Nevi, Melanoma, Disordini Della Pigmentazione, MST, Fimosi, Balanopostiti Flashcards

1
Q

Nevi

Generalità, classificazione e diagnosi

A

I nevi o nei sono displasie circoscritte della cute (iper-/ipoplasie) di origine prevalentemente embriogenetica, che possono manifestarsi alla nascita (nevi congeniti) o più tardivamente (nevi acquisiti). La differente tempistica di comparsa è dovuta al fatto che i germi disembriogenetici possono attivarsi in tempi diversi, anche in seguito all’azione di agenti induttori (raggi UV, traumi, cause endogene ed esogene).
Possono rimanere statici, regredire spontaneamente o progredire in lesione maligna. Il nevo assume la denominazione dal compartimento cutaneo interessato.
Classificazione e diagnosi
I nevi possono essere suddivisi in due grandi categorie comprendenti diverse entità cliniche e AP
- Nevi melanocitari: interessano la componente melanocitaria
- Nevi non melanocitari (o amartomi): interessano una o più delle altre componenti cutanee
Data la possibile degenerazione maligna è fondamentale l’osservazione scrupolosa di ogni neo presente sulla cute del pz, effettuata: a occhio nudo, in dermatoscopia e in epiluminescenza digitale (permette il confronto e il follow-up nel caso di nevi melanocitici).

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2
Q

Nevi melanocitari

Generalità e tipologie

A

I melanociti epidermici derivano da melanoblasti migrati, tra il 3°-5° mese di gestazione, dalle creste neurali all’epidermide. Si distinguono in tre gruppi principali in base alla presenza o meno di proliferazione melanocitaria e alla localizzazione istologica della stessa

  • Nevi melanocitici senza iperplasia melanocitaria: ­>attività melanociti intraepidermici
  • Nevi melanocitici o nevocellulari: moltiplicazione intra-epidermica/dermica di cellule neviche (nevociti)
  • Melanosi dermiche: dovuti alla presenza di melanociti dispersi nel derma medio e profondo
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3
Q

Nevi melanocitici senza iperplasia melanocitaria

Tipologie

A

Efelidi
Macchie caffè-latte
Lentigo solare (o attinica o “senile”)

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4
Q

Efelidi

A

La loro trasmissione è autosomica dominante, compaiono nell’infanzia esclusivamente sulle zone fotoesposte (viso, spalle, braccia, superficie dorsale delle mani). Si presentano con macchie ipercromiche rotondeggianti (1-3 mm), mai pigmentate (DD con lentiggini). Sono frequenti negli individui con i capelli biondi o rossi. Si riducono durante il periodo invernale e aumentano nel periodo estivo.

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5
Q

Macchie caffè-latte

A

Possono essere presenti alla nascita, ma più frequentemente compaiono durante la prima infanzia e aumentando di dimensioni con l’età. Macchie di colore bruno omogeneo, rotondeggianti od ovali (>2-3 cm), margini ben definiti e regolari. Presenti singolarmente nel 20% dei soggetti normali (sospettare una neurofibromatosi di Von Reclinghausen se >5).

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6
Q

Lentigo solare

A

O attinica o senile
È il precursore non obbligato della cheratosi seborroica, si presenta con chiazza rotondeggiante a colorito giallognolo-bruno. Le lesioni possono essere uniche o multiple e tendono a confluire. Tipica delle zone più fotoesposte, è legata a fenomeni di fotodanneggiamento cronico (fotoageing) e si può sviluppare in soggetti sottoposti a PUVA-terapia. Numerose lentigo solari sono riscontrate nello xeroderma pigmentoso.

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7
Q
Nevi melanocitici (nevi nevo-cellulari)
Generalità e tipologie
A
Istologicamente sono caratterizzati da proliferazione intraepidermica e/o intradermica di melanociti. Inizialmente (nell’infanzia) la proliferazione melanocitica si verifica nella giunzione dermo-epidermica con tendenza a raggrupparsi in teche, formando il nevo giunzionale; successivamente i melanociti discendono nel derma costituendo il cosiddetto nevo composto (GDE + derma); infine si stabilisce la presenza dei melanociti non proliferanti esclusivamente nel derma con il nevo intradermico.
Solitamente i nevi compaiono nell’infanzia e nell’adolescenza e smettono di comparire dopo i 30 anni (sospettare melanoma se nei comparsi dopo i 30 anni).
Tipologie 
Nevi congeniti
Nevi acquisti 
Nei atipici
Lentiggine
Nevo di spitz
Nevo di Reed
Nevo di Unna
Nevo di Miescher
Nevo di Sutton
Nevo di Meyerson
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8
Q

Nevi congeniti

A

Sono presenti nell’1% dei neonati, se compaiono dopo settimane o mesi dalla nascita si chiamano nei congeniti tardivi. Sono suddivisi in tre categorie a seconda delle dimensioni:
- Piccoli (<1,5 cm): ubiquitari, di colore vario con tendenza a >dimensione e rilevarsi col tempo
- Medi (1,5-20 cm)
- Giganti (>20 cm): su tronco e arti, accompagnati da numerosi piccoli nei; si associano a patologie SNC
L’aspetto clinico delle lesioni è estremamente vario: superficie liscia/verrucosa/lobulata, presenza di grossi peli terminali. Essi talvolta rendono difficile lo studio e la valutazione del rischio (trascurabile nevi piccoli, mentre per i giganti il rischio è del 4,5% dopo i 5 anni e del 6% per tutta la vita).
Esistono alcune varianti cliniche particolari e rare dei nei melanocitici congeniti quali
- Nevo cerebriforme del cuoio capelluto: caratterizzato da profondi solchi cutanei in superficie.
- Nevo melanocitico diviso delle palpebre: interessa la regione palpebrale superiore e inferiore (compare prima del sesto mese quando le palpebre sono ancora chiuse).
- Nevo lentigginoso punteggiato (nevus spilus): più frequente, è caratterizzato da una chiazza color caffè-latte omogenea puntellata di numerosi piccoli nei di colore più scuro; degenera eccezionalmente

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9
Q

Nevi acquisiti

A

Compaiono nell’infanzia, aumentano di numero e di dimensione fino a circa 29 anni (fino a 4-6 mm). Con il progredire dell’età tendono a perdere la componente pigmentaria e a scomparire. La comparsa o la crescita di un neo dopo i 30 aa dunque, deve essere valutata con attenzione per la possibile presenza di un melanoma.
Possono avere diverse tonalità cromatiche (scuri, rosei o bruno chiari) e la forma è generalmente tonda od ovale con bordi regolari. I limiti devono essere sempre netti e il colore uniforme. Una parte di essi possono rimanere piani, ma la maggior parte acquisiscono una superficie rialzata in toto ad aspetto cupoliforme oppure solo la parte centrale si rialza determinando un aspetto “fried egg”.

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10
Q

Nei atipici

A

O pleomorfi o displastici o di Clark
Si intende un nevo solitamente acquisito con forma asimmetrica,
bordi irregolari, colore disomogeneo e diametro >6mm.
Può presentarsi in soggetti con familiarità per melanoma (FAMM)
oppure in soggetti senza familiarità (neo atipico sporadico).
Presenta caratteri istopatologici distintivi: proliferazione a livello dello strato basale dell’epidermide di melanociti atipici (grandi, rotondeggianti, con nuclei irregolari), alterazioni dello stroma e incremento della vascolarizzazione.

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11
Q

Lentiggine

A

Lentigo simplex
Macula pigmentata di piccole dimensioni (1-3mm) con bordi netti,
di colore marrone chiaro, bruno o nerastro. Localizzazione ubiquitaria e insorgenza anche dopo i 30 anni (DD efelidi). Possono interessare anche le mucose (DD efelidi) e in questo caso hanno bordi irregolari e colorazione disomogenea.
Istologicamente si caratterizzano per un’iperpigmentazione dello strato basale dell’epitelio (DD efelidi) e ­aumento melanociti basali non raggruppati in teche. Esistono delle sindromi ereditarie con lentigginosi e alterazioni multiorgano: LEOPARD, Peutz-Jeghers, LAMB, lentigginosi centro-facciale.

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12
Q

Nevo di Spitz

A

Aspetto istologico atipico (grandi melanociti con ampio citoplasma rotondeggianti e/o fusati) e possibile incremento dimensionale clinicamente rilevabile ma benigno. Insorge nell’età infantile ma anche in giovani, si localizza preferibilmente al volto o agli arti.
Si presenta come un nodulo emisferico a superficie liscia di colorito variabile dal giallo-rosato al rosso al bruno chiaro. Rara la degenerazione maligna.

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13
Q

Nevo di Reed

A

Considerato da alcuni una variante del nevo di Spitz, compare in età adulta intorno ai 25 anni, prevalentemente nel sesso F e si localizza alle estremità.
Si presenta come una lesione ben circoscritta di dimensioni variabili (fino 1 cm), di colorito omogeneo bruno/scuro o nero.

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14
Q

Nevo di Unna

A

Nevo acquisito peduncolato o sessile di consistenza molle e colorito roseo o bruno, localizzato al dorso o al tronco. Per fatti traumatici può torcersi sul peduncolo, aumentare di volume, diventare dolente e cambiare colore (DD melanoma polipoide).

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15
Q

Nevo di Miescher

A

Nevo acquisito, si situa quasi esclusivamente sul viso, può essere papuloso o nodulare, di colorito normale o bruno chiaro, a superficie liscia. Compare più spesso nel sesso F e dopo la pubertà, aumenta lentamente nel tempo.

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16
Q

Nevo di Sutton

A

Acquisito o congenito, piano o rilevato è circondato da un alone acromico (vitiligo perinevica). È relativamente frequente nei bambini e negli adolescenti, la localizzazione più comune è il dorso. Parecchi nevi possono sviluppare simultaneamente un alone acromico. Con il passare del tempo la componente pigmentaria tende a scomparire reliquando un’area acromica che può persistere anche per anni.

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17
Q

Nevo di Meyerson

A

Acquisito o congenito, appare circondato da un alone eritematoso, desquamante o vescicolato. L’area dermatitica può variare da pochi millimetri fino a qualche centimetro, talvolta parte di un eczema nummulare coesistente o precedente.

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18
Q

Melanosi dermiche

Generalità e tipologie

A
Sono dovute alla presenza di melanociti dispersi nel derma medio e profondo.
Tipologie 
Macchie mongoliche
Nevo blu
Nevo di Ota
Nevo di Ito
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19
Q

Macchie mongoliche

A

Melanosi dermica.
Presenti alla nascita o comparse subito dopo. Più frequenti nelle popolazioni orientali, di solito regrediscono nel corso dell’infanzia.
Si presentano come macchie localizzate in sede dorsale (L-S), di colorito blu pallido e dimensioni variabili (fino a 20 cm). Sono determinate dalla presenza di melanociti dendritici fusati nel derma profondo e nell’ipoderma.

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20
Q

Nevo blu

A

Melanosi dermica
Neo relativamente frequente. Può essere congenito o acquisito (più frequentemente), l’aspetto blu è dato dai melanociti posti in profondità nel derma. Ne esistono due tipi principali:
1. Nevo blu comune: papula o piccolo nodo di diametro variabile
(0,3-1 cm), può localizzarsi ovunque ma nella metà dei casi si localizza sul dorso delle mani o dei piedi. Poi fronte, capillizio, regione glutea e sacrale. Il colorito varia dal blu plumbeo al nerastro.
2. Nevo blu cellulare: noduli o placche di 1-3 cm di diametro (anche più grandi), la superficie è liscia. Localizzazione glutea o sacro-coccigea, al collo e al volto. Questa tipologia va controllata per il rischio di trasformazione in melanoma.

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21
Q

Nevo di Ota

A
Melanosi dermica
Interessa prevalentemente la razza nera e asiatica ma è anche stato descritto nella popolazione caucasica. Molto più frequente nel sesso F (80%), insorge alla nascita o intorno alla pubertà. Si localizza al viso in corrispondenza delle prime due branche del nervo trigemino, solitamente unilaterale e di dimensioni variabili. 
Sedi più frequenti:
*area periorbitale
*tempie
*fronte
*guance
*lobi delle orecchie
*regioni pre e retroauricolari
*naso
*congiuntiva
Va attentamente monitorizzato per la possibile trasformazione in melanoma.
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22
Q

Nevo di Ito

A

Melanosi dermica.
Si differenzia dal nevo di Ota per la sede (sovraclaveare, scapolare e deltoidea), essendo il quadro clinico e istologico sovrapponibile.

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23
Q

Rischio di trasformazione in melanoma nei nevi melanocitari

A

Il melanoma origina da un nevo nel 20-50% dei casi, tuttavia il rischio che un nevo si trasformi in melanoma è statisticamente basso (1/7000). Il melanoma si può sviluppare più frequentemente da un nevo congenito (soprattutto se di grandi dimensioni) o da nevo displastico, mentre non può originare da nevi melanocitari senza iperlasia melanocitaria.
I fattori che facilitano la trasformazione sono la fotoesposizione in primis (scottature gravi solari in età giovanile e ripetute), mentre non vi è evidenza per quanto riguarda traumi o altri eventi (es. gravidanza).

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24
Q

Nevi non melanocitari

Generalità e tipologie

A
Sono anomalie di sviluppo, in eccesso o in difetto, dei vari elementi cutanei escluso il sistema melanocitario.
Tipologie 
Nevo verrucoso epidermico e sebaceo
Nevo comedonico
Nevo peloso
Nevo connettivale elastico
Nevo di Becker
Nevi vascolari
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25
Q

Nevo verrucoso epidermico
Nevo verrucoso sebaceo
Nevo comedonico

A

NEVO VERRUCOSO EPIDERMICO
Rilevatezza grigio-giallastra a superficie verrucosa o ipercheratosica di dimensioni variabili. Poco rilevato alla nascita, può accentuare l’aspetto verrucoso nella prima infanzia per poi stabilizzarsi.
NEVO VERRUCOSO SEBACEO
Quasi sempre localizzato all’estremità cefalica, ha aspetto verrucoso. È un amartoma organoide che alla pubertà può avere fasi proliferanti a carico delle componenti androgeno-sensibili (epiteliale, pilare, ghiandola sebacea e sudorale apocrina).
Può diventare sede di epitelioma basocellulare.
NEVO COMEDONICO
Chiazza ovalare a tonalità bruno pallido, atrofica, cribrata da numerosi comedoni neri incassati.

