Libro - 2.I metodi Flashcards
Parla della vita di Pestolazzi
Pestalozzi nasce nel 1746 a Zurigo. Nel 1769 acquista una tenuta agricola a Neuhof, che trasformerà in colonia per bambini abbandonati, ispirandosi agli ideali di Rousseau di un’educazione secondo natura. È costretto a terminare il progetto dopo dieci anni per ragioni economiche. Nel 1800 diventa insegnante nella città di Burgdorf, dove avrà la possibilità di mettere a punto il metodo educativo che lo renderà noto in Europa. È autore di diversi scritti di grande valore pedagogico. Nel 1805 prende avvio la sua esperienza educativa più famosa e duratura presso l’istituto di Yverdon, dove egli dà compiacimento alle sue teorie pedagogiche approfondendo la riflessione sulla metodologia didattica. Questa esperienza si chiude vent’anni dopo a causa di divisioni interne tra colleghi dell’istituto. Nel 1826 Pestalozzi fa ritorno nella sua vecchia casa di Neuhof dove pubblica il testo che raccoglie gli scritti maturati nel ventennio a Yverdon: “il canto del cigno”.
quali sono le fasi di crescita e le facoltà secondo Pestolazzi?
Pestalozzi individua le tre fasi di crescita di un individuo:
- lo stato di natura: è primitivo e dominato dal bisogno e dall’egoismo
- lo stato sociale: supera le fasi di bisogni primitivi grazie all’intelligenza
- lo stato morale: in cui l’intelligenza è utilizzata per dirigere la volontà verso il bene, dove si impara a vivere in forma sociale
Pestalozzi individua nella personalità umana tre facoltà:
1. la mente: che ha la forza di superare le sensazioni e le percezioni
2. il cuore: legato al valore del bello e del bene, che ci fa provare sentimenti di amore pietà, fede, e si esprime attraverso azioni di tipo morale
3. la mano: che si esplica nella pratica, nella capacità di lavoro, di creatività, di arte.
Secondo Pestalozzi, l’educazione è integrale quando coltiva ciascuna di queste tre facoltà.
Cosa sono l’amore pensoso e l’Anschauung di Pestolazzi?
Pestalozzi viene considerato il primo pedagogista ad aver esaltato la figura della madre come non solo figura di accudimento ma anche di educazione. Egli credeva che la madre fosse delicata e riflessiva, che agisse per il tramite di una comprensione del cuore, di far uso, cioè, di un amore pensoso. L’amore pensoso è uno dei principi fondamentali della pedagogia di Pestalozzi, secondo cui l’educazione dovrebbe essere improntata all’amorevolezza e alla cura dell’individuo, e questo princìpio si basa sul presupposto che l’affetto e l’amore sono fondamentali per lo sviluppo e la crescita dell’individuo. L’Anschauung, invece, è un metodo di insegnamento che si basa sull’osservazione diretta e l’esperienza concreta dell’oggetto di studio.
La pedagogia di Pestalozzi è stata definita “Pedagogia dell’amorevolezza” perché egli credeva che l’educazione dovesse essere improntata all’affetto e alla cura dell’individuo, e che il ruolo dell’insegnante dovesse essere quello di guidare e stimolare l’apprendimento dell’allievo, piuttosto che imporre conoscenze dall’alto verso il basso.
Metafora del giardiniere di Pestolazzi
La ricerca della postura educativa è un percorso che è riguardato da vicino Pestalozzi. da lui nasce la famosa metafora del giardiniere: come un giardiniere conosce la natura e i processi di crescita delle piante allo stesso modo un educatore deve conoscere la natura dei suoi educandi, le loro potenzialità, le loro caratteristiche per accompagnarli al loro pieno sviluppo.
Parla della vita di Frobel
Friedrich Frobel è stato un pedagogo tedesco, nato nel 1782 e morto nel 1852. Frobel conosce un discepolo di Pestalozzi, Gruner, direttore di una scuola. Frobel è stato il fondatore dei giardini dell’infanzia e una figura di spicco nella storia dell’educazione infantile. Dopo aver lavorato come insegnante per diversi anni, Frobel ha sviluppato la sua teoria pedagogica, basata sull’importanza dell’esperienza diretta e del gioco nell’apprendimento dei bambini. Nel 1837 ha aperto il primo giardino dell’infanzia, dando vita a un nuovo modello di educazione, che ha avuto un grande impatto sulla pedagogia moderna.
Su cosa si basa la teoria pedagogica di Frobel?
Secondo la pedagogia di Frobel, la natura e il bambino sarebbero manifestazioni di Dio. Egli riconosce l’innata bontà dell’infanzia, come “depositaria della voce di Dio”. Nel testo “L’educazione dell’uomo” Frobel presenta una teoria generale dello sviluppo infantile divisa in tre periodi:
1. Lattante: tutte le manifestazioni del bambino devono essere riconosciute dai genitori perché attraverso di esse il bambino riesce a cogliere dentro di sé il mondo esteriore.
