Introduzione alla medicina di laboratorio Flashcards

1
Q

Cos’è la medicina di laboratorio?

A

La medicina di laboratorio, anche definita analisi biochimico-cliniche, è lo studio del materiale biologico del paziente attraverso indagini di laboratorio, oggigiorno fondamentale in medicina; basti pensare all’esame del sangue, chiesto di routine per valutare lo stato di salute di un paziente. La medicina di laboratorio si divide in:
- Biochimica clinica
- Microbiologia clinica
- Patologia clinica
Le tre brache analizzano materiali non sempre diversi ma con scopi diversi.

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2
Q

Qual’è può essere l’esempio pratico di un caso clinico che dimostra l’importanza della biochimica in medicina?

A

L’importanza della biochimica in clinica è difficilmente sopravvalutabile. Consideriamo il caso clinico di un ragazzo di 23 anni che lavora in un reparto di lavorazione del legno. Presenta febbre persistente, stanchezza, dolori gastrointestinali e grave acne da cloro. Il paziente potrebbe soffrire degli effetti di un’esposizione occupazionale ad una sostanza tossica, ma, in questo quadro, difficilmente si spiegherebbe la febbre. L’esposizione ai vapori del pentaclorofenolo, insetticida utilizzato per conservare il legno, tuttavia spiega i sintomi, che spesso i lavoratori del legno riportano. Uno dei sintomi è la cloracne da esposizione agli idrocarburi clorinati. Il pentaclorofenolo altera inoltre il sistema mitocondriale di trasporto degli elettroni, stimolando la respirazione e il dispendio di energia metabolica; ciò avviene come conseguenza dell’annullamento del gradiente di protoni attraverso la membrana mitocondriale interna e alla formazione di una grande quantità di calore che provoca ipertermia.

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3
Q

Dove si inserisce la medicina di laboratorio nelle tappe di cura di un paziente?

A

Nella cura del paziente le tappe iniziali da seguire dinanzi ad un problema di salute sono:
- raccolta delle informazioni
- interpretazione e integrazione delle - informazioni
- Ipotesi di lavoro

Per adempiere alle quali il medico svolge:
- Intervista e anamnesi
- Esame obiettivo
- Test diagnostici (es. esame del sangue)
- Rinvio e consulto, orientando alla corretta disciplina cui è ascritta la malattia del paziente, se presente

A queste tappe seguono in successione:
- diagnosi
- trattamento
- outcome

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4
Q

Che importanza hanno gli esami di laboratorio nella cura del paziente?

A

Gli esami di laboratorio rientrano nel contesto di inquadramento del paziente e sono fondamentali per le successive decisioni cliniche e terapeutiche.
Data l’importanza dei referti biochimici del paziente, è fondamentale che gli esami di laboratorio siano correttamente eseguiti, su materiali adeguati e ben interpretati. Clinica e laboratorio sono discipline che devono integrarsi per garantire la sicurezza stessa dei pazienti. In USA numerosi articoli hanno evidenziato che negli ultimi 50 anni nelle pratiche di laboratorio l’errore pre-analitico è rimasto costante; a strumenti sempre più raffinati cioè corrispondono sempre gli stessi errori nelle fasi in cui la clinica si sovrappone al laboratorio, ad esempio nella raccolta del campione o nel trattamento di esso.

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5
Q

Quali elementi sono importanti per la sicurezza del paziente in medicina di laboratorio?

A

Per la sicurezza del paziente in medicina di laboratorio, e per la sicurezza stessa della diagnosi è importante:
- la scelta del test, orientandosi verso il test di cui il paziente ha bisogno, evitando test inutilmente costosi e che possono condurre a decisioni inappropriate
- la preparazione del paziente al test, come avviene nel caso di pazienti ambulatoriali
- I’identificazione del paziente, importante per non scambiare informazioni di diversi pazienti
- la raccolta del giusto campione per lo specifico esame selezionato (medico o infermiere)
- il trasporto corretto del campione
- l’analisi corretta del campione (medico di laboratorio)
- la refertazione corretta (medico di laboratorio)
- l’interpretazione del dato in modo corretto, riferendosi agli adeguati intervalli di riferimento
- intraprendere le corrette azioni cliniche, basandosi sui risultati del laboratorio (medico clinico)

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6
Q

Quali sono gli ambiti specifici che richiedono una profonda integrazione di clinica e laboratorio?

A

In questa ottica, è quindi possibile individuare un preciso ciclo del test diagnostico, nel quale gli aspetti clinici e laboratoristici si intersecano. Questo comprende:
- Fase pre-analitica: selezione del test
- Fase analitica: prestazione analitica
- Fase post-analitica: interpretazione del test

Segue quindi la diagnosi clinica che avviene considerando i risultati delle analisi, le informazioni ottenute durante la visita e l’anamnesi. Si procede con una diagnosi differenziale che permette di raggiungere un’ipotesi che verrà poi verificata mediante test più mirati (nel caso ciò non avvenga si cercherà un’alternativa e si tenterà di verificare quest’ultima).

Alla diagnosi segue, poi, un ciclo terapeutico, al quale si associa il monitoraggio terapeutico, anch’esso effettuato mediante esami di laboratorio.

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7
Q

Qual’è un esempio pratico di come in clinica la medicina di laboratorio, tramite test diagnostici, aiuta diagnosi e monitoraggio terapeutico?

A

Si consideri, allora, l’esempio di un paziente per il quale vi è un sospetto di diabete. In seguito all’anamnesi e all’esame clinico, viene prescritta un’analisi della glicemia, effettuata su un campione di sangue raccolto in una provetta contente sodio fluoride. Il sodio fluoride è una sostanza che inibisce il consumo di glucosio da parte delle cellule presenti nel campione di sangue (in particolare globuli bianchi), impedendo al valore della glicemia di diminuire ed evitando l’alterazione del campione. In assenza di sodio fluoride la glicemia in vitro diminuisce di circa il 6% ogni ora a causa della “glicolisi in vitro”.
Qualora il risultato dell’analisi riporti un valore di glicemia alto, compatibile con una diagnosi di diabete, si procede prescrivendo un esame secondario che possa confermare l’ipotesi. In questo caso si può richiedere il dosaggio dell’emoglobina glicata, ovvero l’analisi della quantità di emoglobina legata insolubilmente al glucosio (base di Schiff), che si associa ai valori di glicemia del paziente negli ultimi tre mesi, a causa dell’emivita di 120 giorni dei globuli rossi. Per valori di emoglobina glicata superiori al 6% si conferma la diagnosi di diabete. Il monitoraggio glicemico è utile anche nel corso della terapia per definirne andamento ed efficacia.

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8
Q

Perché è fondamentale l’appropriatezza prescrittiva in medicina di laboratorio?