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26
Q

Nevo peloso
Nevo connettivale elastico
Nevo di Becker

A

NEVO PELOSO
Presenta gruppi più o meno numerosi di peli. Nella regione sacrale può realizzare un ciuffo lungo e folto di peli, quasi una coda, associata spesso a malformazioni del rachide.
NEVO CONNETTIVALE ELASTICO
Sono vaste chiazze a limiti mal definiti e regolari (geografici), costituiti da aree con lievi variazioni del colorito, della consistenza e del rilievo. L’iperplasia si realizza a carico delle fibre elastiche.
NEVO DI BECKER
Relativamente frequente, è caratterizzato da una chiazza ipercromica a limiti sfumati coperta spesso di grossi e radi peli scuri a cui possono accompagnarsi rilievi papulosi. Caratteristica la diffusa iperplasia dei muscoli erettori pilari. Può anche essere incluso tra i nei pigmentari senza proliferazione melanocitica. Si manifesta nella tarda infanzia ma diventa più pronunciato nella pubertà.

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27
Q

Nevi vascolari

Malformazioni vascolari

A

Sono anomalie strutturali, errori congeniti della morfogenesi vascolare, che avvengono nel corso dell’embriogenesi e mostrano un turnover cellulare endoteliale normale. Sono presenti alla nascita o insorgono successivamente. Le forme cliniche più frequenti sono:
- Nevo flammeo: angioma piano della glabella, frequente in molti neonati, caratterizzato da macula di diametro variabile e rosea; regredisce spontaneamente in 2-3 aa
- Nevo flammeo nucale (o di Unna): angioma a macchia a livello nucale, con estensione variabile e contorni irregolari di colore rosso vivo; si riscontra nell’80% dei neonati e persiste per tutta la vita
- Angioma piano o macchia a “vino porto”: macchia rosa o rosso cupo-vinoso, presente su arti o volto alla nascita (incidenza: 0,1-2%), causata da ectasia della rete superficiale senza proliferazione cellulare. Può
associarsi a sdr genetiche o interessamento leptomeningeo (10% angiomi a localizzazione oftalmica.

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28
Q

Nevi vascolari

Forme cutanee minori

A
  • Nevo anemico: caratterizzato da una chiazza biancastra a limiti irregolari frastagliati, frequentemente circondata da un reticolo teleangectasico. Scompare con la digitopressione, non si arrossa con lo sfregamento. È dovuto a un ipertono vascolare, persiste immodificato per tutta la vita.
  • Angioma stellare o spider nevus: è considerato una dilatazione di un vaso preesistente, è molto comune nei bambini e nei giovani. Si presenta come un punto rosso di circa 1 mm, circondato da un alone eritematoso e teleangectasico. L’alone scompare alla diascopia. Possono scomparire spontaneamente, rappresentano esclusivamente un problema estetico. Nei pazienti con patologie epatiche sono numerosi.
  • Lago venoso: è una dilatazione di un vaso preesistente. Si osserva negli anziani come un nodulo rosso- violaceo depressibile situato prevalentemente sul labbro inferiore. Asintomatico, a volte può sanguinare.
  • Angiocheratomi: sono malformazioni vascolari congenite a manifestazione tardiva dovute a ectasie dei capillari dermici, le quali provocano acantosi e ipercheratosi epidermica. Si presentano come papule ipercheratosiche che possono simulare un melanoma.
    o Angiocheratoma di Mibelli: si manifesta nell’adolescenza prevalentemente nelle F sulle mani e sui piedi. Accompagnato da acrocianosi e geloni.
    o Angiocheratoma di Fordyce: si localizza allo scroto o alle grandi labbra.
    o Angiocheratoma corporis diffusum: rara forma generalizzata che può essere idiopatica o associata a varie patologie metaboliche. Si manifesta nell’infanzia e nella prima adolescenza con lesioni disseminate al tronco, radice degli arti e scroto. I pazienti presentano fenomeno di Raynaud, artralgie, ipertensione, proteinuria e cardomegalia.
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29
Q

Nevi vascolari

Tumori vascolari

A
  • Emangiomi capillari immaturi: sono dovuti ad errori localizzati di proliferazione del tessuto angioblastico che avvengono nel periodo perinatale. È dimostrabile la presenza di angiogenesi attiva. Colpiscono il 10% dei lattanti e ha prevalenza maggiore nel sesso F. Possono essere superficiali, profondi o misti. Hanno un’evoluzione favorevole. Se presentano una rapida fase espansiva con ulcerazioni ed emorragie ricorrenti si instaura una terapia steroidea associata con laser pulsato a coloranti. Vanno trattati anche se colpiscono la punta del naso (diastasi delle cartilagini nasali).
    • Angioma tuberoso: si presenta come un nodo cupoliforme di colorito rosso o rosso-vinoso, lobulato, caldo, di consistenza elastica o duro-elastica. Dopo qualche mese comincia a regredire fino alla scomparsa verso i 5-7 anni.
    • Emangioma profondo o sottocutaneo: è visibile come una massa ben delimitata, poco depressibile o calda, ricoperta da cute normale o con una tenue sfumatura bluastra. Regredisce in modo più lento dell’angioma tuberoso e può persistere fino alla pre-pubertà. Può ulcerarsi provocando emorragie.
  • Angioma rubino (angioma senile): piccoli noduli rosso-vivo di 1-4 mm, che si osservano più frequentemente dopo i 40 anni. Localizzati soprattutto sulla parte anteriore del tronco, possono essere molto numerosi e rivestono un problema puramente estetico.
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30
Q

Melanoma

Generalità ed epidemiologia

A

Il melanoma è una neoplasia maligna cutanea che origina dai melanociti a livello epidermico. Tra i tumori cutanei maligni il melanoma è considerato raro (5%), preceduto da ep. spinocellulare (21%) ed ep. basocellulare (74%), ma si presta ad una diagnosi precoce per la sua visibilità. Nel 95% dei casi si guarisce con una semplice asportazione chirurgica.
Epidemiologia
I tumori cutanei sono tutti in aumento. L’incidenza globale è di 12(M)-13(F)/100k·anno e raddoppia ogni 10 anni, a causa forse del cambiamento degli usi e costumi (abbronzatura). Il paese con l’incidenza più alta è l’Australia (mismatch genetica/ambiente dei soggetti migrati), l’Italia e l’Europa hanno un’incidenza relativamente bassa (10/100k·anno). La mortalità (in melanomi >T1) in Italia si attesta intono ai 2-3/100k·anno.

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31
Q

Melanoma

Eziopatogenesi

A

La prevenzione primaria agisce sulle cause/fattori di rischio riducendo l’incidenza del tumore, la prevenzione secondaria aumenta le percentuali di diagnosi precoce (visite dermatologiche gratuite).
I filtri solari possono essere fisici (ossido di zinco e di titanio, riflettono le radiazioni come specchi, hanno svantaggio cosmetico) o chimici (assorbono e modificano le caratteristiche della radiazione restituendo l’energia ricevuta sotto forma di calore, non hanno svantaggio cosmetico)
FPS (efficacia filtro – scala 0-50): differenza tra il tempo che la cute impiegherebbe per scottarsi senza protezione e quello che impiega con l’applicazione della crema.
Il momento più pericoloso in cui esporsi al sole è quando i raggi sono perpendicolari (ore 10-16).
FATTORI DI RISCHIO ENDOGENI (COSTITUZIONALI)
- Razza (bianchi:neri=12:1)
- Fototipo (capelli biondi/rossi —> efelidi; occhi chiari —> facilità alle scottature)
- Numerosi nevi pigmentari (>50 e/o >2cm)
- Anamnesi personale o familiare positiva
- Immunodepressione
- Forme familiari/congenite rare (sdr FAMM, xeroderma pigmentoso)
- Mutazioni genetiche: le più frequenti coinvolgono i geni BRAF, NRAS, KIT
FATTORI DI RISCHIO ESOGENI (AMBIENTALI)
- 6 o più episodi di ustione solare nell’arco dell’infanzia
- Più di 6 ore all’aperto durante le vacanze
- Uso di lampade abbronzanti
- Terapie con UVA (responsabili del photoaging) e UVB (arrivano allo strato basale dell’epidermide dove sono localizzati i melanociti —> sono i più pericolosi per il melanoma)
- NON esiste correlazione con l’assunzione di estrogeni o gravidanza

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32
Q

Melanoma

Quadro clinico

A

Il melanoma insorge su un nevo melanocitico congenito o acquisito o in una zona adiacente nel 20-50% casi; nei restanti casi insorge su cute sana. Il 10-15% dei pz con melanoma possono sviluppare melanomi cutanei multipli (importanza del follow-up).
Nel 10-15% ha sede extracutanea (mucose, occhio, lamina ungueale, meningi) e in questo caso non è possibile la diagnosi precoce. A volte si riscontrano metastasi linfonodali da melanoma senza evidenza clinica di melanoma primitivo, in quanti misconosciuto (melanoma mucose, oculare, linfonodale) o regredito spontaneamente.
L’evoluzione clinico-morfologica del melanoma cutaneo può svilupparsi attraverso due differenti modalità
- MELANOMA PIANO (90% - evoluzione lenta): origina da melanociti epidermici basali, si presenta come una macchia pigmentata (melanoma piano non palpabile), asimmetrica con margini definiti e irregolari, dimensioni >6 mm e colore disomogeneo; la lesione tende ad estendersi rimanendo piano o rilevandosi (melanoma piano palpabile), mentre compaiono talvolta (15% casi) aree di regressione spontanea (cute normale o eritematosa o ipotrofica) in seguito a risposta immune ospite. Nel contesto di melanoma piano può insorgere elemento papuloso o nodulare (melanoma piano cupoliforme), che rappresenta la fase
invasiva del derma
Le sedi più colpito sono il tronco (sesso M) e le gambe (sesso F).
In base alla sede si differenziano inoltre diverse varietà cliniche con specifico aspetto anatomo-patologico
• Lentigo maligna melanoma (età senile, sesso F): a livello di volto e collo, si presenta con una macchia a limiti netti (5-15 mm), di colore bruno uniforme o discromica
• Melanoma acrale-lentigginoso: regioni palmo-plantari, si presenta come una macchia di colorito bruno-chiaro e limiti sfumati
- MELANOMA NODULARE (10% - evoluzione rapida): origina da melanociti dermici, si presenta come un nodulo rilevato o sessile, pigmentato o acromico, con superficie liscia ulcerata o squamo-crostosa

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33
Q

Melanoma

Storia naturale

A

La metastatizzazione può avvenire per via linfatica (LFN regionali o in transit) ed ematica. Con il termine di recidiva si intende una proliferazione neoplastica a 2 cm da lesione primitiva, che in caso di lesioni multiple prende il nome di satellitosi. La recidiva è generalmente secondaria a imperfetta sterlizzazione neoplastica. La prima fase di metastatizzazione è generalmente linfonodale regionale (75%). La metastatizzazione linfatica in transit è dovuta all’invasione delle vie linfatiche superficiali e formazione di noduli neoplastici lungo il decorso dei vasi con disposizione a satellite intorno a lesione primitiva. Nelle fasi avanzate può avvenire metastatizzazione per via ematica a livello viscerale (SNC, polmone, fegato). Solo nel 10-20% si ha metastatizzazione ematica senza coinvolgimento linfonodale.
Il 50% dei pz mostra una progressione della malattia con comparsa di mts nell’arco del primo anno, il 40% nel periodo 2-5 anni, il 7% nel periodo 5-10 anni, il 3% dopo 10 anni.

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34
Q

Melanoma

Anatomia patologica

A

Le due differenti modalità di evoluzione clinico-morfologica presentano differente substrato patologico e aspetti istologici.
Nel melanoma non invasivo a crescita radiale o melanoma “in situ” si ha proliferazione di melanociti in sede intraepidermica, organizzati in teche confluenti. Questa forma se rimossa è eccellente in quanto non può dare origine a metastasi non essendo raggiunta da vasi vascolari e linfatici.
Il passaggio a melanoma piano invasivo o cupoliforme è dettato dalla proliferazione verticale dei melanociti. In base all’accrescimento è possibile distinguere tre differenti istotipi principali di melanoma piano
- Melanoma a diffusione superficiale o SSM (70% –melanoma
piano non palpabile/palpabile/cupoliforme): inizialmente i melanociti con aspetto normale proliferano e si espandono orizzontalmente organizzati in nidi a livello del derma papillare; successivamente assumono aspetto displastico e crescono verticalmente. La regressione è caratterizzata da una fase infiammatoria, quindi neoangiogentica e fibrosa
- Lentigo maligna-melanoma o LMN (10% – età avanzata, sesso F): insorge sulle aree fotoesposte (volto). Origina dalla lentigo maligna di Dubreuilh, un carcinoma in situ che precede la crescita invasiva di anni
- Melanoma acrale-lentigginoso o ALM (7-10% – anziani): istotipo più frequente nella razza asiatica e afroamericani. Si localizza a livello palmo-plantare o ungueale con melanociti atipici e disorganizzati all’apice delle papille dermiche. La diagnosi solitamente è tardiva perché vengono confusi con altri tipi di lesioni.
- Melanoma delle mucose: istologia simile al melanoma acrale
- Melanoma amelanocitico: colore cute normale, può sfuggire alla diagnosi perché non presentano la colorazione scura tipica
La seconda tipologia di evoluzione clinico-morfologica di melanoma è costituita dall’istotipo nodulare (10%), caratterizzata da una rapida e precoce crescita in senso verticale, che può estendersi al derma e all’ipoderma.

