covid Flashcards

1
Q

Agente eziologico covid 19, caratteristiche

A

Il SARS-CoV-2 è un ß-coronavirus di 120-160 nm a RNA a singolo filamento non
frammentato, capside e pericapside con proteine, una spike protein responsabile del legame coi recettori delle cc umane, può infettare la cellula in cui si lega

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2
Q

via di trasmissione sars cov2 (2)

A

la cui via di trasmissione principale è rappresentata da quella aerea, tramite
droplet,
-via orofecale il virus rimane infatti nelle feci dei pazienti anche dopo molte settimane dala
negativizzazione del paziente
-trasmissione materno fetale non chiaro
-rischio professionale, infermieri e medici si contagiano durante svestizione,

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3
Q

importanza data da isolamento,

A

virus rimane nelle feci anche nello stesso ambito familiare,anche dopo settimane dalla negativatizzazione pz,sensible alle temperature, disinfettanti alcolici e ipoclorito di sodio

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4
Q

primo caso, 8 dicembre 2019,

A

identificazione solo un mese dopo, la prima morte avvenuta il 9 gennaio, l’11 febbraio patologia viene denominata come covid 19

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5
Q

Epidemiologia,

A

Soggetto maschile maggiormente interessato rispetto al soggetto femminile, anche in termini di mortalità, non solo incidenza ma anche prevalenza

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6
Q

Patogenesi,

A

Spike protein, consente legame con recettori di membrana, -recettore ace 2, presente in cc epiteliali polmonari, cc endoteliali

  • TMPRSS2,altro recettore, proteasi transmembrana legata alla serina, importanza legata a possibilità di determinare nuovi farmaci,
  • ADAM17, lega i recettore ace2, solubile, utile per attuare il legame con il virus ed impedendo l’infezione delle cc ospiti,
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7
Q

Importanza recettori e localizzazioni, maschi e femmine,

A

nel testicolo maggiormente espresse che nell’ovaio, quindi potrebbe
essere un serbatoio del virus, anche se questo non spiega comunque la maggior prevalenza
della malattia nei soggetti maschili rispetto ai soggetti femminili, potrebbe partecipare anche la caratteristica ormonale legata al sesso e data dalla maggiore produzione di testosterone, minore capacità sistema immunitaria contro lo stress da virus

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8
Q

a che livello il virus è i grado di determinare complicanze

A

diffusione dei recettori ace 2 , polmone, cuore, renale, enterociti

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9
Q

cc interessate nel polmone,

A

nel polmone sono interessati gli pneumociti di II tipo e le cellule endoteliali;

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10
Q

cc interessate nel cuore

A

nel cuore abbiamo la possibilità di legame con cardiomiociti, cellule endoteliali e cellule
muscolari lisce

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11
Q

cc interessate a livello renale,

A

presentano gli Ace-2 receptors: cellule del tubulo prossimale, cellule dell’epitelio glomerulare, endotelio e cellule muscolari lisce

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12
Q

patogenesi virus

A

una volta che il virus entra nel polmone, riesce a raggiungere il circolo ematico, dove provoca la tempesta citochinica, ossia il rilascio di numerose citochine pro infiammatorie,si ha un incremento dell’infiammazione sistemica, responsabile della
tossicità.Gradualmente questo porta ad una disfunzione multiorgano per
compromissione dell’attività fisiologica di più organi, tra cui, intestino, rene, cuore, cervello
fegato, sistema cardiovascolare e sistema immunitario.

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13
Q

fasi patogenetiche coronavirus

A

tre

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14
Q

prima fase patogenesi covid 19

A

Gradualmente questo porta ad una disfunzione multiorgano per
compromissione dell’attività fisiologica di più organi, tra cui, intestino, rene, cuore, cervello
fegato, sistema cardiovascolare e sistema immunitario.

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15
Q

fase 2 patogenesi coronavirus

A

Gradualmente questo porta ad una disfunzione multiorgano per
compromissione dell’attività fisiologica di più organi, tra cui, intestino, rene, cuore, cervello
fegato, sistema cardiovascolare e sistema immunitario.

