artrosi Flashcards

1
Q

definizione

A

L’artrosi è un’artropatia degenerativa cronica. Si caratterizza in primis per alterazioni che colpiscono le cartilagini articolari e poi per altre modificazioni secondarie che interessano l’osso, la sinovia e la capsula articolare. La componente infiammatoria è secondaria ad alterazioni meccaniche e biochimiche che conseguono alla cronicizzazione del processo

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2
Q

epidemiologia ed eziologia

A

È una patologia molto frequente, colpisce prevalentemente il sesso femminile, interessa soggetti con età superiore ai 40 anni.

Abbiamo 2 tipi di artrosi: primitiva e secondaria

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3
Q

artrosi primitiva

A

o primaria: dovuta prevalentemente a fattori generali (invecchiamento, familiarità, ereditarietà, peso del soggetto, sovraccarico funzionale, fattori ormonali e vascolari). Interessa diversi distretti: colonna vertebrale, anca, ginocchio, articolazioni interfalangee distali della mano, articolazione trapezio-metacarpale del pollice.

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4
Q

artrosi secondaria

A

dovuta a fattori locali (traumi, infezioni, tumori, artropatie, malformazioni varie, deviazioni assiali). Alcune artrosi secondarie possono manifestarsi in qualunque articolazione, non solo nei distretti visti per la primitiva. Possono interessare contemporaneamente più articolazioni (soprattutto nel caso d’infezioni) e svilupparsi in soggetti più giovani (<40 anni), coinvolgendo ad esempio l’articolazione tibio-tarsica, o il gomito

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5
Q

interessamento artrosico articolazione coxo femorale

A

può derivare da: una coxa plana, cioè un appiattimento della testa femorale in seguito a processi di osteocondrosi (processi degenerativi che interessano sia l’osso che la cartilagine); una coxa vara (un angolo che si forma tra la testa e l’asse del femore, che risulta essere inferiore a 120°) che può essere dovuta a esiti di epifisiolisi, cioè a un distacco della testa femorale; Da osteonecrosi della testa del femore, protrusione acetabolare idiopatica, displasia congenita dell’anca (DCA, la più comune).

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6
Q

manifestazioni cliniche artrosi

A

Dolore all’articolazione interessata Tumefazione Rigidità Deformazione Limitazione funzionale: Deambulazione limitata: la fase d’appoggio monopodalico é accorciata con zoppia di fuga, dolore, insufficienza muscolare con perdita del tono. La fase di ricezione, stabilizzazione del carico e la durata totale del movimento sono allungate.

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7
Q

diagnosi artrosi

A

Importante per valutare un’artrosi sono gli esami radiologici; in particolare con un RX classica vediamola riduzione della rima articolare, con irregolarità delle superfici articolari ossee. Spesso sono presenti: un addensamento della parte di osso che sta sotto alla cartilagine (l’osso subcondrale), processi di osteoporosi e la presenza di osteofiti che sono formazioni di speroni ossei a livello delle superfici articolari, di geodi: cavità pseudocistiche geoidee in cui manca proprio la matrice ossea, possono contenere liquido fibrinoide. Sono segni specifici della artrosi.

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8
Q

fisiopatologia artrosi

A

I distretti interessanti la fisiopatologia sono l’osso subcondrale, la membrana sinoviale e la cartilagine perché sottoposti agli stress meccanici: sono questi infatti che ci portano allo sviluppo dell’artrosi vera e propria.
4 Per quanto riguarda le articolazioni, condrociti e cellule sinoviali lavorano “in accordo” per il rinnovo del pabulum di cellule. Ci sono numerosi enzimi che entrano in gioco tra cui collagenasi, enzimi lisosomiali (catepsine, acide, proteasi neutre, glicosidasi,sulfatasi) che servono per la formazione dei GAG, proteoglicani e enzimi del collagene.

È importante sottolineare come la cartilagine articolare, dal punto di vista anatomopatologico, possa andare incontro ad alterazioni diverse a seconda del grado di lavoro a cui è stata sottoposta l’articolazione e al grado di patologia che ritroviamo.

Le alterazioni in primis sono date da consistenza molle, poi abrasioni superficiali che possono diventare sempre più profonde fino a diventare ulcerazioni, sino ad avere l’esposizione dell’osso subcondrale, con la totale distruzione della cartilagine articolare. Anatomopatologicamente c’è la degradazione dei proteoglicani, la rarefazione delle fibrille di collagene e la necrosi dei condrociti.