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Q

Melanoma

Diagnosi

A

Esistono 5 parametri (regola ABCDE) utilizzati anche nelle campagne educazionali per allarmare i pz e rivolgersi in tempo allo specialista (prevenzione secondaria):
Asimmetria,
Bordi irregolari,
Colore disomogeneo,
Dimensione >6mm,
Evoluzione (cambiamento di forma, colore, dimensioni).
Nei giovani la regola ABCDE è più accurata che negli anziani.
Per la diagnosi invece è indispensabile integrare i dati clinici con dermatoscopia (­maggiore accuratezza diagnostica 15-20%) ed eventuale analisi computerizzate delle lesioni. In casi selezionati e con dubbio diagnostico è possibile, attraverso la microscopia confocale, analizzare la lesione tridimensionalmente. I segni e sintomi non sono più ritenuti rilevanti a fini diagnostici.
Per la conferma diagnostica è indicato poi l’esame istologico sul tessuto asportato che consente di individuare l’istotipo (piano o nodulare) e valutare alcuni parametri prognostici come
- Indice di Breslow: misurazione spessore lesione (mm) e profondità di invasione (da str. granuloso a derma/ipoderma); indice più affidabile e sempre riproducibile
- Livelli di Clark: valutano lo spessore della neoplasia in base al livello inferiore di invasione (derma/ipoderma); meno affidabile e riproducibile
- Ulcerazione melanoma: indice maggiore di ­rischio mts
- Numero di mitosi delle cellule neoplastiche (marker Ki-67)
La diagnosi istopatologica di melanoma o di mts di melanoma può essere agevolata da IIF che mostra positività per Ag melanocitari (S-100 e HMB-45) e biologia molecolare (PCR, EB) per la ricerca di mRNA tirosinasi.

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36
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Melanoma

Diagnosi differenziale

A
  • SSM: cheratosi seborroica (lesione inizialmente piatta che diventa poi rilevata)
  • MN: dermatofibroma, angiocheratoma
  • LMM, ALM: lentigo senile, cheratosi seborroica
  • M in regressione: nevo di Sutton
  • M amelanocitico: granuloma piogenico (lesione iperplastica nodulare con superficie ulcerata), verruca volgare, nevo di Spitz, epitelioma
  • M subungueale: ematoma post-traumatico
  • M mucosale: lentigo mucosa, ematoma post-traumatico
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Melanoma

Stadiazione AJCC/UICC

A

I FP fondamentali su cui si basa la stadiazione TNM sono: spessore di Breslow, ulcerazione, numero di metastasi.
Nel melanoma il parametro T è lo spessore di Breslow espresso in mm (melanoma sottile ≤1mm —> 10yr OS 99%; melanoma spesso >1mm—> 10yr OS60%). L’ulcerazione distingue i tumori in a e b. Soltanto nei melanomi sottili si valuta la mitosi (cut off: 1 mitosi per mm2). Successivamente nella stadiazione si valuta anche lo stato del linfonodo sentinella.
Si distinguono in base a tali parametri 4 stadi principali
- Stadio I e II: melanoma cutaneo in assenza di ulteriore coinvolgimento metastatico; nello stadio I si distingue in A e B in base al grado di mitosi
- Stadio III: melanoma con interessamento metastatico regionale linfonodale o cutaneo
- Stadio IV: melanoma con metastasi a distanza viscerali o ai t. molli

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38
Q

Melanoma

Prognosi

A

[NB: i fattori prognostici sono frequente domanda d’esame]
- Spessore di Breslow: correla con 10y OS; in caso di melanoma multiplo la prognosi dipende esclusivamente da quella a spessore maggiore
- ­> indice mitotico (Ki-67)
- Ulcerazione (non sempre visibile, esame AP);
- Stato del linfonodo sentinella;
- Numero di metastasi
- Livello di Clark
- Sesso: sopravvivenza F>M
- Sede anatomica: sfavorevole tronco (sesso M) e aree palmo-plantari
- Età: bambini e anziani
- Istotipo: nodulare
- Infiltrato linfocitico e regressione istologica (fatt.positivo)
Nelle forme oculari di melanoma delle mucose i fattori prognostici più importanti sono: lo spessore di Breslow (m. congiuntivale) ed estensione a sclera e n. ottico (m. coroideo).
SOPRAVVIVENZA (OS)
- Globale: 5y=75%; 10y=62%
- Stadio IA: 5y=95%
- Stadio IIC: 5y=42%
- Stadio III: 5y=36%
- Stadio IV: 6-8 mesi e 5y=6-10% —> miglioramento grazie a nuove terapie (7-19%)
La 2yr OS varia molto a seconda del parametro T e N:
- T1: 90%
- T2a: 80%
- T2b-T3a: 70%
- T3b-T4a: 55%
- T4b: 40%
- N1a: 55%
- N2a: 45%
- N1b: 35%
- N2b-N3: 25%

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39
Q

Melanoma

Terapia

A
  • Escissione chirurgica R+: il margine varia in base a T (T1 —> 0,5 cm; T2 –> 1cm; T3 —> 2cm)
  • Dissezione linfonodale selettiva (>1 mm): ricerca LFN sentinella (blue dye o tracciante radioattivo) e valutazione di invasione metastatica dello stesso
    • Dissezione linfonodale radicale + terapia adiuvante: in caso di positività del LFN sentinella
    • Follow up: in caso di negatività del LFN
    Per il trattamento delle metastasi in transit viene utilizzata
  • Perfusione ipertermica antiblastica: isolamento dell’arto interessato dalla circolazione sistemica, riscaldamento del sangue a 41,5°C e successiva iniezione di melfalan e TNF
  • Cliniporator o elettro-CT: vengono inseriti aghi nella lesione metastatica, attraverso i quali viene condotta una corrente che altera la permeabilità delle membrane cellulari e vengono iniettati inseguito bleomicina o cisplatino; attraverso questa tecnica la penetrazione farmacologica fino a >100 volte
    L’unico farmaco approvato per la terapia adiuvante del melanoma (stadi IIb-IIc-IIIa-IIIb-IIIc) è l’interferone α a dosi crescenti secondo lo stadio, associato a CT. L’immunoterapia è in stadio di valutazione.
    I farmaci che hanno rivoluzionato il trattamento del melanoma metastatico (IV stadio) sono bevacizumab (anti-VEGF), ipilimumab (anti-CTLA4), vemurafenib/dabrafenib (anti-BRAF), selumetinib/trametinib (anti- MEK1/2), nivolumab/lambrolizumab (anti-PD1).
    Il melanoma è un ottimo tumore su cui studiare la risposta immunitaria perché è molto immunogenico. In principio si cercava l’approccio dell’immunoterapia (stimolare il SI contro il tumore), ma ora l’approccio è cambiato (si cerca di inibire le inibizioni del SI piuttosto che stimolarlo contro il tumore):
  • Ipililumab: è diretto contro il CTLA4 (il melanoma esprime molto CTLA4), che compete con il CD28 del linfocita T nell’interazione con il CD80/86 della cellula dendritica, interazione che provoca attivazione;
  • Nivolumab/lambrolizumab: sono diretti contro il PD1 (CK immunodeprimente) e agiscono in fase tardiva durante l’interazione tra la cellula tumorale e il linfocita nel microambiente tumorale e hanno addirittura una risposta migliore degli anti-CTLA4 (40% vs 20%);
  • Vemurafenib/dabrafenib (target therapy): BRAF, della famiglia delle MAPK, è espresso dal 50% dei melanomi (ovviamente si può utilizzare solo in questo contesto di espressione). I risultati si vedono in pochi
    giorni, purtroppo però l’effetto svanisce dopo 6-8 mesi causa sviluppo di resistenze delle cellule tumorali;
  • Selumetinib/trametinib: sono ancora in fase di trial.
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40
Q

Disordini della pigmentazione

Tipologie

A
Vitiligine
Albinismo 
Piebaldismo
Pitiriasi alba
Ipomelanosi post-infiammatoria
Iperpigmentazione diffuse e localizzate
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41
Q

Vitiligine

Generalità ed eziopatogenesi

A

Disordine primitivo acquisito della pigmentazione, caratterizzato dalla comparsa di chiazze acromiche o ipocromiche su cute e, meno frequentemente, mucose; talvolta possono incanutirsi anche peli e capelli.
All’esame istologico nelle chiazze non ci saranno più melanociti, in seguito a inattivazione funzionale o loro scomparsa. La vitiligine ha una prevalenza di 0,5-2% e inizia in età pediatrica (50%) o in ogni caso prima della III decade.
Eziopatogenesi
Data la frequente familiarità (20-40%) sono state ipotizzate: predisposizione poligenica e carattere autosomico dominante con penetranza variabile.
Le principali ipotesi patogenetiche sono:
1. Ipotesi neurale: liberazione di fattori tossici per il melanocita da parte delle terminazioni nervose;
2. Ipotesi metabolica/autocitotossica: danno ossidativo per deficit geneticamente determinati dei sistemi ossidanti, rinforzato da una maggiore concentrazione ematica di catecolammine (vasocostrittori —> ipossia —> radicali liberi) le quali sono aumentate in circolo nei soggetti affetti da vitiligine;
3. Ipotesi autoimmune: è stata dimostrata la presenza di processi autoimmuni che coinvolgono linfociti T autoreattivi e autoanticorpi, oltre che la concomitanza con altre patologie autoimmuni.

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42
Q

Vitiligine

Quadro clinico e diagnosi

A

La diagnosi si basa sul riscontro di macule o chiazze ipo/amelanocitiche cutanee con margini sempre ben circoscritti, di forma ovalare o rotondeggiante, a volte confluenti in ampie placche policicliche.
In alcuni casi il margine esterno della chiazza può essere iperpigmentato, eritematoso o pruriginoso (vitiligine infiammatoria), ma di regola il colore all’interno della chiazza è uniforme (tranne in prossimità dei follicoli piliferi dove possono essere presenti melanociti funzionalmente conservati).
Istologicamente è caratterizzata da assenza di melanociti e melanina nell’epidermide e presenza di sparsi linfociti nel derma superficiale (solo nelle lesioni con la tendenza all’estensione e nella vitiligine infiammatoria).

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43
Q

Vitiligine non segmentale

A

Si presenta con macule o macchie simmetriche o distribuite casualmente sulla maggior parte della superficie cutanea; è la forma più frequente in età adulta.
Di solito inizia con piccole macchie acromiche che in seguito si allargano in senso centripeto fino alla forma generalizzata. Può essere che ci siano periodi di stabilità o di regressione anche se solo nell’1% quest’ultima è duratura. Si può verificare inoltre il fenomeno di Koebner o isomorfismo reattivo che indica la comparsa di nuove lesioni a seguito di un trauma fisico o chimico.
Alle macchie cutanee possono associarsi leucotrichia, irite, alterazioni pigmentarie della coroide e della retina, deficit uditivi, alopecia aerata e nevo di Sutton.
Vengono distinte 3 forme di vitiligine non segmentale, che rappresentano le fasi evolutive (gravità crescente):
- Vitiligine acro-facciale: interessamento preminente di viso (regioni periorifiziali) ed estremità degli arti
- Vitiligine volgare: lesioni multiple, con interessamento di regioni periorifiziali, pieghe, areola mammaria, genitali esterni, aree di sfregamento continuo in corrispondenza delle prominenze osse e talvolta cuoio capelluto (ciocca di capelli bianchi)
- Vitiligine universale: estensione depigmentazione alla quasi totalità della superficie cutanea

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44
Q

Vitiligine segmentale

A

Si presenta con la comparsa repentina di lesioni limitate a un solo distretto corporeo, talora coincidente con un dermatomero; è la forma più frequente in età pediatrica.
Normalmente non progredisce mai fino alla forma generalizzata. Molto spesso è accompagnata da peli o capelli bianchi. È possibile il solo interessamento delle mucose e semimucose.
Terapia
1. Estensione limitata: terapia locale con corticosteroidi, inibitori della
calcineurina (tacrolimus/pimecrolimus) e con analoghi vit. D.
2. Lesioni limitate resistenti (a terapia locale) o più estesi: fotochemioterapia (PUVA), fototerapia UVB (a banda stretta).
3. Lesioni limitate resistenti: chirurgia con microinnesti cutanei o trapianti di melanociti coltivati in vitro previa distruzione con laser degli
strati epidermici più esterni
4. Vitiligine universale: depigmentazione (benziletere di idrochinone al 2-
20%)

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45
Q

Albinismo

A

L’albinismo comprende un gruppo di gernomatosi a trasmissione autosomica recessiva caratterizzate da una completa mancanza o riduzione della sintesi di melanina nei melanociti che determina assenza o riduzione della pigmentazione di capelli, cute e strutture oculari (albinismo oculocutanea – OCA) o, più raramente, solo alterazioni oculari (albinismo oculare – OA).
Prevalenza: OCA1 – 1/40k (caucasici), OCA2-3 (afro-americani), OCA4 è la più rara.
Eziopatogenesi
Ci sono 4 geni responsabili, a trasmissione autosomica recessiva:
- OCA1: deficit genetico della tirosina chinasi (completo 1A e minimo 1B)
- OCA2: deficit genetico della proteina P che facilita il funzionamento della tirosinasi;
- OCA3: deficit genetico di TYRP1, proteina che stabilizza la tirosinasi;
- OCA4: alterazione di SLC45A2, proteina transporter che regola la sintesi di melanina.
L’albinismo oculare (OA1) è causato da deficit genetico GPR143 (cromosoma X —> M»F), importante per melanogenesi oculare.
Quadro clinico
VEDI P.100
Le forme oculari includono, oltre a minor acuità visiva, anche: nistagmo, ipopigmentazione iridea e retinica, ipoplasia foveale e strabismo.
Terapia
Non esiste terapia. È necessaria grande attenzione sulla fotoprotezione di occhi e cute, poiché l’assenza di pigmento predispone alle ustioni e alla comparsa di epiteliomi baso/spinocellulari.

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46
Q

Piebaldismo

A

Malattia autosomica dominante caratterizzata da poliosi (sinonimo canizie, ciocche bianche) e aree circoscritte e stabili di leucodermia (scoloramento a chiazze cutaneo). Essa ha un’incidenza di 1/40k soggetti di razza bianca. La malattia deriva da mutazione di
- SNAI2: inibitore trascrizionale, necessario per lo sviluppo della cresta neurale
- KIT: fondamentale per la crescita, proliferazione e migrazione dei melanociti
Quadro clinico
Fin dalla nascita sono presenti 3 caratteristiche cliniche:
1. Area di poliosi del cuoio capelluto
2. Chiazza acromica triangolare con vertice alla radice del naso
3. Macule o chiazze acromiche contenenti macule pigmentate: la loro presenza e stabilità nel tempo consente DD con vitiligine, mentre l’assenza di lesioni oculari dall’albinismo
Istologicamente le aree colpite si caratterizzano per l’assenza di melanociti cutanei e follicolari, mentre nelle macule iperpigmentate sono contenuti abbondanti melanosomi.
Terapia
Siccome il quadro clinico rimane stabile senza progressione né regressione, il trapianto autologo può essere utilizzato per migliorare l’aspetto delle lesioni.

