Libro - 3.I contesti Flashcards

1
Q

Parla della prospettiva pedagogica di Dewey

A

John Dewey considerava il bambino come un individuo attivo e curioso, pronto a esplorare il mondo circostante in modo autonomo. Secondo Dewey, la curiosità è un’innata tendenza alla conoscenza che spinge i bambini a cercare di capire ciò che li circonda attraverso l’esperienza diretta e l’osservazione attiva.
-L’immaturità, per Dewey, non è una mancanza di sviluppo, ma una fase necessaria del processo di crescita del bambino. L’immaturità permette al bambino di svilupparsi gradualmente e di acquisire nuove abilità e competenze attraverso l’esperienza diretta e l’interazione con l’ambiente. L’immaturità è quindi una condizione naturale che il bambino deve superare in modo graduale, con l’aiuto dei genitori, degli insegnanti e delle figure di riferimento.
-La dipendenza è un’altra caratteristica fondamentale del bambino secondo Dewey. Il bambino dipende dagli adulti per le sue necessità primarie, come il cibo, l’acqua e la sicurezza. Tuttavia, Dewey sostiene che la dipendenza non dovrebbe essere considerata una condizione permanente, ma una fase temporanea del processo di crescita. L’obiettivo dell’educazione è quello di aiutare il bambino a diventare sempre più autonomo e indipendente, in modo che possa gestire le proprie necessità e rispondere in modo adeguato alle sfide che la vita gli presenta.
-Dewey sottolinea l’importanza della plasticità del bambino, ovvero la sua capacità di adattarsi e di apprendere nuove cose in modo flessibile e creativo. Il bambino ha la capacità di costruire nuove conoscenze e di sviluppare nuove abilità attraverso l’esperienza diretta e l’interazione con il mondo circostante. L’educazione dovrebbe quindi essere mirata a stimolare la plasticità del bambino, offrendo esperienze significative e stimolanti che lo aiutino a sviluppare il suo potenziale in modo completo e armonioso.
-L’obbiettivo fondamentale che lui suggerisce di perseguire è la crescita e lo sviluppo psicofisico armonico del bambino. Questa finalità può essere perseguita solo se il focus dell’osservazione diviene il bambino. Non possiamo pensare a strategie educative in astratto, staccate dai reali bisogni. L’educazione deve essere attiva, non passiva, deve rispondere al learning by doing, “l’apprendere attraverso il fare”. Questa concezione nasce dall’assunto che il pensiero non è una mera attività teorico-contemplativa, ma nasce dall’esperienza ed è finalizzato all’azione.

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2
Q

Parla della prospettiva pedagogica di Guardiani

A

Secondo Guardiani:
-La vita si manifesta a partire dal periodo di gestazione, momento estremamente delicato per la madre, che attraverso il suo corpo nutre e protegge e fa sviluppare il bambino. Ma anche da un punto di vista psicologico, per il nascituro, che attraverso questo rapporto simbiotico con la madre può vivere situazioni di tranquillità o di disagio. La simbiosi madre/bambino termina con la nascita, però a questa separazione fisica è necessario che corrisponda una scissione di tipo interiore e psicologico.
-La nascita segna l’inizio dell’esistenza individuale. È un atteggiamento nocivo considerare il bambino come una soggettività incompiuta. L’obiettivo che Guardiani sottolinea come responsabilità genitoriale è quello di incentivare l’autonomia.
-Nel periodo che Guardiani definisce “involucro” (fino agli 8-12 mesi), il bambino vive in una dimensione di inconsapevolezza e, auspicabilmente, di beatitudine.
-La spontaneità è una delle peculiarità del bambino, che si rapporta alle situazioni e agli altri con naturalezza e senza secondi fini o pregiudizi impliciti.
-Dopo il primo anno di vita, il bambino sviluppa una capacità sempre crescente di simbolizzazione, che manifesta prevalentemente attraverso i giochi e i disegni.
-La dimensione religiosa della ritualità catalizza la curiosità del bambino, avvicinandolo spontaneamente alla sua natura più profonda e autentica di figlio di Dio.