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9
Q

meccanismi di difesa fase iniziale processo artrosico

A
  1. la proliferazione delle cellule, 2. un incremento di sintesi di DNA con replicazione cellulare, con condrocita che sembra assomigliare sempre di più a un condroblasto ( caratteristiche di immaturità, è per questo che la proliferazione cellulare, a lungo andare, non ci salva dall’artrosi perché essendo comunque elementi immaturi, non hanno la piena funzionalità) 3. aumento dell’attività metabolica con l’aumento della formazione di proteoglicani, GAG, collagene e ialuronato.

La matrice tende a disgregarsi e perde quindi la sua componente elastica data dai proteoglicani. Cosa succede? Che le fibrille di collagene risultano essere sempre più rarefatte e si tende ad avere delle abrasioni sempre più profonde sino ad arrivare ad ulcere, formando delle vere e proprie fenditure.

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10
Q

interessamento subcondrale artrosi

A

Abrasione superficiale e profonda inizialmente Crateri profondi dentro la matrice e dentro l’osso subcondrale Smascheramento dell’osso sub condrale

A cosa è dovuto questo processo? Allo stress meccanico che causa un’iperpressione a livello articolare che stimola una neoosteogenesi sia diretta che indiretta a livello delle trabecole del nostro osso, la quale porta a sua volta alla formazione di tessuto sclerotico a livello sub condrale se lo stimolo si potrai in modo cronico.

I meccanismi patogenetici della sclerosi dell’osso subcondrale non sono altro che la formazione di nuovi osteoni, la posizione di nuove trabecole e l’ossificazione intratrabecolare. Le alterazioni anatomopatologiche che interessano l’osso subcontrale sono rappresentati da geodi e osteofiti.

I geodi sono cavità pseudocistiche che contengono liquido fibrinoide, tipiche alterazioni radiografiche anatomopatologicamente parlando di un processo artrosico di grado avanzato.
5
L’osteofitosi è invece la formazione di tessuto osseo che forma poi speroni ossei (becco osteofitosico).

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11
Q

interessamento membrana sinoviale, artrosi

A

è un tessuto connettivale che riveste le superfici articolari, le diartrosi, cioè tutte le articolazioni che si hanno tra ossa contigue e che possiedono la capsula articolare; tappezza la superficie interna della cavità articolare ed è costituita da diversi strati di cellule chiamate sinoviociti; non è presente in tutta l’articolazione, si interrompe in corrispondenza delle formazioni meniscali del ginocchio o a livello della cartilagine articolare.

Le sue funzioni sono: Produzione del liquido sinoviale, che è quello che si va ad accumulare nell’articolazione in caso di processi degenerativi e che ci porta ad indagare l’articolazione. Eliminare i detriti che si possono riscontrare all’interno dell’articolazione. Riparare le perdite di sostanza, ove presenti, perché porta materiali di nutrimento. Ha anche funzione neurorecettoriale.

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12
Q

principali articolazioni coinvolte in artrosi

A

Ginocchio (Gonartrosi) 2. Anca – coxo-femorale - (Coxo-artrosi

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13
Q

gonartrosi , epidemiologia

A

È più comune nel sesso femminile, interessa soggetti in età avanzata e in particolar modo si è osservata l’associazione con altri processi patologici quali l’obesità e l’insufficienza venosa.

Tende ad interessare inizialmente il compartimento mediale del ginocchio; in questo modo l’asse dell’arto inferiore assume una deformità in varismo () [ valgismo invece = gambe ad )( , colpisce più le donne]. Il varismo colpisce di più gli uomini.

Più raramente abbiamo il compartimento laterale interessato per primo, con conseguente deformità in valgismo dell’arto inferiore.

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14
Q

gonartrosi, classificazione

A

In ambito diagnostico si è soliti fare una specifica distinzione tra le diverse tipologie di artrosi che interessano il ginocchio dal momento che la sua articolazione è composta da tre diversi comparti: 1. Mediale 2. Laterale 3. femoro-rotuleo.