47
Q

Pitiriasi alba

A

Dermatosi molto frequente nella popolazione generale, particolarmente negli atopici e nell’infanzia. Si presume un’origine irritativa e la sua comparsa è più frequente su cuti con xerosi e cheratosi capillare.
Si caratterizza per la presenza di macule e chiazze mal definite su tutta la superficie corporea, prevalentemente su volto e superficie estensoria degli arti. Le lesioni sono ipopigmentate, talvolta con desquamazione pitiriasiforme, persistono per mesi o anni prima di andare incontro a risoluzione spontanea. Per questo motivo non è necessario trattamento specifico, se non l’applicazione di emollienti.
Istologicamente si manifesta come una dermatite spongiotica subacuta con numero normale di melanociti, ma diminuzione della quantità totale di melanina. Si associa presenza di infiltrato infiammatorio.

48
Q

Ipomelanosi post-infiammatoria

A

Aree di ipopigmentazione di variabile intensità insorte dopo risoluzione di numerose dermatosi infiammatorie come: psoriasi, dermatite seborroica/atopica, sarcoidosi, MF e LES. Generalmente si risolvono spontaneamente e gradualmente.

49
Q

Iperpigmentazioni diffuse e localizzate

Generalità e tipologie

A

Alcuni disordini diffusi o localizzati della pigmentazione possono essere secondari a reazioni di fotosensibilità dovute all’assunzione di farmaci o altre sostanze chimiche che, sottoposti a raggi UV, subiscono una variazione della struttura chimica scatenando una reazione allergica cellulo-mediata di tipo IV.
La manifestazione clinica di fototossicità è l’abbassamento della soglia di tolleranza all’esposizione solare. In questo caso l’esposizione solare, se ripetuta, porta a un’iperpigmentazione cutanea anche molto intensa, che caratteristicamente risparmia: fondo delle rughe mimiche del viso, triangolo sottomentoniero, cute retroauricolare e aree fotoprotette al di sotto delle sopracciglia.
Le sostanze chimiche naturali che più frequentemente causano fototossicità sono le furocumarine presenti in vegetali come agrumi, prezzemolo, fico e sedano. I farmaci invece sono numerosi (diuretici tiazidici, tetracicline, chinoloni, 5-fluorouracile, isotretinoina, acitretina e FANS).
Le fotoallergie sono reazioni che avvengono in soggetti sensibilizzati verso un fotoprodotto di un farmaco (sulfonamidi, clorpromazina, chetoprofene) o di sostanze chimiche (antisettici, profumi, anche filtri antisolari).
Il trattamento prevede l’allontanamento della causa scatenante. Essendo lo spettro di assorbimento di quasi tutti i farmaci e sostanze nell’UVA, quindi i filtri UVB non sono in grado di prevenirli.
Tipologie
- melasma
- poichilodermia di Civatte

50
Q

Melasma o cloasma

A

È un’iperpigmentazione melanica del volto progestinico-dipendente, essendo più frequente nelle F in età fertile/gravidanza o in terapia estroprogestinica. Tuttavia l’eziopatogenesi è ampiamente sconosciuta.
Si presenta come macule o chiazze piane di colore bruno o marrone di
forma irregolare, simmetriche e ben circoscritte che coinvolgono
guance, tempie o labbro superiore.
Istologicamente si osserva aumento del deposito di melanina. È importante distinguere tramite esposizione a UVA con lampada di Wood
- Melasma epidermico: aumento del deposito nello strato basale
dell’epidermide
- Melasma dermico: aumento del deposito nei macrofagi nello strato papillare del derma
In quanto il melasma epidermico risponde alla somministrazione topica di idrochinone e alle terapie con laser pigmentario.

51
Q

Poichilodermia di Civatte

A

Si caratterizza per la presenza di un’iperpigmentazione reticolare con numerose teleangectasie localizzata nelle aree laterali del collo esposte alla luce solare con risparmio del triangolo sottomentoniero.
È una delle più frequenti manifestazioni dell’invecchiamento cutaneo causato dall’esposizione cronica. Istologicamente si osserva iperpigmentazione melanica epidermica associata a teleangectasie e atrofia dermica.

52
Q

Malattie sessualmente trasmesse (mst)

A
  • Malattie sessualmente trasmissibili: malattie trasmettere anche tramite i rapporti sessuali
    Es: SIFILIDE, GONORREA, ULCERA MOLLE, LINFOGRANULOMA VENEREO, AIDS
  • Malattie sessualmente trasmesse: malattie trasmesse quasi esclusivamente tramite i rapporti sessuali
    Es: HSV, MOLLUSCO CONTAGIOSO, CONDILOMI ACUMINATI, TRICOMONIASI, CANDIDOSI e DERMATOMICOSI
53
Q

Sifilide

Generalità ed eziopatogenesi

A

La sifilide o lue è una malattia infettiva altamente contagiosa causata dal Treponema pallidum. La guarigione è rapida e sicura (95% casi sifilide II-III) con opportuna terapia penicillinica. Attualmente, grazie alla terapia penicillinica, molte manifestazioni che in passato si potevano osservare hanno incidenza bassissima, altre addirittura non si osservano più.
Eziopatogenesi
Il T. pallidum è un batterio elicoidale della classe delle spirochete, microaerofilo, mobile, colorabile con l’impregnazione argentica di Fontana-Tribondeau, anche se più semplice e rapida è l’osservazione del treponema vivo e mobile, in campo oscuro, con il microscopio paraboloide a luce incidente. Il T. pallidum non sopravvive sopra i 4°C, all’essiccamento e ai comuni detergenti, risulta quindi impossibile il contagio per via indiretta. L’infezione può trasmettersi per contagio diretto (più frequente), a carattere sessuale, mediante l’ingresso del treponema attraverso minime soluzioni di continuo dell’epitelio, solitamente in un unico punto (sifilide acquisita). Più raramente il contagio può avvenire per via trans-placentare (sifilide connatale). In linea ipotetica è possibile la trasmissione per via trasfusionale da un donatore in fase pre-sierologica.

54
Q

Sifilide acquisita

Periodo primario

A

Il periodo primario va dalla comparsa del sifiloma (lesione caratteristica) alla comparsa delle lesioni secondarie. Si indica invece come fase di prima incubazione o di prima latenza clinica l’intervallo di tempo che intercorre tra il contagio e la comparsa del sifiloma (generalmente 3 settimane; molto variabile).
SIFILOMA
È la lesione caratteristica del periodo primario. Si verifica in corrispondenza del punto di penetrazione del treponema ed è seguito dopo pochi giorni da un’adenopatia satellite. Nella sua più comune espressione è una classica esulcerazione.
Si presenta come una lesione infiltrata, tondeggiante/ovalare, a margini
netti e regolari, rosso-vivo (ricorda il prosciutto crudo), dura e indolente,
con essudato ricco di treponemi. A seconda della localizzazione le dimensioni possono variare (sifilomi nani e giganti), mediamente di 4-6 mm.
Di solito è una lesione unica, ma si può avere una molteplicità di elementi
(4-5 sifilomi) quando l’infezione si impianta su lesioni preesistenti (HSV).
Nel maschio la localizzazione più frequente è al solco balano-prepuziale,
nella femmina è al collo uterino. Non così infrequenti sono le localizzazioni vulvari, clitoridee, al meato uretrale, anale (in questo caso si presenta come una cresta mucosa che emerge tra le piche), rettale (misconosciuta), labiale, glande. Più rare le localizzazioni linguale, tonsillare, al capezzolo, periungueale (accompagnata da intenso dolore, unica lesione dolorosa) e fossa navicolare (secrezione sierosa e repere di sassolino uretrale).
Contemporaneamente al sifiloma o qualche giorno dopo compare un’adenopatia satellite mono/bilaterale caratterizzata da LFN duri, mobili e indolenti. Se il sifiloma è localizzato alla parte distale del pene, determina interessamento del linfatico dorsale che si palpa sotto forma di un cordone duro e uniforme, (“a penna d’oca”), mentre, se si ingrossa, può determinare una fimosi (aspetto “a batacchio di campana”). Nella donna, quando il sifiloma è a livello dell’utero, non si potrà apprezzare l’adenopatia satellite superficiale (linfadenopatia addominale profonda).
La lesione regredisce spontaneamente in 1-3 settimane, a cui segue una fase asintomatica o di latenza clinica detta seconda incubazione (20-60 giorni).
La diagnosi, indirizzata dalla clinica, può essere confermata mediante la ricerca dei treponemi nell’essudato e dalla positività sierologica sfruttando la precocità di comparsa dell’FTA-ABS.
Occorre effettuare DD con ulcera molle, H. simplex e aftosi.

55
Q

Sifilide acquisita
Periodo secondario
Generalità

A

Scomparso il sifiloma, dopo una fase di seconda latenza clinica (20-60 giorni) con o senza segni generali (febbricola, malessere, cefalea, mialgie, dolori osteocopi), compaiono le manifestazioni (cutanee, mucose e raramente viscerali e nervose) segno di una diffusione ematogena del treponema.
Esse costituiscono il periodo secondario, della durata di 2-3 anni, durante il quale le lesioni cutanee (sifilodermi) tendono ad assumere i seguenti comportamenti:
- Eruzioni profuse di elementi disseminati;
- Comparsa a gittate;
- Localizzazione irregolarmente diffusa senza tendenza al raggruppamento; frequente in sede palmo-plantare
- Assenza di sintomatologia soggettiva cutanea;
- Polimorfismo eruttivo ed evolutivo;
- Regressione spontanea senza esito.
Nella fase più avanzata del periodo secondario le nuove eruzioni incrementano di dimensioni, diminuiscono di numero e tendono al raggruppamento con elementi di maggiori dimensioni al centro.

56
Q

Sifilide acquisita
Periodo secondario
Manifestazioni cutanee

A
  • ROSEOLA: è la prima manifestazione, caratterizzata da un’eruzione asintomatica di elementi maculosi di colorito rosa-arancio (fiore di pesco) delle dimensioni di una lenticchia a limiti sfumati, a volte numerosissimi e confluenti, a volte rari.
    La localizzazione prevalente è sulla faccia laterale del torace. Può essere accompagnata o preceduta da sintomatologia generale e/o mucosa.
    DD: pitiriasi rosea, reazione avversa a farmaci e reazione di Herxheimer (vedi dopo).
  • SIFILODERMI PAPULOSI: possono essere preceduti o non dalla roseola. Sono papule lenticolari di colorito rosa rameico, regrediscono spontaneamente. Mentre la papula si appiana compare un orletto squamoso caratteristico (collaretto di Biett) visibile soprattutto in regione palmo-plantare, dove l’epidermide è più spessa).
    Non raramente le lesioni possono assomigliare al lichen planus (sifiloderma lichenoide) o alla psoriasi eruttiva (sifiloderma psoriasiforme, soprattutto in sede palmo-plantare). In sede genitale e perianale possono localizzarsi papule ipertrofiche rilevate, molli, bianco-grigiastre.
    Nel periodo luetico secondario più avanzato possono comparire sifilodermi anulari, a corimbo, a scoppio d’obice, emorragici o ragadiformi in sede periorifiziale o alle piccole pieghe delle mani e dei piedi. Proprio per questa grande varietà di manifestazioni la sifilide viene anche detta “grande imitatrice”.
    Istologicamente la papula luetica è sottoepidermica ed è una vasculite con infiltrato linfoplasmocitario. Il grattamento metodico provoca facilmente emorragie sottoepidermiche con conseguente comparsa di una porpora sottoepiteliale (segno di Brocq), diverso dal segno di Auspitz (psoriasi) e da quello di Bizzozzero (lichen).
  • SIFILODERMI PUSTOLOSI: conseguenti a necrobiosi (materiale necrotico con essudato e sangue, senza pus) degli infiltrati che determinano la formazione di papule simil-pustolose. Sono stati descritti inoltre sifilodermi acneiformi, varicelliformi, impetiginoidi, ectimatosi.
    Questa manifestazione è praticamente scomparsa con l’avvento della penicillina, ma si può verificare con espressioni particolarmente clamorose in soggetti affetti da AIDS (diagnosi mediante IF).
  • ALOPECIA SIFILITICA (rara): omogenea e transitoria oppure areolare a piccole chiazze, localizzata in sede temporo-parietale e talvolta al terzo distale del sopracciglio (segno dell’omnibus).
57
Q

Sifilide acquisita
Periodo secondario
Manifestazioni mucose

A
  • MUCOSA ORALE: si possono osservare lesioni eritematose, erosive, ragadiformi; sul dorso della lingua possono comparire chiazze tonde, depapillate (placche lisce) o biancastre lattiginose (placche opaline). Più raramente e solo in fase avanzata si possono osservare lesioni grandi e rilevate, simili a condilomi piani.
  • GENITALI: possibile comparsa di placche erose od opaline o di grandi papule estroflesse vegetanti.
  • MUCOSA GASTRICA (in aumento): la sifilide gastrica si presenta con dolore addominale, vomito e perdita di peso. I reperti endoscopici variano da: nodularità minima, eritema o ulcerazione profonda.
    Complicanze: emorragie, ostruzioni, perforazioni.
58
Q

Sifilide acquisita
Periodo secondario
Manifestazioni generali

A

In fase secondaria è possibile un interessamento asintomatico dei piccoli vasi del SNC, mentre è sempre presente invece il coinvolgimento dei LFN (micronodulia diffusa, duro-elastica). Altre rare manifestazioni sono: sintomatologia meningea o polinevritica, epatite itterica, interessamento oculare e dell’apparato locomotore. In teoria la setticemia treponemica può danneggiare qualsiasi organo.

59
Q

Sifilide acquisita
Periodo terziario
Generalità

A

Dopo la regressione della fase secondaria la sifilide entra in una fase detta terza latenza clinica. Questa fase può durare 2-3 anni come decenni. Le manifestazioni terziarie cutaneo-mucose colpivano anche in passato solo il 10% dei malati, mentre più frequenti erano le complicanze cardiovascolari e nervose.

60
Q

Sifilide acquisita
Periodo terziario
Sifilide latente

A

Cessata l’eruttività del periodo secondario la malattia entra in una fase detta terza latenza clinica che può durare anni, denunciata solo dalla positività sierologica. Può essere interrotta dalla comparsa sulla cute o nei vari organi di lesioni in scarso numero o uniche a carattere granulomatoso necrotizzante o gommoso destruente, indice del graduale passaggio da una risposta prevalentemente umorale-allergica a cellulare-granulomatosa. Da una sifilide setticemica si passa a una sifilide d’organo.