A

L’appropriatezza è fondamentale in medicina di laboratorio: una recente meta analisi ha stimato che il tasso di sottoutilizzo dei test è pari al 44,8%, come conseguenza spesso della scarsa conoscenza degli esami specifici, mentre quello del sovrautilizzo è del 20,6%, per via della paura spesso dei giovani medici di sbagliare. La conseguenza di questi atteggiamenti è spesso la necessità di dover interpretare molti numeri inappropriati e di impiegare risorse non necessarie. Un esame mal richiesto genera una serie di altri esami inappropriati, se il dato è fuori dai valori di riferimento, generando conseguenze non solo di carattere sanitario, ma anche economico, legale e sociale.
Consideriamo per esempio il CEA, antigene carcino-embrionario, marcatore tumorale generale, spesso richiesto anche in assenza di sospetto di tumore. Il CEA aumenta nei fumatori, quindi se il test ha come soggetto un fumatore, anche in assenza di sintomi o con anamnesi negativa, il risultato alterato può portare al sospetto clinico ed alle conseguenze da esso derivate (richiesti altri test, preoccupazione del paziente, ecc.). Allo stesso modo si può incorrere in gravi errori nel caso delle malattie autoimmuni, per cui spesso si richiedono in maniera indiscriminata test per gli autoanticorpi, che possono condurre a risultati alterati anche in assenza di sintomi e patologie.
Gli esami di laboratorio devono derivare da ipotesi cliniche, di modo che esami target e specifici conducano ad una migliore diagnosi.

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9
Q

Come si può intervenire per migliorare attivamente l’appropriatezza prescrittiva?

A

Il professionista deve diffondere le pratiche appropriate. Esistono degli strumenti di pertinenza del laboratorio che consentono di intervenire attivamente sull’appropriatezza prescrittiva; tra questi, l’uso del reflex testing, un test di laboratorio eseguito in seguito a un test iniziale, quando il risultato del test iniziale soddisfa criteri predeterminati (ad esempio parametri al di fuori della norma) e non è conclusivo senza il test del riflesso. Viene eseguito automaticamente senza l’intervento del medico ordinante, o l’introduzione di regole gestite da sistemi informatici di gestione del laboratorio (Laboratory Information System, LIS) per bloccare richieste inappropriate in relazione ai tempi di esecuzione, a specifici sospetti diagnostici o reparti di provenienza ecc.

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10
Q

Quali fattori concorrono a determinare la qualità analitica e quali sono gli indicatori di qualità?

A

Gli studi sugli errori in medicina di laboratorio hanno dimostrato la vulnerabilità delle fasi iniziali e finali del ciclo (ad esempio raccolta del campione e interpretazione del dato), a fronte di una drastica riduzione negli ultimi vent’anni dell’errore analitico, cioè degli strumenti, cui medici, bioingegneri, biotecnologi, hanno collaborato rendendoli sempre più raffinati e precisi. La qualità analitica dipende però da tutto il sistema.
Perseverare nel focalizzarsi sui soli indicatori di qualità analitica, tipicamente misurati con il controllo interno e la valutazione esterna di qualità, rischia di esporre il paziente a rischi di errore ancora più occulti e gravi. Pertanto, è emersa con sempre maggior forza la necessità di individuare indicatori di qualità extra-analitica che possono essere utilizzati sia per azioni correttive e di miglioramento all’interno del singolo laboratorio, sia per il confronto con altri laboratori (benchmark).

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11
Q

Cosa sono gli errori pre-analitici?

A

Gli errori possono essere pre-analitici, possono cioè avvenire prima della analisi del campione.

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12
Q

Quali sono gli errori pre-analitici che avvengono prima della raccolta del campione?

A

Gli errori pre-analitici che avvengono prima della raccolta del campione comprendono:
- Richiesta di esame inappropriato o test necessario non richiesto
- Errore di identificazione del paziente: è fondamentale associare il campione al paziente, spesso applicando al campione il codice a barre identificativo del paziente. Ad oggi è molto più frequente rispetto al passato, per via dell’utilizzo negli ospedali di sistemi informatici che possono indurre errori, ad esempio in casi di omonimia. Tali errori erano meno frequenti in passato per via dell’utilizzo di cartelle cliniche fisiche, che si spostavano insieme al paziente, anche in caso di trasferimento da un reparto a un altro
- Errore di identificazione del campione

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13
Q

Quali sono gli errori pre-analitici che possono avvenire durante la raccolta del campione?

A

Ma errori pre-analitici possono avvenire anche durante la raccolta del campione, comprendono:
- Volume insufficiente del campione: la giusta quantità di campione deve essere adeguata all’esame da svolgere. Un insufficiente volume di campione non permette, ad esempio, l’utilizzo della spettrofotometria perché il raggio emesso non incontra liquidi nella provetta
- Errore nella scelta dell’anticoagulante
- Errore nel rapporto tra campione e anticoagulante
- Coagulazione del campione dovuta ad esempio al mancato mescolamento o alla raccolta prolungata
- Campione emolizzato
- Contaminazione del campione
- Contenitore errato

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14
Q

Quali sono gli errori pre-analitici che avvengono a seguito del prelievo?

A

Infine gli errori pre-analitici possono avvenire a seguito del prelievo, a causa di:
- Errori di etichettatura
- Inappropriato trasporto: alcuni campioni devono essere analizzati nel più breve tempo possibile per evitare risultati falsati; tuttavia in alcuni casi un trasporto poco delicato può emolizzare il campione in caso di trasferimento da un reparto a un altro. Ciò si verificava spesso quando si utilizzavano sistemi di comunicazione pneumatici (“posta pneumatica”) per trasportare velocemente i campioni tra parti lontane dell’ospedale
- Problemi di conservazione (tempo e temperatura)
- Errore di centrifugazione (forza centrifuga, tempo, temperatura)

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15
Q

Quali sono le conseguenze degli errori pre-analitici?

A

Sono errori che bloccano i pazienti in pronto soccorso. Se il paziente sanguina e bisogna capire perché sanguina, se vi sia un danno emostatico, o se ha preso troppi anticoagulanti ad esempio, si necessita una piccola provetta di sangue, che però deve essere perfettamente riempita, con corretto rapporto tra anticoagulante e sangue. Se il paziente presenta difficoltà nella possibilità di prendere le vene (considerato anche il sanguinamento), e non si preleva correttamente il campione, è un problema rifare il prelievo. È quindi fondamentale che i medici sappiano fare un prelievo in vena, una delle pratiche mediche di base. È necessario che tutte le fasi siano correttamente eseguite in quanto errori di questo genere comportano cambiamenti di parametri nelle provette molto sostanziosi.

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16
Q

Tra gli errori pre-analitici, quali determinano emolisi durante il prelievo?