Si evidenzia una condizione di artrosi mono-compartimentale quando uno solo dei suddetti comparti viene colpito da degenerazione cartilaginea; quando invece vengono colpiti da degenerazione due o tre comparti si parla invece di artrosi del ginocchio bi-compartimentale, tri-compartimentale. Assume un ruolo fondamentale questa differenziazione dal punto di vista prognostico, perché da essa dipende la stessa terapia da impostare per ottenere dei benefici

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15
Q

manifestazioni cliniche gonartrosi

A

Limitazioni funzionali: l’articolazione tende a diventare sempre più rigida con riduzione del range di movimento. Deformità in varismo o in valgismo. Perdita del tono muscolare con ipotrofia; zoppia di fuga; dolore, che tende a diventare quasi cronico, che interessa inizialmente solo un’emi-rima articolare (perché abbiamo detto che tende a diventare da mono a tri-compartimentale). In più potranno esserci dei versamenti articolari: il ginocchio si gonfia, siamo costretti a fare un’artrocentesi in cui si infila un ago ad aspirare il liquido (idrartro) che è giallo se infiammatorio. Se ci fosse del sangue sarebbe un emartro

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16
Q

diagnosi gonartrosi

A

La diagnosi è prevalentemente clinica, supportata dall’epidemiologia. L’esame strumentale più utilizzato è l’RX. Solitamente per valutare una gonartrosi e fare il planning dell’intervento si fa una rx in lastra lunga sotto carico, perché proprio sotto carico si va a vedere l’alterazione della rima articolare, se è ridotta o meno. A meno che questa non sia talmente ridotta o addirittura assente da poter essere messa in mostra anche senza il carico, con una semplice rx latero-laterale si vede che l’artrosi è presente. Si usa per la stadiazione la classificazione di Ahlback.
Terapia

17
Q

terapia gonartrosi

A

Riposo funzionale Perdita di peso fondamentale Medica con FANS e antiinfiammatori classici Terapia fisica e riabilitativa Chirurgia: Osteotomia Protesi: 1. Protesi monocompartimentale, che interessa l’emi-rima articolare mediale o laterale 2. Artroprotesi totale del ginocchio

1

18
Q

osteotomia

A

Consiste in un taglio dell’osso a forma di cuneo con cui andiamo a riaprire la rima articolare dando così una sorta di stabilità ossea, dando appunto una correzione della lesione a livello cartilagineo. Fino agli anni ’80 le osteotomie erano di routine, ma con l’avvento delle protesi monocompartimentali sono state sostituite, (monocompartimentale perché permette di sostituire la parte interna del ginocchio che è la parte che si consuma prima in tutti, perché ci scarichiamo il peso).
7 Quindi andiamo a fare una correzione attraverso una placca e delle viti, per cercare di riaprire la rima articolare. Molti giovani (fino a 40-50 anni) soffrono di questa problematica, quindi prima di fare d’emblée una protesi di ginocchio che andrà incontro a revisione dopo 10-15 anni (con un secondo intervento), si cerca di guadagnare tempo sia con una terapia medica farmacologica, fisioterapica e solo poi con la chirurgia.

Questi trattamenti correttivi di osteotomia che erano stati un po’ messi da parte nei primi anni 2000, stanno ritornando come primo step perché stanno dando degli ottimi risultati, come allora

19
Q

protesi artrosi

A

Nelle gonartrosi frequentissimamente la parte esterna è sana, la parte interna è quella consumata. Sono state studiate queste protesi sostitutive solo per la parte consumata del ginocchio, protesi monocompartimentali, però a lungo andare hanno portato a degenerazione anche della parte laterale.

Invece le protesi totali sono tutte protesi cementate in titanio (materiale compatibile con l’uomo) : appena impiantate vengono controllate adeguatamente (follow-up a 3-6-12 mesi); dopo il primo anno ogni 12 mesi si fa una serie di rx di controllo, come un tagliando della macchina.

La valutazione clinica annuale ci permette di vedere se il ginocchio del paziente ha una buona flessoestensione, una buona tonicità muscolare e ha una buona stabilità dal punto di vista radiologioco; se il soggetto non è ingrassato di 10-15 kg (spesso succede), è una protesi che dura dai 10 ai 15 anni , quindi hanno una buona riuscita. Però i pazienti devono essere controllati e fare attività fisica (camminare, correre, fare cyclette o bicicletta, molti riprendono anche a sciare). In caso di artroprotesi totale spesso è possibile lasciare la normale componente rotulea ossea, in altri casi si può mettere anche la protesi rotulea, sempre in titanio.