61
Q

Sifilide acquisita
Periodo terziario
Manifestazioni terziarie

A

Le manifestazioni terziarie cutanee, mucose e viscerali sono, oggi come in passato, rarissime e sono
- SIFILIDE TUBERO-ULCERO-SERPIGINOSA: caratterizzata da noduli dermo-epidermici duri, rosso rameici, squamo-crostosi talora con fenomeni necrotici e ulcerativi, con regressione cicatriziale ed estensione
serpiginosa.
- GOMME: lesioni dermo-ipodermiche dure, palpabili ma non
visibili, con successivo interessamento della superficie cutanea che si arrossa. Va in contro in seguito a rammollimento e fluidificazione fino alla fistolizzazione con fuoriuscita di liquido filante gommoso trasformandosi in un’ulcera profonda a bordi netti.
La massa necrotica della gomma (cadavere) viene eliminata e sostituita da t. di granulazione che tende a riparare la perdita di sostanza con esito cicatriziale depresso.
Le sedi più frequenti della gomma sono in corrispondenza di superfici ossee (tibia, naso), ma possono anche localizzarsi a livello di lingua, fegato, al cuore e cervello con possibile gravi danni funzionali.
Istologicamente è caratterizzata da un infiltrato granulomatoso cronico di tipo tubercoloide con presenza di molte plasmacellule.
- SIFILIDE CARDIOVASCOLARE E NERVOSA: le manifestazioni vascolari (aortite luetica) e quelle nervose (tabe dorsale e paralisi progressiva) sono oggi rarissime. Non infrequente è invece una sintomatologia nervosa di difficile inquadramento in concomitanza di una sierologia positiva, scarsamente influenzata dalla terapia penicillinica e non sempre supportata dalla positività dei test sul liquor.
La diagnosi di neurosifilide asintomatica è necessaria quindi per determinare il trattamento ottimale dei pz e nella forma attiva richiede in genere un profilo infiammatorio e un test VDRL reattivo su LCR.
I pz HIV+ mostrano un’incidenza aumentata di complicanze neurologiche.

62
Q

Sifilide connatale

Generalità

A

Rappresenta l’infezione treponemica trasmessa dalla madre al feto nel corso della gravidanza per via trans- placentare. Si pensa che ciò sia difficile prima della 18° settimana di gravidanza (dove avvengono delle modificazioni dei villi necessarie per la riuscita del contagio fetale), in ogni caso il rischio infettivo <30%.
La prima localizzazione nel feto è nel fegato con successiva diffusione ematogena e manifestazioni secondarie (sifilide setticemica). Il bambino alla nascita presenterà lo stesso quadro sierologico della madre.
La sorte del feto è determinata da epoca di contagio e carica treponemica della madre (che a sua volta è funzione del periodo di infezione). Nel feto potranno verificarsi diverse situazioni:
- Infezione precoce (entro V mese): aborto tardivo o parto prematuro, con feto macerato;
- Infezione tardiva (VI-VIII mese): gravidanza a termine con neonato portatore di lesioni o apparentemente sano con successiva comparsa di lesioni di sifilide tardiva;
- Infezione perinatale (IX mese): il figlio nasce sano, ma può contrarre l’infezione al momento del passaggio nel canale del parto, evitabile mediante parto cesareo
La sifilide materna viene trattata con penicillina ad azione ritardata ed è indicata anche per le pz allergiche all’ATB previa desensibilizzazione attraverso protocolli adeguati. Il trattamento del neonato dipenderà dalle sue condizioni cliniche, radiologiche e radiografiche (follow-up <1 aa).
È indicato il trattamento in caso di: ­aumento VDRL, data infezione sconosciuta, rash cutaneo, anomalie fetali (US), terapia tardiva.

63
Q

Sifilide connatale

Precoce

A

La sintomatologia non è diversa da quella della sifilide secondaria acquisita, ma le lesioni evolvono più rapidamente, tendono a confluire e si localizzano in sedi preferenziali e con caratteristiche peculiari
- Lesioni papulose: si localizzano preferibilmente in sede periorifiziale e sugli arti, in sede palmo-plantare sono frequenti eruzioni pustolo-bollose (pemfigo sifilitico);
- Sede periorifiziale: evoluzione in ragadi profonde a esito cicatriziale (cicatrici raggiate di Fournier);
- Localizzazione nasale: può provocare la coriza luetica con occlusione delle coane e problemi di respirazione e nutrizione (allattamento).
- Manifestazioni viscerali: epato-splenomegalia, osteocondriti (distacco epifisario), alterazione dei processi di ossificazione (pseudo-paralisi di Parrot – uno o più arti in paralisi flaccida con movimenti delle dita conservati), periostiti, malformazioni craniche, idrocefalo, manifestazioni nervose.
Lo screening per la sifilide in gravidanza è di estrema importanza. Il trattamento con penicillina è molto efficace e riduce di molto il tasso di mortalità perinatale e la nascita di bambini con sifilide congenita.

64
Q

Sifilide connatale

Tardiva

A
Compare dopo i 6-7 aa (anche dopo i 30), con lesioni nodulari o gommose come la sifilide tardiva acquisita (sifilide terziaria). L’infezione connatale provoca inoltre anche la comparsa di manifestazioni determinate da danni sulle strutture in accrescimento nella fase fetale e post-natale quali:
- Tibia a lama di sciabola
- Fronte olimpica
- Naso a sella
- Palato ogivale
TRIADE DI HUTCHINSON
- Malformazioni dentarie nei denti della seconda dentizione (denti a cacciavite)
- Cheratite parenchimatosa 
- Sordità labirintica
65
Q

Sifilide sierologica ignorata

Generalità

A

Situazione venutasi a creare negli ultimi decenni (30% casi), differenziata da sifilide latente (secondaria o terziaria) e da cicatrice sierologica (persistenza sierologia+ in soggetto precedentemente curato – vedi dopo). La diagnosi di sifilide sierologica ignorata è subordinata all’esistenza delle seguenti condizioni:
- Positività delle reazioni immunologiche specifiche (FTA-ABS, TPHA) con VDRL +/-
- Negatività anamnestica
- Assenza di precedenti trattamenti mirati
- Negatività delle reazioni specifiche su LCR
- Assenza di manifestazioni cliniche
Le cause determinanti sono diverse, con variabile incidenza e possibili correlazioni
- Sintomatologia clinica modesta e fugace
- Mancata individuazione del sifiloma iniziale
- Decapitazione/mascheramento della sifilide in seguito a t. antibiotica per infezioni varie
- Interventi terapeutici occasionali con ATB vari che vengono a creare il cosiddetto mantello protettivo
Considerando l’efficacia della penicillina nel trattamento della sifilide, si può dedurre come in realtà buona parte dei casi di sifilide sierologica ignorata siano da ricondurre a reperti di sierologia anamnestica persistente di un’infezione ignorata dal pz e casualmente sottoposta a sufficiente trattamento. È ritenuto utile, in caso di sifilide sierologica ignorata, trattare comunque il pz.

66
Q

Sifilide sierologica ignorata

Latenza

A

Periodo di silenzio clinico caratterizzato dall’assenza di lesioni e sintomi, ma con sierologia positiva. Si riconoscono tre tipi di latenza:
- 1° latenza o incubazione (3 settimane): dal contagio alla comparsa del sifiloma
- 2° latenza (20-60 gg): dalla regressione delle lesioni primarie alla comparsa di quelle secondarie
- 3° latenza: dalla regressione delle lesioni secondarie alla comparsa di quelle terziarie/sistemiche
È possibile distinguere inoltre due tipologie cliniche di sifilide latente:
- Sifilide latente recente: forma asintomatica (innocua) con sierologia positiva (elevata contagiosità), senza lesioni cutaneo-mucose/CV, in cui è dimostrabile nell’ultimo anno (2 anni secondo OMS):
• Sieroconversione
• Anamnesi inequivocabile per sifilide I-II
• Contatto con partner affetto recentemente
- Sifilide latente tardiva: forma asintomatica con sierologia positiva, senza lesioni cutaneo-mucose/CV, in cui le condizioni sopracitate non sono dimostrabili o risalgono a più di un anno prima (2 anni secondo OMS). Socialmente è quella meno pericolosa in quanto non contagiosa, ma per il soggetto è quella più insidiosa in quanto a complicanze.
Una variante della sifilide latente tardiva è la cicatrice sierologica, caratterizzata dalla permanenza costante Ab+ in soggetti guariti clinicamente in modo spontaneo.
Si distingue dalla sifilide latente tardiva per il bassissimo rischio evolutivo, l’assenza di contagiosità e prognosi favorevole. Si caratterizza inoltre per la positività ai test treponemici e la negatività dei test non treponemici. È comunque indicato il trattamento specifico se mai eseguito precedentemente.

67
Q

Sierologia della sifilide

Generalità

A

Data la difficoltà nell’isolamento e nella coltura del T. pallidum, la sierologia ha sempre avuto un importantissimo ruolo della diagnosi. Gli Ab antitreponemici compaiono nel siero 4-15 giorni dopo la comparsa del sifiloma (IgM —>IgG —> IgA) e possono essere trasmessi dalla madre al figlio (solo IgG).
I test sierologici impiegati possono essere suddivisi in test diagnostici, non treponemici, aspecifici (VDRL, USR, RPR, TRUST) e test immunologici, treponemici, specifici (FTA-ABS, FTA-ABS double staining, THPA, MHA-TP). Sono metodiche standardizzate, poco costose e affidabili.
La prassi prevede l’esecuzione contemporanea, al fine di ottenere un risultato diagnostico attendibile, di: test specifico + test aspecifico.
Effetto prozona o gancio-effetto: eccesso di Ab rispetto all’Ag da testare che determina risultato negativo (1-2% casi); va verificato attraverso nuovo test andando a diluire il campione e valutare eventuale positività

68
Q

Sierologia della sifilide

Test diagnostici non treponemici, aspecifici

A

Questi test possono essere impiegati a scopo qualitativo come screening generale dei soggetti a rischio e a scopo quantitativo per monitorare la risposta alla terapia e l’andamento di malattia.
Tutti e quattro i test sono di tipo sierologico indiretto, presentano sovrapponibili livelli di Se e Sp (80-100%) variabili secondo lo stadio di
malattia.
Si basano sull’impiego di un substrato antigenico costituito da una soluzione alcolica contenente cardiolipina, colesterolo e lecitina —> permettono di valutare la produzione di IgG e IgM dirette contro l’antigene bersaglio (cardiolipina) presente in tutti i treponemi patogeni, ma anche nelle cellule di numerose specie animali e vegetali oltre che in varie situazioni transitorie (infezioni, vaccinazioni) o persistenti (lebbra, malaria, sarcoidosi, malattie autoimmuni – LES).
Per tale motivo, in assenza di altri reperti laboratoristici, la positività di
un test non treponemico non è sufficiente per la diagnosi di sifilide. I
vantaggi del test sono la semplicità di esecuzione, il costo contenuto e
dalla riproducibilità.
A seconda di come viene eseguita la lettura dei campioni questi test non treponemici vengono definiti microscopici o macroscopici.
TEST MICROSCOPICI
- VDRL (­>Se,

69
Q

Sierologia della sifilide

Test immunologici treponemici, specifici

A
  • FTA-ABS (Se: 80-100%; Sp: 97%): è un test di immunofluorescenza indiretta. L’antigene è rappresentato da ceppi di treponema patogeno di Nichols (coltivati in testicolo di coniglio) uccisi, deposti in sospensione e fissati su vetrino. Tale substrato è cimentato con il siero del pz precedentemente addizionato con un ultrasonato di treponemi non patogeni di Reiter e polvere d’organo —> eliminazione di anticorpi antispirochete non patogene e di anticorpi aspecifici —> diminuzione di risultati falsi positivi.
    La diagnosi viene effettuata mediante la lettura attraverso un microscopio a luce ultravioletta di treponemi fluorescenti. Una variante di questa metodica è l’FTA-ABS double-staining che, attraverso una modificazione degli anticorpi anti-IgG umane, permette di evidenziare la presenza di treponemi sul vetrino (in modo tale da verificare che i risultati negativi non siano dovuti ad una mancanza di substrato antigenico). L’FTA-ABS è il test che più velocemente si positivizza in caso di infezione luetica: siccome l’antigene specifico è situato sul treponema ed è riconosciuto da tutte le Ig, anche le IgM (le prime a comparire) positivizzeranno il risultato (test positivo dopo 4-7 giorni dalla comparsa del sifiloma). Attraverso l’utilizzo di antisieri antiglobuline umane monospecifici (anti-IgG o anti-IgM), si possono studiare casi di sospetta reinfezione (IgM) o di sospetta sifilide connatale (IgM+; le IgG passano la placenta e sono riconducibili alla madre).
  • Elisa IgM a cattura: reazione immuno-enzimatica che si basa sulla ricerca delle IgM utilizzando il T. pallidum come antigene, molto utile in caso di sifilide congenita o di reinfezione. Sono possibili false positività in caso di LES, epatopatie croniche e talvolta in donatori di sangue.
  • TPHA: è una reazione di macroemoagglutinazione, l’antigene è un lisato di T. pallidum fissato su emazie di montone. Tale sistema viene cimentato con il siero del pz: se sono presenti Ab si verificherà la macroemoagglutinazione. Varianti economiche oggi a disposizione hanno soppiantato questo test.
  • MHA-TP: è una reazione di microflocculazione, la Se varia dal 76% al 100% a seconda delle fasi della malattia; la Sp è del 99%. Il substrato antigenico è rappresentato da eritrociti sulla cui superficie sono fissati ceppi di treponema patogeno di Nichols ucciso, adsorbito su microsfere di poliuretano colorate. Questo substrato viene addizionato con il siero del pz precedentemente cimentato con treponemi non patogeni di Reiter. In presenza di Ab si formano complessi di microagglutinazione delle emazie. Sono segnalate false positività in corso di mononucleosi infettiva, patologie autoimmuni e dopo protratto utilizzo di narcotici. Si positivizza 10-14 giorni dalla comparsa del sifiloma. Questa metodica ha soppiantato il THPA, anche perché ha un’elevata positività anamnestica (rimane positivo a bassi titoli anche a infezione risolta).
70
Q

