato. Ricordiamo anche il fenomeno dell’impingement (durante i movimenti di abduzione ci può essere uno stress, soprattutto del muscolo sovraspinato, in quanto, durante questi movimenti si viene a trovare tra l’acromion superiormente e la testa dell’omero, in particolare il trochite. Avviene che, andando a “sbattere” costantemente, si può venire a trovare in una situazione di conflitto)
*secondo tempo: per poter proseguire con il movimento, scomodiamo l’articolazione sterno-clavicolare e acromion-clavicolare assistiamo allo spostamento esterno dell’angolo inferiore della scapola (movimento a campana). Di conseguenza l’acromion si sposta verso l’alto liberando il trochite, e permettendo di abdurre fino ad un massimo di 150°. In questa situazione intervengono altri due muscoli diversi dai precedenti che sono: il trapezio ed il gran dentato.
*terzo tempo: per poter eseguire il massimo dell’abduzione incliniamo i muscoli dorsali controlaterali. Il movimento lo possiamo eseguire con tutti e due gli arti, tuttavia, quando eseguiamo un movimento fino ai 150° andiamo a considerare le articolazioni del lato interessato o di entrambi, mentre quando l’abduzione arriva a 180° abbiamo la necessità di utilizzare la regione del tronco (mediante un movimento di estensione) per completare il processo.
Con questa ultima dimostrazione, possiamo sottolineare un aspetto: quando noi compiamo un movimento non utilizziamo MAI solo i tre muscoli che teoricamente sono interessati, c’è sempre anche l’interazione di altri muscoli accessori al movimento stesso se la nostra intenzione finale è quella di abdurre l’arto fino ai 180° (è come se il processo fosse continuo e consequenziale: inizia il primo tempo e prima che finisca incomincia già il secondo, così anche alla conclusione del secondo inizia contemporaneamente il terzo, scomodando tutti i muscoli necessari al fine).

20
Q

Parlami della cuffia dei rotatori

A

Descriviamo ora la cuffia dei rotatori. Essa è costituita da 4 muscoli: il sottoscapolare prende origine dal margine mediale della scapola ed occupa tutta la fossa sottoscapolare, per andare ad inserirsi al livello del trochine. Poiché si inserisce sul trochine, contraendosi accorcia i suoi fasci e può addurre e intraruotare il braccio spostando in basso la testa dell’omero. Quindi il muscolo adduce il braccio determinandone una rotazione interna o mediale.
Successivamente troviamo i muscoli sovraspinato, sottospinato e piccolo rotondo (quest’ultimo lo distinguiamo dal grande rotondo, che si trova al di sotto del piccolo, ma non prende parte alla cuffia dei rotatori).
Il muscolo sovraspinato (o sovraspinoso) occupa completamente la fossa sovraspinata e prende origine dal margine superiore mediale della scapola e si va ad inserire sul trochite. Esso abduce il braccio agendo in sinergia con il muscolo deltoide.
Ricapitolando: il sottoscapolare adduce e ruota internamente, il sovraspinoso abduce e ruota esternamente, pertanto, ha azione opposta.
Il muscolo sottospinato occupa la fossa omonima, si inserisce sulla faccetta media del trochine dopo essere passato al di sotto dell’acromion e dietro l’articolazione glenomerale; la sua azione sarà analoga al sovraspinato determinando con la sua contrazione la rotazione esterna del braccio. Stessa cosa il muscolo piccolo rotondo che origina in una superficie ossea posta tra la fossa sottospinata e il margine laterale della scapola, inserendosi nella faccetta anteriore del trochine e determina con la sua contrazione la rotazione laterale o esterna del braccio.

21
Q

Parlami della clavicola

A

La nostra gabbia toracica presenta due ossa piatte: lo sterni e la clavicola. Essa è a forma di S allungata e con tre superfici. Riconosceremo una porzione superiore: si presenta piuttosto liscio (i muscoli che lo circondano sono piuttosto ampi, quindi questa sua struttura “liscia” non crea problemi con la loro interazione), ed una inferiore: qui c’è una depressione (che evidenzia la forma ad S) che viene definita solco succlavio. Il nome del solco è dovuto all’inserzione del muscolo presente in quella zona, il muscolo subclavium o succlavio. A livello terminale della porzione laterale (dove si inerisce il muscolo succlavio) c’è la tubercolosità coraicoidea che terminerà a sua volta con il processo coracoideo; continuando evidenziamo le due estremità dell’osso:
*Estremità laterale (acromiale): è un’estremità pianeggiante che si andrà ad articolare per mezzo di un’artrodia con l’acromion (processo della scapola);
*Estremità mediana (sternale): è un po’ più complessa, in quanto l’articolazione tra clavicola e sterno è un’articolazione a sella. Pertanto, questo lato presenterà una forma un po’ incavata per accogliere questo particolare tipo di articolazione con lo sterno stesso.
L’articolazione sterno-clavicolare (o sterno-claveare) è una diartrosi a sella, per cui osserviamo la cartilagine (in azzurro) e la presenza di due dischi articolari, i quali, dividono la cavità articolare in parte superiore ed inferiore. Ovviamente quest’articolazione è supportata e racchiusa all’interno della capsula articolare (non visibile in immagine perché tagliata) cui è ulteriormente rafforzata dal legamento sterno-clavicolare anteriore ed il legamento sterno-clavicolare posteriore. Quest’articolazione viene ancora rafforzata anche dal legamento costo-clavicolare. Quest’ultimo parte dalla faccia posteriore, in prossimità dell’origine della terminazione sternale, e si va ad inserire sulla cartilagine della prima costa. Tuttavia, dalla cartilagine della prima costa, prende origine un piccolo muscolo, il muscolo subclavium che si andrà ad inserire tra la clavicola e la scapola.
Per mezzo di quest’ultima articolazione vedremo che ci saranno degli scivolamenti verso l’alto, verso il basso della clavicola ed essa sarà la protagonista dell’interazione clavicola-scapola determinando il movimento a campana della scapola.
L’articolazione tra la clavicola e la formazione terminale della scapola (acromion) è un’artrodia che presenta quindi la sua capsula e le sue componenti, essa sarà supportata dal legamento coraco-clavicolare che nasce tra il processo coracoideo della scapola e della clavicola.