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3
Q

Cos’è la formazione?

A

La formazione è un processo che mira a promuovere la persona nella sua complessità e nel suo essere nel mondo, attraverso le sue dimensioni fisiche, psicologiche, sociali e intellettuali. Questo processo è il risultato di un’interazione complessa tra la persona e l’ambiente circostante, che determina la pienezza del suo sviluppo e l’esplicazione delle sue potenzialità. La formazione è quindi un processo di costruzione progressiva dell’interiorità personale, che si sviluppa nel corso dell’intera esistenza e che comporta molteplici bilanciamenti in risposta alle stimolazioni esterne. La formazione è anche un processo influenzato dalla tensione tra l’identità tendenziale del soggetto e l’intenzionalità del sistema sociale che lo circonda e mira a farne parte di sé. Non è possibile prevedere il risultato di tale processo, in quanto molteplici variabili sono coinvolte.

La formazione è un processo continuo che si sviluppa nei diversi momenti della vita del soggetto attraverso categorie come l’apprendimento, la motivazione, la scelta, la coltivazione e la cura. Altri elementi come gli eventi e l’utopia, invece, irrompono imprevisti nella vita della persona, conferendole un’unicità e irripetibilità. Le prime categorie tematizzano il rapporto tra il soggetto, il mondo e l’altro, mentre le seconde ineriscono i fatti e gli eventi imprevedibili e le dimensioni progettuali della persona.

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4
Q

Tra le categorie della formazione, parla dell’apprendimento

A

L’apprendimento viene definito come il processo mediante il quale un comportamento viene acquisito o modificato attraverso l’esperienza, l’interazione con il mondo esterno e la riflessione sui propri vissuti. Secondo la visione costruttivistica, ogni individuo costruisce la realtà attraverso le proprie interpretazioni e attribuzioni di significato. L’apprendimento, quindi, contribuisce alla formazione individuale attraverso l’elaborazione dell’esperienza e la riflessione sui propri vissuti, costituendo il primo e fondamentale gradino della formazione. Il momento dell’apprendimento, infatti, è quello in cui il bambino entra in rapporto con il suo ambiente e acquisisce i meccanismi primari che gli consentono di viverlo autenticamente. In conclusione, il testo mette in evidenza come l’apprendimento sia il primo passo nel processo di formazione della persona, in grado di costituire un momento di dialogo tra il soggetto e l’ambiente circostante.

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5
Q

Tra le categorie della formazione, parla della motivazione

A

La motivazione può essere estrinseca, cioè determinata da un incentivo esterno, o intrinseca, cioè innata nell’individuo che cerca di soddisfare il proprio desiderio di conoscenza e di realizzazione. La motivazione è un elemento determinante per la scelta degli obiettivi e per la loro realizzazione, ed è influenzata da desideri, paure, traumi e ricordi. La motivazione, dunque, è un’impulso che guida l’individuo nella sua esplorazione del mondo e nella scoperta del possibile.

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6
Q

Tra le categorie della formazione, parla della scelta

A

La categoria della scelta rappresenta un processo continuo di sviluppo e acquisizione di strumenti per la persona che le consentono di guardare alla realtà in modo critico e consapevole, andando incontro a decisioni sempre più responsabili. La scelta implica discernere non solo per il proprio utile personale, ma anche per quello collettivo, tenendo conto del benessere dell’altro. Nell’infanzia, la scelta è un obiettivo e una tensione che il bambino inizia a percepire progressivamente, avendo come modello le figure genitoriali e gli adulti con cui interagisce. La scelta è un atto di libertà, autonomia ed emancipazione, ma richiede anche responsabilità, cognizione e consapevolezza.