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16
Q

fase 3, patogenesi coronav

A

.virus raggiunge cc degli alveoli polmonari, risposta infiammatoria iperstimolata, carica virale aumenta , cc portate ad apoptosi, in questa fase si verifica sindrome da distress respiratorio, che conduce pz a morte

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17
Q

cosa differenzia soggetti pauci sintomatici da sintomatici

A

il tipo di infiammazione, nel caso di una malattia lieve o moderata, il pz non presenta la tempesta citochinica, reclutamento di monociti e macrofagi, di plasmacc, portano alla risoluzione della malattia, sebbene sia presenta al contempo una linfopenia. Per questo motivo, se il soggetto è sintomatico, abbiamo un quadro clinico semplice, con febbre, tosse e affaticamento;

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18
Q

malattia severa,

A

origina da una tempesta citochinica accompagnata da una grave linfopenia: è l’iper-infiammazione a provocare la perdita di funzione polmonare, con un quadro di polmonite, cui fa seguito ARDS. Il paziente va spesso incontro ad uno shock settico oppure ad una sindrome da disfunzione multiorgano (MODS). Se non si interviene rapidamente il tasso di letalità è molto elevato

19
Q

da che cosa e’ caratterizzata diversa risposta immunitaria,

A

la diversa risposta immunitaria è caratterizzata da una doppia componente: accanto all’immunità innata, con reclutamento di neutrofili, macrofagi e Lc NK, troviamo l’immunità acquisita, ossia l’attivazione di cellule T e B. Il sistema
immunitario agisce però in maniera sregolata e questo comporta un’eccessiva produzione di citochine, quindi la genesi di una tempesta citochinica,che è affiancata da uno stress ossidativo prodotto dal rilascio di ROS. Le cellule vanno incontro ad apoptosi, perché subiscono danni al DNA, tali da portarle a morte. Alla fine, si avrà una infiammazione sistemica. Questo è tutto quello che noi attualmente sappiamo di questa malattia.

20
Q

morte, causa covid

A

Grazie alle autopsie che sono state eseguite sui pazienti morti per COVID-19, oggi conosciamo anche un altro fattore che porta, insieme alla ARDS e alla disfunzione multiorgano, a morte: si tratta della ipercoagulabilità del sangue. Tutti i vasi e le arterie sono coinvolti da una eccessiva attività coagulativa, con danni a carico della parete vascolare: i pazienti sviluppano una vera e propria coagulazione intravascolare disseminata (CID), causata dalla infiammazione sistemica, che peggiora il quadro clinico e può condurre a morte, quando non si interviene e nonostante l’intervento.

21
Q

quadro clinico covid

A

febbre, tosse dispnea, mialgia o astenia, sintomi neurologici, faringodinia e rinorrea, sintomi gastroenterici, vomito o diarrea, dolore toracico

22
Q

febbre

A

è uno dei sintomi più frequenti, ma che non si presenta spesso nei soggetti anergici, negli anziani – avranno sempre un quadro clinico più attenuato, quindi anche una polmonite, spesso grave, presenta un decorso quasi asintomatico o paucisintomatico – e nel diabetico;

23
Q

tosse

A

un altro segno tipico della malattia: è una tosse secca, che diventa produttiva se sono presenti sovrainfezioni batteriche. Talvolta, compare anche emottisi;

24
Q

dispnea,

A

altro sintomo importante, perché quando arriva significa che il quadro si sta aggravando. Compare più tardivamente della febbre, dopo il 6°-7° giorno circa dall’esordio della sintomatologia. È importante iniziare a monitorare il paziente, osservando la compliance polmonare, la pO2 arteriosa e così via.

25
Q

complicanze

A

Nei pazienti COVID-positivi si possono verificare varie complicanze, che causano una vera e propria disfunzione multiorgano. La principale complicanza clinica è rappresentata dalla ARDS o sindrome da distress respiratorio acuto (32,8%), ma seguono spesso l’infezione anche eventi tromboembolici, insufficienza renale e cardiovascolare acuta, shock settico ed eventualmente sovrainfezioni.

26
Q

decorso clinico

A

La maggior parte dei pazienti non presenta sintomi. Dopo una incubazione di 2-14 giorni circa, con una insorgenza media dei sintomi al 5° giorno, il paziente diviene sintomatico o paucisintomatico, per cui possiamo dire che in questo caso:
~ la malattia è lieve nell’81% dei casi;
~ la malattia è severa (ipossiemia e interessamento polmonare grave >50% dopo 12-24 h) nel 14% dei casi;
~ solo un 5% dei casi evolve in malattia critica: ARDS, shock e MOF).
Solitamente, si verifica un peggioramento del quadro clinico dopo 7-8 giorni dall’esordio dei sintomi.