22
Q

Parlami dell’articolazione del gomito

A

L’articolazione del gomito è data dalla combinazione di tre diverse articolazioni:
-giglimo angolare o troclea tra omero e ulna
-giglimo laterale o trocoide tra radio e ulna prossimalmente;
-condilartrosi ellissoidale tra omero e radio.
Le 3 articolazioni sono avvolte in un’unica capsula con dei legamenti che andranno a stabilizzare le articolazioni stesse, come i legamenti collaterali ulnari e radiali.
Consente movimenti di estensione e flessione dell’avambraccio, ma anche di rotazione, pronazione e supinazione di avambraccio e mano.
Radio e ulna sono come due cilindri dove un cilindro ruota in un altro cilindro; la struttura che fa ruotare è il legamento anulare mentre è stabilizzata dai legamenti collaterali mediale ulnare e laterale radiale. Il legamento collaterale radiale prende origine dal margine inferiore dell’epicondilo laterale dell’omero e va ad inserirsi al di sotto del collo del radio, confondendosi con il legamento anulare. Il legamento collaterale ulnare prende origine dal margine inferiore dell’epitroclea per andarsi a inserire al di sotto di quello che è il processo coronoideo.
Si ha anche il legamento quadrato come continuazione del legamento anulare per andare a inserirsi nella tuberosità ulnare. Al di sotto dell’olecrano c’è la borsa mucosa olecranica che lo protegge. Una fattura all’olecrano si può avere in seguito a traumi di molte cadute da moto o da bicicletta che possono determinare la frattura che porta ad immobilizzare il braccio che sarà inutilizzato in tutte le sue funzioni. Dalla foto si notano la membrana sinoviale che produce il liquido sinoviale, la situazione posteriore e anteriore in flessione.

23
Q

Parlami del radio

A

Il radio, dell’estremità prossimale, risulta essere molto più piccolo dell’ulna, mentre al contrario succede all’estremità distale. Questo poiché il radio parteciperà principalmente all’articolazione radio-carpica, dove l’ulna non partecipa direttamente, infatti non si ha l’ulno-carpica.
Il radio può essere paragonato ad una colonna (come quelle che si trovano nelle chiese) con una struttura centrale sormontata da un capitello, cioè testa o capitello del radio; la testa del radio è cilindrica e subito dopo si restringe per dare origine a quello che è il collo del radio. La testa è completamente avvolta dalla cartilagine articolare e presenta una depressione, la cosiddetta la fossa della testa del radio. è quella che permette i movimenti di rotazione del condilo. Attorno al condilo si solleva un legamento anulare, il quale serve a creare un’articolazione trocoide, quindi due cilindri che ruotano uno sull’altro, che stabilizza l’articolazione radio-ulnare nella prono-supinazione. Medialmente c’è questa superficie rugosa, la tuberosità del radio, che si articola con una sindesmosi o sincondrosi con l’ulna stessa. Verso l’estremità distale, il radio assume una forma piuttosto triangolare, in cui si possono osservare una faccia posteriore, un margine posteriore, una faccia posto-laterale, una faccia postero-mediale, una faccia inferiore, una faccia volare o anteriore.
Sul margine mediale c’è una formazione piuttosto appuntita, detta cresta interossea, che serve a dare inserzione alla membrana interossea. Si tratta di una sorta di nastro di natura fibro-connettivale che si verrà a creare tra radio e ulna. Inferiormente il radio si apre per generare una struttura piramidale e presenta posteriormente un tubercolo dorsale che termina lateralmente con un processo che prende il nome di processo stiloideo. Medialmente c’è l’incisura ulnare per l’articolazione con l’ulna.

24
Q

Parlami dell’ulna

A

Anche l’ulna assume una forma cilindrica, tozza in prossimità dell’epifisi prossimale. Sulla faccia posteriore c’è un processo tozzo di nome olecrano che a sua volta prevede un ulteriore processo a forma spinosa detto spina dell’olecrano, ma in realtà si considerano insieme come unico processo. Posteriormente è rivestito da periostio, mentre anteriormente ricorda il becco di un’aquila; infatti presenta questo processo appuntito e subito medialmente e anteriormente ha una incisura trocleare che ruota attorno alla troclea. (La si può immaginare prendendo due bicchieri di plastica leggermente allargati all’apice dove si beve. Mettiamo uno sull’altro i due bicchieri con le basi coincidenti, creando un tipo di clessidra con i due poli più stretti, dove l’incisura trocleare ruota e le due estremità che formano l’olecrano)
Anteriormente e medialmente l’ulna termina con una sporgenza simile ad un uncino, chiamato processo coronoideo, che si inserirà nella fossa coronoidea dell’omero. Medialmente vi è tuberosità ulnare che si articola con il radio. La struttura è liscia e darà inserzione a molti muscoli. Inferiormente presenta una struttura simile ad un condilo che si legherà al radio che è l’unico a ruotare. Anche l’estremità distale dell’ulna presenta un processo spinoso stiloideo.
Gli elementi salienti sono la fovea capitis (o fossa della testa del radio), la tuberosità radiale definita anche bicipitale perché si inserirà il tendine distale del muscolo bicipite, l’incisura ulnare del radio, processo coronoideo, olecrano e la tuberosità ulnare.
La base dell’epifisi distale del radio non è pianeggiante ma presenta due depressioni che sono una laterale per l’articolazione con lo scafoide e l’altra quadrangolare con l’osso semilunare. Queste due ossa della fila prossimale del carpo entreranno nella costituzione della articolazione radio-carpica.
L’ulna ha lunghezza maggiore rispetto al radio perché il radio si inserisce inferiormente al processo coronoideo e si vedono la sua testa e il suo collo con il legamento anulare del radio. Nell’immagine si vedono le due ossa nelle posizioni funzionali, nella supinazione le due ossa sono parallele mentre nella pronazione la testa del radio ruota attorno all’ulna e formano una specie di x incrociandosi. Questo è il motivo per cui tra le due ossa c’è uno spazio occupato da una membrana interossea, una sindesmosi di tessuto connettivo che stabilizza le due ossa durante i movimenti di prono-supinazione. Durante la supinazione processo stiloideo risulta essere sullo stesso piano dell’ulna, invece in pronazione si dispone anteriormente a quella che è l’ulna. La testa del radio si trova in connessione con il processo coronoideo e come sulla faccia anteriore dell’ulna si trova la cartilagine articolare.