A

L’emolisi dei globuli rossi ad esempio comporta la fuoriuscita del loro contenuto, che nei test viene dosato, con conseguente possibile invalidità dei referti.
Le principali cause di emolisi extra-vascolare si verificano:
durante il prelievo e comprendono:
- prelievo traumatico, per esempio a causa di accesso venoso difficile, punto di accesso
- prelievo da catetere o da ago cannula
- prelievo capillare
- dimensione dell’ago
- trasferimento del campione da siringa
- uso di un antisettico per il prelievo
- agitazione eccessivamente energica
- incompleto riempimento della provetta
- mancata agitazione della provetta

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17
Q

Tra gli errori pre-analitici, quali comportano emostasi durante il trasporto?

A

Le cause principali di emostasi durante il trasporto del campione comprendono:
- provenienza da reparti come ostetricia, pronto soccorso o rianimazione
- trasporto con posta pneumatica
- trasporto mediante corrieri
- pre-centrifugazione e temperatura di trasporto
- durata del trasporto e temperatura durante il trasporto

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18
Q

Tra gli errori pre-analitici, quali comportano emostasi nella fase pre-analitica intra-laboratorio?

A

Errori nella fase pre-analitica intra-laboratorio comportano emostasi a causa di:
- eccessivo lasso di tempo tra prelievo e centrifugazione
- centrifugazione a temperature non appropriate e estreme
- eccessiva velocità di centrifugazione
- imperfetta tecnica di separazione, cioè imperfezioni nella barriera di separazione (gel)
- ricentrifugazione dello stesso campione

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19
Q
A

Tra gli errori che provocano emolisi vi è anche l’archiviazione: spesso è necessario stoccare i campioni analizzati per un determinato lasso di tempo (che può essere anche di anni) che già di per sé può essere causa di emolisi. Per una corretta conservazione del campione è inoltre importante mantenerlo alla giusta temperatura.

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20
Q

Qual’è il campione biologico più comunemente utilizzato nelle analisi di laboratorio?

A

Il sangue è il campione più frequentemente utilizzato in medicina di laboratorio.

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21
Q

Qual’è la composizione del sangue?

A

Il sangue è composto da :
- Parte corpuscolata per meno della metà
- Parte liquida che è differenziata in plasma e siero. Il siero è la parte liquida del sangue che deriva da coagulazione del sangue, non vi è dentro il fibrinogeno; il plasma deriva invece dalla separazione del sangue scoagulato, in presenza di un anticoagulante

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22
Q

Quali provette vengono utilizzate per la raccolta del sangue?

A

Le provette ad oggi utilizzate nei reparti per la raccolta del sangue sono definite provette vacutainer. Sono provette:
- sterili
- monouso
- a fondo emisferico
Si distinguono in reparto in base al tappo, che però può variare in altri paesi, dunque è sempre meglio imparare a leggere le etichette. Le etichette in genere riportano:
- la data di scadenza, superata la quale la provetta non è più sottovuoto
- il lotto
- il contenuto
- il volume di campione consigliato

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23
Q

Quali sono i tipi di provette più comuni?

A

I tipi di provette più comuni sono:
- Provetta trasparente (tappo rosso)
- Provetta trasparente contenente gel SST (tappo giallo)
- Provetta contenente EDTA come anticoagulante (tappo viola)
- Provetta contenente Na-citrato (tappo azzurro)
- Provetta contenente litio-eparina (tappo verde)

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24
Q

Quali sono le caratteristiche della provetta trasparente con tappo rosso e per cosa si utilizza?

A

Provetta trasparente (tappo rosso): non contiene anticoagulante perciò al suo interno il sangue coagula e si raccoglie il siero. Se ne fa un uso generale. In etichetta riporta la sola data da scadenza, e altre informazioni utili; è importante verificare la data di scadenza perché le provette sottovuoto se scadute non aspirano più; non dovrebbero essere presenti provette scadute in reparto, ma è buona norma controllare che le provette siano integre e sottovuoto

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25
Q

Quali sono le caratteristiche della provetta trasparente con gel SST e per cosa si utilizza?

A

Provetta trasparente contenente gel SST (tappo giallo): se ne fa un uso generale

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26
Q

Quali sono le caratteristiche della provetta con EDTA e per cosa si utilizza?

A

Provetta contenente EDTA come anticoagulante (tappo viola): viene utilizzata per l’emocromo, cioè l’analisi su sangue intero, ma anche per l’analisi del globulo rosso, analisi di lipidi e proteine. L’EDTA è un chelante del Ca2+, il quale serve per accelerare la coagulazione; se il calcio viene chelato si diminuisce la velocità della coagulazione, seppur essa non viene completamente inibita, consentendo il trasporto al citofluorimetro. Qui la provetta per l’emocromo, fatto su sangue scoagulato in toto, viene analizzata per la valutazione delle cellule del sangue. Particolarità della provetta è che l’anticoagulante è in polvere di modo che non diluisca il sangue e i valori siano esattamente quelli del sangue in toto, non diluiti dall’anticoagulante

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27
Q

Quali sono le caratteristiche della provetta contenente Na-citrato e per cosa si utilizza?

A

Provetta contenente Na-citrato (tappo azzurro): è la provetta della coagulazione. È identica come forma e dimensioni alla provetta dell’emocromo, ma in questo caso l’anticoagulante è risospeso in forma liquida, perché è necessaria una corretta proporzione tra anticoagulante e sangue, che è pari a 1:10. Questo rapporto è fondamentale per la successiva analisi. Il sodio-citrato è un altro chelante del calcio, che sottrae il calcio (utile nel trasporto per evitare la coagulazione), che in laboratorio deve essere aggiunto nuovamente in modo da studiare come il paziente coagula. Se la proporzione non è mantenuta correttamente non viene aggiunta al campione la quantità necessaria di Ca2+, inficiando quindi lo studio della coagulazione. Sulla provetta è già indicata la proporzione e quindi quanto sangue deve essere aspirato. La coagulazione non si fa per prima quando si utilizza il butterfly, in quanto quest’ultimo contiene, all’interno del tubicino in plastica che lo compone, un volume d’aria che si riempie di sangue con la prima provetta. La prima provetta quindi oltre a contenere sangue contiene anche l’aria del tubicino. Se la prima provetta è quella della coagulazione, in cui si deve mantenere perfettamente il rapporto tra i fluidi, l’utilizzo del butterfly non ne consente il mantenimento, in quanto la provetta conterrà anticoagulante, sangue e aria

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28
Q

Quali sono le caratteristiche della provetta contenente litio-eparina e per cosa si utilizza?

A

Provetta contenente litio-eparina (tappo verde): viene utilizzata per la maggior parte delle analisi del sangue. Qui l’eparina è coniugata con il litio (presente anche in alcuni farmaci utilizzati ad esempio in psichiatria, perciò in caso di richiesto dosaggio di litio, è importante non utilizzare la provetta con tappo verde, scelta invece per errore nel 20 % dei casi)

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29
Q

Quali sono le principali fonti di variabilità analitica e che tipo di errori determinano?

