fratture rachide Flashcards

1
Q

classificazione

A

La stabilità delle colonna vertebrale è la capacità di mantenere il corretto orientamento delle unità fondamentali, rappresentate da due vertebre e dal disco interposto. Abbiamo garanzia di stabilità grazie alla presenza dei legamenti e all’integrità del disco.

Il concetto di stabilità viene affrontato da tanti autori che inquadrano la colonna, suddividendola in colonna anteriore, media e posteriore.

COLONNA ANTERIORE: legamento longitudinale anteriore, 2/3 anteriori del corpo vertebrale, porzione anteriore del disco e dell’annulus.

COLONNA MEDIA: legamento longitudinale posteriore, 1/3 posteriore della porzione del corpo vertebrale, parte posteriore del disco e dell’ annulus.
COLONNA POSTERIORE: Arco vertebrale, le lamine, i legamenti gialli, le faccette articolari, i legamenti interspinosi.

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2
Q

instabilità

A

Un interessamento della colonna anteriore di solito non dà luogo a una condizione di instabilità. L’interessamento della colonna media, dove c’è il muro posteriore o della colonna posteriore dove c’è l’attacco capsulo-legamentoso (capsulo perché ci sono le apofisi articolare), dà luogo a instabilità.

I più grossi guai neurologici li abbiamo quando si ha un trauma della colonna media, la dove c’è il legamento longitudinale posteriore, perché un interessamento del muro posteriore ci porta ad un ingombro del canale spinale.

Una frattura viene quindi definita stabile se il muro posteriore è rimasto integro, al contrario viene definita instabile.

Il muro posteriore si affaccia sul canale spinale, nel quale a seconda dei livelli troveremo: fino a T12/L1 il midollo che si continua nel collo midollare, a livello lombare abbiamo il sacco durale con all’ interno tutte le radicole che a ogni livello si sfioccano, chiamiamo questo tratto cauda equina.

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3
Q

frattura stabile

A

Le fratture vertebrali possono avere delle complicanze importanti dal punto di vista neurologico. Se abbiamo una frattura stabile in un paziente che ha osteoporosi e che ha un cedimento,un collasso della limitante superiore del corpo vertebrale e un integrità del muro posteriore, verosimilmente questo paziente avrà solo dolore ma non avrà nessun segno neurologico, perché il midollo e le radici comunque non sono state compresse

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4
Q

frattura instabile

A

Posso avere delle fratture instabili dell’arco posteriore e delle apofisi articolari con un muro integro, ma sono rare, normalmente una frattura che interessa anche l arco posteriore è una frattura che ha un meccanismo di genesi in rotazione e verosimilmente nella rotazione si ha sia la frattura che la lesione legamentosa che può interessare anche il muro posteriore. Per alcune alterazioni, sia degenerative che traumatiche, può essere utile fare una risonanza magnetica dinamica.

Questo esame viene effettuato con il paziente coricato, poi in piedi e infine in movimento. Quando è sdraiato non agisce la forza di gravità, quindi le sollecitazioni compressive che vengono impresse sulla colonna sono minime, e non si documentano eventuali movimenti anomali o quadri di instabilità. In questo caso particolare, con il paziente in piedi e in movimento si osserva una tendenza alla retrolistesi ovvero una vertebra tende a ritornare più indietro rispetto alle altre e si disallinea posteriormente

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5
Q

classificazione traumi nervosi

A

Le fratture le posso classificare anche, sulla base clinica neurologica in: mieliche amieliche. Il termine mielico si riferisce al midollo, che arriva fino a T12/L1 ma per definizione anche se stiamo parlando di una frattura di L3, che ingombra il canale e dà dei segni neurologici si parla di frattura mielica. A questo livello non avremo segni midollari ma periferici come la sindrome della cauda equina dove ho la compressione massiva di tutte le radicole che la costituiscono, il paziente riferisce dolore alla schiena, non gli reggono le gambe ed è incontinente. Questo avviene perché le radicole che passano nel sacco durale sono anche quelle che emergono da S2-S3-S4 che costituiscono i nervi che vanno a innervare la vescica , il retto e i nervi erigentes nell’uomo. L’indicazione ad operare un paziente non vi è solo se questo ha una frattura mielica.