25
Q

Dimmi le ossa della regione carpale

A

Le ossa del carpo sono ossa brevi e, nella loro descrizione, è importane definire la faccia dorsale e la faccia frontale (anche definita volare).
Le ossa carpali sono in tutto 8 e sono disposte in due filiere andando a costituire due archi, uno distale e uno prossimale.

A livello dell’arco prossimale occorre distinguere le due facce in quanto nella faccia dorsale, in senso lateromediale, troviamo:
-Scafoide
-Semilunare
-Piramidale
Invece, se prendiamo in considerazione la faccia volare, notiamo che nell’arco prossimale c’è un quarto osso (sovrannumerario), l’osso pisiforme, che si sovrappone all’osso piramidale.

A livello dell’arco distale troviamo:
-Trapezio
-Trapezoide
-Capitato
-Uncinato, chiamato in questo modo in quanto se lo osserviamo nella faccia volare forma una sorta di uncino tra il 4° e 5° dito.

L’osso scafoide e l’osso semilunare si vanno ad articolare con l’epifisi distale del radio, mentre l’osso piramidale non è in rapporto con l’ulna in quanto crea uno spazio nel quale si inserisce il legamento triangolare che serve ad ottenere dei maggiori movimenti di lateralità della mano.
Le ossa della fila prossimale formano una sorta di condilo, infatti vedremo che l’articolazione radio-carpica sarà una condilartrosi, mentre tra le articolazioni iintercarpiche sono pianeggianti e parleremo quindi di artrodie.

26
Q

Parlami delle articolazioni metacarpofalangee, carpometacarpale del pollice e interfalangee

A

Andando a definire l’articolazione del pollice (carpo-metacarpale) essa consente movimenti di abduzione, adduzione, opposizione e reposizione, il polpastrello del pollice può toccare quelli delle altre quattro dita grazie a movimenti di flessione ed opposizione.
Si tratta di un movimento banale ma è quello che ha permesso all’uomo di arrivare all’apice della scala evolutiva, è un movimento che è stato acquisito negli anni a partire dal momento in cui l’uomo è passato dalla posizione di quadrupede a bipede, ritrovandosi con due arti liberi ha iniziato ad usarli per raccogliere. Siamo tutt’ora in continua evoluzione, le nostre capacità non sono uguali a quelle dei nostri genitori perché gli stimoli che noi abbiamo ricevuto sono diversi da quelli che hanno ricevuto loro, essendo nati nell’era digitale.
Si potrebbe dire che abbiamo subìto un processo involutivo, per quanto riguarda i nostri muscoli, questo perché tutte le nostre funzioni sono frutto della nostra evoluzione e della nostra attività. Questo spiega perché l’aver sviluppato il movimento di opposizione del pollice ci abbia fatto arrivare in alto nella scala evolutiva.

Articolazioni METACARPO-FALANGEE
Sono articolazioni tra l’epifisi distale di ciascun metacarpo e l’epifisi prossimale della falange prossimale corrispondente, in particolare parliamo di condilartrosi.
Con i movimenti di condilartrosi possiamo effettuare dei movimenti di scivolamento e grazie a questi movimenti possiamo effettuare dei movimenti di flessione ed estensione tra il metacarpo e la falange prossimale.

Articolazioni INTERFALANGEE
Queste articolazioni consentono movimenti di flessione ed estensione delle falangi medie e distali. La flessione delle falangi medie su quelle prossimali è più estesa, mentre tra le falangi medie e distali la flessione arriva fino a circa 90°. Ciò dipende anche dall’ingombro che faranno i muscoli.
Le articolazioni interfalangee sono delle troclee, il tipo di movimento è angolare.
Le articolazioni tra falangi prossimali e metacarpi effettuano anch’esse un movimento angolare, i movimenti di troclee e condilartrosi sono entrambi angolari, sono simili ma le condilartrosi, essendo più arrotondate, permettono movimenti più ampi.