A

Nel contesto della definizione degli errori nella fase analitica, non bisogna dimenticare, in premessa, che il risultato analitico può essere fortemente condizionato dagli aspetti legati alla fase pre-analitica, che, se non appropriatamente controllati, possono introdurre scostamenti (bias) sia positivi che negativi, anche estremamente rilevanti sul risultato finale. Ad esempio, nella preparazione del campione, se viene eseguito l’equilibrio acido-base, bisogna considerare che il pH cambia immediatamente se il prelievo non viene conservato in ghiaccio in pochissimi minuti. Per quanto riguarda gli aspetti strettamente analitici, le fonti di variabilità analitica possono essere schematicamente classificate come segue:
- Reagenti
- Calibratura/calibrazione
- Strumentazioni utilizzate per le misure
- Operatori

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30
Q

In che modo i reagenti sono fonte di variabilità analitica?

A

Reagenti: variabilità nelle modalità di preparazione (se non sono pronti all’uso); errata conservazione o invecchiamento (cambiamento di pH, denaturazione dei componenti, perdita di attività catalitica degli enzimi); variabilità tra lotti di produzione

31
Q

In che modo la calibrazione è fonte di variabilità analitica?

A

Calibratura/calibrazione: variabilità tra lotti di calibratori; modalità di conservazione ed eventuale ricostituzione di calibratori, in quanto caratteristica abbastanza diffusa dei controlli di calibrazione è che spesso sono liofilizzati e richiedono una ricostituzione da parte del laboratorio; questo introduce ovviamente una notevole variabilità dovuta all’introduzione di errori (per esempio relativi alle condizioni delle pipette) che possono portare a risultati fuorvianti; modalità di esecuzione della calibrazione. Gli strumenti di laboratorio comprendono spettrofotometri, grandi citofluorimetri, che seppur enormemente sofisticati necessitano di controlli, basati in genere su concentrazioni note di un certo metabolita o ad esempio sul controllo di curve dello spettrofotometro, più volte a giorno. I controlli sono interni, tra laboratori, con la ditta che fornisce gli strumenti. Maggiore è la dimensione del laboratorio, maggiormente è affidabile la misura, in quando sarà maggiormente sottoposto a controlli, che il laboratorio può permettersi per via del suo ampio bacino di utilizzo. Ciò infatti consente di aderire a tutti i controlli promossi da ministero, ditte, ecc.

32
Q

In che modo le strumentazioni utilizzate per la misura sono fonte di variabilità analitica?

A

Strumentazioni utilizzate per le misure: misure dei volumi (pipette, dispensatori), misure della temperatura (incubatori, sistemi di termostatazione), misure dell’assorbanza, efficienza del mescolamento, efficienza dei sistemi di lavaggio

33
Q

In che modo gli operatori sono fonte di variabilità analitica?

A

Operatori: trattamento non adeguato di reattivi, strumenti, calibratori o campioni biologici; modalità di esecuzione delle analisi manuali

34
Q

Come negli anni si è ridotta la variabilità tra i laboratori?

A

Negli anni la variabilità tra laboratori è cambiata moltissimo, come dimostra il coefficiente di variazione percentuale riguardante la variabilità interlaboratorio nelle misure del colesterolo. Si è cioè standardizzata la misura, di modo che i risultati tra i laboratori nel mondo corrispondano e siano paragonabili.

35
Q

Quali sono gli errori di misura?

A

La variabilità analitica è responsabile delle differenze che si osservano tra i valori analitici ripetuti e dipende dal metodo analitico utilizzato.
L’imprecisione dipende dall’errore casuale: lo strumento, ad esempio, non può pipettare la stessa identica quantità di sangue, quindi presenta un piccolo range di errore su cui non è possibile intervenire. La variabilità analitica dipendente dall’imprecisione viene espressa come coefficiente di variazione (ds/media・100).
L’inaccuratezza dipende dall’effetto dell’errore sistematico: è possibile intervenire per eliminare l’errore, ad esempio cambiando lo strumento, tarando il sistema, e tramite altri interventi.
Per accuratezza si intende, quindi, quanto un valore si avvicina a un valore vero, mentre la precisione è quanto una misura sia ripetibile. Se un emocromo o il dosaggio del colesterolo vengono ripetuti sullo stesso strumento per 10 volte, si otterranno con elevata probabilità valori diversi, ma se sono vicini lo strumento è molto preciso. L’accuratezza invece è il valore più vicino possibile al valore vero. Bisogna tendere alla precisione e alla accuratezza per trovare il reale valore ad esempio di colesterolo nel paziente. Quindi le ripetizioni devono essere simili in uno stesso campione ma devono anche essere vicine al valore vero.

36
Q

In che modo i valori di riferimento contribuiscono all’interpretazione degli esami di laboratorio?

A

L’interpretazione degli esami di laboratorio è un processo decisionale basato sul confronto con i valori di riferimento. Se, per esempio, devo considerare un valore dieci di transaminasi, per comprendere se sia normale lo confronto con intervalli di riferimento, che sono i valori delle transaminasi in un definito numero di soggetti considerati sani. Se non sono disponibili valori di riferimento, l’esame di laboratorio è inutile.
In passato si utilizzava il termine “valore normale”, ma la parola “normale” ha troppe connotazioni diverse, dovute a variabilità intraindividuale e interindividuale che possono essere anche molto ampie, perciò ciò che è normale per un individuo può non esserlo per altri. Il termine è stato abbandonato e si preferisce usare ora il termine “valore di riferimento”.

37
Q

Cosa sono gli intervalli di riferimento e a quali popolazioni possono essere applicati?

A

I valori di riferimento sono risultati ottenuti in un gruppo di individui che corrispondono ad una descrizione definita, per dosare un determinato analita, che vengono resi disponibili per l’uso da parte di altri. Si parla sempre di intervallo, e mai di un singolo numero, di riferimento. I valori di riferimento sono utili non solo per soggetti sani ma anche per pazienti affetti da determinate patologie. Si distinguono infatti:
- Soggetti sani
- Pazienti ospedalizzati in generale, in quanto alcune molecole cambiano se il paziente è allettato per esempio
- Pazienti con specifiche patologie, che possono aver intervalli particolari che non corrispondono ai soggetti sani, ma accettabili ugualmente nel contesto di quella patologia;
- Pazienti ambulatoriali
Queste definizioni sono esplicitate nella descrizione di valori di riferimento.

38
Q

Come variano gli intervalli passando a casi più specifici?

A

Un intervallo deve comprendere la maggior parte dei pazienti, per poi andare a restringere gli intervalli di modo da essere più approfonditi nella diagnosi. Per esempio, in pronto soccorso gli esami di laboratorio per diagnosticare un infarto del miocardio hanno un intervallo più ampio, mentre passando in cardiologia, dove considero pazienti affetti già dalla patologia, può variare l’intervallo in quanto considera una popolazione differente (si restringe). In generale prima si considera un intervallo più ampio per poi ridurli man mano nei casi più specifici.