27
Q

fattori prognostici negativi

A
  • costituzionali: come sesso maschile, obesità, età;
  • clinici: comorbidità, quali malattie cv, malattie polmonari e renali croniche, neoplasie;
  • laboratoristici: linfopenia, trombocitopenia, PCR, D-dimero elevato e IL-6 elevata.
28
Q

quadro radiologico ed ecografico

A

Il primo pattern radiografico della TC è rappresentato da addensamenti “ground-glass” o a vetro smerigliato, che possono essere mono- o bi-laterali (+++). Successivamente ad un peggioramento, il polmone presenta un quadro “crazy paving”, con addensamenti di maggiori dimensioni, fino al consolidamento polmonare. Si può arrivare, dopo la scomparsa della malattia, ad una risoluzione ed un miglioramento anche del pattern radiografico.

29
Q

quadro radiologico tardivo

A

il COVID-19 può lasciare a livello polmonare, quando l’interessamento del parenchima è molto elevato: è evidente la fibrosi polmonare, ossia il pz presenta alla TC esisti cicatriziali anche dopo la guarigione, forse per sempre. Si parla quindi di “honeycombing” (nella TC bilaterale) o fibrosi “a favo d’ape”. La fibrosi polmonare rappresenta quindi l’ultima fase di questa malattia e bisogna ancora capire se sia un esito permanente o solo temporaneo.

30
Q

fasi della patologia e quadro radiologico

A

Stadio I lesioni di tipo “ground glass” polmonari
Stadio II e III può comparire un pattern radiologico con “crazy paving”
Stadio IV si può avere un consolidamento polmonare e, se il paziente guarisce, avremo esiti cicatriziali di tipo “honeycombing

31
Q

diagnosi, importanza tc

A

La TC ci “guida” nella diagnosi di questa malattia: il pz può a volte essere negativo al tampone, ma avere comunque un pattern radiografico tipico ci permette di dire che il pz è affetto da COVID. Potrebbe essere inoltre presente una linfopenia, un quadro laboratoristico indicativo.

32
Q

trasporto pz covid

A

Il trasporto dei pazienti COVID-positivi non è però sempre facile e attuabile, perché il suo spostamento implica la ‘contaminazione’ di tutto quello che si tocca. Si usa per questo una tecnica più veloce e risolutiva, ossia si fa una ecografia: in questo caso possiamo vedere l’interessamento vascolare che si presenta a causa della condizione trombo-embolica. Osserviamo quelle che vengono chiamate linee (subpleuriche) B di Kerley, indice di una sofferenza polmonare d tipo vascolare, per cui fattore prognostico negativo.

33
Q

protocollo gestionale

A

Una volta che si è stati sottoposti in PS al tampone, il cui esito è stato positivo, si procede con vari step:

a) esami strumentali, tra cui ECG ed RX, ma soprattutto la TC;
b) seguono gli esami laboratoristici: emocromo, profilo epatorenale, CPK, LDH e D-dimero, fibrinogeno, PT e aPTT, ferritina e troponina, G6PDH. Sono tutti esami che aiutano nella diagnosi di questa patologia;
c) si fa quindi un trattamento, in primis delle complicanze (renali, cardiovascolari, sepsi, tromboemolitiche e gastrointestinali) e successivamente di tipo farmacologico, in modo da garantire un miglioramento delle condizioni del pz;
d) se è presente una bassa ventilazione, se il paziente sta desaturando, è necessario fare una ossigeno-terapia, che vedremo meglio dopo.

34
Q

d dimero

A

Il D-dimero è uno dei fattori prognostici negativi più importanti, perché tanto più è elevato, più è un indice prognostico altamente sfavorevole per il paziente col COVID. Possiamo dire che i pazienti con concentrazioni di D-dimero uguali o inferiori alla mediana avevano normali scansioni di perfusione indipendentemente dalla compliance, grazie allo studio con strumenti di medicina nucleare come l’angio-TC polmonare. L’ARDS associata a COVID provoca un danno polmonare simile a quello provocato da una ARDS classica. La riduzione della compliance del sistema respiratorio (ARDS), accompagnata da una CID, e quindi da elevati livelli di D-dimero, sono fattori correlati ad una elevata mortalità.