2. Infanzia: caratterizzata dallo sviluppo del linguaggio. In questa fase ha inizio la vera educazione. Elemento costitutivo di questa fase è il gioco, che se privo delle storture da parte degli adulti, si trasformerà spontaneamente nel lavoro dell’uomo.
3. Fanciullezza: si sviluppa l’interiorizzazione, la curiosità, l’interesse. L’educazione diventa istruzione.
Spiega il giardino e i doni dell’infanzia di Frobel
Frobel credeva che la natura fosse l’espressione dell’ordine divino, e che la sua osservazione potesse favorire lo sviluppo spirituale dei bambini. A tal fine, Frobel intuisce che bisogna dare al bambino la possibilità di stare nella natura, nel giardino (“lo chiamerò il giardino d’infanzia: i fanciulli saranno le piante io voglio essere il giardiniere” pensiero che si ricollega alla metafora di Pestalozzi). Il giardino è diviso in una parte per il lavoro individuale e una per il lavoro di gruppo. il bambino deve essere lasciato libero di creare e agire come desidera per non ostacolare lo sviluppo della sua individualità. Il gioco è lo strumento principale del giardino dell’infanzia perché promuove nel bambino la libera espressione, ma al contempo ne indirizza l’attività sulla base della teoria dei doni. I doni dell’infanzia erano degli oggetti geometrici, per lo più in legno, facilmente manipolabili dai bambini. Lo scopo dei doni era quello di generare nel bambino il senso della quantità e della qualità in cui si esprime la natura.
Parla della continuità tra la madre e la maestra giardiniera nella pedagogia di Frobel
Anche per Frobel la prima figura educativa è la madre. Lo stile educativo della madre nel contesto domestico deve trovare un suo naturale proseguimento nel giardino d’infanzia, e così la maestra giardiniera (così chiamata da Frobel), dotata di una preparazione specifica, diviene regista di un incontro comunitario permanente con tutti coloro che si occupano del bambino. Nello specifico, il compito della maestra giardiniera discende direttamente dall’idea di bambino: deve lasciare libertà e spontaneità di crescita, disporre un ambiente che sia a misura e armonicamente inserito nella natura, senza proporre un programma prefissato ma seguendo le intuizioni dei bambini.
Parla della vita di Rosa e Carolina Agazzi
Rosa e Carolina Agazzi sono state due sorelle italiane vissute tre il 1870 e il 1950 circa. Apprendono il metodo froebeliano e nel 1896 lo rivisitano fondano un istituto infantile a Mompiano, che verrà chiamato in seguito scuola materna. Nel 1898, Rosa viene chiamata al primo Congresso Pedagogico nazionale italiano, nel quale denuncia apertamente le condizioni degli asili di infanzia e l’impreparazione delle maestre. Dal 1910 inizia, da Trieste, un programma di diffusione di quello che viene chiamato “metodo italiano”, da parte delle sorelle Agazzi.
Su cosa si basa la pedagogia agazziana?
Il fondamento del metodo agazziano risiede nell’idea che il bambino è un “germe vitale” che aspira al suo intero sviluppo, il quale può avvenire solo in un ambiente adatto e naturale come una casa. La scuola materna non viene mai presentata come un luogo sostitutivo dell’affetto e delle cure familiari, ma come un luogo dove si vive in continuità con la vita della famiglia. Le condizioni di povertà non sono un limite allo sviluppo, ma devono diventare un punto di partenza per un miglioramento sociale. Il diritto principale del bambino è quello di essere ed esprimere sé stesso.
“Se io fossi veramente la madre di uno di questi bimbi, sapendolo qui sarebbe tranquillo il mio cuore?” è la domanda che ricorsivamente ogni educatrice deve porsi. Nel testo “Guida per le educatrici dell’infanzia”, Rosa Agazzi presenta una summa del metodo destinato alla formazione delle educatrici. Educatrice è impegnata a sollecitare il maestro interiore, a promuovere la personalità del bambino. Ella deve seguire le leggi della natura, non affidarsi improvvisazione che non abbia un fondamento e non ripetere tecniche particolari mirate a una sola specifica esperienza.
Che caratteristiche avevano le scuole materne agazziane?
In un tempo storico in cui la mortalità infantile colpiva circa il 33% dei bambini nati vivi al di sotto dei 5 anni, l’impresa educativa delle sorelle Agazzi si delineò come un’impresa sociale. La scuola materna non era semplicemente un luogo per giocare e imparare, ma un luogo salubre in cui la pulizia, l’igiene, l’ordine diventavano i modi più utili per costruire una società di pace e fratellanza.