27
Q

Parlami dei muscoli della mano

A

MUSCOLI INTEROSSEI e INTERPALMARI
Sono presenti dei muscoli interossei ed interpalmari che vengono chiamati a seconda del dito su cui si trovano.
I muscoli della regione dorsale determinano dei movimenti di estensione, quelli della regione
palmare di flessione.
I muscoli interossei dorsali permettono l’allontanamento delle dita dall’asse centrale della mano e possono spostare quest’ultime dal lato ulnare o dal lato radiale. Inoltre, flettono le falangi prossimali, estendendo quelle medie e quelle distali delle stesse dita.
Una lesione di uno di questi muscoli impedisce di utilizzare gli strumenti, i muscoli piccoli sono importanti perché hanno una grande innervazione, il che significa poter fare dei movimenti precisi.
I muscoli interossei palmari avvicinano il secondo, il quarto e il quinto dito all’asse mediano della mano, inoltre sono flessori delle falangi prossimali ed estensori di quelle medie e distali delle stesse dita.
I muscoli lombricali (a sinistra) sono quattro e si trovano tra i tendini del muscolo flessore profondo delle dita, sono flessori delle regioni metacarpali ed estensori delle falangi. Flettono le falangi prossimali delle ultime quattro dita determinando completamente l’estensione delle falangi medie e distali.
Un muscolo molto importante è il muscolo flessore breve del pollice, flette la falange prossimale del pollice e contribuisce a portare il pollice in opposizione. Per ottenere questo movimento di opposizione il muscolo possiede un lungo tendine di origine che si estende trasversalmente alla regione carpale e un tendine di inserzione che si inserisce sulla falange prossimale del pollice.

28
Q

Dimmi il decorso dell’arteria brachiale

A

Questa si dispone medialmente con i rami terminali che vascolarizzano i muscoli del braccio, il muscolo coraco-brachiale, il capo breve del muscolo bicipite (medialmente e inferiormente) e il muscolo brachiale. L’arteria brachiale dà origine a 2 rami collaterali: l’arteria collaterale radiale e media. Quando quest’ultima penetra nel braccio diventa sempre più profonda fino a raggiungere l’articolazione del gomito, la cavità antecubitale. Anteriormente, durante il suo passaggio tra l’omero, il radio e l’ulna, immette rami collaterali ricorrenti (ricorrenti: qualcosa che origina e risale) e poi si biforca in due rami. Il primo ramo, il laterale, che si dispone al di sopra del collo del radio e dell’arteria radiale e il secondo che si dispone medialmente all’arteria ulnare. La biforcazione avviene al di sotto del muscolo del tendine bicipite brachiale e di alcuni muscoli flessori superficiali. Adesso entrambe le arterie si portano verso il basso entrando della regione del braccio. L’arteria radiale decorre lateralmente prendendo rapporto con la faccia anteriore del radio e, in prossimità della sua epifisi, si dispone ancora più lateralmente per andarsi a disporre su componenti ossei come l’epifisi distale e le ossa carpali, lo scafoide e il navicolare. Al contrario l’arteria ulnare, dopo essersi portata lateralmente all’ulna, la incrocia in prossimità della sua diafisi distale ed entra nella regione carpale.
In questa regione l’arteria radiale, che si biforca in un ramo anteriore e uno posteriore, da origine all’arteria palmare anteriore; stessa cosa accade all’arteria ulnare, e nella regione carpale le due arterie si anastomizzano formando un arco che prende il nome di plesso palmare. Di qua le arterie danno origine a rami palmari comuni che si biforcano in arterie palmari comuni, ciascuna delle quali, a sua volta, si biforca andando a vascolarizzare due dita vicine, costituendo le arterie palmari proprie.

29
Q

Quali sono i linfonodi ascellari?

A

I linfonodi ascellari danno origine al linfocentro ascellare, a livello del quale drenano i collettori linfatici, vasi provenienti sia dal torace che dall’arto superiore. I linfonodi possono essere in numero tra i 10 ai 60 (con una media di 40/50) siccome sono numerosi e disposti sia nell’apice che lungo le pareti della cavità ascellare, dobbiamo distinguerli sia per la loro posizione che per la loro funzionalità. Il primo gruppo che troviamo, il più laterale, prende il nome di gruppo brachiale, costituito da 4-7 linfonodi in rapporto con la faccia mediale della vena ascellare, in cui vengono raccolti tutti i collettori linfatici sia superficiali che profondi dell’arto superiore.
Poi troviamo un linfocentro molto più importante che è posizionato anteriormente alla vena ascellare, composto da 3-6 linfonodi che si trovano posteriormente al muscolo dentato anteriore e lungo il decorso dell’arteria toracica laterale o arteria mammaria esterna. Questi vasi ricevono il drenaggio linfatico della parete anterolaterale del torace e della ghiandola mammaria e in parte della porzione sopraombelicale e addominale.
La ghiandola mammaria può andare incontro a processi degenerativi, con trasformazione di cellule normali della ghiandola mammaria in cellule tumorali causando il carcinoma della mammella. Le cellule tumorali oltre che ad invadere la ghiandola mammaria possono anche spostarsi nelle regioni circostanti. Innescando, in prossimità dei linfonodi, il processo immunitario di difesa. Quando il tumore viene asportato bisogna recidere tutta la zona del tumore e comprendere se quest’ultimo ha già iniziato il processo di metastatizzazione. Questo processo avviene quando alcune cellule tumorali entrano nel circolo linfatico e si posizionano in altre parti originando tumori secondari. Certi tumori danno metastasi in certi organi piuttosto che in altri, ciò dipende dall’embriologia degli organi. Le cellule tumorali possono essere paragonate a cellule mesenchimali che si trovano più a loro agio nelle regioni che hanno la stessa origine. EX. La ghiandola mammaria prende origine dal tessuto epiteliale, che prende origine dall’ectoderma. Il tessuto nervoso ha la stessa origine embriologica; quindi, la sede di preferenza di metastasi di un tumore della ghiandola mammaria è proprio l’encefalo.
Bisogna capire se alcuni linfonodi hanno già ricevuto alcune cellule tumorali durante l’asportazione chirurgica del tumore; quindi, è importante andare ad effettuare la valutazione dei linfonodi ascellari. Si prelevano alcuni linfonodi del gruppo pettorale e si vede se sono stati invasi o meno da cellule tumorali. Questo risulta essere importante dal punto di vista chirurgico, portando all’eliminazione totale della ghiandola mammaria qualora sia avvenuta l’invasione, oppure se i linfonodi sono negativi si fa una quadrantectomia, cioè viene tolto solo il quadrante dove la ghiandola mammaria è stata invasa. Se c’è stata l’invasione si devono esaminare tutti i linfonodi, non solo del gruppo pettorale, ma di tutti quelli del gruppo brachiale. La linfa si forma dai tessuti, prima l’istolinfa, poi la linfa che viene drenata nei vasi linfatici. Se i vasi linfatici dovessero venire a mancare, la linfa si accumula creando un linfedema, che porta il paziente a doversi sottoporre al drenaggio linfatico, con immobilizzazione dell’arto superiore per favorire il ritorno linfatico.
Poi abbiamo il gruppo sottoscapolare, questo si trova lungo il decorso dell’arteria scapolare, che drena la parte posteroinferiore del collo.
E il gruppo centrale, questo si trova posteriormente al gruppo pettorale, e drena i linfonodi immersi nel tessuto adiposo della regione ascellare.