39
Q

Quali sono le variabili che incidono sugli intervalli di riferimento?

A

Contestualmente agli intervalli di riferimento devono essere considerate delle variabili che incidono su essi. Queste sono distinte in variabili biologiche controllabili e non controllabili.

40
Q

Quali sono le variabili biologiche controllabili?

A

Tra le variabili biologiche controllabili rientrano:
- Variabili genetiche, quali età, sesso, razza, ecc. Un esempio è, nella considerazione della funzionalità renale, la creatinina, derivata dalla degradazione della creatina fosfato nel muscolo, che varia in funzione della massa muscolare e che è diversa tra le razze, in quanto alcune razze hanno muscolature più sviluppate, per cui nella valutazione di un metabolita che deriva dal muscolo vanno considerate razza e età
- Condizioni fisiopatologiche, quali gravidanza, fumatori, bevitori, ecc.
- Ritmiche, influenzate da ritmi circadiani, sonno/veglia, alimentazione, esercizio fisico, ecc. Ad esempio, fare jogging prima del prelievo comporta una variazione nella concentrazione di molti metaboliti

41
Q

Quali sono degli esempi pratici di variabili biologiche controllabili?

A

Il ritmo circadiano influenza l’interpretazione del dato, in base all’ora del prelievo. Alcuni dosaggi vanno fatti in momenti specifici. Il colesterolo, l’emoglobina e i fosfati, per esempio cambiano durante il giorno.
Il colesterolo sale con l’età, perciò un paziente di 60 anni non avrà mai il colesterolo di un ragazzo di vent’anni; pertanto gli intervalli di riferimento saranno diversi. Bisogna poi comprendere le condizioni del paziente, se trombofilico, se tendente all’infarto o meno, e quindi se necessario o meno un intervento per riportare il valore nell’intervallo di riferimento.
L’urea dipende dalla dieta e poi tende a salire con l’età.
I fosfati tendono a diminuire con l’eta per poi aumentare nuovamente, in quanto inizialmente si fa osso, poi diminuiscono poiché il processo si interrompe, e aumentano con l’età invece man mano che si perde osso.

42
Q

Quali sono le variabili biologiche non controllabili?

A

Sono variabili biologiche non controllabili invece:
Variabilità intraindividuale, rappresentata dall’ampiezza delle oscillazioni di una grandezza di un individuo intorno al punto omeostatico
Variabilità interindividuale, rappresentata dalla variabilità dei valori assunti nel punto omeostatico da diversi individui

43
Q

Come vengono controllate le variabili biologiche controllabili?

A

Ai fini della interpretazione del valore osservato in un paziente, le variabili biologiche controllabili vengono controllate:
Usando per il confronto valori (normali o di riferimento) da individui comparabili per il maggiore numero di caratteristiche (gestione di variabili genetiche e fisiopatologiche)
Ottenendo il campione biologico (es. prelievo di sangue) da paziente in condizioni “basali” definite

44
Q

Cos è il punto omeostatico?

A

Il concetto di variabilità biologica indica che le concentrazioni dei metaboliti del sangue sono in equilibrio dinamico, controllato da forze che tendono a mantenerlo regolato a un valore fisso, vantaggioso per l’organismo, il punto omeostatico, che cambia tra individui e nel tempo anche nello stesso individuo.

45
Q

Che rilevanza ha il concetto di variabilità biologica?

A

Le variabilità biologiche sono importanti poiché hanno rilevanza clinica e interpretativa. Hanno rilevanza analitica, in quanto bisogna stabilire i difetti dell’analisi in termini di imprecisione, inaccuratezza e l’errore totale. Hanno rilevanza interpretativa in termini di differenza critica, cioè di comprensione del reale cutoff oltre il quale il paziente ha una condizione da approfondire o trattare. Consentono di comprendere inoltre i valori di riferimento e anche i termini di confronto, in quanto per molti valori non si può avere un intervallo di riferimento standard che sia uguale per tutti.
La variabilità biologica e analitica si sommano e se la variabilità totale aumenta, aumenta la probabilità di sovrapposizione di due valori differenti.

46
Q

Come sono stabiliti gli intervallo di riferimento?

A

I valori di riferimento possono essere definiti come l’insieme dei valori di una grandezza appartenente a un gruppo di individui, che possiedono alcune caratteristiche prefissate quali età, sesso, razza, ecc. Gli intervalli sono una caratteristica biologica della popolazione e l’ampiezza della loro distribuzione dipende dalla variabilità biologica interindividuale.
Per convenzione l’intervallo comprende il 95% centrale dei risultati ottenuti in un gruppo campione, si escludono cioè i valori più alti e più bassi, le code. Nel caso in cui la distribuzione sia gaussiana si usa per il calcolo dell’intervallo una statistica parametrica: due deviazioni standard sopra e sotto la media identificano l’intervallo di riferimento. Nel caso di una distribuzione non gaussiana si applica la statistica non parametrica individuando l’intervallo di riferimento tra i valori che rappresentano il 2.5 e il 97.5 percentile.
Gli intervalli possono essere esageratamente ampi e ciò si verifica quando la variabilità interindividuale è maggiore e molto più ampia di quella intraindividuale. Se l’intervallo è ampio indica che vi è grande variabilità tra gli individui.

47
Q

Come varia la validità degli intervalli di riferimento in relazione alla variabilità interindividuale e intraindividuale?

A

Se la variabilità intraindividuale è molto minore di quella interindividuale i valori di riferimento hanno poco significato. Ciò significa ad esempio che se il parametro di un individuo sano si mantiene pressoché costante non è necessario il confronto con un ampio intervallo. Se invece la variabilità intraindividuale è maggiore di quella interindividuale è utile il confronto con l’intervallo di riferimento.

48
Q

Possiamo fare un esempio pratico di situazioni in cui gli intervalli di riferimento hanno validità differente per l’interpretazione di un dato nel paziente?

A

Consideriamo ad esempio i valori di riferimento per la creatinina e per il ferro. Il metabolismo della creatinina dipende dalla massa muscolare, dovuta a sua volta a razza e età. Sebbene la creatinina sierica quindi presenti un’ampia variabilità nella popolazione, la sua variazione in ogni individuo è molto piccola (approssimativamente del 4%) se è in una stessa condizione e se è sano. Applicare un intervallo di riferimento alla creatinina quindi è inappropriato. Il vero valore clinico della creatinina sierica è la sua sensibilità diagnostica nel rilevare piccoli cambiamenti nella velocità di filtrazione glomerulare GFR: un aumento (facilmente rilevabile) della creatinina all’interno di un individuo, rappresenta un cambiamento significativo nella funzione renale. Questo è un esempio di medicina veramente personalizzata in cui non si applicano gli intervalli di riferimento. Nel ferro vi è invece molta variazione in una stessa persona (basti pensare ai cambiamenti nei valori del ferro che subisce una donna con ciclo mestruale) ma poco tra le persone.
Queste due situazioni devono essere valutate differentemente in termini di intervallo di riferimento. Per la creatinina un intervallo totale di riferimento ha poco senso, ma è utile inserire i valori in un range specifico per le caratteristiche del paziente. Una creatinina pari ad uno per esempio in un paziente può indicare insufficienza renale mentre in un altro può esservi una situazione perfettamente normale. Per il ferro i valori di riferimento sono utilizzabili e hanno significato interpretativo.