35
Q

sintomone respiti post ospedalieri

A

Abbiamo visto gli aspetti TC del polmone, in cui, dopo la guarigione, rimane evidente la presenza di una forte compromissione del parenchima, di una fibrosi polmonare importante e di dubbia risoluzione. Abbiamo però anche altri sintomi che permangono nel paziente guarito da COVID:
~ fatica, perché nel pz rimane sempre una difficoltà respiratoria durante gli sforzi, forse a causa della lesione nel parenchima;
~ sindrome da stress post-traumatico (PTSD sindrome): il pz, a causa dello shock psicologico subito, presenta problemi del tono dell’umore ed una depressione di vario grado, con annessi ansia e stress;
~ il paziente continua a presentare un dolore toracico;
~ cambiamenti della voce e tosse frequente;
~ si sviluppa un vero e proprio deficit cognitivo nel soggetto guarito da COVID, forse correlato al danno cerebrale che si presenta come complicanza;
~ disfagia.
Questi sintomi si presentano soprattutto nel paziente che è stato ricoverato in TI, anche dopo la guarigione e la dimissione ospedaliera. Sono delle vere e proprio sequele che questo virus produce nelle persone che infetta.

36
Q

come si presenta funzione respiratoria in pz covid

A

La funzione respiratoria è poco studiata nei pazienti dimessi, per un semplice motivo: la spirometria, con cui possiamo valutare la funzionalità ventilatoria, è una tecnica dove la aereolizzazione è molto elevata e quindi molto pericolosa per l’operatore. Si esegue soltanto se il tampone è realmente negativo, ma il rischio di infezione rimane comunque molto elevato e si preferisce non eseguire un esame spirometrico. Il dato ottenuto fino ad oggi è comunque questo: la diffusione di CO rimane comunque elevata,
12
mentre il FEV1 (o VEMS) rimane stabile anche dopo una polmonite severa. questo è un dato importante che andrebbe comunque confermato con ulteriori studi.

37
Q

fattori di rischio

A

aggravare la salute del paziente sono quelli che già conosciamo, soprattutto legati a patologie pregresse: patologie cardiovascolari, come la ipertensione o la cardiomiopatia ischemica; patologie respiratori, tra cui la BPCO; il diabete mellito è uno dei principali fattori di rischio; patologie gastroenteriche, come epatopatie croniche; patologie renali, soprattutto di tipo cronico; anche il cancro e alcune neoplasie possono aggravare il quadro generale del pz.

38
Q

importanza bpco in covid

A

La BPCO (o broncopneumopatia cronica ostruttiva) è un fattore di rischio importante: il pz con BPCO ha un rischio di mortalità elevatissimo, raramente sopravvive ad una infezione da coronavirus. Presentano una sintomatologia importante, con diarrea, dispnea e astenia, oltre che una maggiore frequenza di D-dimero alto e un elevato rischio di sviluppare sovra-infezioni batteriche e fungine, ARDS, shock settico e insufficienza renale. Questo avviene soprattutto perché l’espressione dei recettori ACE-2 risulta elevata nei pazienti con BPCO: vale per i pz sia fumatori che ex-fumatori. I pazienti con BPCO infatti sono generalmente fumatori o ex-fumatori. Tra i non fumatori e i fumatori / pz con BPCO notiamo dunque una differenza fondamentale: la maggior espressione di ACE-2 receptors. Inoltre, a seconda che si parli di BPCO di grado elevato o di grado moderato, l’espressione a livello cellulare di questi enzimi varia notevolmente.