30
Q

Quali sono le regioni del tronco?

A

Il tronco comprende la regione del collo, la regione del torace e la regione dell’addome.
Regione del Collo
È compresa tra la testa e il torace ed è delimitata da due regioni. La prima linea è detta cervicocefalica e segue il decorso dell’osso mandibolare. Prende origine dal corpo di questo osso, fino a raggiungere la porzione laterale dell’osso mandibolare, passa posteriormente al lobo dell’orecchio e continua con una linea che segue il processo mastoideo dell’osso temporale, poi questa linea prosegue posteriormente fino alla protuberanza occipitale, e, infine, tornerà indietro per riunirsi con il corpo della mandibola.
Il limite inferiore è dato dalla linea cervico-toracica che parte dal manubrio dello sterno al di sopra del quale si trova l’incisura giugulare, segue il margine superiore della clavicola fino a raggiungere l’articolazione acromioclavicolare e si porta posteriormente a livello del processo spinoso della 7ima vertebra cervicale; quindi, lo spazio compreso tra le due linee viene chiamata regione del collo.
Questa regione è a sua volta divisa in una regione anteriore delimitata dal margine anteriore del muscolo sternocleidomastoideo, una regione laterale compresa tra lo sternocleidomastoideo e alcuni muscoli laterali, e la regione posteriore o nucale.
Regione toracica

È compresa tra la linea cervicotoracica, già descritta, e la linea toracoaddominale. Questa prende origine dal processo xifoideo dello sterno, segue a destra e sinistra le arcate costali e terminerà posteriormente a livello del processo spinoso della 12esima vertebra toracica.
Questa regione è suddivisa nella parete toracica e nella cavità toracica, in questa troveremo le cavità pleuriche, pericardiche e il mediastino, spazio compreso tra le due cavità pleuriche e contenente la cavità pericardica, il cuore, i vasi ecc.
La cavità toracica è delimitata inferiormente dal muscolo diaframma, il quale sarà attraversato dall’aorta, la cava inferiore, l’esofago, vasi e nervi minori.
Superiormente la cavità toracica è delimitata, non da un limite osseo o muscolare, ma sarà in comunicazione con la regione del collo sovraclaveolare.
Regione Addominale

La linea addominopelvica delimita la cavità addominale inferiormente. Suddividendo l’addome con due linee orizzontali e due verticali otteniamo le regioni mesogastrica, epigastrica, ipogastrica, ipocondriaca destra e sinistra, fianco destro e sinistro, fossa iliaca destra e sinistra.
Il limite posteriore di queste tre regioni, costituenti il tronco, è costituito dal rachide o colonna vertebrale. Superiormente troveremo il cranio, inferiormente la cintura pelvica e medialmente il cingolo toracico, tra scapola e clavicola, per l’arto superiore.

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Q

Parlami dell’articolazione atlo-occipitale

A

È costituita dalle superfici condiloidee delle facce superiori della 1° vertebra e da 2 formazioni che si trovano a livello della faccia inferiore del cranio (visibili sulla base cranica).
L’osso occipitale presenta nella porzione mediale il clivo dell’osso occipitale, ai lati della faccia inferiore del clivo compaiono 2 condili che andranno a poggiarsi sulle faccette articolari della 1° vertebra in maniera tale che il grande forame occipitale dovrà essere in continuazione con il canale vertebrale perché grazie a questo forame il midollo spinale potrà entrare nella cavità cranica (dove andrà a formare il midollo allungato).
L’articolazione atlo-occipitale è una condiloartrosi quindi consente di effettuare movimenti angolari per cui il risultato sarà una flesso-estensione della testa.