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7
Q

Tra le categorie della formazione, parla della coltivazione

A

La categoria pedagogica della coltivazione coinvolge la capacità umana di impegnarsi per realizzare i propri desideri, aspirazioni e scelte. Oggi, nella società del “tutto e subito”, la fatica e la dedizione sembrano essere considerate desueti, ma la coltivazione permette all’uomo di esercitare le proprie facoltà fisiche, mentali e spirituali per realizzare gli obiettivi prefissati e attribuire valore e significato al percorso intrapreso. La coltivazione permette di perseguire i propri sogni, dal loro essere semplici semi fino alla loro fruizione nel mondo reale. Nell’infanzia, la coltivazione si esprime attraverso la spinta interiore che anima il bambino verso il fare, stimolando la sua creatività e il desiderio di portare a termine il compito nel migliore dei modi.

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8
Q

Tra le categorie della formazione, parla della cura

A

La cura di sé e degli altri è vista come elemento fondamentale per la crescita personale e per la relazionalità con gli altri. Socrate sostiene che prendersi cura di sé significa cercare l’autenticità e la conoscenza di sé stessi. La cura di sé è anche la base per la cura degli altri, poiché rappresenta la natura più profonda dell’essere umano. Il bambino è naturalmente predisposto alla relazionalità e alla cura dell’altro, e attraverso l’interazione con gli altri e l’esperienza, sviluppa la sua creatività e le sue capacità relazionali.

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9
Q

Tra le categorie della formazione, parla degli eventi

A

Gli eventi, nella formazione dell’essere umano, hanno un valore fondamentale. Possono influenzare la vita della persona in maniera significativa, sia in positivo che in negativo. Gli eventi possono causare una ristrutturazione dell’interiorità della persona e sono fondamentali per la sua crescita. Inoltre, il riconoscimento degli altri è essenziale per la formazione della personalità e dell’autostima. La dinamica formativa è inafferrabile e imprevedibile, poiché è influenzata dall’incontro di molteplici elementi che la rendono unica e irripetibile. La formazione si verifica dinamicamente con l’esistenza e non può essere catalogata o gerarchizzata.

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10
Q

Tra le categorie della formazione, parla dell’utopia

A

L’utopia è l’ultima categoria della formazione. Essa nutre i sogni e le aspettative dell’uomo, spingendolo verso un mondo migliore. La pedagogia deve incoraggiare l’individuo a bilanciare i propri sogni con la realtà, evitando fantasie irrealizzabili. L’utopia si manifesta in molteplici ambiti della vita umana, dall’affettività all’ambizione sociale, ed è essenziale per mantenere la speranza e il vigore necessari per affrontare la vita. Nella fase dell’infanzia, l’utopia consente al bambino di immaginare un futuro possibile, spingendolo verso l’alto e al di là delle sue sole necessità

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11
Q

Che cos’è il sistema 0-6?

A

È difficile dare una definizione precisa ai servizi educativi per l’infazia perché ci sono molti contesti diversi che dipendono dai destinatari e dalle diverse legislazioni regionali. Nel 2017 è stato creato il Sistema 0-6 per unificare le diverse proposte educative prescolastiche in Italia. Non esiste una struttura simile per altri tipi di educandi come anziani, disabili, giovani o minori in comunità.
Si cercherà ora, in forma sintetica, di definire gli elementi che caratterizzano un servizio educativo:
si tratta di un servizio pubblico o privato che offre attività educative, diurne o residenziali, in strutture deputate oppure a domicilio;
in certe situazioni, l’intervento educativo fa parte di una serie di interventi di tipo sociale e/o sanitario e ne afferisce in termini progettuali esterni;
il cuore dell’intervento è la relazione educativa, singola o di gruppo, in cui vi sia almeno una figura educativa professionale;
l’attenzione educativa è dedicata agli educandi e anche alle loro famiglie (ove possibile), con un grado di presa in carico genitoriale di diverso genere;
l’intervento si presenta nella forma di proposte dedicate alla specifica fascia d’età e di situazione personale, in forma singola o gruppale, con l’intento di promuovere la cura e la crescita degli educandi e, a volte, del contesto di vita a loro immediatamente prossimo;
l’intenzionalità educativa è espressa tramite una documentazione specifica per ciascuna tipologia, garante del processo educativo, attraverso la tempistica che caratterizza ciascuno di essi.
La crescita non viene misurata in termini di prodotti ma di raggiungimento di obiettivi educativi, garantendo a ognuno il rispetto dei propri tempi in relazione alla sua singolare storia di vita e creando, ove e in quanto possibile, un terreno di continuità:
sia con gli altri contesti attuali di vita (in senso comunitario allargato e orizzontale, dalla famiglia alle attività extrascolastiche e territoriali);
sia con quelle esperienze che egli ha incontrato e incontrerà nel tempo della sua crescita (dal nido alla primaria e oltre).
In ciascun servizio, l’educatore veste un doppio ruolo: quello diretto, esplicitato nelle azioni che quotidianamente mette in campo con gli educandi; quello indiretto, che copre l’intera area della documentazione, dell’osservazione, delle riunioni di équipe, della scrittura di progetti, delle relazioni con i soggetti esterni. Il rapporto tra i due ruoli è di reciproca necessità, non vanno mai piegati o sacrificati l’uno all’altro.