49
Q

Cosa sono i livelli decisionali?

A

Dai valori di riferimento e dalla loro corretta interpretazione dipendono i valori decisionali, valori soglia sopra o sotto i quali è consigliabile seguire un determinato comportamento clinico. Ad esempio di fronte alla valutazione di un paziente con 1 di creatinina, poiché secondo le sue caratteristiche è un allarme di insufficienza renale, intervengo a livello clinico. In un’altra situazione di un paziente con 1,1 di creatinina, ma con notevole massa muscolare, non sarà necessario intervenire poiché tale valore può essere in questo caso considerato nella norma. I valori decisionali non sono una caratteristica biologica ma sono stabiliti in base all’esperienza clinica e spesso per accordi internazionali.
Consideriamo il glucosio, il cui valore decisionale sta oltre l’intervallo di riferimento. Quando cioè il glucosio è superiore ad una certa concentrazione, si ha prima l’intolleranza al glucosio, poi una zona grigia e poi la diagnosi di diabete. Nel caso del colesterolo invece, che varia con l’età, devo considerare la condizione del paziente, se ha una storia di trombofilia ad esempio, perciò il valore decisionale sta dentro la curva di riferimento, perché dipende dalla situazione del paziente in esame.

50
Q

Quali sono le principali differenze tra livelli decisionali e valori di riferimento?

A

Valori di riferimento e decisionali sono distinti e differenti. Gli intervalli di riferimento dipendono da sesso, età, e così via, e sono validi per una determinata popolazione; vengono definiti mediante lo studio di una popolazione definita e non indicano necessariamente un intervento clinico.
I livelli decisionali invece dipendono dalla situazione clinica, sono validi universalmente, sono stabiliti in base all’esperienza clinica o per accordi collaborativi e indicano un intervento clinico.

51
Q

Quali sono le unità di misura utilizzate nei test di laboratorio?

A

Una volta eseguiti i test, i risultati degli esami di laboratorio vengono espressi in uno svariato numero di unità di misura. Il sistema di misura attualmente in uso è il sistema centimetro-grammo-secondo (C.G.S.) che impiega il centimetro, come unità di lunghezza, il grammo come unità di massa e il secondo come unità di tempo. La concentrazione di una sostanza viene di solito riportata in g per litro. Per il dosaggio degli enzimi viene tuttavia introdotta la cosiddetta unità, in quanto essi sono dosati in base alla loro attività enzimatica.
Allo scopo di rendere immediata la comprensione dei risultati di una misura in qualunque Paese, è stato proposto negli anni ’60, e approvato dalla CEE nel 1982, il Sistema Internazionale di Unità di Misura (SI).

52
Q

Quali informazioni vengono riportate nei referti?

A

Il referto deve contenere quindi indicazioni univoche su:
- tipo di campione (detto sistema), Ad esempio: urina (estemporanea o delle 24 ore), sangue (venoso o arterioso). Il sistema può essere indicato per esteso oppure impiegando simboli che possono variare secondo la lingua. L’uso dei simboli può anche essere accoppiato come nei seguenti esempi: sangue arterioso aS, urina delle 24 ore dU
- il componente misurato, scritto per esteso e, in generale, maiuscolo
- il valore numerico trovato, va indicato con le cifre significative in relazione alla precisione
- l’unità di misura impiegata, con i simboli accettati internazionalmente
l’intervallo di riferimento, espresso nelle stesse unità in cui è espresso il risultato della misura

53
Q

Cosa sono i DLE e perché sono importanti da considerare?

A

Nelle analisi di laboratorio è sempre importante tenere a mente l’interferenza dei farmaci. La letteratura riporta oltre 50.000 effetti di farmaci sulle analisi di laboratorio. Le interferenze tra farmaci e test di laboratorio, indicate dagli anglosassoni con l’acronimo DLE (drug-laboratory-effects) sono state anche raccolte e pubblicate in ampi cataloghi, periodicamente aggiornati.
Tuttavia, isolare manualmente singole informazioni da questi vasti elenchi è assai laborioso e questo spiega perché i DLE non vengono comunemente utilizzati nella pratica clinica.
Solo recentemente alcuni di questi cataloghi sono stati resi disponibili in abbonamento anche via Internet.

54
Q

Quali sono i campioni biologici più frequentemente raccolti in medicina di laboratorio?

A

In medicina di laboratorio (MDL) si analizzano i campioni biologici. È necessario accompagnare ai campioni un’informazione medica, la descrizione del campione, la modalità di raccolta, le difficoltà riscontrate, il punto di raccolta, affinché l’analisi sia utile.
Il sangue in toto è il campione biologico più comune. Altri tra i campioni più frequentemente analizzati sono:
- Plasma, la parte non corpuscolata del sangue non coagulato
- Siero, la parte non corpuscolata del sangue dopo la coagulazione, quindi privo di fibrinogeno
- Urine
- Liquor
- Feci

55
Q

Quali sono gli altri liquidi analizzati in medicina di laboratorio?

A

Altri liquidi biologici analizzati sono:
- Liquidi da versamenti nelle cavità sierose (pleura, pericardio, peritoneo). Questi si distinguono in trasudati (cirrosi, nefrosi, ecc.) ed essudati (neoplasie, metastasi, pericarditi, ecc.)
- Liquido sinoviale
- Liquido amniotico (di solito dopo la 12° settimana)
- Liquido seminale (dopo astinenza di 3-5 giorni)
- Liquido gastrico (paziente a digiuno da 12 ore)
- Sudore (aumento di NaCl nella fibrosi cistica)

56
Q

Quali sono gli elementi fondamentali a cui prestare attenzione durante la raccolta dei campioni?

A

Durante la raccolta dei campioni è fondamentale che medici e infermieri incaricati facciano attenzione agli aspetti della fase pre-analitica che possono determinare variazione della qualità analitica. Ciò implica la preparazione del paziente, la modalità di prelievo e di raccolta, trattamento e conservazione dei campioni biologici. È fondamentale anche accertarsi dell’identità del paziente e del digiuno o delle eventuali restrizioni dietetiche e della terapia.

57
Q

Qual’è la modalità più comune di prelievo del sangue?

A

La modalità più comune per il prelievo di sangue è la puntura venosa.

58
Q

Quali sono le modalità ideali per il prelievo venoso?