32
Q

Parlami delle articolazioni atloassiali

A

L’ art. Atlo-Assiale Mediana è data dal dente dell’epistrofeo che si articola con la faccetta posteriore del tubercolo anteriore come una sorta di asse, quindi si tratta di un cilindro che ruota attorno ad un altro cilindro dove il cilindro fisso è proprio l’asse mentre il cilindro che ruota è l’atlante con tutto ciò che la supporta (cioè la cavità cranica).
Si definisce un ginglimo laterale anche se in realtà questa articolazione ha molto poco di ginglimo nelle componenti ossee perché le superfici articolari di connessione sono rappresentate solo dalla faccia anteriore del dente e dalla faccia posteriore del tubercolo anteriore che possono sembrare superfici pianeggianti e quindi si dovrebbe parlare di artrodie; in realtà si viene a costituire un ginglimo grazie alla presenza dei legamenti:
- il 1° legamento è quello che chiude posteriormente il dente dell’epistrofeo e si chiama LEGAMENTO TRASVERSO DELL’ATLANTE . Passa dal margine interno del corpo vertebrale, lo attraversa, fino ad andarsi ad inserire controlateralmente ; si è formata una struttura cilindrica che è dotata di capsula che è originata dal legamento trasverso e si nota la cavità sinoviale, le superfici articolari di natura cartilaginea e lo spazio della cavità sinoviale.
Questa struttura costituisce la formazione anulare, ma ha bisogno di strutture di supporto notevoli per poter determinare la fissazione dell’asse che non deva essere dislocata (infatti questa struttura da sola è insufficiente). Quindi entrano in gioco altre formazioni:
- le prime formazioni, con struttura più profonda rispetto al legamento trasverso, sono i 2 LEGAMENTI ALARI che hanno forma di ali rispetto all’asse; prendono origine dal margine laterale del dente dell’epistrofeo e vanno ad inserirsi in parte sul margine mediale dell’arco vertebrale di C1 e in parte si estendono sino al clivo dell’osso occipitale.
- un altro legamento importante è il LEGAMENTO DELL’APICE DEL DENTE che, come una sorta di filamento, prende origine dall’apice del dente e si inserisce sul margine del grande forame occipitale, ossia sulla faccia anteriore del clivo dell’osso occipitale e lo va a stabilizzare superiormente.
Quindi i legamenti più profondi sono i legamenti alari e il legamento dell’apice del dente.

Ritornando a considerare il legamento trasverso, si osserva che da esso prendono origine delle FIBRE LONGITUDINALI SUPERIORI (vanno ad inserirsi sul clivo dell’osso occipitale) e INFERIORI (si inseriscono sul corpo dell’ asse).
- L’insieme del legamento trasverso con queste fibre longitudinali superiori e inferiori andrà a costituire il LEGAMENTO CROCIATO DELL’ATLANTE.
Quindi nella parte più profonda troviamo il legamento dell’apice e i 2 legamenti alari, poi abbiamo il legamento trasverso ( costituito dal legamento longitudinale, fibre superiori ed inferiori).
- Si nota come questa struttura non compare perché in realtà tutti questi legamenti sono ricoperti da una struttura più superficiale che prende il nome di MEMBRANA TECTORIA che ,come un tetto, ripara e stabilizza i legamenti più profondi che sono anche più esili rispetto ad essi.
Questa membrana sembra una specie di cascata ed è costituita da fibre di tessuto connettivo fibroso a fasci paralleli che tappezzano completamente tutto il clivo dell’osso occipitale, passano al di sopra di C1 e C2 e si continuano andando a costituire il LEGAMENTO LONGITUDINALE POSTERIORE, che si troverà lungo tutta la lunghezza del rachide. Il legamento longitudinale posteriore non è un nastro che inizia dal clivo e termina al coccige, bensì ha delle sezioni di adesione in prossimità dell’arco vertebrale.
In questo modo questa struttura va a stabilizzare questa articolazione che è molto mobile infatti ruotiamo costantemente la testa il che è vitale.
Questo è vitale perché i nostri occhi sono posizionati entrambi anteriormente e questo serve per la maggior acuità visiva (quando si fanno le foto c’è una sovrapposizione delle immagini e ad una maggior sovrapposizione corrisponde una maggior definizione dell’immagine), quindi ci permette di avere un’immagine molto definita. Tuttavia, dato che i nostri occhi sono posizionati entrambi anteriormente, il nostro campo visivo è molto ristretto, ma il fatto che possiamo ruotare la testa ci dà un campo visivo di 180° che è quello che hanno tutti gli animali predatori. Gli animali erbivori invece hanno gli occhi posizionati agli occhi della testa e quindi con un occhio vedono 180° e con l’altro occhio gli altri 180° e quindi hanno una visione a 360° ; in questi animali la perdita di un occhio comporta la perdita di un emilato invece la presenza degli occhi anteriormente fa sì che : 1) la sovrapposizione delle immagini dà un’alta definizione dell’immagine, 2) se manca un occhio perdiamo solo una piccola porzione del campo visivo laterale che comunque è compensato dalla rotazione della testa. Per questo motivo questa articolazione risulta fondamentale per la sopravvivenza.
Mentre l’articolazione atlo-assiale mediana è complessa ed è un ginglimo laterale o trocoide, le 2 art. Atlo-Assiale Laterali sono semplicissime.
Sono delle artrodie e quindi delle superfici articolari pianeggianti per cui, durante i movimenti di rotazione, le facce articolari superiori e inferiori dovranno semplicemente scivolare.
Anche in questo caso ci sono dei legamenti ma risultano molto più semplici.