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12
Q

Parla del nido e del micronido

A

2.1 Dimensione pedagogica
I nidi e i micronidi sono servizi educativi normati dal Decreto 65/2017. Accolgono bambini da 3 a 36 mesi per la loro cura, educazione e socializzazione. Essi operano in continuità con la scuola dell’infanzia e presentano diverse modalità organizzative e di funzionamento. La storia dei servizi dedicati alla prima infanzia risale alla metà dell’Ottocento con i presepi, mentre la legge n.1044 del 1971 introduce la dimensione psico-pedagogica del nido. I nidi si costituiscono come luoghi educativi e di crescita della prima infanzia, in sincronia con i tempi di crescita dei bambini e con particolare attenzione alle dimensioni emotive e relazionali della loro vita sociale.

2.2 Professionalità educativa
La professione di educatore della prima infanzia è regolamentata nel Decreto 65 del 2017, che richiede una laurea in Scienze dell’Educazione con curriculum specifico. Il lavoro con i bambini piccoli richiede conoscenze, abilità e attitudini specifiche, e la professionalità educativa è costituita da tre dimensioni:
-sapere: conoscenze;
-saper fare: professionalità;
-saper essere: essere consapevole del privilegio che è stare al cospetto del bambino e di gestire le proprie emozioni per creare un ambiente di accoglienza.
La relazione tra educatore e bambino è coevolutiva e contribuisce alla crescita personale e comunitaria.

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13
Q

Parla delle sezioni primavera

A

3.1 Dimensione pedagogica
Le sezioni primavera sono un’offerta formativa per bambini di età compresa tra 24 e 36 mesi, introdotte dalla legge n. 296 del 27 dicembre 2006. Sono aggregate alle scuole dell’infanzia e nascono per garantire la continuità del percorso formativo dell’asse 0-6 anni, rispondendo ai bisogni delle famiglie con bambini nella fascia 0-3 anni. Il Decreto 65/2017 le ha finalizzate a rispondere a specifiche funzioni di cura, educazione e istruzione, con modalità adeguate ai tempi e agli stili di sviluppo e di apprendimento dei bambini.
In questi anni sono state riscontrate diverse criticità:
presenza di sezioni che superano il numero massimo di bambini;
iscrizione di bambini di età inferiore a 24 mesi;
mancato rispetto del rapporto numerico 1/10
diversità dei titoli di accesso del personale;
differenza nei contratti di lavoro stipulati
Sono tre gli elementi più significativi delle sezioni primavera:
contrastare l’anticipazione alla scuola dell’infanzia;
svolgere un ruolo di completamento del percorso della prima infanzia;
garantire un accompagnamento più strutturato alla dimensione infantile, in un tempo dello sviluppo ricco di cambiamenti fondamentali per la crescita, utilizzando la dimensione ludica e simbolica come esperienza pre-culturale, rispetto a quello che sarà il taglio della scuola dell’infanzia.