Ma a un paziente che viene con una frattura che occupa il canale ma che ha ancora tutti i riflessi, non ha nessun deficit sfinterico, non ha segni periferici e dolore irradiato agli arti inferiori, gli si può dare un busto e invitare a stare a riposo ma i segni neurologici arriveranno con il tempo. I nervi, infatti, all’ inizio non danno problemi, si inizia una terapia con il cortisone ma alla lunga la compressione porterà un danno ischemico e darà un deficit neurologico, per cui un paziente cosi ha un indicazione all’ intervento chirurgico per decomprimere i nervi e stabilizzarlo.

Oggi non si usa più parlare di intervento di stabilizzazione vertebrale, ma rende bene il concetto, si deve stabilizzare ciò che è instabile, questo è importante perché spesso si vedono degli over-treatment ovvero pazienti che vengono trattati senza aver tutte le indicazioni per l’intervento.

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6
Q

classificazione di magerl

A

La classificazione delle fratture vertebrale attualmente in uso è quella di Megerl, adottata dall’ associazione internazionale di osteosintesi, che divide le fratture sulla base della dinamica che le ha generate:

Tipo A in compressione: descrive le fratture del corpo vertebrale.

Tipo B in distrazione: descrive le fratture dei processi trasversi con allungamento della distanza tra gli elementi vertebrale posteriori(B1,B2) oppure anteriori(B3).

Tipo C in torsione:descrive le fratture verificatesi in seguito a torsioni assiali che spesso sono sovrapposti alle lesioni tipo A e B. si possono avere delle vere e proprie lussazioni, dissociazioni, e sono quasi sempre mieliche e portano spesso a una sezione del midollo

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7
Q

fratture di compressione

a1

A

I traumi del sottogruppo A1 sono fra i traumi più comuni, che colpiscono la colonna anteriore, tipici quelli da caduta di pazienti osteoporotici.

Si trattano spesso con il cemento con vertebroplastica o cifoplastica. Sono fratture stabili, raramente associate a deficit neurologici, perché il muro posteriore è integro, prima si sarebbero trattatati con un busto gessato e con il paziente a riposo su un lettino inclinato, in 3 mesi la frattura si salda. Ora non si usa più e i busti a tre punte o le fasce non hanno molto senso, è la forza di gravità il problema, se il paziente mette il busto ma sta in piedi per tante ore, alla visita successiva si vedrà la vertebra schiacciata e la deformità aggravata.

Quindi se sono soggetti di una certa età invece che farli stare 30 giorni a letto, che in molti pazienti anziani significa non riuscire poi a fargli riprendere la loro vita di prima, allora si fa la vertebroplastica o la cifoplastica. Con questi interventi si entra nel corpo vertebrale, se è possibile si diminuisce la deformità della vertebra compressa, si inietta all’interno una resina che si chiama polimetil-metacrilato e nell’ arco di 10 min questa diventa dura e dà subito una solidità alla vertebra, eliminando anche una buona parte del dolore. Nella cifoplastica si inietta il cemento come nella vertebroplastica, ma si entra prima con un trocar, sul quale si fa scivolare un dispositivo che ha all’ apice un pallone, si riempie con una soluzione iodata che lo dilata, dilatandosi corregge un pò la deformità, a quel punto si svuota il pallone dalla soluzione iodata, si sfila la cannula con il pallone e con il trocar si inietta il cemento bilateralmente che riempie la cavità che si ha realizzato.

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8
Q

a2 , split

A

Se si ha una frattura dove il corpo vertebrale è spaccato in due ovvero un A2, ma è stabile per definizione, questo paziente ha un dolore molto importante e si ha indicazione chirurgica per prevenire delle complicanze successive, qui l intervento è suggerito ma non mandatorio, quindi devo valutare, mentre in caso di frattura instabile l intervento è obbligatorio.