39
Q

importanza asma in covidopazienti che presentano asma hanno solitamente una risposta immuno-allergica, con un’elevata espressione di linfociti Th2 che mediano questa tipologia di risposta: se abbiamo un’asma o un’allergia respiratoria con alta espressione di linfociti Th2, siamo maggiormente protetti. Possiamo quindi dire che le allergie respiratorie e l’esposizione controllata ad allergeni sono associate a riduzioni significative dell’espressione di ACE-2 receptor, anche se è evidente da alcuni studi che un’espressione maggiore di ACE2 si riscontra nei soggetti con alti livelli di sensibilizzazione allergica ed asma. La reazione allergica causa una riduzione di ACE2 nel tessuto epiteliale polmonare.
È anche vero che all’asma è spesso associato un certo grado di eosinofilia: esistono infatti forme di asma eosinofila, in cui la protezione nei confronti del virus, come evidenziato da alcuni studi, è nettamente maggiore. Al contrario, in caso di asma non eosinofila si verifica un aumento dell’espressione di ACE2, per cui il soggetto presenta una elevata capacità di legame col virus a livello del proprio epitelio polmonare.
risposta allergica Th2-mediata eosinofilia asma  rischio
risposta allergica Th1-mediata non eosinofilia (eosinofili bassi) asma ↑↑ rischi

A

Inizialmente non si capiva se il paziente con patologie polmonari croniche avessero un maggior rischio di infezione da coronavirus, mentre adesso, a seguito di numerosi studi, abbiamo capito come alcune malattia croniche, tra cui l’asma, abbiano un minore impatto sull’incidenza di COVID. Possiamo quindi dire che l’asma moderata non rappresenta un fattore di rischio per l’infezione da SARS-CoV-2, non è un fattore prognostico negativo. Sia in Cina che in Lombardia la prevalenza di pazienti con asma e COVID era molto bassa, inferiore al 2-3% addirittura. Bisogna però dire che chi presenta un’asma severa, tanto da richiedere l’uso di steroidi orali, può avere un maggior rischio ed una prognosi più severa.pazienti che presentano asma hanno solitamente una risposta immuno-allergica, con un’elevata espressione di linfociti Th2 che mediano questa tipologia di risposta: se abbiamo un’asma o un’allergia respiratoria con alta espressione di linfociti Th2, siamo maggiormente protetti. Possiamo quindi dire che le allergie respiratorie e l’esposizione controllata ad allergeni sono associate a riduzioni significative dell’espressione di ACE-2 receptor, anche se è evidente da alcuni studi che un’espressione maggiore di ACE2 si riscontra nei soggetti con alti livelli di sensibilizzazione allergica ed asma. La reazione allergica causa una riduzione di ACE2 nel tessuto epiteliale polmonare.
È anche vero che all’asma è spesso associato un certo grado di eosinofilia: esistono infatti forme di asma eosinofila, in cui la protezione nei confronti del virus, come evidenziato da alcuni studi, è nettamente maggiore. Al contrario, in caso di asma non eosinofila si verifica un aumento dell’espressione di ACE2, per cui il soggetto presenta una elevata capacità di legame col virus a livello del proprio epitelio polmonare.
risposta allergica Th2-mediata eosinofilia asma  rischio
risposta allergica Th1-mediata non eosinofilia (eosinofili bassi) asma ↑↑ rischi

40
Q

fattori progn negativi

A
  • età elevata > 65-68 anni;
  • obesità;
  • sesso maschile;
  • diabete;
  • malattie cardiovascolari;
  • linfocitopenia;
  • aumento di creatinina ed urea, indici di insufficienza renale;
  • presenza di D-dimero;
  • ALT ed LDH sono entrambi fattori prognostici negativi, perché indici di danno cellulare;
  • IL-6 è una citochina pro-infiammatoria, la cui concentrazione indica un elevato rischio di mortalità nel paziente con COVID.
41
Q