All’interno della scuola materna delle sorelle Agazzi troviamo:
-I materiali per gli esercizi di vita pratica: oggetti di vita quotidiana di uso individuale come asciugamani e bavagli, o di uso collettivo come cesti e cassapanche, e infine i materiali per il gioco all’aperto come carriole e palle.
-I materiali speciali d’uso didattico: utilizzati per l’osservazione l’educazione linguistica la discriminazione sensoriale, fabbricati dai bambini e della maestra, che variano a seconda della fase di sviluppo dei bambini stessi.
-Il museo delle cianfrusaglie: vari oggetti che ogni bambino porta con sé (bottoni, lacci, foglie) che vengono raggruppati per formare un museo didattico nella quale ordinare gli oggetti sulla base del loro utilizzo, per acquisire i concetti di forma, colore e grandezza.
-Il sistema dei contrassegni: immagini di oggetti che ogni bambino sceglie e che hanno la funzione di segno distintivo, riprodotta su tutte le cose che gli appartengono.
Parla della vita di Montessori
Maria Montessori è stata una pedagogista italiana del XX secolo, nota per avere sviluppato il metodo pedagogico che porta il suo nome. Nata a Chiaravalle nel 1870, Montessori ottiene una laurea in medicina e inizia a lavorare al manicomio di S. Maria della Pietà dove viene a conoscenza di alcuni bambini con disturbi del comportamento (frenastenici) trattati come adulti malati di mente. Montessori afferma al Primo Convegno Pedagogico di Torino del 1898 che il problema in questi bambini è educativo e non medico. Dopo varie esperienze di insegnamento, inaugura a Roma, nel 1907, la prima Casa dei Bambini dedicata ai piccoli tra i 3 e i 6 anni, dove mette a frutto il risultato delle ricerche maturate anni prima nel lavoro con i bambini frenastenici: la povertà non è un limite, e all’interno di un contesto educativo strutturato e a misura di bambino tutti possono sviluppare quelle capacità che rendono l’infanzia un tempo straordinario. Successivamente vengono aperte nuove Case dei Bambini, scuole di formazione del metodo Montessori; gli scritti di Montessori iniziano ad essere tradotti ed esportati, il metodo montessoriano viene conosciuto e apprezzato anche fuori Italia. Nel 1935, Hitler ordina la chiusura di tutte le scuole montessoriane in Germania, e la stessa sorte accade in Italia. Solo nel 1947, Montessori viene invitata dal governo italiano a riorganizzare le sue scuole. Muore nel 1952.
Com’è il bambino nella filosofia montessoriana?
Secondo Montessori: “il neonato, anche psichicamente parlando, sembra che non vi sia nulla di costruito, proprio come non vi era un uomo già fatto nella cellula primitiva”. Nell’ambiente il bambino compie un lavoro straordinario: tra zero e sei anni assorbe tutto ciò che gli si propone e impara con naturalezza senza sforzo alcuno. Secondo Montessori, la mente assorbente consta di due fasi:
-inconscia: da zero a tre anni, in cui il bambino acquisisce tutto ciò che si trova nel suo ambiente in modo inconsapevole
-conscia: da tre a sei anni, in cui principalmente attraverso il gioco egli agisce in modo intenzionale e inizia ad organizzare i contenuti in categorie.
La mente assorbente costruisce e organizza contenuti con la guida dei periodi sensitivi, la sensibilità infatti dura solo temporaneamente fino al momento in cui non risulta raggiunto quello specifico obiettivo di sviluppo.
Com’è formulata la pedagogia montessoriana?
Attraverso le sue esperienze cliniche Montessori maturò quel metodo sperimentale che prende avvio dall’osservazione e arriva alla verifica, prima di potersi esprimere nei termini di una teoria. Tuttavia, negli ultimi anni della sua carriera, Montessori riassesta la sua attenzione, non più rivolta all’impianto metodologico ma al bambino, che diventa principio dell’azione educativa, direzione stessa della sua crescita, cui l’educatore deve affiancarsi. In un discorso del 1951, Montessori afferma: “Potete capire come mi sento quando tutti guardano me e il mio dito (il metodo Montessori) con il quale io indico quel qualcosa (il bambino). Vorrei che, anziché guardare me il mio dito, la gente guardasse solo quello che io cerco di indicare.”
Com’è l’educatore nella pedagogia montessoriana?
L’educatore montessoriano deve essere costantemente riconoscente del privilegio di avere cura dell’infanzia. L’educatore non deve forzare il bambino verso direzioni che non siano da lui indicate. L’educatore montessoriano è uno scienziato, deve essere preparato nello spirito dello scienziato piuttosto che nel meccanismo, maturando un abito mentale fondato sull’osservazione del bambino. L’educatore montessoriano si muove solo per riconoscere i bisogni del bambino, offrirgli i materiali necessari e, una volta che egli è autonomo nella sua attività, deve ritirarsi e restare a osservare i progressi.