A

Prima del prelievo del sangue bisogna accertarsi che il paziente sia a digiuno. Nella fase postprandiale aumenta la glicemia, con simultanea diminuzione della potassiemia e della fosforemia; inoltre si ha un aumento della lipemia, che può persistere elevata a lungo dopo il pasto e può interferire sfavorevolmente in svariate metodiche analitiche. Tuttavia, tranne casi particolari, si può ritenere che non esista l’esigenza di un digiuno prolungato per molte ore, potendo bastare un periodo di 6-8 ore. E’ opportuno sottoporre i pazienti ad un equilibrato apporto glucidico per alcuni giorni, prima di procedere alla esecuzione delle prove di tolleranza al carico glucidico; anche la concentrazione dei trigliceridi, oltre che dal digiuno, è influenzata da variazioni dietetiche.

Le modalità ideali di prelievo per essere sicuri che sia corretto e non dia un referto alterato richiedono inoltre che non sia stato svolto nessun esercizio intenso da tre giorni, che può ad esempio comportare l’aumento di creatinfosfochinasi, che deriva dal muscolo (aumenta di più con pesi ad esempio che mandano in necrosi più cellule della corsa), ma anche un’alterazione del lattato, oppure un pò di sangue nelle urine.

È inoltre fondamentale che il paziente sia supino da 15 minuti, specialmente se ospedalizzato, o seduto da 15 minuti, se è un paziente ambulatoriale.

Applicare il laccio emostatico è utile per favorire il reperimento della vena ed evitare il collasso della stessa durante la procedura. In presenza di vene grosse, visibili e facilmente palpabili, è preferibile non applicare il laccio emostatico.
Qualora si ritenga necessario applicarlo, lo stesso dovrà essere posizionato circa 10 cm al di sopra del sito prescelto, con una pressione sufficiente a generare stasi ma non a provocare dolore o ostacolare la circolazione arteriosa (60mmHg) e non dovrà essere tenuto in sede per più di un minuto, in quanto altera enormemente molti valori. La variazione di metaboliti nel siero se si lascia il laccio stretto per tre minuti anziché per uno è notevole. Le proteine totali aumentano del 5%, la sideremia aumenta del 6,7%, il colesterolo aumenta del 5,1%, le transaminasi aumentano fino al 9,3% come anche la bilirubina il cui valore aumenta del 8,4%. Il potassio diminuisce del 6,2%. Queste modificazioni sono in genere superiori alla variabilità analitica.

Palpando la zona interessata è importante valutare la consistenza della vena, che fisiologicamente è duro-elastica. Qualora si riscontrasse una resistenza maggiore è possibile che la vena sia vicino a una terminazione nervosa. In questo caso durante il prelievo, inserendo e rimuovendo l’ago, il paziente sentirà un forte e spiacevole formicolio dovuto alla sovra-stimolazione delle terminazioni nervose. Lo studio del decorso della vena, effettuato grazie alla palpazione e facilitato dall’utilizzo del laccio emostatico, permette di capire dove è più opportuno inserire l’ago, con che angolazione e a che profondità.
Prima di inserire l’ago, è consigliabile applicare con il pollice una leggera trazione sulla vena per evitare che questa si muova.

Non bisogna inoltre chiedere al paziente di aprire e chiudere il pugno in quanto ciò comporta l’aumento di calcio, potassio, fosfati e lattato. Il primo sangue aspirato è più simile alla composizione del sangue circolante.

59
Q

Quali sono i sistemi utilizzati per il prelievo?

A

Gli strumenti utili per il prelievo sono:
- butterfly, camicia e raccordo: sistema sicuramente più utilizzato per la sua comodità, è particolarmente indicato quando si devono prelevare più campioni in più provette diverse. È costituito da un ago di tipo Butterfly collegato da un raccordo alla “camicia”, dove si inseriscono le provette da riempire
- siringa: a differenza del sistema Butterfly/camicia, con una siringa si può misurare in modo preciso il volume del campione prelevato e si può modulare la forza aspirante sulla vena. Inoltre il percorso del sangue da vena a contenitore è molto più breve, permettendo di ridurre al minimo il rischio di emolizzare il campione durante la sua raccolta

60
Q

Come devono essere gli aghi per il prelievo?

A

Gli aghi hanno dimensioni e calibro variabili, con la punta tagliata obliquamente per ottenere un profilo tagliente in grado di perforare i tessuti con il minimo trauma. Sono classificabili in base al loro calibro, che viene misurato in gauge (G). Il valore attribuito in gauge rispecchia la dimensione dell’ago in modo inversamente proporzionale, ad esempio 32 G corrispondono a 0,26 mm mentre 18 G a 1,2 mm. L’ago di una siringa è, per motivi tecnici legati ai suoi processi di produzione, più affilato rispetto a quello di un Butterfly, e questo comporta che può essere inserito a piatto, cioè con decorso quasi parallelo a quello della vena. Utilizzando un Butterfly è invece necessario uncinare la vena, inserendo l’ago prima perpendicolarmente e poi accompagnandolo nel decorso della vena
Si utilizza un ago “18” per prelievi di 30-50 ml, ago “20” per altri prelievi. L’ago utilizzato nel prelievo venoso è generalmente di 0,9 mm (G20). L’ago deve essere proporzionale alla vena e alle provette da riempire. Un ago piccolo per riempire molte provette, è poco utile in quanto a metà prelievo si coagulerà il sangue, comportando la necessità di un ulteriore buco al paziente. Allo stesso modo se buco una vena grossa con ago piccolo, si ostruirà facilmente; spesso il prelievo su una piccola vena viene eseguito con siringa anziché con il butterfly, il quale, aspirando molto forte con provette vacutainer, fa si che le pareti della vena collabiscano per la velocità con cui la vena viene svuotata, rendendo il prelievo inagibile; la siringa pur essendo più difficile da utilizzare, più pericolosa, consente però il controllo della velocità dello stantuffo. Quindi facendo pian piano riempire la vena mentre viene eseguito il prelievo, evita la rottura della vena, pur con tutti i rischi legati al suo utilizzo, quali riempimento incorretto, difficoltà di manualità ecc.
L’emolisi è proporzionale alle dimensioni dell’ago ed alla velocità di aspirazione. In caso di rottura dei globuli rossi si ha il rilascio in circolo del loro contenuto, ad esempio potassio, LDH e altri enzimi, che quindi viene dosato.

61
Q

Quali sono altre regole importanti per il prelievo venoso?