3.2 Professionalità educativa
Le sezioni primavera sono nate per garantire la continuità del percorso formativo dell’asse 0-6 anni e rispondere ai bisogni delle famiglie con bambini nella fascia 0-3 anni. Queste sezioni sono aggregate alle scuole dell’infanzia e sono finalizzate a rispondere a specifiche funzioni di cura, educazione e istruzione, con modalità adeguate ai tempi e agli stili di sviluppo e di apprendimento dei bambini. La presenza di personale laureato nella L-19 indirizzo prima infanzia è la chiave di volta delle sezioni primavera, in quanto svolge il delicato compito di cerniera tra la prima e la seconda infanzia, con competenze relative a questi due tempi della vita. Il testo sottolinea l’importanza di una visione che non suddivide lo sviluppo in tempi predefiniti ma va alla ricerca della continuità tra i due e i tre anni e del ruolo di cerniera degli educatori che prestano servizio al loro interno. Inoltre, i poli per l’infanzia, istituiti con il Decreto 65/2017, mettono al centro la dimensione della continuità del percorso, favorendo attività congiunte e una cultura dell’infanzia senza interruzioni di sorta.

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14
Q

Parla delle scuole dell’infanzia

A

4.1 Dimensione pedagogica
Come indicato nel Decreto 65/2017 la scuola dell’infanzia ha una funzione strategica nel Sistema Integrato, giacché è la cerniera che garantisce la continuità tra i servizi educativi per l’infanzia e la scuola primaria, e accoglie bambini tra 3 e 6 anni di età. La storia della scuola dell’infanzia in Italia è corposa:
-Nel 1968, la “scuola materna” viene normata con la legge n. 444 del 18 marzo, in cui diventa statale, gratuita e non obbligatoria.
-Con gli Orientamenti del 1991 si affaccerà la nuova denominazione di “scuola dell’infanzia” in quanto scuola del bambino, che troverà un suo definitivo riconoscimento con la legge 53 del 2003.
-Nel 2007 gli Orientamenti vengono sostituiti dalle Indicazioni per il curricolo della scuola dell’infanzia e della scuola primaria.
-Nel 2013 le Indicazioni per il curricolo vengono riviste con alcune integrazioni, che riportano ancora una volta l’attenzione allo scenario socioculturale (Cultura, Scuola, Persona) in cui la scuola contemporanea vive, evidenziando come la sua finalità principale è di promuovere un’autonomia di pensiero per persone libere, capaci di scegliere e di adattarsi ai diversi contesti culturali. Di fatto, le Indicazioni costituiscono il riferimento normativo per la scuola dell’infanzia, sulla quale ogni scuola predispone il curricolo rispettando i traguardi di sviluppo secondo i cinque campi di esperienza (il sé e l’altro; il corpo e il movimento; immagini, suoni, colori; i discorsi e le parole; la conoscenza del mondo). La scuola dell’infanzia è organizzata secondo sezioni omogenee per età dei bambini (piccoli, medi e grandi) o eterogenee, e si esprime attraverso una pluralità di modelli istituzionali, pubblici o privati, senza avere carattere obbligatorio.

4.2 Professionalità educativa
La figura che opera nella scuola dell’infanzia è l’insegnante formata attraverso la laurea quinquennale a ciclo unico LM 85-bis, con indirizzo insegnante di scuola dell’infanzia. L’insegnante necessita di preparazione didattica, giacché propone attività educative e didattiche, avviando i bambini alle pre-competenze culturali che saranno poi sviluppate alla scuola primaria, rispetto alla quale va garantita la continuità.
Alla scuola dell’infanzia va elaborato il Piano Triennale dell’Offerta Formativa (il PTOF), in cui sono indicate le linee guida del percorso formativo offerto dalla scuola. Discenderà poi dal PTOF anche la programmazione annuale, educativa e didattica, in cui le insegnanti di ogni scuola indicheranno gli obiettivi educativi, i percorsi, i modi e i tempi di apprendimento e di valutazione, in relazione a quanto delineato nelle Indicazioni Nazionali.