È possibile che a lungo andare la protesi (che è pur sempre un corpo estraneo nel nostro corpo) possa dare delle problematiche: ci possono essere processi di immobilizzazione o di infezioni periprotesiche o addirittura semplicemente traumi che portano a una frattura periprotesica e in questi casi è possibile andare incontro a un secondo intervento chirurgico che viene definito “di revisione”, dove si va a espiantare la protesi precedentemente impiantata e a posizionarne una nuova.

20
Q

riabilitazione artrosi

A

Il trattamento riabilitativo è personalizzato, si devono considerare vari aspetti, in particolare: 1. tipo di protesi utilizzata con eventuale impiego di cemento (parliamo di protesi d’anca e di ginocchio: quelle d’anca non si cementano più, vanno a press-fit, cioè si inseriscono a pressione. Quelle del ginocchio invece si cementano, con maggiore difficoltà riabilitativa).

  1. tecnica chirurgica ed eventuale interessamento degli stabilizzatori passivi del ginocchio (con particolare riferimento alla resezione chirurgica del crociato posteriore)
  2. bilancio muscolare
  3. bilancio articolare
  4. eventuali patologie concomitanti di tipo generale (flebopatie, dismetabolismi, pneumopatie, ecc.)
21
Q

programma riabilitativo post operatorio si divide in 2 parti

A

fase precoce, fase del recupero, rieducazione funzionale

22
Q

fase precoce

A

Va dalla prima alla ventesima giornata, e inizia quando il malato giunge nel reparto ortopedico dalla sala operatoria e prevede: esercizi flesso-estensione collo piede contrazioni isometriche glutei e quadricipite esercizi di flesso-estensione del ginocchio passivi, attivi-assistiti e attivi (perché il paziente ha paura a muovere l’articolazione, bisogna aiutarlo) mobilizzazioni oblique di rotula allineamento posturale passivo

Malato degente in riabilitazione intensiva intraospedalierain 4°-6° giornata prevede: • Esercizi della precedente fase intensificati • Esercizi globali, segmenti sani • Esercizi di controllo posturale • Training ausili deambulatori • Progressiva rieducazione al passo (carico totale precoce per impianti cementati, sfiorato per impianti non cementati) • Graduale incremento in intensità e durata.

23
Q

fase del recupero

A

Dalla ventesima giornata. Solitamente la fase post operatoria dei primi 5 giorni è strettamente di natura ortopedica, anche se ormai la figura di ortopedico e fisiatra per quanto riguarda la riabilitazione iniziano a lavorare d’equipe già dal 2-3 giorno, perché in media da linee guida un paziente protesizzato può essere messo in piedi. La seconda fase di recupero è essenzialmente dovuta a due cose: 1. Il medico deve avere la possibilità di seguire il paziente, con le indicazioni che questo deve dare al fisioterapista di turno che si occuperà del recupero. 2. Ma fondamentale è la COMPLIANCE del paziente, l’autogestione del recupero è fondamentale.

24
Q

rieducazione funzionale

A

Si fa a 45-60 giorni dall’intervento, consiste nel: recupero dell’equilibrio e della reazione antigravitaria recupero della propriocettività recupero della deambulazione

È opportuno fornire al paziente consigli di “igiene articolare” (DEPLIANT) volti a “risparmiare” la protesi : • evitare movimenti forzati • non camminare su terreni accidentati • evitare camminate eccessive • non sollevare carichi pesanti • etc.

25
Q

coxartrosi, epidemiologia e fattori di rischio

A

Età • Sesso femminile • Familiarità • Fumo • Inadeguato apporto di calcio e vitamina D • Magrezza • Sedentarietà • Malattie e Farmaci (es. cortisone)

26
Q

manifestazioni cliniche coxartrosi

A

l dolore può essere a livello della regione trocanterica e del gluteo o a livello dell’inguine (la maggior parte delle volte), solitamente tende a irradiarsi alla coscia e al ginocchio, si ha difficoltà a intraruotare l’arto inferiore, con perdita della capacità di abdurre l’arto. Presenza di zoppia di fuga, limitazione funzionale (il range di movimento risulta essere di molto ridotto), l’articolazione appare rigida, è possibile che ci sia anche un accorciamento dell’arto con ipotrofia muscolare e atteggiamenti viziati.