Sierologia della sifilide
Test di screening
Diagnosi

A

Recentemente è stata sviluppata una metodica innovativa in chemioluminescenza: la CLIA (chemioluminescence immunoassay).
È una metodica totalmente automatizzata in cui un antigene ricombinante di T. pallidum, coniugato con isoluminolo, viene fatto aderire a particelle magnetiche: durante l’incubazione gli anticorpi si legano alle particelle e dopo l’aggiunta di un reattivo il segnale luminoso ottenuto viene analizzato da un fotoluminometro. La metodica sembra avere un’ottima Se e Sp e viene utilizzata per lo screening. Si positivizza dopo 10-15 giorni, ed è seguito da un test treponemico e uno non treponemico quantitativo per la conferma.
Diagnosi
- Sifilide primaria: la diagnosi si basa sulla ricerca diretta del T. pallidum con microscopio paraboloide in campo oscuro e sulla ricerca di Ab anti-treponemici (in questa fase il test più sensibile è l’FTA-ABS).
- Sifilide secondaria: in questa fase sia i test treponemici che quelli non treponemici risultano positivi.
- Sifilide latente: tutti i test sierologici risultano positivi nella fase latente precoce (anche se quelli non treponemici tendono a negativizzarsi con il passare del tempo).
- Sifilide terziaria: i test treponemici sono sempre reattivi, associati a

71
Q

Sierologia della sifilide

Situazioni particolari

A
  • AIDS e SOGGETTI ID: la diagnosi può apparire problematica perché le manifestazioni cliniche possono assumere aspetti atipici.
    I test sierologici treponemici possono apparire falsamente negativi (diagnosi solo tramite IF diretta su pezzi bioptici), mentre i test non treponemici risultano falsamente positivi (>50% pz HIV+); il titolo anticorpale dei test non treponemici non può essere utilizzato per valutare l’andamento della malattia e la risposta alla terapia.
  • SIFILIDE CONGENITA: la diagnosi dovrebbe essere sospettata in caso di
    • Infezione materna trattata dopo la 20° settimana
    • Sifilide materna trattata con ATB diverso dalla penicillina
    • Sierologia del sangue neonatale non negativa a 6 mesi
    • Titolo dei test non treponemici quadruplicati in 2 controlli a 3 mesi di intervallo
    La diagnosi certa di sifilide congenita può essere posta quando si osserva
    • Evidenza diretta di treponemi a livello di cordone ombelicale, placenta ed eventuali lesioni cutanee
    • Test non treponemici risultano positivi (titolo >1:80) e test treponemici rivelano IgM nel neonato
  • REINFEZIONE: in caso di reinfezione i test treponemici (già positivi) rivelano un’impennata dei titoli anticorpali (>4 vv a ultimo rilievo), mentre quelli non treponemici si positivizzano o subiscono rapido incremento.
  • SIFILIDE NEUROLOGICA: diagnosi certa di neurosifilide può essere posta in caso di
    • Positività dei test non treponemici su LCR
    • Alterazioni chimico-fisiche LCR: pleiocitosi (follow-up), proteinorrachia
    • Sintomi neurologici suggestivi
72
Q

Sifilide

Terapia e reazione di Jarish-Herxheimer

A

La penicillina parenterale è il farmaco di prima scelta (benzilpenicillina, forma “retard” che rimane in circolo 10gg).
Le principali scelte terapeutiche sono rappresentate da:
- Penicillina G benzatina (i.m.): utilizzata in caso di sifilide precoce in singola somministrazione, mentre in caso di sifilide tardiva 3·1 vv/sett (maggiore copertura per lenta replicazione)
- Penicillina G sodica (e.v.): raggiunge la concentrazione treponemicida anche nel liquor;
- Penicillina procaina (i.m.): somministrazione i.m., usata insieme al probenecid;
- Ceftriaxone (i.m.): proposto come alternativa (passa bene la BEE), ma non è “retard”;
- Doxiciclina o tetraciclina (o.s.): meno efficaci, rappresentano alternativa agli allergici a penicillina; sono controindicate in gravidanza, per cui si utilizza eritromicina o si esegue desensibilizzazione alla penicillina
REAZIONE DI JARISH-HERXHEIMER
È una reazione tossica legata alla distruzione massiva di treponemi dopo la prima iniezione, che si manifesta con ipertermia, cefalea, artralgie/mialgie ed esacerbazione delle lesioni cutanee. Può essere confusa con una reazione allergica alla penicillina (ADR).
Avviene soprattutto nella sifilide II (setticemia) e deve essere monitorata soprattutto in caso di:
- 3° trimestre gravidanza —> parto pretermine
- Lue oftalmica (esacerbazione vasculite) —> rischio cecità
- Cardiopatie —> aritmie, angina, dissecazione aortica
- Otite luetica (esacerbazione vasculite) —> rischio sordità
- Terapia EV —> rischio anafilassi
Si tratta/previene con prednisone, somministrato precedentemente a ATB in modo che abbia tempo di agire.

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Q

Infezione gonococcica

Generalità e diagnosi

A

La gonorrea o blenorragia è una delle più frequenti malattie a trasmissione sessuale obbligata. Frequentemente l’infezione di Neisseria gonorrhoeae è associata a quella da Chlamydia trachomatis.
L’infezione gonococcica è soggetta a notifica obbligatoria, il periodo di incubazione di solito è di 2-7 giorni (altri casi compresi tra 12h a 60 gg).
Nel 2012 ci sono stati 106 milioni di nuovi casi nel mondo e sta aumentando negli adolescenti e giovani adulti con un impatto maggiore in categorie a rischio di trasmissione di MST. Sono stati registrati casi di contagio mediati, in giovani prepuberi, dalla biancheria.
I fdr principali sono: sesso F, precedenti gonorree, concomitanti MST, assente uso di preservativo, promiscuità, prostituzione e tossicodipendenza.
Diagnosi
Si basa sull’identificazione del batterio nelle secrezioni genitali, rettali, faringee od oculari. Essa si basa su
- Es. microscopico: alta sensibilità (≥95%) e specificità negli uomini sintomatici con secrezione uretrale, ma non è altrettanto accurato in uomini asintomatici (≤55%) o infezioni endocervicali (≤55%) o rettali (≤40%)
- Es. colturale: permette identificazione e antibiogramma
- Test di amplificazione dell’acido nucleico (NAAT): eseguibili su urine, tamponi vaginali, endouretrali e uretrali; hanno elevata sensibilità, eccetto su campioni di urine nella femmina. Nei rari casi di infezioni in sedi multiple è opportuno raccogliere più campioni dai diversi distretti interessati

74
Q

Infezione Gonococcica

Terapia

A

Il trattamento è in continua evoluzione per la comparsa di ceppi resistenti. Il trattamento deve coinvolgere anche i partner recenti e abituali. Il regime attuale prevede
- Gonorrea non complicata: ceftriaxone (125mg i.m. in dose unica) o cefixime (400mg os dose unica) (betalattamici) o se controindicati i betalattamici è indicata spectinomicina (2g i.m. in dose unica);
- Infezione disseminata: ceftriaxone (1g im o ev ogni 24h) fino al miglioramento;
- Meningite e/o endocardite: ceftriaxone (1-2g ev ogni 12h) per 2-4 settimane.
Nei bambini le dosi sono ridotte, mentre le donne in gravidanza non vanno con chinoloni o tetracicline. Considerata inoltre la possibilità di una coinfezione con Chlamydia trachomatis dovrebbe essere associata azitromicina (1g os in singola dose) o doxiciclina (100mg os 2 vv/die per 7 gg), salvo esclusione con test specifici.

75
Q

Infezione gonococcica

Maschile

A

Il processo ha inizio con la comparsa nel meato uretrale di prurito e secrezione sierosa che rapidamente diventa lattescente e poi purulenta, accompagnati da bruciore intenso durante la minzione, eritema ed edema della mucosa. Può seguire coinvolgimento balano-prepuziale e fimosi.
L’esame microscopico delle secrezioni purulente rileva la presenza di PMN e gonococchi. La prova dei due bicchieri rivela intorbidimento delle urine nel primo bicchiere, mentre nel secondo sono limpide. Il 10% dei soggetti è asintomatico e, in assenza terapia, l’infezione nell’arco di 10-15 gg si estende all’uretra posteriore (urine torbide in entrambe i bicchieri) con sintomatologia più pronunciata (pollachiuria, stranguria, disuria).
Le complicanze sono prostatite, vescicolite ed epididimite (possibile per infezione per via ematica o linfatica anche nelle uretriti anteriori) rese rarissime dalla terapia antibiotica. Dopo il trattamento la sintomatologia scompare, mentre resta secrezione muco-lattiginosa in caso di coinfezione da Chlamydia.

76
Q

Infezione Gonococcica

Femminile

A

CERVICITE
È la localizzazione più frequente nella donna. Oltre il 50% delle F sono asintomatiche. I sintomi se presenti sono: bruciore e dolenzia vaginale. All’esame con lo speculum la cervice presente arrossamento e secrezione purulenta intensa. La scarsità di sintomatologia facilità l’estensione del processo all’utero e alle salpingi con possibile malattia infiammatoria pelvica (PID).
URETRITE
Per le caratteristiche anatomiche ha scarsa importanza nella femmina (rapida guarigione spontanea), con lieve sintomatologia di bruciore e senso di vellichio. La secrezione purulenta è evidenziabile per via vaginale imprimendo con l’indice una pressione in senso postero-anteriore. Può cronicizzare nelle g. di Skene.
VULVITE E VAGINITE
Sono rare nella donna adulta, non sono dovute al gonococco, che non può penetrare a causa del pH acido, bensì a fenomeni irritativi dovuti alla secrezione abbondante.
Nella bambina invece essendo le secrezioni inferiori, il gonococco può provocare specifica vulvo-vaginite infettiva. Il contagio è indiretto mediante biancheria infetta. I sintomi principali sono: eritema, edema, bruciore e prurito.
BARTOLINITE
Caratterizzata da dolore pulsante accentuato dalla palpazione e dalla deambulazione, tumefazione e eritema monolaterale. La secrezione purulenta è modesta. È rara e può cronicizzare.

77
Q

Infezione Gonococcica

Extra-genitale

A

INFEZIONE ANORETTALE PRIMITIVA (OMOSESSUALI)
Caratterizzata da dolore, tenesmo, feci purulente, tumefazione delle pliche anali. Può guarire spontaneamente o cronicizzarsi diventando fonte di contagio.
TONSILLITE
Il gonococco può albergare nelle tonsille provocando modesta sintomatologia e costituendo un possibile focolaio insospettato di contagio. In uno studio il 70% dei soggetti dediti alla prostituzione sono risultati portatori apparentemente sani di gonococchi in questa sede.
CONGIUNTIVITE
Interessa principalmente il neonato durante il passaggio nel canale del parto o in utero. Si manifesta dopo 4- 5 giorni dalla nascita con gonfiore palpebrale fino ad erosioni e perforazioni corneali, che possono portare a cecità. Tutti i neonati vengono quindi sottoposti a profilassi con istillazione negli occhi di collirio al nitrato d’argento 1% o eritromicina. Nell’adulto è molto rara, secondaria ad autocontagio, che si manifesta con epifora, bruciore e fotofobia.
ARTROPATIA
Solitamente monoarticolare (ginocchio, polso, caviglia, articolazione coxofemorale), acuta, eritemato-edematosa con versamento purulento (artrite purulenta).
SEPSI
Complicanza eccezionale (0,5-3%) nei pz prevalentemente di sesso F. Si presenta con febbre intermittente, dolori articolari, pustole cutanee con alone eritematoso. Possibili conseguenze sono: epatiti, EI e meningiti.

78
Q

Ureiti non gonococciche

Generalità e terapia

A

Le uretriti non gonococciche possono essere determinate sia da cause infettive che da cause non infettive e sono progressivamente in aumento. Sono più frequenti nei M (uretra più lunga) e possono seguire un’uretrite gonococcica. Rispetto alle uretriti gonococciche sono caratterizzate da:
- Periodo di incubazione più lungo (da 5 giorni a un mese);
- Sintomatologia normalmente più modesta;
- Durata maggiore dell’affezione (anche per anni) con frequenti recidive.
Esse si localizzano a livello dell’uretra anteriore con possibile estensione posteriore che può causare complicanze quali: prostatite (20%), epididimite (3%) e vescicolite con sequele psicogene.
Terapia
Prima di ogni terapia è indispensabile l’esame microscopico ed eventualmente colturale per escludere la blenorragia. La terapia è subordinata all’interpretazione diagnostica e all’identificazione dell’agente patogeno, in quanto se praticata senza un preciso indirizzo, può causare danni e provocare uretriti croniche aspecifiche, che potrebbero condizionare la vita del pz.

79
Q

Uretriti non gonococciche
Infettive
Tipologie

A
Uretriti batteriche 
Uretriti da Chlamydia Trachomatis
Uretriti da Mycoplasma genitalium e da Ureaplasma urealyticum
Uretriti virali
Uretriti da protozoi
Uretriti da miceti
80
Q

Uretriti non gonococciche
Infettive
Batteriche

A

Sono meno frequenti che in passato e riconoscono come agenti causali soprattutto: stafilococchi, streptococchi, enterococchi e altri meno comuni (protei, bacilli pseudodifterici, coli). Il loro riscontro tuttavia deve essere valutato con attenzione e in relazione alla sintomatologia, essendo spesso parte della flora locale. L’infezione può essere endogena o esogena; hanno generalmente un decorso subacuto con tendenza alla cronicizzazione. Quelle da staffilococco hanno carattere purulento e possono complicarsi (prostatite, epididimite). Attenzione a quelle da Mimeae (aspetto simile a gonococchi, ma terapia diversa).

81
Q

Uretriti non gonococciche
Infettive
Da Chlamydia Trachomatis

A

Nei paesi industrializzati è l’agente che più frequentemente causa un’infezione sessualmente trasmessa. Viene isolata nel 30-70% delle uretriti non gonococciche; infatti il 75% (F) - 50% (M) hanno un’infezione asintomatica da Chlamydia Trachomatis. L’infezione non complicata si può manifestare nei diversi pz come
- Maschio: uretrite anteriore subacuta (disuria, pollachiuria, piuria), prosta-cistite
- Femmina: uretrite associata a vulvovaginite subacuta con leucorrea o endocervicite
- Donne gravide: l’infezione può rappresentare un rischio per feto, neonato e madre portando a complicanze (congiuntivite neonatale, polmonite interstiziale, parti prematuri, basso peso alla nascita)
Il sospetto clinico deve sempre essere confermato da es. microscopico diretto o colturale (colorazione con Ab-anti-Chlamidya).