33
Q

Parlami delle vertebre C3-C7

A

C3-C6
Dalla 3° alla 6° vertebra cervicale si riscontrano degli elementi comuni:
-Hanno un corpo sferico ma che assumono un aspetto quadrangolare (asse maggiore trasversale più sviluppato rispetto a quello longitudinale).
- superiormente le creste che servono per le articolazioni con i processi articolari della vertebra superiore sono molto sviluppati e vanno a creare delle strutture che prendono il nome di UNCINI ( e nella vertebra inferiore c’è una sorta di depressione per accogliere questi processi articolari).
- a livello del foro trasverso ( sempre delimitato dai peduncoli) troviamo un altro foro che compare a partire da C3 in poi ( non è presente in C7), questo foro serve a dare passaggio all’ arteria vertebrale.
Ci sono 2 arterie vertebrali (una a dx e una a sx) che risaliranno entrando dal foro in C6 , si porteranno verso l’alto e oltre C1 le 2 arterie vertebrali si fonderanno , entreranno all’interno della cavità cranica andando a costituire l’ arteria basilare (così chiamata perché poggia sulla porzione basilare di una struttura chiamata ponte) e andrà a costituire la porzione posteriore del sistema vascolare dell’encefalo chiamato poligono del Willis ( poligono perché è un sistema a 6 facce costituite tutte da vasi).
- il foro vertebrale ha più una struttura triangolare.
- il processo spinoso può essere bifido: non termina con un’unica formazione ma posteriormente può biforcarsi.
C7 ( Vertebra PROMINENS)
Si trovano tutti gli elementi ma il processo spinoso è più lungo rispetto agli altri e per questo motivo viene definita “prominens”.
È un punto di repere ( si può percepire con il tocco) fondamentale: durante l’anamnesi ortopedica si fa inchinare la testa e si inizia a contare da C7 in su o in giù sentendo i processi spinosi .

34
Q

Parlami del diaframma

A

Tra i muscoli estrinseci va considerato il diaframma, un muscolo impari, laminare, che separa la cavità toracica da quella addominale. Visto di fronte ha una forma cupolare, a convessità superiore.
La faccia superiore (o toracica) è rivestita dalla pleura parietale ed è strettamente adesa al pericardio. Tra la superficie superiore del diaframma e le coste si riscontra lo spazio costo-diaframmatico, che permette l’espansione polmonare durante la respirazione.
La faccia inferiore (o addominale) è in rapporto a destra con il fegato, a sinistra con la milza e lo stomaco, posteriormente con il pancreas, i reni e i surreni.
Il diaframma è innervato dai nervi frenici del plesso cervicale.
La disposizione delle fibre del diaframma è particolare, perché esse prendono origine dalla porzione centrale, che non è una struttura muscolare, bensì connettivale, che si trova nella cupola del diaframma e prende il nome di centro frenico/tendineo.
Distinguiamo tre tipologie di fibre, che rappresentano i punti di inserzione a livello osseo:
-la parte sternale, che origina dal processo xifoideo dello sterno;
-la parte costale, che origina dalla faccia interna delle ultime sei coste, portandosi posteriormente;
-la parte lombare (pilastri del diaframma), che origina dalle vertebre lombari.
Osservando il margine anteriore (sternale) del diaframma in sezione sagittale e proiettandolo a livello delle vertebre, la linea si porterà verso la X/XI vertebra lombare. La parte inferiore, invece, raggiungerà la VI/VII vertebra toracica.
La parte destra del diaframma è più alta della sinistra, non per la presenza, a sinistra, del cuore, ma per la presenza, a destra, del fegato, un organo ampio e consistente.
Consideriamo il diaframma dal basso all’alto, analizzando la sua inserzione al livello delle vertebre lombari. La parte lombare origina dalle vertebre lombari con tre coppie di pilastri:
-i pilastri mediali, originano dai corpi di L1-L4 a destra e L1-L3 a sinistra. Confluendo, formano il legamento arcuato mediano;
-I pilastri intermedi, piccoli, traggono origine dal corpo di L3;
-I pilastri laterali, originano da due arcate fibrose: la prima, detta lombocostale mediale, va dal corpo di L1-L2 al processo costiforme di L1; la seconda, detta lombocostale laterale, va dal processo costiforme di L1 all’apice della XII costa.
Le tre parti sono separate da due triangoli fibrosi per lato, denominati trigono sternocostale e lombocostale.
Il diaframma è attraversato da numerose formazioni:
nel centro tendendo, a livello di T8 c’è l’orifizio della vena cava inferiore;
A livello di T10 c’è l’orifizio esofageo (rami del nervo vago anteriore e posteriore);
A livello di T12, attraverso l’orifizio aortico, passano l’aorta e il dotto toracico.
Tra i pilastri intermedio e mediale, il diaframma è attraversato da nervi (grande e piccolo splancnico, tronco del simpatico), vasi linfatici e vasi sanguigni (vena azygos a destra, emiazygos a sinistra, arteria epigastrica superiore).
Queste strutture non occupano la porzione centrale del centro frenico (che, per sua struttura, può portare a descrivere tre regioni, due anteriori e una posteriore, come un trifoglio).
Quindi, i fori che ritroviamo nel diaframma non sono tutti centrali, ma ciò dipende dagli altri organi con cui esso si articola e relaziona. La vena cava inferiore è sposata a destra, l’esofago è mediale e l’aorta è medio-laterale, ma più a sinistra dell’esofago, con cui ha un forte rapporto.
A livello dei pilastri, soprattutto nelle arcate intermedie e laterali, il diaframma prenderà rapporto con due importanti muscoli: medialmente con il grande psoas (che, unitosi al muscolo iliaco, formerà l’ileopsoas) e, lateralmente, con il muscolo quadrato dei lombi.
Il diaframma è un muscolo inspiratorio (volontario quando desideriamo controllare la respirazione). Nell’inspirazione massima si abbassa di 1-2 spazi intercostali, con una discesa fino a 10 cm. Nell’espirazione, si proietta tra la V e la VI costa, in quella massima si proietta sulla IV costa a destra e sul IV spazio intercostale a sinistra. Svolge anche un’azione sulla cavità addominale, aumentandone la pressione interna nella defecazione, nella minzione, nello stimolo del vomito e nel parto.