A

Altre regole da seguire per il prelievo sono:
- È necessario usare i guanti e occhiali protettivi quando si maneggiano campioni di sangue, liquidi organici, secrezioni, escrezioni, o si toccano superfici, materiali, oggetti contaminati con liquidi organici, sangue, secrezioni, escrezioni.
- Non usare per il prelievo il braccio dello stesso lato della mastectomia
- Tenere presente le sedi di prelievo ottimali, quali, vena cubitale, dorso della mano, polso, malleolo
- Fermare l’infusione di liquidi per almeno 3 min prima del prelievo. Quando un paziente ha una flebo, una glucosata ad esempio, vi è un cateterino dove talvolta viene fatto il prelievo per l’assenza di altre vene (se altre vene sono disponibili è più utile eseguire il prelievo su altre vene). In questo caso il cateterino va lavato accuratamente, poiché in caso contrario sarebbe dosato anche ciò che contiene la flebo, ad esempio potassio, glucosio, che risulta aumentato se la flebo è, ad esempio, di glucosata
- Usare come disinfettante isopropanololo al 70% o Zephiran, non utilizzare betadine o altri composti iodati
- Seguire le misure precauzionali per cui tutti i contenitori vanno trasportati in recipienti impermeabili e infrangibili. Se l’esterno del contenitore è visibilmente contaminato va disinfettato con soluzione 1:10 di ipoclorito di sodio 5,25%. Analogo trattamento va riservato a oggetti contaminati con sangue versato
- Gli aghi non vanno incappucciati dopo l’uso, ma devono essere riposti prontamente in appositi, resistenti contenitori
- Ci si deve lavare le mani dopo aver tolto camice e guanti
- Le mani devono essere lavate immediatamente (acqua e sapone) dopo essersi sporcati con sangue
- In caso di puntura accidentale o altra contaminazione (congiuntivale) riportare immediatamente l’accaduto al personale addetto

62
Q

Quali altre tipologie di prelievo del sangue vi sono?

A

Oltre il prelievo venoso vi sono altri modi per il prelievo del sangue, quali ad esempio la puntura cutanea e arteriosa.

63
Q

Come viene effettuata la puntura cutanea?

A

La puntura cutanea:
va evitata se non strettamente necessario
presenta maggiori rischi infettivi
va utilizzato il dito medio o anulare della mano non scrivente, nei bambini i margini posteriori della pianta del piede

64
Q

Come viene effettuata la puntura arteriosa?

A

La puntura arteriosa:
può essere svolta su arteria radiale: ago 23-25
può essere svolta su arteria femorale: ago 20
è necessario comprimere l’arteria per almeno 5 min dopo il prelievo
va posta in ghiaccio e analizzata in meno di 15 minuti per equilibrio acido/base

65
Q

Quali sono gli anticoagulanti utilizzati nella raccolta del plasma?

A

Nella raccolta del plasma vengono utilizzati anticoagulanti, divisi in due famiglie, che si distinguono in base al meccanismo con il quale impediscono la coagulazione:
- Eparina che attiva l’antitrombina III ed insieme impediscono l’attivazione della trombina e quindi la formazione della fibrina
- Chelanti del calcio (EDTA, citrato, ecc.) che sottraggono dal sangue il Ca2+ che è un componente indispensabile della cascata coagulativa

66
Q

Quali sono i vantaggi della raccolta del plasma?

A

L’utilizzo del plasma ha come vantaggio la rapidità e una maggiore resa ma al contempo vi è la possibilità di formazione di piccoli ammassi di fibrina, che rende più complicata l’interpretazione dell’elettroforesi, e di un’alterazione nei valori di alcuni analiti.

67
Q

Quali sono le modalità di raccolta delle urine?

A

Per la raccolta delle urine è necessario fornire il paziente di un contenitore idoneo e di istruzioni scritte e chiare. Per l’esame microscopico vanno raccolte quelle del primo mattino mentre le seconde del mattino (dalle 6 alle 9) sono utilizzate per valutare le proteine. Per gli studi microbiologici vi sono varie modalità:
- primi 10 ml vengono utilizzati per lo studio di uretriti
- Il mitto intermedio per cistiti
Come nel caso del prelievo del sangue è necessario fornire al paziente istruzioni scritte per la raccolta a tempo, ma anche sulla dieta, per esempio per il dosaggio del 5-OH indolacetico sarà necessario evitare cibi che contengono 5-OH triptamina quali banane, avocado, ananas, melanzana. La raccolta delle urine può essere problematica nei bambini. Infine è necessario ricordarsi della necessità di additivi per molte indagini e della loro pericolosità.

68
Q

Quali sono le modalità per la raccolta delle feci?

A

La raccolta delle feci viene eseguita per la valutazione della presenza di sangue occulto e per valutare l’attività triptica nella fibrosi cistica. È importante in questo caso non aggiungere conservanti.

69
Q

Quali sono le modalità per la raccolta del liquido cefalo-rachidiano?

A

La raccolta del liquido cefalo-rachidiano avviene in concomitanza alla richiesta anche di un campione di sangue per valutare la glicorrachia (tasso di glucosio nel liquido cefalo-rachidiano) o per indagini sulla presenza di bande oligoclonali. Il liquido cefalo-rachidiano in laboratorio deve essere rapidamente processato.

70
Q

Quali sono la modalità per la raccolta del liquido pleurico-pericardico-ascitico?

A

La raccolta del liquido pleurico-pericardico-ascitico non richiede additivi e anche in questo caso il liquido deve essere rapidamente processato in laboratorio.

71
Q

Quali sono le modalità di raccolta della saliva?

A

La raccolta della saliva è più complessa e richiede sciacquo, paraffina, eliminazione della prima saliva raccolta.

72
Q

Quali sono alcuni fattori a cui prestare attenzione durante il trasporto dei campioni?

A

Dopo la raccolta, i campioni devono essere inviati al laboratorio subito dopo il prelievo e nel più breve tempo possibile. Nel caso di campioni di sangue, sarà necessario separare la parte liquida dalla corpuscolata in meno di 2 ore (per es. il glucosio si riduce del 7%/h). Il trasporto deve essere eseguito a 4°C (in ghiaccio) per la determinazione dei seguenti analiti:
- ammoniaca
- pCO2
- pO2
- pH
- Lattato
- Piruvato
- Gastrina
- Renina

73
Q

Quali possono essere alcuni esempi di criteri di non accettabilità dei campioni in laboratorio?

A

I campioni in laboratorio possono essere non accettabili sulla base di vari criteri quali:
- Identificazione assente o incompleta
- Mancanza di informazioni necessarie per l’esecuzione dei test
- Contenitore inidoneo (non conforme alle indicazioni o necessità del laboratorio, non sterile ecc.)
- Prelievo non corretto (effettuato durante terapia infusionale, senza impiego di terreni di trasporto, ecc.)
- Quantità insufficiente
- Rapporto sangue/anticoagulante -inadeguato o scorretto
- Mancata aggiunta di idoneo conservante
- Presenza di coaguli (per esempio emocromo, test coagulativi)
- Emolisi evidente
- Conservazione a temperatura non corretta (emogasanalisi, ammoniemia, ecc.)
- Esposizione a luce solare diretta
- Congelamenti e scongelamenti ripetuti
- Paziente non a digiuno per esami come glucosio, lipidi, ecc.
- Paziente non sottoposto al previsto regime dietetico
- Paziente non a riposo per test in cui il riposo è indispensabile (per esempio dosaggio di renina)