27
Q

diagnosi coxartrosi

A

All’esame radiografico possiamo notare anche una migrazione supero-laterale e supero-mediale, solo mediale o una migrazione assiale antero-posteriore della componente femorale rispetto all’acetabolo

28
Q

terapia coxartrosi

A

Anche in questo caso l’osteotomia, ma per la coxartrosi non si fa praticamente più. Solitamente si fa un’artroprotesi: o con la conservazione del collo e della testa del femore o, più comunemente, un’artroprotesi totale (a seconda anche dell’età della paziente).

La protesi d’anca si fa quando abbiamo: • Coxartrosi primaria • Coxartrosi secondaria (dovuta a displasia congenita dell’anca, morbo di perthes, epifisiolisi, fratture peritrocanteriche femorali) • Fratture: non tutte le fratture del femore vanno trattate con il chiodo endomidollare (le fr. Pertrocanteriche), perché se la frattura risulta più mediale-intraarticolare si tende a intervenire con la protesi • Necrosi avascolare della testa del femore (dove non c’è possibilità di recupero per il femore e di conseguenza la componente femorale deve essere per forza sostituita) • Patologie artritiche di alto grado e di alta evoluzione(artrite reumatoide)

La dispalsia congenita dell’anca è una delle cause più comuni nei pazienti più giovani per quanto riguarda il posizionamento di un’artroprotesi totale dell’anca: vediamo che qua la testa del femore risulta essere completamente alterata nella sua normale morfologia.
Esistono delle controindicazioni assolute e relative alle protesi, per cui non sempre è possibile posizionare una protesi totale d’anca->

Per quanto riguarda gli interventi chirurgici odontoiatrici, è meglio non farne nei primi mesi dopo l’impianto della protesi, perché se ci dovesse essere un’infezione sistemica con anche un’infezione periprotesica, il rischio è quello di dover espiantare la protesi. In questo caso si espianta la protesi messa, si va a mettere uno spaziatore antibiotato (una sorta di protesi su cui la paziente non può caricare), ripieno di antibiotico, con in più una terapia antibiotica sistemica per circa 2 mesi. Poi si espianta lo spaziatore per andare a risistemare una nuova protesi d’anca. Sono casi infrequenti che però danno un’instabilità al paziente non indifferente, in più c’è un elevato costo ospedaliero (una protesi costa tra i 2000-5000 euro).

29
Q

tipi di protesi

A

Endoprotesi (si va a posizionare solo la componente femorale dell’articolazione, lasciando l’acetabolo del paziente) • Protesi di rivestimento ( che ormai non si usano praticamente più) • Artroprotesi non cementate • Artroprotesi cementate

Si cerca di preferire dapprima approcci meno invasivi, riservando approcci più invasivi per i reimpianti. Fattori importanti per la scelta sono: età del paziente, patologia di base, caratteristiche ossee. L’età media di durata delle protesi è tra i 10 e i 15 anni.

Dal punto di vista dei materiali abbiamo: protesi PRESS FIT e protesi CEMENTATE.

30
Q

protesi press fit

A

fatte in modo da essere facilmente posizionabili all’interno del canale midollare. Però in un caso di revisione sono problematiche: battendo sull’osso per levarla si rischia di sgretolare l’osso all’interno del canale midollare. Costituita da varie componenti: 1. C. femorale 2. Colletto di giunzione tra la c. femorale e quella che sarà la testa del femore che andrà a posizionarsi all’interno dell’acetabolo.

L’arto inferiore, per fare tutte queste manovre deve essere lussato e poi bisogna agire o prima sulla componente femorale o prima sulla componente acetabolare, andando a fresare e a preparare sia il canale endomidollare che l’acetabolo prima di andare a inserire la componente protesica vera e propria. Infatti prima si posizionano le varie strutture di prova che poi vengono sostituite con le vere strutture protesiche in titanio.

Una delle complicanze durante questo tipo di operazioni è lesionare la pelvi e gli organi in essa contenuti, perché fresando l’acetabolo si rischia di fresarlo troppo e di romperlo, finendo per l’appunto nella pelvi. Sfondare il bacino significa anche causare una importante emorragia (anche 5 litri di sangue) che può farci perdere il paziente.