terapia farmacologica

A

Non si parla di terapia farmacologica in maniera approfondita. Una terapia anticoagulante deve essere instaurata precocemente in questi pazienti per contrastare la CID, la quale incombe in caso di infezione da coronavirus: si usano farmaci come l’enoxaparina (2,5 mg/die), la cui azione è molto rapida.
Per l’insufficienza respiratoria (ARDS) che insorge precocemente a volte, è necessario fare una ossigenoterapia ad alto flusso (5-6 L/min di O2), utilizzando strumenti come le cannule nasali, almeno nella fase iniziale; se la saturazione di ossigeno non migliora, è possibile comunque trattare il paziente in maniera non invasiva attraverso un “casco”: in questo modo possiamo garantire una PEEP (pressione positiva di fine ventilazione) più elevata. Si gioca molto sulle pressioni di ossigeno [addirittura ventilando fino a 30 cmH2O secondo JAMA oppure secondo il prof. Gattinoni da 15 cmH2O per i pazienti con bassa compliance polmonare e ipossiemia severa fino a 8-10 cmH2O nei pazienti con una prognosi migliori] e sulla pronazione, sulla posizione dei pazienti, la cui funzione respiratoria è molto compromessa. Lo scopo è cercare di far tornare in funzione tutti gli alveoli che sono collassati a causa dell’essudato polmonare, aumentando la pO2 esterna rispetto ai valori fisiologici. Non sempre questo procedimento terapeutico dà i risultati sperati, perché il quadro polmonare di alcuni pazienti è molto elevato e non si può intervenire in modo efficace.
Ancora, vediamo la profilassi delle sovra-infezioni: in quanto infezione virale, è inutile somministrare antibiotici, ad eccezione di una prevenzione di eventuali infezioni secondarie da altri patogeni. Gli antibiotici che possiamo utilizzare come profilassi per sono cefalosporine in associazione con macrolidi. Ricordiamo in particolare l’azitromicina, un macrolide, che viene somministrata non per la sua attività antibiotica, ma per l’effetto immunomodulante: viene data quindi da sola come antinfiammatorio.
Lo shock settico necessita di una terapia farmacologica più consistente, per cui somministriamo vasopressori (adrenalina e noradrenalina) in associazione ad antibiotici ad ampio spettro: il paziente in shock settico è molto critico e la sua gestione è molto complicata.

42
Q

trattamento complicanze renali

A

per via del danno renale: valutare continuamente i valori di creatinina e gli elettroliti, in modo da poter intervenire tempestivamente con una dialisi, per esempio.

43
Q

trattamento complicanze intestinali

A

Il trattamento delle complicanze gastroenteriche invece consiste in una costante idratazione del paziente, che è soggetto a forti sindromi diarroiche e vomito frequente

44
Q

DIRETTIVE DEL MINISTERO DELLA SALUTE SUL COMPORTAMENTO DA TENERE DURANTE LA PANDEMIA

A

1) LAVARSI SPESSO LE MANI: il lavaggio e la disinfezione prevengono l’infezione in maniera decisiva, per cui bisogna usare acqua e sapone, per almeno 20 secondi. Anche un disinfettante con alcol 60% è utile;
2) EVITARE IL CONTATTO CON PAZIENTI CHE SOFFRONO DI PATOLOIE RESPIRATORIE CORONICHE: bisogna mantenere almeno un metro di distanza, il prof uscirebbe velocemente ed immediatamente da un bar in cui si trova una persona che tossisce e starnutisce ripetutamente oppure se presenta febbre – il virus si trasmette per via respiratoria, a causa dei droplet;
3) NON TOCCARSI OCCHI, NASO E BOCCA CON LE MANI: è un comportamento corretto, che dovremmo imparare, ed è per questo che anche lavarsi spesso le mani è utile;
4) COPRIRE NASO E BOCCA SE SI STARNUTISCE O TOSSISCE: in questo modo possiamo evitare di contagiare altre persone; usiamo anche un fazzoletto mono-uso e disinfettiamoci spesso le mani dopo che starnutiamo;
5) NO FARMACI ANTIVIRALI O ANTIBIOTICI A MENO CHE SOTTO PRESCRIZIONE MEDICA: non serve, perché in questo modo creiamo solo “danni”, non si va al bisogno, ma serve un parere medico;
6) PULIRE LE SUPERFICI CON DISINFETTATNTI A BASE DI CLORO O ALCOL: il motivo è legato alla possibilità di ‘uccidere’, portando a lisi, il virus che rimane attivo sulle superfici;USO DELLA MSCHERINA: è fondamentale, perché aiuta a limitare la diffusione del virus (ne basta una, non bisogna sovrapporle). Possiamo usare in ambito ospedaliero sia le mascherine chirurgiche, di uso ormai quotidiano, sia le FFP2 e FFP3, nel momento della visita al paziente;
8) IN PRESENZA DI FEBBRE O TOSSE O IN CASO DI CONTATTI A RISCHIO, CHIAMARE IL NUMERO VERDE 1500;
9) GLI ANIMALI DA COMPAGNIA NON DIFFONDONO IL SARS-CoV-2.