LA CONFIGURAZIONE INTERNAZIONALE DELLA CATENA DEL VALORE Flashcards
Cos’è la catena del valore di Porter?
È un modello che identifica le attività dell’azienda che concorrono a creare valore; due blocchi:
- Attività primarie: flusso delle attività (logistica in entrata/uscita, marketing e vendite, produzione, assistenza clienti)
- Attività di supporto: alimentano e offrono servizi alle attività primarie (infrastrutture e servizi di supporto, gestione delle risorse umane, ricerca e sviluppo, approvvigionamenti)
–> Questo ci permette di fare riflessioni sul grado di internazionalizzazione; ciascuna fase della catena del valore potrebbe assumere una dimensione internazionale.
Approvvigionamento (Porter)
dove le aziende acquistano le materie prime, la forza lavoro, tutto ciò che alimenta i processi produttivi livello di internazionalizzazione può essere molto alto. Non è detto che se una materia prima è di esportazione non sia di qualità.
Quali sono le denominazioni protette?
IGP: indicazione geografica protettadenominazione a livello europeo, che identifica i prodotti realizzati secondo degli specifici disciplinari di produzione, tipici di alcune zone; non conta la materia prima ma il processo; la qualità dipende dal modo in cui si fa il prodotto.
DOP: denominazione di origine protettail prodotto deve essere realizzato con materie prime del luogo; la qualità proviene dalla qualità della materia prima.
STG: specialità tipiche garantitepizza, mozzarella, amatriciana.
Queste classificazioni sono importanti nei trattati di libero scambio internazionali, perché spesso prevedono il riconoscimento di queste denominazioni per alcuni prodotti anche nei paesi che rientrano nell’accordo.
La produzione (Porter)
Produzione: dove viene prodotto il prodotto. La delocalizzazione risale a diversi decenni fa; per contare su condizioni di costo più vantaggiose, è stata spostata la produzione in paesi a basso costo di manodopera. Vantaggi: contenere i costi, vicinanza all’Italia, tempi abbastanza brevi, i paesi adottano strategie di marketing territoriale per attrarre investimenti dall’estero (es: Serbia e Slovenia tramite norme particolari e zone economiche speciali hanno creato condizioni per attrarre investitori dall’estero).
La delocalizzazione delle imprese italiane in Asia è molto marginale (circa 10%). A volte la delocalizzazione in Cina si fa per vendere al mercato cinese strategia di marketing internazionale che come modalità d’ingresso implica l’investimento produttivo. Dagli anni ’80 il costo del lavoro in Cina è cresciuto molto (più tutela dei lavoratori e controlli).
Ci sono aziende che per salvaguardare la qualità non hanno mai scelto di delocalizzare, perché avrebbe rappresentato un grande rischio.
Cos’è il re-shoring? Quali sono le cause?
Re-shoring: ritorno delle produzioni che un tempo erano state delocalizzate, a causa di esigenze di qualità e controllo; è una tendenza affermata già da qualche anno (250 operazioni dal 2014-2018). UK e Italia sono quelle che lo hanno fatto di più; condizioni di vantaggio di costo si sono affievolite, e quindi conveniva sempre meno lasciare li le produzioni, e poi problemi tipo tempi e costi di trasporto e qualità. Inoltre, consumatori cinesi acquistano prodotti di griffe di moda solo se prodotti in Italia, altrimenti per loro non ha senso.
Cause che spingono al re-shoring: tempi di consegna, effetto Made in, riorganizzazione globale dell’azienda, automazione dei processi produttivi
Ricerca e sviluppo (Porter)
La vicinanza con i consumatori permette di focalizzare meglio i processi di innovazione, soprattutto se gusti e cultura sono molto diversi. Questo fenomeno riguarda sia le multinazionali, che le piccole-medie imprese.
Es: Ferrero
Trickle-up innovation
Trickle-up innovation: aziende sviluppano prodotti ad hoc (più semplici) per i mercati emergenti, e, in un secondo tempo, attraverso opportune strategie di posizionamento, riescono a proporle anche ai mercati di paesi più sviluppati (intercettando qui un segmento di mercato diverso, che ha interesse ad acquistarlo per motivi diversi).
Assetto strategico imprese
L’assetto strategico delle imprese in ambito internazionale si definisce in base a 2 variabili:
- Configurazione: grado di dispersione internazionale delle singole fasi della catena del valore; una fase è dispersa qualora quell’attività sia dispersa a livello internazionale, perché distribuita in centri diversi. Due configurazioni diverse: concentrazione in un unico paese, dispersione in più paesi.
- Coordinamento: nel momento in cui quella fase della catena del valore è dispersa geograficamente (quindi attività in diversi posti più o meno lontani nel mondo), qual è il livello di coordinamento che esiste? Le attività sono strettamente collegate o ognuno di questi centri si comporta indipendentemente dagli altri? Coordinamento può essere basso o elevato.
Configurazione di un’impresa
Configurazione: scelta tra concentrazione e dispersione riguarda le singole attività della catena del valore. Il contrario della dispersione è la concentrazione delle attività in un singolo paese. Dispersione = la stessa attività viene svolta in diversi paesi; gradi di dispersione possono essere tanti. Grado estremo di dispersione: svolta in tutti i paesi in cui l’azienda opera; grado minimo: tutta svolta in un unico posto
Vantaggi della dispersione
Riguardano soprattutto le attività più a valle della catena del valore:
- aderenza alle peculiarità locali
- vicinanza culturale del management
- opportunità di accesso a incentivi locali
- riduzione dei costi di trasporto e logistici
Vantaggi della concentrazione
Riguardano sopratutto le attività più a monte della catena del valore:
- utilizzo di risorse naturali uniche
- utilizzo di fattori di produzione più competitivi: costi del lavoro più bassi, produttività del lavoro più alta, costi dell’energia più convenienti
- economie di scala e di esperienza
- facilità di coordinamento e apprendimento all’interno del distretto
Coordinamento tra attività disperse
Basso:
- unità nazionali indipendenti non specializzate
- ogni unità ha una specifica area geografica di competenza
Elevato:
- unità nazionali perseguono strategie integrate con quelle della casa madre e/o di altre unità
- le unità possono avere responsabilità globali su attività specifiche della catena del valore
Le strategie internazionali (Porter)
Matrice:
- configurazione: delocalizzazione o concentrazione
- coordinamento (basso o elevato)
Strategie:
- basata sull’export: concentrazione e basso coordinamento; unica sede produttiva, viene solo decentralizzato un po’ l’aspetto commerciale. Tipico di pmi italiane
- bassata sul decentramento: delocalizzazione e coordinamento basso; attività disperse geograficamente, come se l’azienda si moltiplicasse in tutti i paesi. Es: JWT
–> queste sono strategie multidomestiche
- globale: concentrazione, coordinamento alto; ogni singola attività in un unico posto, ma possono essere svolte in paesi diversi; creazione del valore è spezzettata, ma ogni singola attività è concentrata in un paese. Es: Apple
- transnazionale: delocalizzazione e coordinamento alto; selettiva: si decide di localizzare una determinata attività in più paesi e mercati contemporaneamente, e localizzarla dove è più possibile guadagnare un vantaggio competitivo. Es: Bonduelle
–> queste sono strategie globali
Franchising
certo grado di coordinamento che deriva dalla condivisione del brand, dei metodi, ma implica il coinvolgimento di aziende locali.
Fattori che influenzano il tipo di strategia internazionale
- ambito competitivo (settori globali vs multidomestici)
- fabbisogno vs disponibilità di risorse e competenze
- specifiche condizioni di contesto (barriere all’importazione, incentivi agli IDE)