35
Q

Quali sono i muscoli estrinseci ed intrinseci del torace? Approfondisci i muscoli spinocostali, delle docce vertebrali e spino appendicolari

A

Muscoli estrinseci del torace
-muscoli spinoappendicolari;
-Muscoli toracoappendicolari;
-Muscoli spinocostali;
-Diaframma
Muscoli intrinseci del torace
-muscoli elevatori delle coste;
-Muscoli intercostali;
-Muscoli sottocostali;
-Muscolo trasverso del torace.
Muscoli spinoappendicolari (estrinseci del torace)
-muscolo trapezio, il più importante e superficiale dei muscoli posteriori. Per le sue inserzioni laterali a livello della spina della scapola, dell’acromion e del margine posteriore della clavicola, determina quella che è la forma della spalla. La sua importanza va al di là della sua potenza nell’elevare la scapola o nel permettere un’extrarotazione dell’arto, ma ha proprio un ruolo strutturale di definizione della figura di ciascuno di noi. Nel culturismo questo muscolo, al pari di altri, viene talmente sviluppato da deformarsi e - secondo la professoressa - ciò crea dei problemi di staticità e di sovratensione a livello osseo, rischiosi soprattutto con l’avanzare dell’età. Il trapezio presenta un’estesa linea di origine che va dalla protuberanza occipitale esterna ai processi spinosi delle vertebre cervicali e toraciche. Eleva e adduce la spalla, estende e ruota la testa. Quando è contratto da un solo lato, permette l’inclinazione omolaterale della testa. È innervato dal nervo accessorio spinale e da rami del plesso cervicale;
-Muscoli romboidi maggiore e minore, originano dai processi spinosi di C7-T12 e si inseriscono sul margine vertebrale della scapola. Contraendosi, spostano medialmente la scapola, provocando una extrarotazione dell’arto. Sono innervati dal nervo dorsale della scapola;
-muscolo grande dorsale, considerato come la continuazione del muscolo trapezio, origina dai processi spinosi di T7-L5 e dalla cresta sacrale mediana, per inserirsi sulla faccia anteriore dell’omero. È innervato dal nervo toracodorsale. Contraendosi permette un’extrarotazione e lo spostamento del resto del tronco in attività come l’arrampicata o il canottaggio. Eleva il tronco e adduce e ruota l’omero. Ha una funzione respiratoria accessoria grazie alla sua inserzione costale;
-muscolo elevatore della scapola, origina dal processo trasverso di C1-C4 e si inserisce sull’angolo superiore della scapola. È innervato dal nervo dorsale della scapola. Alza l’angolo superiore di quest’ultima e inclina il collo omolateralmente, permettendo il movimento a campana associato all’abduzione dell’arto superiore;
Muscoli spinocostali (estrinseci del torace)
-Muscolo dentato postero-superiore, origina dai processi spinosi di C7-T3 per andare a inserirsi sugli angoli delle coste dalla II alla V. È innervato dai nervi toracici T2-T6. Essendo elevatore delle coste, è un muscolo inspiratorio;
-muscolo dentato postero-inferiore, origina dai processi spinosi di T11-L2 e si inserisce sull’angolo delle ultime quattro coste. È innervato dai nervi toracici T9-T11. Abbassando le coste, è un muscolo espiratorio
Muscoli delle docce vertebrali
-splenio della testa, origina dai processi spinosi di C5-T3 e si inserisce sul processo mastoideo dell’osso temporale;
-Splenio del collo, origina dai processi spinosi di T4-T6 e si inserisce sui processi trasversi di C1-C3. Entrambi sono innervati dai rami dorsali spinosi di C1-C8. Estendono la colonna cervicale e, quando contratti da un solo lato, la inclinano leggermente;
-Muscolo sacrospinale/erettore della colonna, è un lungo muscolo che occupa le docce vertebrali per tutta la lunghezza della colonna, dalla regione nucale a quella sacrale. Si possono distinguere tre parti:
Una laterale, con il muscolo ileocostale;
Una intermedia, con il muscolo lunghissimo;
Una mediale, con il muscolo spinale.

36
Q

Parlami dell’articolazione del torace

A

-articolazioni costovertebrali, tra le coste e le vertebre;
-Articolazioni costotrasversarie, tra coste e processi trasversi;
-Articolazioni sternocostali, tra sterno e coste;
-Articolazioni intercondrali, tra la VII, VIII, IX e X, con l’interposizione di cartilagine, per la costruzione dell’arco costale.
Articolazioni costovertebrali
Sono situate tra la testa della costa e il corpo della vertebra toracica. Sono doppie artrodie, in quanto ciascuna costa si articola contemporaneamente con il margine superiore della vertebra corrispondente e con quello inferiore della vertebra sottostante. Ciò non vale per la I, la XI e la XII, che, essendo articolazioni uniche, sono artrodie semplici.
Essendo artrodie, le articolazioni costovertebrali hanno una capsula e dei legamenti raggiati: il legamento intrarticolare e quello raggiato della testa. Essi prendono origine dalle vertebre e si inseriscono al di sotto del collo costale, aprendosi a ventaglio.
Articolazioni costotrasversarie
Le articolazioni costotrasversarie sono artrodie tra tubercoli costali e faccette costali delle vertebre toraciche corrispondenti. Sono assenti nelle ultime due coste e sono rinforzate dai legamenti costotrasversari. Nella XII cosa si riscontra il legamento lombocostale, che la unisce al processo costale di L1.
Articolazioni sternali
articolazioni sternocostali, sono artrodie tra sterno e cartilagini costali delle coste sternali. Sono rinforzate dai legamenti sternocostali raggiati;
Articolazioni intercondrali, artrodie tra la VII, VIII, IX e X costa, a costituire l’arcata costale.