82
Q

Uretriti non gonococciche
Infettive
Da mycoplasma genitalium e da ureaplasma urealyticum

A

Queste infezioni sono responsabili del 15-25% delle uretriti non gonococciche, la sintomatologia è sovrapponibile a quella dell’infezione da Chlamydia. L’Ureaplasma viene considerato patogeno quando isolato in una uretrite persistente dopo opportuna terapia specifica contro la Chlamydia (sono ubiquitari isolabili nel 30- 40% dei maschi giovani sessualmente attivi).

83
Q

Uretriti non gonococciche
Infettive
Virali

A

Nell’influenza, nella parotite epidemica e in altre virosi possono essere osservate uretriti. L’Herpes simplex 1 e 2 possono causare un’uretrite sierosa. Buona parte delle uretriti non gonococciche con negatività di reperti microscopici e colturali pare abbia origine virale misconosciuta.

84
Q

Uretriti non gonococciche
Infettive
Da protozoi e miceti

A

URETRITI DA PROTOZOI
L’uretrite da Trichomonas vaginalis è attualmente pressoché scomparsa nel nostro paese. È caratterizzata dall’insorgenza acuta di una abbondante secrezione mucosa, filante, biancastra, schiumosa e maleodorante.
URETRITI DA MICETI
Un’uretrite da candida può associarsi a una balanopostite candidosica. Deve essere confermata dal reperto microbiologico.

85
Q

Uretriti non gonococciche

Non infettive

A

Possono insorgere a causa di
traumi (cateterismo, sollecitazioni pressorie continue – es. sport),
microtraumi intrauretrali (litiasi renale o vesciale) o
fattori allergici.
La secrezione mucoso-filante è accompagnata da bruciore o vellichio.

86
Q

Ulcera molle

Generalità

A

L’ulcera molle o cancroide è una malattia infettiva, acuta, autoinoculabile, che riconosce il proprio agente infettivo nell’Haemophilus ducreyi. Può amplificare la trasmissione dell’HIV e la sua resistenza ai farmaci sta aumentando.
Il contagio avviene quasi esclusivamente tramite rapporti sessuali. La malattia è endemica nei paesi sottosviluppati (prostituzione – nelle F la malattia è spesso subclinica), in Italia ha carattere di malattia importata.
Il batterio risulta sensibile alle penicilline, non possedendo la beta-lattamasi a differenza di altri bacilli responsabili di ulcere genitali.

87
Q

Ulcera molle

Quadro clinico

A

Il periodo d’incubazione è di 2-14 giorni. Il batterio penetra attraverso i traumi o le microabrasioni della cute.
Nel punto di inoculazione del germe compare una macula eritematosa che lentamente si trasforma in una pustola rilevata; la rottura della cupola determina fuoriuscita di pus che esita in una piccola ulcerazione che progressivamente si estende. L’ulcera venerea è caratterizzata dalla tipica triade:
- Ulcera da pds circolare, con bordi irregolari
- Fondo sporco (grigio) e secernente pus.
- Dolore moderato-severo alla palpazione (consistenza molle)
Per autoinoculazione le ulcere possono essere multiple in aree contigue cutanee o mucose (kissing ulcer) o confluire in lesioni policicliche. Le sedi più colpite sono: prepuzio, frenulo, glande, cute asta e ano (M); labbra, clitoride, cervice e ano (F).
L’ulcera venerea si può presentare sotto varie forme: gigante, nana, fagedenica (in cui sovrainfezioni determinano diffuse e rapide necrosi), vegetante rilevata. Se non trattata può portare a linfadenopatia inguinale con periadenite e possibile colliquazione. Le possibili complicanze includono fimosi e parafimosi. Possono esserci inoltre lesioni extra-genitali (mammelle, dita, cosce, mucosa orale).

88
Q

Ulcera molle

Diagnosi e terapia

A

La diagnosi è spesso clinica probabilistica in caso di
- Una o più ulcere genitali con presentazione clinica tipica
- Linfadenopatia inguinale tipica
- Esclusione infezioni da Treponema pallidum e Herpes simplex.
L’esame microscopico ha bassa accuratezza diagnostica, mentre l’esame colturale, eseguito su terreni misti da campioni prelevati da ulcera o LFN+ (meno accurato), ha estrema importanza per identificare H. ducreyi ed eseguire antibiogramma. Tuttavia non è in grado di escludere ulteriori infezioni concomitanti. Alternativamente per identificare l’H. ducreyi è possibile utilizzare NAAT con maggiore accuratezza, sempre a partire dai campioni biologici o PCR (P27 –> specifico per H. Ducrey).
È importante effettuare DD con sifiloma, HSV-2 e afta, mediante riscontro della “triade clinica” e accertamenti microbiologici. È possibile inoltre una coinfezione da T. pallidum, che per il diverso tempo di incubazione evidenzierà prima una lesione a caratteri dell’ulcera molle, quindi gradualmente quelli del sifiloma (ulcera mista).
Terapia
Il regime terapeutico suggerito è ceftriaxone (250 mg i.m., unica dose) oppure eritromicina o ciprofloxacina. Il trattamento è efficace risolvendo il quadro e curando l’infezione.

89
Q

Linfogranuloma venereo -LGV-

Terapia ed eziologia

A

Il linfogranuloma venereo (LGV) o MALATTIA DI NICOLAS-FAVRE è una malattia, trasmessa per contagio sessuale, caratterizzata da un’effimera lesione inziale a livello genitale e successiva patologia a carico del sistema linfatico. Un tempo diffuso in tutto il mondo, era scomparso in Italia negli anni ’40 ma oggi può essere osservato, soprattutto nei M omosessuali e positivi per HIV.
Eziologia
L’agente eziologico è la Chlamydia trachomatis, specialmente i sierotipi L1, L2, L3. La caratteristica peculiare dei sierotipi L è l’invasività, con disseminazione al connettivo sottostante ed estensione ai linfonodi regionali. Un raro sierotipo (L2b), individuato solo nelle lesioni di omosessuali HIV+, determina una forma di linfogranuloma venereo che si presenta inizialmente con un’adenopatia peniena (bubonulus) e secondariamente con un acuto linfedema locale.

90
Q

Linfogranuloma venereo -LGV-

Quadro clinico

A

Il periodo d’incubazione è di 5-25 giorni, a cui segue la comparsa della lesione primaria nella maggioranza dei casi a livello genitale (eterosessuali) o anorettale (omosessuali).
La lesione primaria è solitamente unica, indolente e di aspetto molto
vario tipo papula o pustola con esito ulcerativo (può simulare Herpes,
ulcera molle o sifiloma). Questa manifestazione cutanea si risolve spontaneamente nell’arco di una settimana.
A distanza di 4-15 giorni dalla lesione iniziale si manifesta l’adenite,
mono o bilaterale e solitamente indolente, che porta ad aderenze con i
piani superficiali e profondi fino a provocare la comparsa di un piastrone duro, dolente e fisso talvolta grande come il palmo di una mano.
Questo può aprirsi verso l’esterno dando esito alla fuoriuscita di pus o
liquido sieroso.
Sintomo importante nell’uomo è l’interessamento dei LFN iliaci esterni
(duri e mobili), che in alcuni casi esita nel “segno della scanalatura”
(LFN+ inguinali e femorali, rispettivamente sopra e sotto legamento di
Poupart). Nella donna i LFN iliaci sono indetti (dismorfismo sessuale),
mentre sono interessati quelli profondi e rettali con adenopatia addominale.
Lo stato generale è di solito compromesso con febbre, malessere e artralgie. La diffusione sistemica del batterio (occasionale) può dare origine occasionalmente ad artrite, polmonite, epatite, cardiopatia, meningite e sdr faringea (LFN cervicali). Il decorso è molto lento (mesi o anni).
In assenza di terapia le lesioni regrediscono con gravi esiti sclerotici spesso accompagnati da elefantiasi a sede genitale (sesso F -estiomene).

91
Q

Linfogranuloma venereo -LGV-

Sindrome ano-retto genitale

A

Più frequente nel sesso F, può realizzarsi sia per espansione del processo sia per contagio diretto anale. Consiste in una proctocolite accompagnata da secrezione siero-purulenta associata a edema, emorragia e disturbi della canalizzazione. In una seconda fase compaiono ascessi peri-rettali, fistole, restringimenti e stenosi rettali accompagnati dalla presenza dei linforroidi (vasi linfatici rettali ostruiti, simili a emorroidi).
In assenza di terapia può portare a sdr di Jersild: fenomeni suppurativi, elefantiasi (estiomene), associati a disturbi GE e sviluppo di megacolon.
Diagnosi
La diagnosi clinica viene confermata dall’esame colturale che consente di isolare e identificare la Chlamydia, supportata talvolta da tecniche di DIF o test immuno-enzimatici. Tramite quadriplex PCR è inoltre possibile diagnosticare compresenza di LGV rettale e un’infezione da C.Trachomatis (non-LGV).
Terapia
Doxiciclina (200 mg/die per 21 giorni) o eritromicina o trimetoprim-sulfametossazolo.

92
Q

AIDS

Generalità ed epidemiologia

A

L’AIDS o sdr da ID acquisita è secondaria all’infezione da HIV (evidenziato nel 1981), lentivirus che riconosce come bersaglio principale i linfociti T CD4+, in grado quindi di causare una grave ID cellulo-mediata. Ciò determina un ampio ventaglio di manifestazioni cliniche (infezioni, tumori, ecc.), di cui quelle cutanee rappresentano il 90% e compaiono sia in fase iniziale che avanzata.
Epidemiologia
Nel mondo ci sono 33 milioni di affetti (52% – sesso F), soprattutto nell’Africa subsahariana; in Italia sono 150k (tossicodipendeti – AIDS; eterosessuali – HIV+). Negli anni si è assistito ad un aumento della prevalenza per riduzione della mortalità e una riduzione dell’AIDS conclamato (soggetto malato), con più portatori di HIV o sieropositivi.

93
Q

AIDS

Eziopatogenesi e quadro clinico

A

L’HIV fa parte dei Retroviridae (trascrittasi inversa) e presenta 2 ceppi (HIV-1/-2) con 3 gruppi per HIV-1 (mayor, outlier, none). La sua trasmissione avviene attraverso diverse vie: contatto sessuale, trasfusioni, uso promiscuo di siringhe, scambio ematico transplacentare (trasmissione verticale). Il rischio di trasmissione dipende da modalità di esposizione, carica virale e dall’ospite.
Il meccanismo attraverso cui l’HIV determina le manifestazioni dell’AIDS è legato al suo marcato linfotropismo (linfociti T helper CD4+ —> ID acquisita) e neurotropismo (encefalite virale).
Quadro clinico e classificazione
Il sistema di classificazione proposto dal CDC americano è basato su 3 categorie cliniche (A, B e C) e 3 categorie immunologiche, basate sulla quota di CD4+ (1: >500/mm3; 2: 200-500/mm3; 3: <200/mm3).
- CATEGORIA A: è rappresentata da
• INFEZIONE RETROVIRALE ACUTA: fase presierologica (2 sett-6 mesi), ovvero periodo che intercorre tra il contagio e la sieroconversione o dimostrabilità Ab diagnostici. Normalmente è asintomatica, ma possono esserci casi in cui è presente una sintomatologia simil-mononucleosica (febbre, artralgie, dolori addominali, diarrea, faringite, adenopatie superficiali, rash), associata a esantema maculo- papuloso che regredisce in breve tempo
• INFEZIONE ASINTOMATICA (maggioranza pz): fase asintomatica o con manifestazione di segni minori (astenia, sudorazione notturna) che perdura per anni. L’immunità è normale o lievemente compromessa
• SINDROME LINFOADENOPATICA (LAS): definita dalla presenza di linfoadenopatie superficiali persistenti per più di tre mesi in almeno due sedi extrainguinali (soprattutto LFN cervicali posteriori e ascellari).
La sierologia per HIV è positiva. La sintomatologia è assente o modesta, mentre istologicamente si evidenzia iperplasia follicolare, interfollicolare e vascolare
- CATEGORIA B: rientrano in tale categoria pz sieropositivi con manifestazioni cliniche non incluse nella categoria A o nella C, e che rispondono ai seguenti criteri:
• Patologie secondaria a infezione o ID cellulo-mediata
• Patologie secondarie a complicazioni legate all’infezione da HIV
§ Candidosi orolaringea o vulvovaginale persistente
§ Displasia/K cervicale
§ Sintomi generali (febbre/astenia/sudorazione)
§ Leucoplachia orale villosa
§ Herpes zoster ripetuto o plurimetamerico
§ IPT
§ Angiomatosi bacillare
§ Listeriosi
§ Malattia infiammatoria pelvica
- CATEGORIA C: AIDS conclamato

94
Q

Aids

Sintomi cutanei

A

Nel corso dell’AIDS sono riportate svariate manifestazioni dermatologiche, alcune peculiari della sdr, mentre altre rappresentano quadri severi di diverse patologie dermatologiche. Le principali sono
- HERPES SIMPLEX: le lesioni sono localizzate in sede orale o ano-genitale, sotto forma di vescicole, che invece di risolversi si allargano e si approfondiscono per distruzione dei tessuti tendendo a confluire provocando erosioni e/o ulcerazioni gravi (infezioni croniche HSV —> criterio diagnostico AIDS)
- HERPES ZOSTER: la manifestazione non è limitata al dermatomero corrispondente al ganglio interessato, ma è disseminata e di aspetto necrotico emorragico (zoster generalizzato)
- CANDIDOSI ORALE e DERMATOFIZIE: candidosi orofaringea è sicuramente la manifestazione micotica più frequente, che può causare angina e disfagia per interessamento esofageo in toto. Le dermatofizie invece comprendono: intertrigo o perionissi e onissi candidosiche, Tinea pedis, epidermofizia inguinale e PV
- DERMATITE SEBORROICA: forme atipiche con lesioni prevalentemente tipo papule e/o placche eritemato- desquamanti che interessano il volto (eritema a farfalla —> DD con LES); il decorso spesso è cronico e
recidivante. La dermatite seborroica rappresenta un marker cutaneo e un fpn di AIDS
- MORBO DI KAPOSI: manifestazione neoplastica più frequente nei pz HIV+. È abitualmente osservabile quando il numero dei linfociti CD4+ è notevolmente ridotto, con lesioni nodulari eritematose diffuse su
cute e mucose; ha evoluzione acuta e porta rapidamente all’exitus
- LEUCOPLACHIA ORALE VILLOSA: lesione praticamente esclusiva dei pz affetti da AIDS; colpisce soprattutto i margini laterali della lingua e si manifesta con placche di colorito biancastro (fino a 2-3 cm), lievemente rilevate, di superficie irregolare e villosa. Tali placche sono fortemente adese alla superficie sottostante, (≠ semi-membrane candidosi orale)
- STATO XERODERMICO: più evidente agli arti inferiori, ha un valore prognostico importante perché si aggrava negli stadi terminali. Probabile correlazione con stati di ID
- PRURITO IDIOPATICO: unica manifestazione cutanea possibile, diffuso e resistente alle terapie