31
Q

complicanze artrosi interventi

A

Infezioni post-operatorie • Lesioni nervose: la più comune è la lesione dello SPE(nervo Sciatico Popliteo Esterno) che è anche il nostro punto di riferimento, deve essere isolato durante l’intervento per non danneggiarlo. Una sua lesione può portarci al PIEDE CADENTE, ovvero, poiché l’alluce viene governato dallo spe, al paziente viene a mancare la dorsiflessione del piede e nel periodo riabilitativo, quando lo mettiamo sul deambulatore, il piede tende a strisciare, inciampa, col rischio di lussazione e frattura; se viene lesionato quindi si va incontro allo stupor del nervo SPE e per riparare a questo danno il pz dovrà usare la molla di Codivilla per permettere la dorsiflessione del piede. • Mobilizzazione della protesi settica • Mobilizzazione della protesi asettica • Lussazione

32
Q

complicanze possibili

A

Embolia terapia antiaggregante Lussazione della protesi durante la medicazione è utile mettere un cuscino tra le gambe della paziente per evitare che la gamba vada in intrarotazione e che sia più rischioso il movimento Contratture muscolari Ulcere da decubito Rigidità o retrazioni muscolo tendinee

33
Q

COXARTROSI trattattamento riabilitivo

A

Ci sono degli obiettivi che spesso differiscono molto tra la fase pre-operatoria e quella post-operatoria.

Il trattamento post operatorio deve essere iniziato il prima possibile, per ridurre al minimo le complicanze. Non è solo fisioterapico, ma è anche farmacologico, perché un paziente che non sente dolore sarà certamente più compliante di un paziente dolorante. La valutazione clinica post operatoria è fondamentale per capire gli esiti operatori e consistono nel controllare: • Allineamento degli arti inferiori (è possibile che persistano delle dismetrie) • Valutazione deficit neurologici (appena usciti dalla sala operatoria; stupore, lesione dello SPE) • Forza muscolare

Il programma riabilitativo è molto simile nei tempi a quello per la gonartrosi. Bisogna andare a valutare i possibili movimenti di flesso-estensione e valutare se è presente una limitazione antalgica della flessione; fondamentale risulta essere l’esercizio quadricipitale come le contrazioni isometriche (solitamente una contrazione di 5-10”- 10” di riposo e ripetere il tutto per 10 serie).

Man mano che si procede con la riabilitazione si intensificano questi esercizi. Importante la chinesiterapia, passiva e attiva, con i movimenti di flesso-estensione (all’inizio è il fisioterapista di reparto a far fare questi movimenti).

12 Ogni volta che con questi esercizi si riesce a raggiungere gli 80° di flessione il paziente può iniziare ad assumere la posizione seduta, evitando sempre i movimenti in extra-rotazione. Col procedere della riabilitazione, il paziente viene rimesso in piedi e riinizierà la deambulazione con gli ausili (bastone con appoggianti brachiali e deambulatore). Macchinari ginnici utili a scopo riabilitativo sono la cyclette senza resistenza e la leg-extension dalla posizione supina

34
Q

movimenti a rischio di lussazione

A

l decubito laterale è uno dei rischi più grandi: il paziente si può mettere in questa posizione però sul lato sano, in modo da favorire l’adduzione del lato operato ed è sempre importante mettere un cuscino tra le gambe per evitare l’intra-rotazione. Parlando di questo movimento, l’accavallare le gambe non è per niente consigliato. Evitare di sedersi o alzarsi da posizioni troppo basse: per esempio come indicazione del post- ricovero diciamo sempre di fornirsi di un rialzo per wc.

Importante nei passaggi posturali, da distesa a seduta per esempio: portare prima le gambe giù dal letto, appoggiarle su uno sgabello e poi mettersi in posizione seduta.

Il paziente, appena fatto l’intervento ha un maggiore grado di libertà motoria e articolare, non ha dolore e non ha un supporto muscolare adeguato e il rischio di fare manovre incaute in questa condizione aumenta di molto il rischio di lussazione sopra i 90°. Per questo è fondamentale per il paziente avere un’educazione motoria

35
Q

educazione igiene protesica

A

preferire la doccia a un bagno in vasca sedere nell’auto a piè pari all’esterno e poi portare le gambe all’interno dell’abitacolo fare un gradino delle scale alla volta sia in salita che in discesa usare indossa calzari evitare sport di contatto controllo del peso corporeo

Queste indicazioni dovrebbero essere sempre osservate nel tempo, sebbene il rischio di lussazione si riduca a lungo andare