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15
Q

Parla degli spazi gioco

A

5.1 Dimensione pedagogica
Gli spazi gioco fanno parte dei servizi integrativi per l’infanzia, sono normati anche essi dal Decreto 65/2017. Essi accolgono bambini da 12 a 36 mesi, organizzato con finalità educative, di cura e di socializzazione, non prevedono il servizio di mensa e consentono una frequenza flessibile, per un massimo di 5 ore giornaliere.
Gli spazi gioco hanno una propria identità (possono essere comunali o privati, nati in seno a cooperative o associazioni, a volte anche di stessi genitori), possono essere a pagamento o gratuiti. Gli obiettivi fondamentali degli spazi gioco riguardano l’offerta all’infanzia dell’opportunità di uscire dall’ambiente domestico per aprirsi ad altre relazioni sociali (spesso, infatti, i bambini che li frequentano non usufruiscono di altri servizi educativi, e quindi solo in esso vengono a sperimentare la socialità più diffusa con i coetanei).
Questi obiettivi sono raggiungibili se vi sono due condizioni preliminari: il servizio deve esprimersi e identificarsi attraverso un progetto pedagogico, e deve essere gestito da personale educativo qualificato (L-19, curricolo educatore dei servizi all’infanzia).
Il tratto comune di qualsiasi spazio gioco è quello di rispondere a una duplice esigenza:
sostenere lo sviluppo del bambino attraverso attività ludiche (sia libere sia strutturate), adeguatamente progettate per ogni fascia d’età;
offrire una presenza supportiva ai genitori

5.2 Professionalità educativa
Il gioco è un «metodo di apprendimento» giacché contiene in sé aspetti di tipo regolativo, di problem solving, di responsabilità soggettiva o collettiva, di convivenza. Oltre alle attività strutturate, l’educatore propone e anima delle vere e proprie sedute di gioco spontaneo, autonomo, da non chiamare, «gioco libero», giacché il gioco spontaneo è un bisogno, non è un bene da concedere.
Dal punto di vista pratico, l’educatore sceglie i materiali e predispone le occasioni di gioco. Deve essere offerta un ‘ampia gamma di esperienze, che chiamino in causa competenze motorie, espressive, artistiche, linguistiche, emotive, in relazione alle possibilità delle varie fasi di crescita.

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16
Q

Parla dei centri per bambini e famiglie

A

6.1 Dimensione pedagogica
I centri per bambini e famiglie (CBF), anche essi servizi integrativi per l’infanzia, accolgono bambini e bambine dai primi mesi di vita insieme a un adulto accompagnatore, offrono un contesto qualificato per esperienze di socializzazione, apprendimento e gioco e momenti di comunicazione e incontro per gli adulti sui temi dell’ educazione e della genitorialità, non prevedono il servizio di mensa e consentono una frequenza flessibile.
I centri per bambini e famiglie si sono posti questi obiettivi:
allargare le progettualità sull’infanzia aprendo a spazi che fossero in grado di rispondere, territorialmente, ai bisogni di sostegno alle famiglie;
fornire servizi flessibili, capaci di favorire il gioco tra pari, la socializzazione tra genitori e l’aggregazione spontanea delle famiglie;
offrire ai bambini nuove figure adulte con cui sviluppare una socialità integrativa a quella familiare;
garantire personale educativo adeguatamente formato
L’accesso ai CBF è consentito senza vincoli, viene richiesta solo la continuità della figura adulta di riferimento che accompagna il bambino: per questa ragione gli devono essere organizzati in forma facilmente fruibile, sulla base di semplici regole esplicitate all’adulto accompagnatore. I CBF offrono anche degli incontri rivolti agli adulti, con l’intervento degli stessi educatori o di professionisti esterni riguardo l’educazione del bambino.