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9
Q

a3, burst da scoppio

A

Per le fratture A3 a scoppio è obbligatorio l’intervento perché interessano il muro posteriore, occupano il canale e sono fratture instabili. Con la risonanza valuto il rapporto fra la vertebra fratturata e il midollo che in RM risulta più scuro rispetto alla cauda equina

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10
Q

trauma in distrazione b1

A

La colonna anteriore cede in compressione e la colonna media e posteriore cede in tensione La lesione è instabile (solitamente sono lesionati il legamenti gialli, i legamenti interspinosi, i legamenti sovraspinosi ed il disco intervertebrale. B1: Rottura posteriore: principalmente ligamentosa. B2: Rottura posteriore: principalmente ossea. B3: Rottura anteriore attraverso il disco

Un tipo particolare di frattura è la frattura di Chance ( rachide toracico). Questa è una lesione orizzontale del corpo vertebrale passante per l’arco posteriore Causata da una brusca flessione. (immagine qui accanto -> )

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11
Q

trauma in torsione

A

Vi è lesione di tutte e tre le colonne con un meccanismo di taglio-rotazione. Si ha un grave disallineamento del canale vertebrale con serie lesioni neurali.

C1: frattura tipo A con rotazione. C2: frattura tipo B con rotazione. C3:Rotational shear injuries

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12
Q

diagnosi fratture rachide

A

Valutazione clinica e Esami Strumentali Bisogna sempre cercare di indagare il modo in cui è avvenuto il trauma perché già da quello riusciamo a capire se il paziente ha subito una distrazione, una torsione o una compressione.

I pazienti che hanno la spondilite anchilopoietica ovvero anchilosante, malattia reumatologica che porta all’ossificazione dei legamenti longitudinali, hanno spesso delle fratture perché la loro colonna è particolarmente rigida, per cui si spezza come un grissino, con ovvi danni midollari. Possiamo avere dei pazienti con una lussazione tale, da farci vedere alla TC due corpi vertebrali in sezione orizzontale perché sono del tutto disallineati, con una resezione midollare. In questi pazienti che hanno ovvi danni neurologici irreversibili, si deve provvedere lo stesso all’ intervento, perché si devi restituire stabilità alla colonna. Spesso sono pazienti giovani che hanno avuto incidenti stradali e avendo questo danno neurologico così importante sono incontinenti e paraplegici, ma nella gestione del quotidiano (lavarlo, metterlo in sedia a rotelle) devono avere la schiena in asse, consapevoli del fatto che non avranno nessun recupero neurologico.

La prima cosa da fare davanti a un paziente che ha subito un trauma è fare una valutazione neurologica. Bisogna ricercare eventuali deficit motori, deficit del sensorio, cercando la presenza dei riflessi osteotendinei. E’ importante valutare la presenza di clonie, di ipertono spastico ( movimento non fluido ma limitato e spesso a scatti chiamato segno della ruota dentata) e di iperreflessia.

Questa triade sintomatologica positiva mi deve far pensare a un impegno delle vie piramidali ovvero un quadro di tipo compressivo delle corna anteriori del midollo. Se ho questi sintomi si deve inviare il paziente a fare una TC per quadro compressivo midollare, diagnosi clinica, confermata dalla radiologia.

Ovviamente la radiografia va fatta sempre, perché è un’ esame a basso costo e ci da varie informazioni. Segni radiografici di instabilità posso essere: Una distanza maggiore dei due peduncoli rispetto a quelli delle vertebra superiori e inferiori, Un disallineamento dei corpi vertebrali, Un’interruzione o un asimmetria

Con l’RX inizio a inquadrare il paziente. Posso poi fare un esame più mirato con la TC su due o tre vertebre. Faccio una total body solo se il paziente ha subito un politrauma, magari con pneumotorace, milza rotta, frattura bacino, allora la faccio anche per escludere un ematoma cranico. Se il paziente ha segni neurologici posso richiedere una RM, utile in alcune situazioni particolari per valutare meglio l interessamento del midollo, le lesioni dei tessuti molli, l’ematoma peridurale. La mielografia non la fa più nessuno perché veniva usato un mezzo di contrasto iodato che può dare delle allergie gravi al paziente.
Terapia