95
Q

AIDS

Terapia

A
  • Nucleotide Reverse Transcriptase Inhibitors (NRTI): mimano uno dei nucleotidi trifosfati che sarebbe stato incorporato nella catena di acidi nucleici bloccando la sintesi della catena; inibiscono così l’attività
    della trascrittasi inversa necessaria per la replicazione del virus
  • Non Nucleotide Reverse Transcriptase Inhibitors (NNRTI): legano l’enzima bloccandolo.
  • Inibitori proteasi: enzima deputato al taglio della catena proteica che costituisce l’envelope del virione
  • Inibitori integrasi: farmaci di prima linea, inibiscono l’integrazione del provirus nel genoma, una volta trasformato da RNA a DNA.
  • Inibitori fusione: inibitori del CCR5, impediscono la fusione del virus con la membrana.
  • Antagonista CCR5: diretta contro una struttura dell’organismo umano; impedisce l’interazione tra l’HIV e il rispettivo recettore (CD4) e corecettore (CCR5).
    È importante attuare una triplice terapia (HAART) che induce un CD4+. È efficace nell’80% e si ha una forte sinergia dei diversi farmaci, con protezione dall’insorgenza di resistenze.
    È fondamentale iniziare la terapia immediatamente, infatti nei pz che iniziano la terapia tardivamente c’è un rischio maggiore di sviluppare alcuni tumori (K anale, testicolare, testa-collo, polmonare e prostatico).
96
Q

Altre malattie a possibile trasmissione sessuale

Tipologie

A
Herpes Genitalis 
Mollusco Contagioso 
Condilomi Acuminati
Tricomoniasi
Candidosi
Dermatomicosi
Scabbia e pediculosi del pube
97
Q

Herpes Genitalis

A

Nell’80% dei casi è legato a HSV-2 sessualmente trasmissibile: il virus è responsabile di una patologia sempre più frequente e ostinatamente recidivante, anche grazie alle incongrue terapie (cortisonici).
L’infezione primaria si manifesta con vescicole e ulcerazioni dei genitali
esterni e della cervice con dolore, disuria, leucorrea e linfoadenopatia inguinale a volte accompagnata da sintomi sistemici. In 1⁄4 dei casi l’infezione è asintomatica e ricorrente.
La diagnosi clinica non è sempre agevole perché spesso mancano le caratteristiche specifiche dell’infezione.

98
Q

Mollusco contagioso

A

Infezione sostenuta da un virus della famiglia dei pox virus, si presenta con crescente frequenza nei giovani come malattia sessuale con localizzazione genitale e nelle sedi erogene secondarie (mentre un tempo era una patologia caratteristica dei bambini). Il periodo d’incubazione è 15gg-6mesi. Le lesioni sono papule emisferiche, perlacee con caratteristica ombelicatura, spesso multiple. Nei soggetti immunodepressi possono esserci delle presentazioni atipiche con lesioni molto numerose (fino a centinaia) e grandi. Il decorso della lesione è l’accrescimento fino a 6-12 settimane seguito dalla stabilizzazione.

99
Q

Condilomi acuminati

A

Sono l’espressione dell’infezione da HPV (Human PapillomaVirus). È la più comune delle infezioni a trasmissione sessuale e il contagio può avvenire anche senza un rapporto sessuale completo.
Fino all’80% dei soggetti si infetta nel corso della vita e fino al 50% si infettano con un tipo di HPV oncogeno, ma solo in meno del 5% l’infezione procede fino all’oncogenesi.
Le lesioni delle mucose e/o cutanee possono essere asintomatiche o raramente dolenti o pruriginose a seconda della sede. Le lesioni possono essere uniche/multiple, con un diametro compreso entro 1-10 mm. Normalmente i condilomi non sono pigmentati, a meno che non compaiano su cute pigmentata.

100
Q

Tricomoniasi

A

Il Trichomonas vaginalis è un ospite frequente della vagina e può raramente provocare nell’uomo un quadro di ureterite. Nella donna la sintomatologia è caratterizzata da abbondante leucorrea giallastra, maleodorante e irritazione vulvare. Il neonato può acquisire l’infezione durante il passaggio nel canale del parto con manifestazioni di gravità variabile, dalla asintomaticità alla congiuntivite alla polmonite.
La diagnosi si basa, a partire dal secreto, su es. microscopico diretto, es. colturale e NAAT. La terapia invece è a base di metronidazolo (1g/die per 5-7 giorni).

101
Q

Candidosi- Dermatomicosi - Scabbia e Pediculosi del pube

A

CANDIDOSI
La Candida albicans è responsabile nella donna di una vulvovaginite con prurito, dolore vaginale, dispareunia, disuria e leucorrea. Nel maschio può provocare balanite, balanopostite, eritema del meato e disuria.
DERMATOMICOSI
Nell’adolescente la Tinea cruris (a possibile contagio sessuale) è sostenuta per lo più dall’Epidermophytom, mentre nell’adulto il contagio è spesso sostenuto da tricofiti (soprattutto T. rubrum) la promiscuità e gli indumenti attillati ne facilitano la trasmissione.
SCABBIA E PEDICULOSI DEL PUBE
Hanno spesso, soprattutto la seconda, trasmissione sessuale.

102
Q

Fimosi

Generalità

A

Si intende una particolare alterazione anatomo-funzionale che si manifesta con ristrettezza del prepuzio per cui lo scoprimento del glande è gradualmente ostacolato o addirittura impedito. Può rappresentare una complicanza di una MST o essere determinata da altre situazioni patologiche (malformazioni anatomiche).

103
Q

Fimosi congenita

A
  • Atrofica: il limbus prepuziale molto stretto è inestensibile, per cui non permette lo scoprimento del glande e in qualche caso ostacola anche la minzione.
  • Ipertrofica: dovuta allo sviluppo abnorme della lamina esterna del prepuzio la quale, provocando un forte restringimento del limbus, provoca difficoltà nello scoprimento del glande. Se il restringimento è grande, può portare all’aspetto di “proboscide di elefante”. Provoca limitazioni anche dal punto di vista sessuale: il rapporto può portare alla formazione di ragadi che esitano in cicatrici che peggiorano la fimosi. Talora l’urina e le secrezioni ristagnano nel sacco prepuziale causando irritazioni, infiammazione e infezioni (balanopostiti).
104
Q

Fimosi acquisita

Tipologie

A
Fimosi da sifiloma iniziale
Fimosi da ulcera venerea
Fimosi blenorragica
Fimosi da condilomi acuminati
Fimosi da tumori
105
Q

Fimosi acquisita

Generalità

A

Determinata da un’alterazione del prepuzio o da un aumento del contenuto del sacco prepuziale (condilomi acuminati ecc.). Molto spesso la fimosi è conseguenza di processi infiammatori interessanti la superficie interna del prepuzio che diviene edematoso.
Nella fimosi acquisita il limbus è rivolto all’indietro e all’esterno (limbus —> lamina interna edematosa), in quella congenita invece è rivolto verso l’interno (limbus —> lamina esterna).

106
Q

Fimosi acquisita

Da sifiloma iniziale e da ulcera venerea

A

FIMOSI DA SIFILOMA INIZIALE
Rappresentata da una tumefazione del pene a “batacchio di campana” di colorito rosso-cianotico con massima intensità in prossimità del limbus.
La tumefazione è dura, compatta e non comprimibile. Il liquido che fuoriesce dal sacco prepuziale è mucopurulento, talora misto a sangue.
Il linfatico dorsale del pene è ingrossato e indurito (“a penna d’oca”); coesiste linfoadenite inguinale dura, mobile e indolente.
FIMOSI DA ULCERA VENEREA
Prepuzio di colorito rosso vivo, che alla pressione evoca dolore e fuoriuscita di pus misto a sangue. Il linfatico dorsale è dolente e tumido. Talvolta può esserci sovrainfezione microbica.

107
Q

Fimosi acquisita

Blenorragica, da condilomi acuminati e da tumori

A

FIMOSI BLENORRAGICA
L’edema è facilmente improntabile e si osserva secrezione uretrale di liquido purulento contenente gonococchi. Vi può essere sovrapposizione di piogeni con conseguente balanopostite. Il linfatico dorsale è indenne.
FIMOSI DA CONDILOMI ACUMINATI
Si ha una tumefazione notevole con fuoriuscita di liquido purulento. All’ispezione si riscontrano facilmente rilievi irregolari, mammellonati, corrispondenti ai condilomi.
FIMOSI DA TUMORI
Spinaliomi, insorgenti spesso su lesioni leucoplasiche o eritroplasiche, determinano ingrandimento del glande con impossibilità di scoprimento. Caratteristica alla palpazione la durezza lapidea, frequentemente associata a secrezioni purulente. Rappresentano le uniche fimosi a prognosi non benigna.

108
Q

Parafimosi

A

Il limbus prepuziale, retraendosi dietro la corona del glande, non permette più lo scorrimento completo e permanente del prepuzio sul glande stesso.
PARAFIMOSI INTERNA
Si verifica quando si forza un limbus molto stretto fino a farlo giungere dietro alla corona del glande: esso non permetterà più il ritorno alla posizione primitiva.
In tal modo il limbus costituisce un cingolo strozzante con conseguente stasi venosa, rigonfiamento del glande, aggravamento delle condizioni locali che può anche portare alla necrosi del glande.
PARAFIMOSI ESTERNA
Il meccanismo è diverso: in seguito a masturbazione o coito violenti, la superficie interna del prepuzio si ribalta all’esterno ed edematizza, mentre nella parafimosi interna il cingolo strozzante è rappresentato dalla lamina esterna arrotolata. Le cause che possono dare parafimosi esterna sono molte, accumunate da processo infiammatorio a livello del prepuzio.
Trattamento
Si cerca di ridurre la parafimosi esercitando una manovra contemporanea di trazione sul prepuzio e compressione sul glande (di solito è sufficiente). Se non funziona è necessario procedere fasciatura compressiva sul glande per ridurne il volume.
In caso di insuccesso ancora, è indicata l’esecuzione di una puntura o incisone sul glande per fare sfiatare l’edema. Nei casi più difficili si ricorre anche alla chirurgia con incisione della strozzatura.

109
Q

Balanopostiti

Generalità e tipologie

A

Per balanopostiti si intendono i processi flogistici che interessano il glande e la lamina interna del prepuzio.
Possono essere determinate da numerose cause (MST), associate a DM quale fattore generale favorente. Particolare attenzione va posta alla forma erpetica (HSV-2) sia per frequenza che per cronica recidivanza.
Tipologie
Balanopostite acuta infettiva
Balanopostite erosiva circinata
Balanopostite candidosica
Balanopostiti iatrogene

110
Q

Balanopostite acuta infettiva

A

Generalmente causata da stafilococchi e streptococchi, ma anche da proteus e coliformi. Può sovrapporsi a gonorrea, sifiloma iniziale e ulcera venerea.
Si presenta con chiazze eritematose di forma irregolare talora erose, essudanti un liquido sieroso o siero- purulento. L’edema del prepuzio può dare origine a una fimosi, con peggioramento della flogosi.

111
Q

Balanopostite erosiva circinata

A

Riconosce un’eziologia fuso-spirillare a trasmissione sessuale, con decorso rapido (se trattata guarisce in pochi giorni). Inizia con la comparsa di una o più chiazzette puntiformi biancastre, in corrispondenza delle quali la macerazione dell’epitelio dà luogo ad erosioni superficiali circondate da un orletto biancastro. Si estendo centrifugamente formando lesioni policicliche.
Si localizzano preferibilmente nel solco balano-prepuziale e si arrestano bruscamente in corrispondenza del bordo del meato. Si osserva secrezione di materiale purulento dal meato. Può dare talvolta come complicanza: fimosi (abbondante secrezione purulenta), linfagite e adenoparia satellite.
La terapia sistemica o topica (lesini erosive o ulcerative) si basa su esposizione del glande all’aria, igiene adeguata, bagni ad azione astringente, ATB e antinfiammatori.

112
Q

Balanopostite candidosica

A

Dovuta a Candida albicans, nella stragrande maggioranza si trasmette con i rapporti sessuali, in pz diabetici o in seguito a ATB-terapia. Si localizza elettivamente al solco balano-prepuziale.
Le lesioni sono eritemato-edematose o erosive, dapprima isolate, poi confluenti e ricoperte da induito biancastro. Il prurito è intenso. La terapia prevede applicazione topica di nisatina, anticandidosici, imidazolici topici o sistemici (fluconazolo) in forme più gravi.
BALANOPOSTITE DIABETICA
La balanopostite, generalmente da Candida albicans, può costituire il primo sintomo del diabete. È una forma pruriginosa, erosiva ed essudante. Il margine prepuziale è edematoso e cosparso di ragadi, che impiegano tempo a guarire. Alla terapia topica deve sempre essere associata la cura del diabete.

113
Q

Balanopostiti iatrogene

A
  • Allergiche: in seguito ad automedicazioni con farmaci topici (imidazolici, antivirali, ecc.)
  • Irritative: in seguito a trattamenti topici cronici determina stato eritematoso con acutizzazioni esulcerative; la guarigione sopraggiunge grazie alla detersione con acqua e sospensione di ogni trattamento
  • Plasmacellulare: affezione infiammatoria benigna, che si manifesta con chiazza eritematosa, scura, con superfice vellutata e umida, sita a livello del glande e al corrispondente foglietto interno prepuziale