6.2 Professionalità educativa
L’aspetto singolare di questa tipologia di servizio è quello della triangolazione educativa, perché il rapporto è costantemente a tre: dopo la prima fase di inserimento in cui l’educatore accompagna la coppia alla conoscenza del contesto, sarà l’adulto accompagnatore a promuovere lo spazio di autonomia del bambino, a scegliere con lui (e non per lui) le attività, ad allargarne l’esperienza ludica e a curare il riordino del materiale. In questo gioco triadico, l’educatore promuove una reciproca fiducia con la coppia e guida a una progressiva proposta di situazioni di gioco collettivo. ln qualche modo, questa esperienza, diventa anche un luogo di apprendimento tra adulti, per una corretta postura adulta nei confronti del bambino, ecco perché il lavoro dell’educatore è un sapiente percorso di presenza/assenza, che velatamente assolve anche il compito di supporto genitoriale.

17
Q

Parla del servizio educativo in contesto domiciliare

A

7.1 Dimensione pedagogica
Il servizio domiciliare ha sede in una vera casa (solitamente la stessa casa dell’educatore) all’interno della quale, in maniera naturale e mai forzata o standardizzata, il bambino trascorre la sua giornata, seguendo le routine adatte al suo tempo di crescita, godendo di un gruppo ridotto di compagni e di tempi più distesi e personalizzati. Secondo il Decreto 65/2017, i servizi educativi domiciliari accolgono bambine e bambini da 3 a 36 mesi e concorrono con le famiglie alla loro educazione e cura. Essi sono caratterizzati dal numero ridotto di bambini affidati a uno o più educatori in modo continuativo. L’aspetto più significativo è dato dalla capacità di educare in un contesto non istituzionale, fuori da quei circuiti storicamente costituiti di risposta ai bisogni educativi della prima infanzia, seppur con la garanzia di un ente gestore (pubblico oppure privato) che ha funzioni di controllo e verifica della qualità del servizio, sia dal punto di vista amministrativo sia dal punto di vista pedagogico.

7.2 Professionalità educativa
La figura dell’educatore di un servizio in contesto domiciliare risulta di per sé abbastanza innovativa nel panorama nazionale. La figura professionale è formata sempre attraverso la laurea L-19. La messa a disposizione della propria casa è una condizione fondamentale del servizio: al di là delle caratteristiche strutturali e di sicurezza, la casa deve essere disponibile all’accoglienza dei bambini pur mantenendo la sua connotazione peculiare e personalizzata, legata alla vita stessa dell’educatore. È importante ricordare che questo servizio necessita di un’attiva e continuativa attività di supervisione esterna.

18
Q

Parla delle comunità mamma-bambino

A

8.1 Dimensione pedagogica
Le comunità mamma-bambino sono servizi che accolgono nuclei di mamme e bambini che si trovano in uno stato di disagio, di marginalità sociale o di violenza e che hanno bisogno di tutela e sostegno nella gestione della loro quotidianità. Le situazioni che possono comportare la necessità di accoglienza sono dettate da principalmente da provvedimenti di allontanamento dalla famiglia emanati dal Tribunale dei minori, o da condizioni di emergenza o gravi disagi familiari su invio dei servizi sociali. Il percorso prevede una fase di primo colloquio alla presenza del servizio inviante, cui consegue la stesura e la condivisione del progetto individuale dal quale prende avvio il percorso di accoglienza che prevede come esito la fase di reinserimento e autonomia, dove possibile, e in situazioni che lo consentono anche percorsi di coinvolgimento di familiari o di sostegno alla cogenitorialità.
La quotidianità segue i ritmi della vita famigliare supportando le ospiti nelle loro funzioni genitoriali (pulizia, pasti, svago, ecc.) e offrendo ai bambini relazioni positive sia con gli adulti che con i pari.
Le comunità familiari, invece, che accolgono solo i minori, intervengono quando ci sia la necessità di allontanare il bambino dal suo nucleo familiare: esse svolgono un ruolo di supplenza temporanea alla famiglia naturale finalizzata a una ricostruzione dei rapporti affettivi parentali (quando questo non è possibile, verranno previste modalità di affido o di adozione). Anche in questo caso, i ritmi della comunità seguono l’andamento della quotidianità familiare, quindi i bambini frequentano i servizi educativi adeguati alla loro età, e vivono in comunità i pasti, il riposo, il gioco, assieme ai coetanei, sulla base della loro fascia d’età.