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13
Q

terapia fratture rachide

A

L’intervento di stabilizzazione in termini attuali vien chiamato artrodesi strumentata. L’artrodesi strumentata è un intervento nel quale si fonde biologicamente, con l ausilio chirurgico, un segmento. ESEMPIO: ho una grave artrosi nell’articolazione tibio-tarsica dovuta a un trauma giovanile, questa è un articolazione che va molto raramente in artrosi ma fa molto male, le ipotesi sono due: faccio una protesi di caviglia, operazione molto complessa e con tasso insuccesso pari a più del 40% o faccio l’artrodesi. Come si fa? si blocca biologicamente l’articolazione con l ausilio temporaneo o permanente di mezzi di sintesi, fondo l’articolazione fra tibia e astragalo cruentando (ovvero portando via il residuo cartilagineo, facendo sanguinare le due superfici contrapposte), mettendole in compressione e bloccandole con delle viti o da sotto con un chiodo che prenda calcagno astragalo e tibia, si mette un gesso e dopo 60 giorni quell’ articolazione è bloccata. L’articolazione viene bloccata con la caviglia a 90 gradi, il paziente non ha dolore ma ha una deambulazione diversa, non più alternando tacco-punta-spinta.

Dopo l intervento si fa della riabilitazione in modo che il paziente cammini come se stesse facendo una sorta di marcia, sollevando molto l’anca e il ginocchio, se non è ben riabilitato passerà il resto della vita zoppicando. Questi sono pazienti che avranno fastidio in strade in discesa o in salita, ma ora sono state messe in commercio delle scarpe con la suola simile a un dondolo, che aiutano molto.

La sintesi vertebrale è un intervento nel quale, attraverso nuovi sistemi mini invasivi, si posizionano delle viti per via percutanea nelle vertebre, sopra e sotto quella sede di frattura, e si fa una manovra di distrazione sulle viti, e una manovra di ligamentotassi, che mette in distrazione il legamento longitudinale posteriore se questo è ancora integro (e di solito lo è se l’impegno del canale vertebrale non supera il 50%). Con questa manovra si riesce a riaccollare all’ interno quel frammento che impegnava il canale vertebrale.

Quindi si riesce a fare una decompressione indiretta delle strutture neurali, senza laminectomia decompressiva, questo lo faccio se il paziente non ha segni neurologici, in frattura instabile amielica che non occupa più del 50% del canale spinale. Se invece sono di fronte a una frattura instabile con segni neurologici, il paziente lo si deve decomprimere direttamente, aprendo posteriormente la lamina.

La chirurgia ortopedica può essere effettuata in situazioni di fratture stabili o instabili, bisogna valutare il paziente e le sue condizioni generali. In una frattura di omero modestamente scomposta in un uomo di 80 anni bisognerebbe operare, perché l alternativa è mettere dei bendaggi tenendo fermo l’ arto per 45 giorni, e una volta finiti, non ritornerà alle condizioni precedenti alla frattura, perché quell’ immobilità mi porta a una retrazione capsulare e ad atrofia muscolare. La chirurgia mi consente di ridurre al minimo la degenza, prima i pazienti con rotture vertebrali, restavano in ospedale ricoverati con il busto per mesi. Si opera per dare immediatamente un recupero funzionale e rimandare il paziente a casa.

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14
Q

importanza chirurgia

A

Il timing della chirurgia (quando operare) è in funziona del danno neurologico, se ho una compressione midollare acuta non è un emergenza ma è un urgenza che è da trattare entro 6 ore massimo. Se ho una sezione del midollo cerco di operarlo lo stesso il prima possibile, perché le risonanze in situazioni acute, nelle quali possiamo avere degli ematomi, possono non essere cosi sensibili, e quindi devo valutare bene, perché magari c’è ancora qualcosa che si può fare per evitare al paziente un danno irreversibile. Sono urgenze chirurgiche i distacchi epifisari nei bambini, le fratture sottocapitate del collo del femore nel soggetto giovane e le fratture esposte.

Sistema ibrido: nel quale a una struttura toracica, riconoscibile per le barre più grosse, è stata unita una strumentazione cervicale.

Fratture patologiche: da sostituzione ossea con metastasi o mieloma , questi pazienti vanno operati, decompressi, stabilizzati e fanno una biopsia per una diagnosi istologica. Nelle fratture dove ho un insufficienza della colonna anteriore, la cosa migliore è mettere una doppia barra, perché mettendone una sola rischio che si possa rompere. Nei giovani si possono mettere dei sostituti di corpi vertebrali, mentre in una persona anziana faccio l artrodesi.