8.2 Professionalità educativa
L’educatore non è un erogatore di prestazioni o accompagnatore in un particolare momento formativo, ma diviene colui che condivide quotidianamente (anche nelle azioni più semplici dell’igiene, del pasto, dell’addormentamento, del gioco, ecc.) un tratto del percorso di vita di madri e bambini in una fase molto delicata della loro esistenza. La postura educativa deve essere improntata alla massima accoglienza, alla sospensione del giudizio e alla disponibilità a entrare in una relazione educativamente familiare con la diade o con il bambino, adeguandosi a modalità di intervento molto delicate, di vicinanza e di condivisione quotidiana senza travalicare il limite professionale. È necessario mantenersi su quel giusto equilibrio di partecipazione/distacco, senza il quale non è possibile arrivare a obiettivi di sviluppo per gli educandi.

19
Q

Parla dei servizi di educativa territoriale-domiciliare

A

9.1 Dimensione pedagogica
I servizi di educativa territoriale-domiciliare prendono la forma dell’home visiting. Si tratta di interventi educativi di durata diversa (da pochi mesi a più anni) rivolti al bambino e al suo nucleo familiare, sulla base di una progettualità che viene condivisa tra servizi sociali, educatori e famiglia e che si svolgono nella casa e nei contesti quotidiani di quest’ultima. Spesso sono rivolti a bambini da 0-6 anni (se necessario anche fino a 10+ anni). Le situazioni che necessitano l’attivazione di questi interventi sono per lo più legate a marginalità, disagio sociale, temporanea difficoltà familiare. Gli interventi di educativa territoriale/domiciliare si realizzano secondo fasi che possono avere durata diversa ma nella medesima sequenzialità: c’è una segnalazione dei servizi sociali, un primo contatto congiunto tra servizi sociali, famiglia e educatori, una fase di osservazione per la stesura del progetto educativo da parte dell’educatore, la realizzazione dell’intervento nel tempo previsto (con possibili modifiche sulla base delle condizioni di sviluppo) e la chiusura dell’intervento. Il nucleo più importante dell’intervento è legato alla progettualità e deve contenere gli obiettivi da raggiungere, le azioni previste, la tempistica di realizzazione, le responsabilità dei diversi soggetti e gli indicatori di monitoraggio e verifica.

9.2 Professionalità educativa
Anche in questo caso il titolo necessario per lavorare in questo servizio è la laurea L-19 in Scienze dell’educazione. In altra sede (Madriz, 2021) questa figura educativa è stata definita un educatore in punta di piedi: l’espressione intende riconoscere la caratteristica di entrare in maniera delicata nella vita e nella casa delle famiglie e dei bambini. Il ruolo educativo è triangolato, perché l’educatore agisce in maniera contemporanea sia sul genitore (in alcuni casi, zii o nonni) sia sul bambino. L’incontro con un bambino che soffre perché maltrattato o trascurato in famiglia porta immediatamente, istintivamente a una squalifica dei genitori, ma l’educatore deve sospendere il giudizio e cercare le risorse dell’adulto su cui investire. Soprattutto quando i bambini sono molto piccoli, l’unico modo per generare un clima adeguato alla loro crescita è proprio agire sul genitore, dimostrando di essere dalla sua parte, di voler dare supporto ai suoi compiti genitoriali, senza giudicare, senza porsi a modello, ma rispettando anche il comprensivo timore e la naturale resistenza alla presenza dell’educatore in casa.
Sieli (2006) individua tre diversi ruoli che l’educatore agisce in questo servizio:
il ruolo di guida, portando alla luce le risorse positive e le competenze nel contesto reale della famiglia;
il ruolo di cornice, nel senso che genera cambiamento e accompagna l’evoluzione naturale della famiglia;
il ruolo di completamento, rispetto al quale egli non si sostituisce ai genitori ma ha fiducia nelle loro capacità di cura e le rinforza.