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15
Q

complicanze chirurgia vertebrale

A

Più è difficile l approccio chirurgico, maggiore è l incidenza di complicanze. La complicanza non è un errore, è un evento avverso che si verifica in maniera percentualmente stabilita per cui leggendo la letteratura si vede che l’infezione, per esempio, dopo intervento per l ernia del disco avviene nel 5 % dei casi. E’una complicanza se io ho messo in campo tutti i modi per evitare l infezione, facendo profilassi antibiotica, operando il paziente in modo sterile, senza che lui avesse una pregressa infezione delle vie urinarie, facendo sanguinare poco. Bisogna pensare alle complicanze, in modo da mettere in atto tutte le procedure che possono abbassarne l incidenza. Se si mettono delle viti fuori dai peduncoli quello è un errore, è anche grave se non l hai mai fatto e ti improvvisi chirurgo vertebrale, per questo tipo di chirurgia è molto importante la curva di apprendimento.

Fibrosi epidurale post-chirurgica
Sono delle aderenze. In interventi per l ernia del disco si può formare una cicatrice che ingloba, attraverso la breccia, il sacco durale e la radice, dando luogo a una radicolite.

Anche per questo bisogna sempre essere molto cauti nel porre un indicazione a questo intervento, perché la storia naturale dell’ernia del disco dice che solo il 20% dei pazienti hanno indicazione all operazione, solo dopo che tutti gli altri trattamenti sono falliti. Anche se rara, questa complicanza è un evento infausto che lascerà al paziente un dolore cronico radicolare della radice interessata. Ha un’incidenza del 1-2% e puo essere legato a un eccessivo sanguinamento, a una trazione prolungata,oppure a una predisposizione ( es. persone che sviluppano cheloidi), dipende dalle caratteristiche proprie del tessuto, un cheloide sulla cute è brutto ma averlo a ridosso della radice spinale provoca molto dolore.

Sindrome giunzionale dopo artrodesi
Il segmento al di sopra o al di sotto di quello bloccato va incontro a un lavoro maggiore. Il disco intervertebrale degenera, nonostante fosse sano durante l intervento, si disidrata e collassa. L’incidenza è variabile perche in funzione della tipologia di strumentario che si utilizza. Se utilizzo, come si faceva prima, un sistema in titanio molto rigido, il lavoro che fa il segmento vicino, è un lavoro molto importante. Se uso barre semirigide molte sollecitazioni il sistema le assorbe e quindi il segmento non è soggetto a sovraccarico.

Pseudoartrosi Quando si sta facendo un artrodesi, si usano degli innesti ossei che di solito si prelevano dal paziente, o, per evitare di prenderli dall’ ala iliaca, innesti ossei di banca o dei sostituti ossei artificiali come ad esempio il calcio fosfato o l’idrossiapatite.

L’obbiettivo ottenere la fusione dei capi ossei, nelle vertebre metto l innesto osseo sui processi trasversi che ho cruentato. Quando non avviene la fusione abbiamo la pseudo artrosi o la no-union, e la pseudoartrosi può portare a un sovraccarico di lavoro nel tempo degli impianti e anche a una loro rottura.

Fallimenti dell’ hardware
Rottura dell’ impianto. Es. metto solo 4 viti in una situazione di instabilità valutandola male, quando invece dovrei metterne di più. Oppure in un sistema senza grande supporto anteriore, i movimenti del paziente fanno fare un movimento all’ impianto che si scarica sulle viti che si possono rompere.

Lesioni durali Può capitare che, facendo una decompressione, l’osso con delle spicule buchi il sacco durale con fuoriuscita di liquor. Se la lesione è ampia si sutura con punti staccati, se è piccola e puntiforme ci si possono mettere dei patch fatti con pericardio animale o dei collanti sigillanti che
42 possono però trasudare. Come complicanza posso avere una fistola liquorale con dolore e possibilità di infezione.

Lesioni vascolari Molto rare, lesioni aorta per interventi ernia del disco.

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